"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


lunedì 30 maggio 2016

Solite accuse alla Chiesa rwandese: solo voglia di giustizia o c’è altro?

Come rondini a primavera, ogni anno,  puntualmente in questo periodo compare sulla stampa rwandese il j’accuse contro la Chiesa cattolica per il ruolo recitato durante i cento giorni del 1994.Questa volta è toccato al giornalista rwandese ma attivo in Gran Bretagna, Vincent Gasana, cimentarsi, in un articolo sull’edizione odierna de The New Times. L'esercizio  è sempre il solito: accusare la Chiesa cattolica rwandese, e solo quella e non anche le confessioni protestanti, di tutti i peggiori misfatti possibili nella storia repubblicana del paese, a partire dalla fine della monarchia, con il culmine della partecipazione di suoi sacerdoti e suore nei massacri della primavera del 1994.
Secondo l’autore, la Chiesa cattolica rwandese, ma anche il Vaticano, continuano a  rifiutarsi di ammettere le proprie colpe e chiedere conseguentemente perdono rifugiandosi dietro “la foglia di fico” che “non può essere ritenuta responsabile per i crimini di singoli membri del suo clero”. Mentre in realtà “la Chiesa è stata- secondo l’autore-  l'istituzione più dominante nel paese, onnipresente in ogni aspetto della vita ruandese” che ha “ esercitato potere e influenza” lavorando  “a braccetto dello stato”.
Ecco, forse la chiave di lettura di questo periodico appello alla Chiesa, perché ammetta le proprie colpe e al Papa perché vada in Rwanda a chiedere perdono, (vedi vecchio post) non è tanto la  giusta sete di giustizia, che dovrebbe essere appagata dai processi e dalle conseguenti condanne dei religiosi e delle religiose, tutti conosciuti e quindi perseguibili, che si sono personalmente macchiati di orrendi delitti ( analoghi processi andrebbero, peraltro, riservati ai vincitori della guerra civile autori dei  delitti, trattati sbrigativamente dal giornalista, perpretati contro popolazione civile e religiosi, compresi tre vescovi) quanto piuttosto demolire il ruolo e “l’influenza” della Chiesa nella società rwandese.
Nella storia dell’Occidente abbiamo assistito alla secolare contrapposizione della Chiesa e delle realtà statuali maldisposte a vedere insidiato il loro potere assoluto dalla presenza di soggetti, come la Chiesa appunto, portatori di valori morali aventi una qualche ascendenza sulle popolazioni civili. Da qui il tentativo di molti governanti di riportare sotto il cappello dell’autorità civile anche l’autorità morale, di cui le cosiddette Chiese nazionali ( specie in campo protestante) sono un esempio. La tentazione per l’autorità politica, specie quella di paesi privi di una consolidata tradizione democratica alle spalle, di ricondurre sotto la propria ala anche l’istituzione religiosa è molto forte: ne è un esempio quello che succede in Cina dove avrebbe diritto di cittadinanza la solo “Associazione patriottica cattolica cinese”, strettamente sottoposta all’autorità governativa e completamente sganciata dal Papa.Anche a Singapore, riconosciuto modello per il Rwanda, la libertà di religione è limitata dalla Legge per l'Armonia Religiosa che consente al governo di mettere al bando i culti ritenuti divisivi e capaci di creare conflitti.
Quando si intima alla Chiesa rwandese di chiedere  perdono riconoscendo sue presunte colpe, è solo sete di giustizia o forse  si intende innescare un processo il cui sbocco ultimo sia l'istituzione di una Chiesa nazionale rwandese, riprendendo antichi progetti,  forse mai definitivamente riposti?

venerdì 27 maggio 2016

Per la ferrovia torna in auge il tracciato tanzaniano

I progetti ferroviari che dovrebbero favorire il collegamento del Rwanda all’Oceano Indiano hanno subito un aggiornamento. Esistevano infatti sul tappeto due progetti: uno che prevede il collegamento con il porto kenyano di Mombasa via Nairobi, come riferito in un precedente poste uno, meno recente, che vedeva un collegamento con il porto tanzaniano di Dar es Salaam ( vedi post).Quest’ultimo progetto sembra ritornare di attualità dopo che il ministro delle Finanze Claver Gatete, in margine World Economic Forum sull'Africa tenutosi la settimana scorsa a Kigali, ha dichiarato che il Rwanda sta rivalutando l’ipotesi del tracciato tanzaniano al posto di quello  keniota in quanto più economico:  studi condotti dai sei membri della Comunità dell’Africa orientale hanno mostrato che l’opzione della Tanzania costerebbe tra gli 800 milioni e i 900 milioni di dollari, mentre il progetto attraverso il Kenya costerebbe $ 1 miliardo. Rwanda, Kenya e Uganda nel 2013 avevano deciso di collegarsi al porto keniano di Mombasa con una ferrovia a scartamento normale dal costo stimato di $ 13 miliardi di dollari.

