Noheli Nziza
"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI
martedì 21 dicembre 2021
La lettera di fine anno delle Clarisse di Nyinawimana
Riportiamo qui di seguito la lettera di fine anno che le Clarisse di Nyinawimana hanno inviato ad amici e benefattori del monastero.
"Rallegriamoci nel Signore,
Rallegriamoci perché è vicino”. (cfr liturgia dell'avvento)
Carissimi Fratelli e Sorelle, Genitori, Amici e Benefattori,Pace e bene
Sono trascorsi tre anni in questa nuova fondazione! Lodiamo il Signore.Attualmente viviamo ancora nella parte della casa destinata alle persone che verranno in futuro a raccogliersi in preghiera presso la nostra comunità.La nostra quotidianità è scandita dalla campanella di nome “noëlla”, che prima era mobile e la sorella regolatrice portava con sè nella sua zona di lavoro e lì la suonava, senza muoversi. A volte la sentivamo suonare davanti alla sacrestia, a volte attraverso la finestra dell’ufficio di cucito o davanti alla cucina… e qui e là. Alla vigilia di Natale 2020, il signor Giovanni l’ha sistemata al suo posto definitivo: ecco da dove viene il nome di “noëlla”.Nonostante la sua piccola dimensione, risuona solennemente chiamandoci ad ogni attività: Santa Messa, ore di preghiera liturgica, lavoro manuale, ricreazione, studio, tempo libero, ecc. I vicini cominciano ad abituarsi al suo suono e a conoscere i momenti in cui ci dedichiamo alla preghiera. Molti di loro desiderano pregare con noi. Per questo, attendiamo che la Cappella sia pronta. Attualmente, il lavoro che ci dà il nostro pane quotidiano è la coltivazione dell'orto e l'allevamento. In giardino ci sono ortaggi e frutta. Meraviglia !!! Dio ci ama. Gli avocado che raccogliamo, ci hanno accolto fin dal nostro arrivo!!! Le piante di avocado fruttificano generosamente, specialmente quella che chiamiamo “sansone”. Sono state piantate dai Frati Minori che vivevano qui nel 1986.Il loro passaggio è stato per noi una Benedizione, come per il Padre Nostro san Francesco nei primi giorni della sua conversione, quando per divina ispirazione riparò la chiesa di san Damiano, preparando il Monastero per Santa Chiara e le sue Sorelle. Che Dio sia benedetto per sempre.
"Nel giorno della speranza siate nella gioia, nei giorni della prova state saldi e pregate con perseveranza" (Rm 12,12).
Quando abbiamo cominciato la nuova vita comunitaria, a relazionarci con la gente della regione, la pandemia ha fatto la sua comparsa stravolgendo tutto: "uno shock per tutta l'umanità"!
"Io
sono colui che ti costruirà una casa" (2 Sm7,11)
Dopo tanto tempo in attesa di un documento di autorizzazione per costruire la Cappella, il Signore ci ha sorpreso. Era un venerdì sera del 29 gennaio, quando abbiamo ricevuto la notizia che il documento era pronto.Era il periodo del lockdown con nessuna possibilità di circolazione!!! Cosa fare??? Senza farsi troppe domande, abbiamo affidato questo progetto a San Giuseppe, l'uomo giusto, che ha attraversato i vicoli ciechi con fede ferma, per compiere la volontà di Dio.Dopo il confinamento, i lavori sono cominciati timidamente seguendo le raccomandazioni sanitarie per proteggersi dal covid -19: numero limitato di lavoratori, orari di lavoro precisi...Ad agosto abbiamo dovuto arrestare ancora i lavori per due settimane, perché nella nostra regione la pandemia era peggiorata. Anche se ci sono alti e bassi, vediamo che è la potente mano di Dio che sostiene questo progetto. A poco a poco si sta andando avanti. In lode della Sua gloria.
sabato 4 dicembre 2021
Il card. R: Sarah: "Promuovere l'immigrazione è un errore"
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"Promuovere l'immigrazione è un errore. C'è un triplice tradimento in Africa e Medio Oriente, perché vengono derubati della loro ricchezza, del loro potenziale di sviluppo, delle loro capacità intellettuali e delle loro braccia. In secondo luogo, non fermiamo i trafficanti di vite umane, i contrabbandieri che imbarcano centinaia e centinaia di persone e le annegano in mare: è un crimine. Quindi, a queste persone viene fatto credere che quando arrivano qui, hanno l'Eldorado e il paradiso in terra. Sono bloccati in un campo, non sono ben accolti e non hanno lavoro. Non puoi ricevere tutti in Occidente, quindi promuovere l'immigrazione è un'idea sbagliata. Spesso la Bibbia è usata per dire che Gesù Cristo emigrò in Egitto, ma Gesù Cristo emigrò perché era stato minacciato da Erode, poi tornò a casa. Il popolo ebraico è stato più volte esiliato in Mesopotamia, ma è tornato. Tutti sono felici a casa propria. Se davvero vogliamo aiutare queste persone, non è ricevendole in condizioni disumane. Piuttosto, aiutiamoli a svilupparsi da loro, ad essere felici a casa. Questo non è razzismo, vogliamo aiutarli a prosperare a casa. La Chiesa non ha i mezzi per accoglierli né i luoghi dove metterli, ma ci si sente bene a promuovere questo, è un'apertura, è un'accoglienza. Non sto criticando la politica della Chiesa, è un'opzione, ma questa opzione va pensata, considerata, valutata per vedere quale sia la migliore accoglienza che si può dare a questi estranei. Per me, dobbiamo contribuire allo sviluppo dei loro paesi e aiutarli a restarci. Se li accogliamo qui, sia in un numero capace di contribuire anche all'equilibrio sociale e culturale, essendo ricettivo alla cultura del luogo perché alcuni vengono qui, molti impongono la loro cultura, il loro modo di vivere e li lasciamo fare. Non ho lezioni da dare, ma la mia visione personale è che ognuno si realizzi nella propria casa in modo equilibrato, culturalmente, religiosamente, e così contribuisca a rendere felice il proprio Paese, il proprio continente. Nessuno sarà in grado di sviluppare l'Africa al posto degli africani. Certo, dobbiamo esercitare la carità, ma la Chiesa deve riflettere: la carità non consiste nel ridurre qualcuno all'elemosina, all'indegnità. Un uomo è degno quando si guadagna da vivere da solo. San Paolo diceva: «Ciascuno viva del pane che si è guadagnato con il suo lavoro». Non possiamo semplicemente addormentarti, prenderci cura di te gratuitamente, non è carità, è paternalismo. Questa immigrazione è come una seconda schiavitù, li accogliamo in nord Africa, li imbarchiamo così, pagano cara la morte in mare, arrivati qui non hanno lavoro. Come vuoi promuovere la dignità di un uomo così? Bisogna pensarci, l'immigrazione è un fenomeno che è sempre esistito ma non come è oggi. Gli irlandesi emigrarono negli Stati Uniti, emigrarono anche gli italiani, ma portarono un contributo umano, professionale. Si guadagnavano da vivere, non li abbiamo mantenuti. Ci vuole più dialogo, più discussione per identificare il problema con molta onestà e molta verità, altrimenti è una nuova schiavitù quella che stiamo promuovendo."