giovedì 26 maggio 2016

Filippo Grandi - Alto Commissario UNHR- a proposito di rifugiati e migranti

Una chiara presa di posizione dell'Alto Commissario UNHR, l'agenzia ONU per i rifugiati, a proposito dell'attuale fenomeno migratorio. L'intervista raccolta da Corrado Formigli è stata rilasciata alla trasmissione de La7,  Piazzapulita. 

mercoledì 25 maggio 2016

I bambini dell'asilo Carlin danno il loro addio a Claudia


Il saluto dei bambini dell'asilo Carlin di Kagera a Claudia, la giovane mamma morta in gravidanza unitamente alle due gemelline che portava in grembo. I suoi coscritti hanno voluto ricordarla destinando una somma significativa a sostegno dell'asilo Carlin.

venerdì 20 maggio 2016

Le scuole cattoliche rwandesi di fronte alla sfida della modernità

“Educazione cattolica in Rwanda, 50 anni dopo ‘Gravissimum Educationis’: problematiche, sfide e prospettive” è il titolo dell'incontro svoltosi dal 10 al 12 maggio  a Kigali, al Centro Pastorale San Paolo, con l’obiettivo di approfondire la missione dell’educazione cattolica nel paese, per rispondere ai segni dei tempi con competenza e nella consapevolezza della specifica missione educativa nella società rwandese. L’incontro è stato organizzato dal Segretariato Nazionale dell’Insegnamento Cattolico (Snec) e dalla Chiesa cattolica e vi hanno preso parte rappresentanti dalle diverse diocesi del Paese, rettori di istituti cattolici, direttori di scuole, esponenti di varie confessioni religiose, studenti, genitori, responsabili di commissioni episcopali, vescovi e il nunzio mons. Luciano Russo. All’ordine del giorno le sfide dell’etica, la qualità dell’insegnamento, i finanziamenti, l’uso delle nuove tecnologie e la pastorale nelle scuole.
Necessaria un’educazione di qualità per lo sviluppo del Paese
I relatori intervenuti hanno sottolineato la necessità di un’educazione di qualità per lo sviluppo socio-economico del Paese in cui particolare importanza riveste l’impegno della Chiesa cattolica. Mons. Philippe Rukamba, vescovo di Butare e presidente della Conferenza episcopale, ha affermato che missione principale di una scuola cattolica è “offrire uno spazio di crescita intellettuale, di formazione professionale e di sviluppo culturale di qualità, alla luce del Vangelo”.
Libertà religiosa nelle scuole, assistenza per gli studenti e personale formato
Nelle risoluzioni pubblicate sul portale della Conferenza episcopale ruandese, viene evidenziata la necessità di garantire la liberà religiosa nelle scuole, di coinvolgere la Caritas in ogni sede scolastica e di creare collaborazioni tra le amministrazioni scolastiche e i genitori. Viene richiamata l’attenzione, poi, sulle minacce delle correnti della postmodernità ed incoraggiata l’educazione ai valori umani e cristiani, della libertà e dell’amore. Nelle scuole cattoliche si consiglia inoltre la presenza di operatori pastorali formati e si chiede di rendere visibili i segni della stessa identità cattolica. Sulla qualità dell’educazione si raccomanda di rafforzare le istituzioni pre-primarie, di organizzare servizi di counselling, di consolidare le cappellanie nelle scuole, di creare istituti tecnici e professionali, di combattere l’abbandono scolastico sensibilizzando i genitori, accompagnando i bambini e collaborando con le autorità pubbliche.
Attenzione per i disagiati e gli indigenti
Tra gli obiettivi di quanti operano nell’educazione anche una migliore organizzazione dei centri di alfabetizzazione per adulti, la promozione di una formazione permanente per il personale scolastico e un’attenzione specifica per i più vulnerabili e i più poveri. Tra le altre raccomandazioni l’invito alle scuole alla cooperazione e agli scambi, e l’auspicio di una maggiore collaborazione tra Chiesa e Stato perché vengano approntati strumenti adatti ad un’educazione inclusiva. Infine nelle scuole cattoliche si prevede il finanziamento di fondi di solidarietà.
Le scuole nel Rwanda oggi e l’identità delle scuole cattoliche
Oggi in Rwanda la Chiesa cattolica gestisce o partecipa alla gestione di oltre la metà di tutte le scuole, con 1.381 scuole frequentate da 1.175.369 allievi e studenti di cui 770 nelle scuole primarie. C’è da aggiungere anche la gestione di 9 istituti superiori. Molte infrastrutture dovrebbero essere ammodernate e sarebbero necessari nuovi edifici scolastici. I partecipanti al colloquio di Kigali hanno comunque concluso che l’identità di una scuola cattolica deve essere definita da tre elementi: l’essere un luogo in cui si vive la fede in Cristo e tutto sia improntato sul Vangelo; l’essere una comunità di vita condivisa in uno spirito di solidarietà e di comunione fraterna; l’aprire le porte a tutti, senza esclusione alcuna, e offrire ai più poveri, ai meno abbienti e ai più disagiati una formazione umana e cristiana.
 ( da Radio Vaticana)