Come per il passato, vediamo se anche questa volta i media cattolici italiani applicheranno una sottile censura clericale su questa significativa presa di posizione di un pastore africano.
sabato 20 novembre 2021
L'improvvisa scomparsa dell'amico don Alessandro Zubiani
Piangiamo don Alessandro Zubiani deceduto improvvisamente ieri a soli 41 anni. Nato a Sondalo (Sondrio) il 26 gennaio 1980, Don Alessandro (nella foto con don Paolo Gahutu), ordinato sacerdote il 10 giugno 2006 da monsignor Alessandro Maggiolini, è stato vicario a Cadorago (Como) fino al 2008, poi a Sagnino (Como) fino al 2012, quindi, a Chiavenna (Sondrio) fino al 2016. Nominato parroco di Delebio, Piantedo e Andalo cinque anni fa, dalla scorsa primavera guidava anche la comunità di Rogolo.Don Alessandro era amico dell’Associazione Kwizera a partire da quando, nel 2008, come vicario di Sagnino volle gemellare il suo oratorio con quello di Nyagahanga, parrocchia allora retta da don Paolo Gahutu . Da quel gemellaggio nacque una stagione di proficua collaborazione tra le due realtà. Ricordiamo l’iniziativa dei bambini della prima comunione di Sagnino di destinare parte dei regali che immancabilmente arrivano nell'occasione ai loro coetanei ruandesi. Il sostegno della parrocchia di Sagnino è poi continuato nella realizzazione dell’Asilo Carlin, nella dotazione delle tuniche per la prima comunione dei bambini della parrocchia di Nyagahanga e di alcune divise scolastiche. Don Alessandro ha poi voluto testimoniare personalmente questa sua esperienza in occasione di una serata tenutasi a Grosio, nell'ottobre 2012, sulle iniziative ruandesi dell’Associazione.
mercoledì 3 novembre 2021
Ritmi sostenuti per la campagna vaccinale anti Covid
martedì 2 novembre 2021
Il Rwanda continuerà ad ospitare i rifugiati bloccati in Libia
Il governo del Rwanda, l'UNHCR e l'Unione Africana hanno recentemente deciso di estendere per altri due anni l’accordo, firmato nel settembre 2019, col quale è stato istituito un meccanismo di transito di emergenza (EMT) per ospitare in Rwanda i richiedenti asilo dalla Libia che si sono trovati bloccati sulla costa del Mediterraneo dopo i falliti tentativi di sbarcare in Europa. Il Rwanda si è offerto di ospitare temporaneamente i rifugiati riconosciuti dall'UNHCR Libia, i richiedenti asilo registrati con l'UNHCR Libia, i bambini e i giovani rifugiati a rischio, nonché le famiglie dei richiedenti asilo e dei rifugiati, in attesa di essere ricollocati in paesi terzi, piuttosto di essere rinviati ai loro paesi d'origine o di rimanere, su richiesta, quali cittadini ruandesi. Come per il passato, i rifugiati saranno ospitati nel campo di transito di Gashora, nel distretto di Bugesera, che continuerà quindi a funzionare fino al 31 dicembre 2023, aumentando altresì la sua attuale capacità di ospitare da 500 a 700 persone alla volta. Dal settembre 2019, il Rwanda ha accolto un totale di 648 rifugiati e richiedenti asilo provenienti da otto paesi africani, Eritrea, Sudan, Sud Sudan, Somalia, Etiopia, Nigeria, Ciad e Camerun. Di questi, solo 281 rimangono oggi nel campo di transito, mentre tutti gli altri sono stati reinsediati. In Rwanda questi rifugiati hanno il diritto di accedere alle cure mediche, alla scuola e al lavoro.
mercoledì 27 ottobre 2021
Sorgerà in Rwanda il primo impianto africano di produzione di vaccini contro il Covid
Il governo del Rwanda ha firmato un memorandum d'intesa con BioNTech, la società tedesca che ha sviluppato con Pfizer i vaccini contro il Covid-19, per la costruzione di un primo impianto di produzione di vaccini a mRNA in Africa, a partire dalla metà del 2022, per aiutare il continente ad alleviare le disparità sanitarie rispetto ad altre regioni del mondo. La struttura sarà allestita nella Zona Economica Speciale di Kigali e richiederà un investimento dell’ordine di 100 milioni di euro, che saranno in parte finanziati dalla Banca europea per gli investimenti, e avrà una linea di produzione con una capacità iniziale di 50 milioni di dosi all'anno. I partner potranno decidere di produrre vaccini a mRNA contro altre malattie, come la malaria o la tubercolosi, a seconda dei progressi futuri dello sviluppo e delle esigenze mediche. Nelle intenzioni dei promotori, la nuova struttura di produzione potrebbe diventare il primo hub di una solida rete africana di produzione decentralizzata e completa che renda possibile una capacità produttiva annuale di varie centinaia di milioni di dosi di vaccino a mRNA. Nella fase iniziale, BioNTech fornirà personale, proprietà e gestirà la struttura per supportare l'inizio sicuro e rapido della produzione di dosi di vaccino a base di mRNA, l'azienda prevede inoltre di trasferire le capacità produttive e il know-how a partner locali. Oltre che con il Rwanda, BioNTech ha firmato analogo accordo con il Governo del Senegal.
martedì 19 ottobre 2021
Il Rwanda promosso sullo stato di diritto
lunedì 4 ottobre 2021
Il Rwanda visto dal prof. Mario Giro
Riportiamo
l'articolo, comparso sul numero di settembre della rivista Nigrizia, scritto
dal prof. Mario Giro, professore straordinario di Storia delle Relazioni
Internazionali all'Università Stranieri di Perugia e Vice Ministro degli Affari
Esteri e della Cooperazione Internazionale nei governi Renzi e Gentiloni. Il
ritratto che l'autore fa dell'odierna realtà ruandese non si discosta molto dal
cliché solito, se non fosse per quel titolo che non sembra suonare, almeno così
lo abbiamo percepito, come un gran complimento. Al lettore il giudizio
finale.
sabato 25 settembre 2021
Se l'africanista non sa cogliere i segni di speranza che vengono dall'Africa
pervenire ai Paesi poveri più di due miliardi di dosi, privilegiando 92 Stati a reddito basso e medio basso, in gran parte africani, l’autrice si lancia in una severa reprimenda verso i futuri destinatari, incapaci, a suo dire, di far buon uso di questa generosità. In particolare, sottolineando come i Paesi africani abbiano lasciato scadere milioni di dosi, per carenze dei locali sistemi sanitari e per scarsa volontà degli abitanti di vaccinarsi. Per poi stigmatizzare come questi destinatari tanto "poveri" non siano, visto che sono ricchissimi di risorse naturali, ma le loro ricchezze sono concentrate nelle mani dei loro capi, citando il caso scandaloso della Guinea Equatoriale dove le ricchezze prodotte dal petrolio sono appannaggio della famiglia presidenziale. Ci pare che l’analisi della Bono, spesso severa con le dinamiche che muovono la vita dei Paesi africani, sia piuttosto ingenerosa nei giudizi e, per certi versi, parziale nell’analisi della realtà. Per cominciare scrivere che”in Africa, su poco meno di 1,4 miliardi di abitanti, i casi superano di poco gli otto milioni e i morti registrati sono 208mila”, senza dire come si sia riusciti a contenere a tali livelli il numero dei morti ( una volta e mezza quelli italiani) appare eccessivamente sbrigativo.
lunedì 20 settembre 2021
Non di solo pane…adottiamo una comunità di clarisse in Rwanda
Abbiamo fatto nostro l’appello del card. Robert Sarah quando, sottolineando come "quasi tutte le organizzazioni caritative in Africa sono impegnate unilateralmente ed esclusivamente nella risoluzione delle situazioni di povertà materiale” ci ricorda, da uomo di Chiesa e grande figlio dell’Africa, che “l’uomo non vive di solo pane" e bisogna quindi " incoraggiare a continuare a costruire chiese e seminari e a fornire aiuti per la formazione di sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi”. Per questo, come Associazione Kwizera Odv intendiamo proseguire nell’opera di sostegno del monastero delle clarisse di Nyinawimana, la cui realizzazione fu, a suo tempo, fortemente sostenuta dalla vecchia Associazione Kwizera onlus (vedi qui la storia della sua realizzazione).
Grazie alla proficua collaborazione instauratasi sin dall’inizio con sorella Marie Regine, responsabile della piccola comunità formata da altre sei sorelle, complice anche il suo ottimo italiano appreso nei due anni trascorsi ad Assisi agli inizi del suo percorso vocazionale, è stato abbastanza facile avviare da remoto dall’Italia, con continui scambi via email, l’allevamento di capre e successivamente curare, a completamento della piccola fattoria conventuale, la realizzazione di una stalla. Anche se per il completamento della struttura claustrale manca ancora la realizzazione della cappella, in grado di accogliere anche i visitatori, e di un’altra ala del monastero, la vita della clausura, dopo la frenetica fase inziale, ha ormai assunto una sua normalità, scandita da momenti di preghiera e di lavoro. Da parte nostra ci piacerebbe suscitare attorno a questa piccola comunità un gruppo di amici sostenitori che, anche in forma contenuta come potrebbe essere una donazione di 100 euro annuali, garantiscano un sostegno continuativo a queste sorelle, in una sorta di adozione spirituale a distanza. Chi fosse interessato potrà segnalare la propria adesione al nostro indirizzo mail kwizeraodv@gmail.com e procedere al relativo versamento sul conto corrente dell’Associazione: Iban IT46X0521652160000000001451. Da parte loro le sorelle clarisse, oltre a contraccambiare questa vicinanza con la preghiera, non mancheranno di far conoscere ai propri benefattori, attraverso l'annuale lettera di fine anno, i momenti più significativi della vita della comunità.