giovedì 19 maggio 2016

Appello dall'Africa: venite a investire da noi

«Se non investiremo in sviluppo e creazione di posti di lavoro, non saremo in grado di mantenere la pace. In Africa si possono creare 7 milioni di posti ogni anno solo sfruttando il 50% dei giacimenti di minerali esistenti, per questo occorrono investimenti e l’Europa deve recuperare il tempo perduto rispetto ad altri concorrenti, a cominciare dalla Cina. L’Italia in questo contesto può essere in prima fila, ha tutte le carte in regola». E' questo il messaggio che Nkosazana Dlamini-Zuma, rappresentante della Commissione dell’Unione Africana, ha portato  alla Conferenza Italia-Africa tenutasi ieri alla Farnesina. 
Da Corsera
In un'intervista al Corriere della sera, l'esponente africana ha sostenuto che è ora di dare concretezza a tante parole che si sprecano sull'Africa:«Basta dialogo, dialogo, dialogo, servono azioni » perchè l’Africa «ha bisogno di investimenti nell’agribusiness, infrastrutture, energia, industria estrattiva, perché ha una popolazione giovane e in crescita che ha bisogno di formazione. E senza diversificazione economica non si riuscirà a creare lavoro». L'Africa ha bisogno di investimenti:«Le infrastrutture sono il punto centrale per un pieno sviluppo. E parlo di tutti i tipi di infrastrutture: acquedotti, aeroporti, strade. L’Europa è indubbiamente in ritardo, almeno rispetto alla Cina, ma è in grado di competere. Il modello cinese è spesso vincente perché è in grado di partecipare alle gare con offerte a basso costo, ma è anche vero che molte compagnie europee non sono interessate a investire da noi, la Ue può fare molto di più».La stessa Italia "sicuramente può giocare un ruolo cruciale e in parte lo sta cominciando a fare. Dobbiamo certamente cooperare di più su alcune priorità, voi avete molte industrie alimentari che possono investire nel nostro continente e avete un calo demografico,  come del resto tutta l’Europa, che può essere compensato in un contesto africano. Avete formazione e esperienze da offrire, dobbiamo lavorare per costruire un modello culturale, politico ed economico di reciproco interesse». In particolare, «l’Africa ha moltissima terra per l’agricoltura che è ancora incolta, che può essere messa a reddito: abbiamo bisogno di moderni sistemi di irrigazione e di modelli industriali di coltivazione, da questo punto di vista possiamo essere molto attrattivi per tutte le industrie europee, e ovviamente anche per quelle italiane che hanno voglia di crescere».