mercoledì 8 settembre 2021
Quanto guadagnano gli abitanti di Kigali
In un articolo del The New Times in cui si trattava il problema della carenza di abitazioni al crescere della popolazione ruandese, venivano riportate notizie interessanti circa il livello di reddito degli abitanti della capitale. A Kigali, secondo le statistiche del National Institute of Statistics, circa il 54% degli abitanti sono persone a basso reddito che guadagnano tra $ 38,0 e $ 225 al mese, al cambio attuale dai 32 ai 191 euro e dai 38.000 ai 225.000 franchi ruandesi. Un 13% degli abitanti della capitale guadagna però meno di 38 dollari al mese. Il gruppo a reddito medio rappresenta il 21% degli abitanti, con un reddito mensile ricompreso tra $ 225 e $ 678. Le famiglie ad alto reddito rappresentano meno del 12% di tutti gli abitanti delle città, con guadagni che superano i 678,0 dollari. Naturalmente questa è la fotografia della capitale che non riflette la situazione delle altre città periferiche ruandesi e, soprattutto, dei villaggi, dove la stragrande maggioranza della popolazione è ricompresa nella fascia che non raggiunge i 38 dollari.
domenica 8 agosto 2021
Il Rwanda invia militari in aiuto al Mozambico per combattere il terrorismo jihadista
venerdì 16 luglio 2021
Il Rwanda ripristina il lockdown per contrastare la nuova ondata di Covid
martedì 15 giugno 2021
Rivoluzione verde per i mototaxi ruandesi: saranno presto elettrici
Gli oltre 50.000 mototaxi che sfrecciano sulle vie di Kigali e lungo le varie arterie del Paese potrebbero presto essere coinvolti in una vera e propria rivoluzione verde. Infatti, il governo ruandese, particolarmente sensibile a tutto quanto riguarda la tutela dell'ambiente ( da diversi anni in Rwanda sono proibite le borse e i sacchetti di plastica) sta cercando modelli di mobilità compatibili con questa scelta ecologica che ha come obiettivo di essere carbon free entro il 2050. In quest'ottica, come riferisce il sito specializzato moto.it, ha avviato una collaborazione con un'azienda locale, la Rwandan Electric Mobility, per diffondere i veicoli elettrici nella capitale Kigali, anche attraverso la concessione di incentivi che favoriscano la conversione, comportante anche un significativo risparmio sui costi al chilometro. Grazie a un sistema di battery swap diffuso nella capitale i "mototaxisti" possono caricare una batteria con meno di un dollaro e fare circa 60 km a fronte dei 40 km percorsi con un litro di benzina che costa $ 1,08. Inoltre la conversione all'elettrico allunga la vita dei veicoli e riduce drasticamente le spese di manutenzione.La Rwanda Environment Management Authority (REMA), ha firmato un accordo con la Rwandan Electric Mobility, una società specializzata nella conversione di moto a benzina in elettriche. Nella prima fase sperimentale si prevede di convertire già 30mila moto entro cinque anni con un costo di circa 150mila dollari.
mercoledì 26 maggio 2021
Segretario ONU: risorse minerarie fonte di crescita economica e riduzione della povertà per 63 Paesi in via di sviluppo
Il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, intervenendo a una tavola rotonda virtuale sulla trasformazione delle industrie estrattive per lo sviluppo sostenibile ha ricordato come "dei 72 paesi del mondo a basso o medio reddito, 63 hanno aumentato la loro dipendenza dalle industrie estrattive negli ultimi due decenni. Queste industrie generano grandi quantità di entrate in valuta estera, investimenti esteri diretti e entrate governative. Hanno il potenziale per guidare crescita economica e riduzione della povertà ". Senza dimenticare come le industrie estrattive siano anche potenzialmente fattori di diversi mali, quali: corruzione, sfruttamento, colonialismo e razzismo, degrado ambientale, conflitti armati, sfollamento della popolazione, danni culturali e diritti umani violazioni " rimane pur sempre la "necessità di migliorare la governance delle risorse estrattive attraverso regole e un'applicazione più efficaci relative alla sostenibilità ambientale, alla trasparenza, al processo decisionale inclusivo, alla responsabilità, all'accesso alle informazioni e al rispetto e alla protezione dei diritti umani affinchè i benefici delle risorse minerarie raggiungano tutte le persone nella società, non solo le élite".
venerdì 14 maggio 2021
Ammonta a 3,2 miliardi di euro il bilancio previsionale 2021/22 del Rwanda
Il governo ruandese ha presentate al Parlamento il bilancio
di previsione per l’anno fiscale 2021/22 che prevede un totale di spesa di 3.807
miliardi di Rwf, pari a Euro 3,172 miliardi di euro ai cambi attuali, in
aumento del 9,8% rispetto al precedente esercizio. Le politiche e le strategie
pianificate nell'anno fiscale 2021/22 e nel medio termine sono guidate dalla
Strategia nazionale per la trasformazione (NST1), un programma di sviluppo di
sette anni che durerà fino al 2024, nonché dagli sforzi per guidare la ripresa
economica dalla pandemia di Covid-19.
mercoledì 5 maggio 2021
Il Rwanda 7° al mondo tra i Paesi che meglio hanno contrastato il Covid
domenica 25 aprile 2021
Il Rule of Law Index promuove il Rwanda sullo stato di diritto
Nonostante sia spesso al centro di aspre critiche circa lo stato di diritto, secondo l'ultimo rapporto globale del World Justice Project Rule of Law Index® , la principale fonte mondiale di dati originali e indipendenti sullo stato di diritto, il Rwanda si è classificato al primo posto in Africa orientale per aderenza allo stato di diritto e si è classificato al 37 ° posto a livello globale (l’Italia è al 27° posto).Nella regione è seguito dalla Tanzania con 93, il Kenya con 102, l'Uganda al numero 117 a livello globale su 128 paesi. L'indice dello stato di diritto del WJP è una valutazione dell'aderenza allo stato di diritto; misurare le prestazioni dei paesi attraverso diversi parametri come vincoli ai poteri del governo, assenza di corruzione, governo aperto, diritti fondamentali, ordine e sicurezza, applicazione delle normative, giustizia civile e giustizia penale. Punteggi e le classifiche nazionali per il WJP Rule of Law Index 2020 derivano da oltre 130.000 sondaggi sulle famiglie e 4.000 sondaggi di esperti condotti in 128 paesi e giurisdizioni.Queste sono le risultanze nei tre principali ambiti di indagine.
martedì 20 aprile 2021
5 per mille: una firma che può fare molto (e costa nulla)
lunedì 19 aprile 2021
Gli insegnanti ruandesi saranno dotati di un pc
Il Rwanda Basic Education Board (REB) ha avviato la distribuzione di laptop, in comodato d’uso, aa tutti gli insegnanti delle scuole pubbliche nell'ambito dell'iniziativa "One Laptop per Teacher". La distribuzione dei laptop ha avuto inizio il 16 aprile a partire da cinque scuole secondarie del distretto di Gatsibo. Il programma interesserà gli insegnanti di tutte le scuole elementari e secondarie del Paese. Secondo le ultime statistiche sull'istruzione disponibili sul sito web del ministero dell'Istruzione, sono 6.931 i docenti nelle scuole materne, di cui il 10,9% nelle scuole pubbliche, il 32% nelle scuole sovvenzionate dal governo e il 57% nelle scuole private. Ci sono 43.878 insegnanti nella scuola primaria, di cui il 28,1% nelle scuole pubbliche, il 61% nelle scuole sovvenzionate dal governo e l'11% nelle scuole private. Nelle scuole secondarie, ci sono 23.565 docenti, di cui il 51% sono scuole sovvenzionate dal governo, il 31% nelle scuole pubbliche e il 17,7% nelle scuole private.
venerdì 9 aprile 2021
Per il governo la resa delle patate va migliorata. Anche per i batwa
Semina a Kibali |
venerdì 2 aprile 2021
Le clausole capestro dei prestiti cinesi ai Paesi in via di sviluppo
Un recente studio realizzato sotto il coordinamento di AidData, un laboratorio di ricerca e innovazione del College of William & Mary, rivela dettagli precedentemente sconosciuti sulla Cina, il più grande creditore ufficiale del mondo, e sulle sue pratiche di prestito ai Paesi in via di sviluppo. Le banche statali cinesi sono prestatori “muscolari” e commercialmente esperti che utilizzano i contratti per posizionarsi come "creditori privilegiati", cercando il rimborso prima di altri prestatori commerciali e ufficiali. Lo fanno spesso chiedendo ai mutuatari garanzie collaterali - conti bancari con requisiti minimi di liquidità che i prestatori possono sequestrare in caso di insolvenza - e vietando ai mutuatari di ristrutturare i loro debiti cinesi in coordinamento con altri creditori. I ricercatori hanno esaminato 100 contratti di prestito cinesi a 24 Paesi confrontandoli con 142 contratti pubblicamente disponibili con altri importanti istituti di credito e hanno trovato diverse caratteristiche insolite nei contratti cinesi:
lunedì 22 marzo 2021
Nella giornata mondiale dell'acqua: questi i progetti portati a termine
direttamente. Nel 2018 è stato infine realizzato l’acquedotto di Rubaya che ha richiesto la posa di 10 kilometri di tubazioni, la costruzione di 4 nuove cisterne da 10.000 litri e 2 da 15.000 litri che alimentano 10 nuove fontane. I nuovi lavori hanno comportato anche il recupero di 3 vecchie cisterne da 10.000 litri e 2 da 15.000 litri, oltre che 12 vecchie fontane.
giovedì 25 febbraio 2021
Il gas del lago Kivu arriverà anche nelle case dei ruandesi
Impianto di estrazione del gas Kivu-Watt |
lunedì 15 febbraio 2021
Kwizera: una storia che continua
venerdì 29 gennaio 2021
Il Rwanda riconosciuto tra i migliori 10 paesi al mondo per il contrasto al Covid
Secondo uno studio messo a punto dal Lowy
Institute, un think-tank con sede in Australia, il Rwanda è al
sesto posto tra i 98 paesi presi in esame, per aver gestito meglio l'epidemia
di Covid-19. Il Rwanda è l'unico paese africano tra i primi dieci, con gli altri
paesi nell'elenco tra cui Thailandia, Cipro, Islanda e Australia.Già, nell'ottobre dello scorso anno, l' Organizzazione mondiale della sanità (OMS) aveva applaudito il Rwanda "per aver istituito un sistema forte" che ha consentito al paese di "affrontare efficacemente" la pandemia Covid-19. Stati Uniti, Iran, Colombia, Messico e Brasile sono stati tra i peggiori risultati, secondo l'indice. Il Posto di sanità di Mubuga
Lo studio ha misurato una serie di indicatori chiave, inclusi
casi confermati, decessi, casi per milione di persone, decessi per milione di
persone che hanno dato vita al COVID Performance Index. Secondo l'analisi, i livelli di sviluppo economico e le differenze nei sistemi politici
tra i paesi hanno avuto un impatto minore sui risultati rispetto ad altri
indicatori. Invece, popolazioni più piccole, società
coese e istituzioni capaci sono stati i fattori più importanti nel modo in cui
i paesi hanno affrontato la pandemia. Quando il virus è stato segnalato per la prima volta in Rwanda nel
marzo 2020, il governo si è affrettato a imporre restrizioni, incluso un blocco
di sei settimane, per aiutare a contenere la situazione ed evitare una
situazione in cui il sistema sanitario pubblico sarebbe stato sopraffatto. Nei primi giorni della pandemia all'inizio dello scorso
anno, il governo ha istituito una task force a livello ministeriale guidata dal
primo ministro, mentre è stato istituito anche un team multiagenzia per
coordinare quotidianamente l'aspetto tecnico delle cose.Il Rwanda ha anche schierato
migliaia di giovani volontari in
tutto il paese per aiutare i cittadini a rispettare le restrizioni del
Covid-19, mentre una rete già esistente di
migliaia di operatori sanitari di comunità ha svolto un ruolo chiave negli screening e
nel monitoraggio della situazione sul basso.Successivamente
è stato adottato un approccio graduale per riaprire il paese, settore per
settore, mentre i blocchi locali sono stati imposti a parti del paese in
momenti diversi. Attualmente, la stessa capitale Kigali
è in lockdown, dopo un picco di casi registrati una settimana fa. Come parte
dei continui sforzi per rilevare e rallentare la diffusione del virus, giovedì
le autorità hanno annunciato una
campagna di test nella capitale, rivolta
ai giovani e ad altri adulti, dopo che precedentemente uno sforzo simile era stato rivolto agli
anziani e agli altri gruppi vulnerabili a Kigali.
domenica 24 gennaio 2021
La cooperazione allo sviluppo: la solidarietà economica che può aiutare l'Africa
Di fronte alle diverse interpretazioni che possono essere date alle politiche di cooperazione allo sviluppo e al ruolo degli aiuti, riproponiamo questo paragrafo tratto dal libro Aiutiamoli a casa loro Il modello Rwanda.
Aiutiamoli a casa loro
Di fronte a queste sfide, molti ritengono che una
risposta possibile possa essere quella di concorrere a favorire le condizioni
giudicate presupposto necessario a che le politiche di sviluppo avviate in
Africa abbiano successo: favorire “la qualità delle politiche pubbliche,
l'impegno dei governi a un uso responsabile delle risorse e la capacità dei
cittadini di monitorare il loro operato. La lotta contro la corruzione è
cruciale. La strada è quella di rinforzare le capacità del settore pubblico e
di costruire una massa critica di cittadini informati, stimolando il dialogo su
ciò che funziona in Africa e condividendo conoscenze sulle soluzioni alle sfide
africane. Il futuro dell’Africa si basa sulla conoscenza, l’imprenditorialità e
il buon governo” (5). La concretizzazione di tale approccio è riassumibile
nella formula - Aiutiamoli a casa loro – che, alla prova dei fatti, può
rivelarsi un’efficace politica, a patto che la solidarietà venga declinata
con lo sussidiarietà, intesa come impegno diretto dei governanti e delle
società civili dei paesi destinatari a fare la loro parte, per cessare di
essere mera assistenza e diventare fattore di sviluppo. Una politica che
risponda innanzitutto a un principio di equità e secondariamente a un efficace
utilizzo delle scarse risorse finanziarie disponibili. E', infatti, equo
ricordarci oltre che delle decine di migliaia di migranti economici (che per
correttezza sarebbe bene distinguere dalla minoranza degli aventi diritto alle
forme di protezione internazionale) anche delle centinaia di milioni di
africani, totalmente assenti da ogni dibattito sul fenomeno migratorio, che
rimangono nei rispettivi paesi e lì vogliono costruirsi un futuro dignitoso. Si
pensi in particolare a quell’ultimo miliardo dei 58 paesi più poveri, per la
gran parte piccoli paesi africani, destinati a diventare sempre più poveri in
assenza di adeguati e articolati interventi a sostegno del loro sviluppo (6).
E’ altresì corretto chiedersi quale sia il miglior utilizzo delle ingenti
risorse finanziarie che vengono comunque stanziate dai governi dei paesi di
accoglienza per far fronte ai flussi migratori, tenuto conto del ben diverso
valore di un euro in termini di merci e servizi acquistabili a seconda che lo
stesso sia speso da noi, piuttosto che in Africa. In questa analisi, ci
conforta il mutato clima culturale che si respira da qualche tempo in Italia e
in Europa. Dopo essere stato per lungo tempo un abusato e strumentale slogan
propagandistico, lasciato alla declinazione, non sempre misurata, di talune
forze politiche, “Aiutiamoli a casa loro” sembra conoscere un’improvvisa
riscoperta dopo essere stato sdoganato a livello di dibattito politico e
mediatico da recenti uscite di leader politici da sempre contrari a un simile
approccio al fenomeno migratorio. Merita, al riguardo, ricordare come nel
maggio del 2014, il ministro del Tesoro italiano, Pier Carlo Padoan,
intervenendo in margine al convegno annuale della Banca Africana di
Sviluppo (AfDB), "L'Africa e l'economia mondiale", tenutosi a
Kigali, capitale del Rwanda, dichiarava: “l'Europa dovrebbe fare di più per
migliorare le condizioni delle persone perché possano vivere e lavorare in
sicurezza nei rispettivi paesi d'origine. Questo obiettivo può essere
ottenuto rafforzando e perfezionando il flusso delle risorse in Africa in
modo che ci siano più opportunità di lavoro create in loco piuttosto che essere
ricercate altrove.” Questa affermazione, in palese contrasto con la linea
politica del governo italiano del tempo in materia di migrazioni, non trovava
alcuna eco sulla stampa italiana: tre anni dopo quell’auspicio è stato fatto
proprio dai governanti italiani. Altro episodio. Nell’agosto del 2015 in un
editoriale del quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire, si potevano leggere
queste parole: “Aiutarli a casa loro, già. Ecco la soluzione geniale. Quasi che
nessuno ci abbia mai pensato prima!” Oggi, forse, quell’editorialista sarebbe
meno irridente nei confronti di un’opzione che sembra trovare conforto anche
nelle affermazioni di Papa Francesco, pronunciate di ritorno dal viaggio in
Colombia del settembre 2017: “E c’è un’ultima cosa che voglio dire, e vale
soprattutto per l’Africa. C’è, nel nostro inconscio collettivo, un motto, un
principio: “L’Africa va sfruttata”. E un capo di governo, su questo, ha detto
una bella verità: “Quelli che fuggono dalla guerra, è un altro problema; ma per
tanti che fuggono dalla fame, facciamo investimenti lì, perché crescano”. Ma
nell’inconscio collettivo c’è che ogni volta che tanti Paesi sviluppati vanno
in Africa, è per sfruttare. Dobbiamo capovolgere questo: l’Africa è amica e va
aiutata a crescere”. Ma come sostenuto dal prof. Alberto Quadrio Curzio,
“Non bisogna però perdere tempo perché la dinamica demografica dell’Africa, pur
essendo in rallentamento, porterà quella popolazione dagli attuali 1,25
miliardi a 2,5 miliardi entro il 2050. Ovvero 5 volte la popolazione europea
attuale. Nel contempo l’attrattività dell’Europa è aumentata raggiungendo fino
a 500mila immigrati annui. Cifra non enorme in quanto pari allo 0,1% della
popolazione della Ue ma tale da creare molti problemi politico-istituzionali e
socio-economici a causa della sostanziale impreparazione europea. Eppure
l’Europa a livello aggregato (Unione più Stati membri) esprime in vari modi il
suo solidarismo al punto che nel 2016 è stato il primo contributore di aiuti
allo sviluppo con 70,5 miliardi di euro pari al 60% del totale mondiale.
L’entità è notevole ma in termini pro-capite piccola perché se tutti andassero
alla popolazione dell’Africa si tratterebbe di 56 euro annui a persona. Non
servirebbe a nulla e perciò bisogna puntare tutto sul profilo qualitativo
declinando l’«esportazione della solidarietà» su due filiere: quella economica,
che va dall’istruzione, alla infrastrutturazione, all’industrializzazione, alla
imprenditorialità; quella civile, che va dalla scuola, alla sanità, alla
salute, alla demografia, alla parità di genere, alla sicurezza. Gradualmente
questi due percorsi di solidarietà economica e civile (Sec) dovrebbero portare
infine alla democrazia nei Paesi che mai l’hanno avuta.” (7) E’ quanto
sostenuto anche dall’ex Amministratore del Programma delle Nazioni Unite per lo
Sviluppo (UNDP), Kemal Derviş, per il quale “ogni soluzione alla sfida della
migrazione deve concentrarsi sulla promozione dello sviluppo nei paesi di
origine dei migranti. Per l'Europa, l'attenzione dovrebbe essere
incentrata sull'Africa, la principale fonte dei flussi migratori”. Uno
sviluppo, quello dell’Africa, che richiederà il perseguimento di maggiore stabilità
politica e pace; investimenti per valorizzare il patrimonio di risorse
naturali; apporto di know-how necessari per sostenere un'accelerazione
significativa della crescita, creazione di quelle condizioni di sicurezza
presupposto per attrarre capitali privati. “Purtroppo – sottolinea Dervis- la
crescita prodotta dall’apporto di investimenti da sola non è risolutiva dei
mali africani, se non vengono previamente risolti i frequenti conflitti che
martoriano il continente e se non si perviene a forme consolidate di stabilità
politica. Di certo un buon andamento dell’economia di un Paese è condizione
necessaria perché s’instauri un clima di pace sociale e di fiducia”.
5) F. Bonaglia e L. Wegner (2014), Africa –Un continente in
movimento”, Il Mulino, Bologna
6) Paul Collier (2007), L’ultimo miliardo-Perché i paesi più poveri
diventano sempre più poveri e cosa si può fare per aiutarli, Laterza, Bari
7) A. Quadrio Curzio (2017), La solidarietà economica che può
aiutare l’Africa, Il Sole 24 ore del 26 luglio 2017
giovedì 21 gennaio 2021
All'asilo Carlin si affianca il parco giochi Otilia Park
martedì 12 gennaio 2021
Ecco le sette regole per viaggiare in Rwanda in tempo di Covid
Ecco le sette cose che dovresti sapere sui viaggi in Rwanda durante questo periodo di pandemia:
1. Compilare un modulo di localizzazione passeggeri prima di mettersi in viaggio
I viaggiatori che arrivano in Rwanda
devono compilare un modulo di localizzazione passeggeri e caricare un
certificato di prova Covid-19 negativo su www.rbc.gov.rw , il sito web
ufficiale del Rwanda Biomedical Center, prima del loro arrivo.
2. All'arrivo
è obbligatorio un test RT-PCR negativo
Tutti i viaggiatori che arrivano in Rwanda
devono avere un certificato Covid-19 negativo. L'unico test accettato è una
reazione a catena della polimerasi in tempo reale (RT-PCR) SARS-CoV 2 eseguita
entro 120 ore dalla partenza. Ciò significa che i viaggiatori devono essere
testati e ottenere risultati entro 5 giorni dal volo. Altri test, come il test
diagnostico rapido (RDT) non sono accettati.
3. Tutti
i viaggiatori vengono testati all'arrivo. Un test costa $ 60
Dopo il volo, è obbligatorio per i
viaggiatori fare nuovamente il test all'aeroporto internazionale di Kigali. Il
Rwanda Biomedical Center (RBC) in collaborazione con l'aeroporto ha stabilito
un test Covid-19 all'interno dell'aeroporto.Il test fatto qui è una reazione a
catena della polimerasi in tempo reale (RT-PCR) e un viaggiatore deve pagare $
60 per questo. Questo importo viene prepagato utilizzando i mezzi online (
rbc.gov.rw) prima che qualcuno si rechi in Rwanda.
4. In
attesa di risultati negli hotel di transito. Il governo ha negoziato prezzi
speciali con gli hotel che vanno da $ 30 a $ 450
Dopo il test in aeroporto, i viaggiatori
procedono verso gli hotel di transito designati dove devono attendere circa 24
ore per ottenere i risultati. Un elenco di questi hotel è disponibile su
rbc.gov.rw. Il governo del Rwanda ha negoziato tariffe speciali per il periodo
di attesa di 24 ore negli hotel. I prezzi vanno da un minimo di $ 30 a $ 450.
5. I
viaggiatori i cui test risultano positivi si sottopongono a cure a proprie
spese
Se i risultati di una persona che
visita il paese sono negativi, è consentito continuare con l'attività che li ha
portati. Ma se il risultato è positivo per (anche se asintomatico), verranno
trattati come indicato nelle Linee Guida Nazionali per la Gestione del Covid-19
fino al completo recupero, a proprie spese. Il Rwanda Biomedical Center
incoraggia tutti i viaggiatori ad avere un'assicurazione di viaggio
internazionale.
6. Screening
alle frontiere per chi utilizza il trasporto terrestre
I viaggiatori provenienti dai paesi vicini
che viaggiano in Rwanda vengono portati in hotel di transito designati da dove
vengono testati per Covid-19. Un test costa $ 60.
7. Risultati
negativi Covid-19 richiesti prima della partenza, per tutti
Tutti i viaggiatori in partenza dal Rwanda devono risultare negativi al Covid-19. L'unico test accettato è una reazione a catena della polimerasi in tempo reale (RT-PCR) SARS-CoV 2 eseguita entro 120 ore prima della partenza. Altri test, come il test diagnostico rapido (RDT), non sono accettati. RBC incoraggia i viaggiatori a prenotare e pagare i loro test almeno 2 giorni prima della partenza tramite la piattaforma online disponibile su rbc.gov.rw.
domenica 3 gennaio 2021
La scomparsa di Pierantonio Costa, il nostro console onorario a Kigali nel 1994
E' morto, venerdì sera in Germania, l'ex console onorario in Rwanda, Pierantonio Costa. Aveva 81 anni ed era stato console onorario a Kigali tra il 1988 e il 2003, vivendo sul campo tutto il periodo della guerra civile. Lo ricordiamo, riproponendo la sua storia come descritta nel nostro libro Dentro il Rwanda.
Pierantonio Costa: il nostro console onorario a Kigali
L’italiano più famoso in Rwanda è sicuramente Pierantonio Costa, per anni console onorario italiano a Kigali, che durante il genocidio ruandese ha portato in salvo 2000 persone, tra cui 375 bambini, come raccontato nel libro La lista del console (ed. Paoline, Milano, 2004), scritto a quattro mani dallo stesso Costa con il giornalista Luciano Scalettari. La sua storia, disnodatasi quasi tutta in terra africana, merita sicuramente d’essere ricordata. Classe 1939, a quindici anni dalla natia Mestre raggiunge il padre nello Zaire. Nel 1960, fa la prima esperienza di guerra africana quando, con alcuni suoi fratelli, si prodiga per traghettare gruppi di profughi congolesi dalla cittadina di Bukavu sulla sponda ruandese del lago Kivu. Allo scoppio della rivoluzione di Pierre Mulele (1964), si trasferisce nel vicino Rwanda, dove metterà radici, sposando una giovane svizzera che gli darà tre figli, e dove inizierà una fortunata carriera imprenditoriale. Dal 1988 assumerà la rappresentanza diplomatica dell’Italia, come console onorario, che manterrà fino al 2003.Sarà anche grazie a questo ruolo e alla correlata immunità diplomatica che Costa avrà modo di mettere in atto tutte le azioni umanitarie, che lo hanno reso famoso, durante i tragici mesi che vanno dal 6 aprile al 21 luglio 1994. Dopo aver portato in salvo gli italiani e diversi occidentali, Costa si trasferisce in Burundi, presso un fratello, e da lì comincia una serie di viaggi, attraverso il Rwanda, per mettere in salvo il maggior numero di persone possibile. Grazie ai privilegi derivanti dalla rappresentanza diplomatica, alla sua rete di conoscenze e alle sue disponibilità finanziarie, sarà in grado di procurare i visti di uscita dal Paese per tutti coloro che fanno ricorso al suo aiuto. E’ lo stesso Costa a raccontare nel suo libro di memoria come operava in quei tragici giorni. “Decisi che avrei operato così. Mi sarei vestito sempre allo stesso modo per essere riconoscibile: pantaloni scuri, camicia azzurra, giacca grigia. Distribuite nelle tasche – e sempre nello stesso posto – avrei messo banconote da 5000 franchi ruandesi (circa 20 euro), da 1000, da 500 e, infine, da 100 franchi, per essere sempre pronto a estrarre la cifra giusta, senza dover contare i soldi: la mancia deve essere data nella misura giusta, se dai troppo ti ammazzano per derubarti, se dai troppo poco non passi. Nella borsa avrei avuto costantemente con me alcuni fogli con la carta intestata del consolato d’Italia, e sul fuoristrada ci sarebbero state le immancabili bandiere italiane. Quanto alla durata delle incursioni oltre confine, avrei evitato il più possibile di dormire in Rwanda e di viaggiare col buio”. Agendo di concerto con rappresentanti della Croce Rossa e di svariate Ong, sempre sostenuto in questa sua opera umanitaria dal figlio Olivier, Costa, alla fine del genocidio, avrà salvato quasi 2000 persone, tra cui 375 bambini di un orfanotrofio della Croce Rossa, ma si troverà anche ad aver sacrificato beni per oltre 3 milioni di dollari. La sua opera gli varrà la medaglia d’oro al valore civile per gli italiani portati in salvo e analoga onorificenza da parte del Belgio. Pierantonio Costa è anche ricordato con un albero a lui dedicato nel Giardino dei Giusti, dove si fa memoria di quei "Giusti" che hanno lottato contro i crimini commessi contro l'Umanità, che hanno aiutato a salvare altre vite umane e che hanno cercato di difendere la dignità dell'uomo nelle situazioni di "Male estremo" nel mondo.