mercoledì 18 maggio 2016

Stage da 100.000 Frw mensili snobbato da neolaureati in veterinaria e agronomia

In un precedente post del 24 gennaio avevamo dato notizia dell’avvio di una selezione di un veterinario e di un agronomo per la creazione  di una sorta di cattedra agricola ambulante che garantisse alle diverse comunità di villaggio, per il tramite delle parrocchie, assistenza, formazione e consulenza in ambito agricolo, per le diverse tipologie di colture e allevamento esistenti sul territorio.In occasione della Missione Kwizera 2016 il progetto era stato illustrato a tutti i parroci della diocesi che erano poi stati sollecitati di portare a conoscenza dei  giovani delle rispettive parrocchie, laureati in veterinaria e agronomia, il bando per la selezione di un agronomo e di un veterinario. Incredibile a dirsi, alla scadenza dei termini per la presentazione delle candidature sono pervenute due, dicasi due, sole candidature: quella di un veterinario, peraltro non ancora laureato se non nella  prossima sessione di giugno, e quella di una diplomata (Technical Secondary Education A2) in agronomia. Il futuro veterinario, l’unico candidato avente il requisito richiesto della laurea, non riteneva peraltro congruo il compenso proposto di Frw 100.000 mensili per un contratto annuale da stagiaire. Alla luce di tali risultanze non resta che mettere in stand by il progetto in attesa di tempi migliori, mentre i relativi fondi stanziati saranno indirizzati sul Progetto Mikan pig  e su quello di assistenza agricola alla comunità batwa di Kibali.
L'esito della ricerca lascia qualche perplessità, le stesse che avevamo espresso in un post del luglio 2010, Lettera a un neolaureato rwandese, che conserva, purtroppo, tutta la sua attualità. 
Sarebbe interessante ricevere dai nostri amici rwandesi qualche considerazione al riguardo, potrebbero aiutarci a meglio comprendere certe dinamiche dei giovani rwandesi, che evidentemente ci sfuggono.

martedì 17 maggio 2016

Il Papa sul fenomeno migratorio in un'ampia intervista a La Croix

Dall'intervista rilasciata da Papa Francesco al quotidiano cattolico francese La Croix riprendiamo questi passaggi riguardanti il fenomeno migratorio.

ACCOGLIENZA DEI MIGRANTI
Alla domanda se l’Europa può accogliere così tanti migranti, il Papa ha risposto che questa «è una domanda giusta e responsabile, perché non si possono aprire le porte in modo irrazionale. Ma la questione di fondo da porsi è perché ci sono tanti migranti oggi.Quando sono stato a Lampedusa, tre anni fa, questo fenomeno era già cominciato. Il problema iniziale sono le guerre in Medio Oriente e in Africa e il sottosviluppo del continente africano che provoca la fame. Se ci sono delle guerre è perché ci sono dei fabbricanti di armi - che possono essere giustificati per propositi difensivi - e soprattutto trafficanti di armi. Se c’è così tanta disoccupazione, è per mancanza di investimenti capaci di portare il lavoro di cui l’Africa ha così tanto bisogno».
Ciò solleva in maniera più ampia la questione di un sistema economico mondiale caduto nell’idolatria del denaro. Più dell’80% della ricchezza dell’umanità è in mano a circa il 16% della popolazione.Un mercato completamente libero non funziona. Il mercato in sé è una buona cosa ma gli serve un punto d’appoggio, un terzo, lo Stato, per controllarlo ed equilibrarlo. Quello che si chiama economia sociale di mercato.
 INTEGRARE E NON GHETTIZZARE
«Tornando ai migranti, l’accoglienza peggiore [per i migranti] è ghettizzarli, invece, di integrarli. A Bruxelles i terroristi erano belgi, figli di migranti, ma venivano da un ghetto. A Londra il nuovo sindaco (Sadiq Khan, musulmano, figlio di pachistani NdA) ha prestato giuramento in una cattedrale e sarà senza dubbio ricevuto dalla regina. Questo dimostra per l’Europa l’importanza di ritrovare la sua capacità di integrare. Penso a Gregorio Magno che ha negoziato con quelli che venivano chiamati barbari, che si sono di seguito integrati».
INTEGRAZIONE E DENATALITA’
 «Questa integrazione è ancora più necessaria oggi che l’Europa sta vivendo un grave problema di denatalità, a causa di una ricerca egoistica del benessere. Un vuoto demografico si sviluppa. In Francia, invece, grazie a politiche per la famiglia, questa tendenza è mitigata».

lunedì 16 maggio 2016

Verso la chiusura degli orfanatrofi:ancora mille orfani in attesa di una famiglia adottiva

 Nell’ambito del programma di progressiva chiusura degli orfanatrofi, che ha visto in questi anni l’affidamento di oltre 2000 orfani ad altrettante famiglie adottive, sono ancora 1.104 i bambini ospiti dei pochi orfanatrofi rwandese. Il governo  nella persona del  Ministro del genere e della promozione della famiglia, Diane Gashumba, si sta dando da fare per trovare anche a questi bambini una famiglia e pervenire alla definitiva chiusura degli orfanatrofi esistenti che avrebbero già dovuto essere svuotati a fine 2014, come riferito in precedenti post. In effetti la tradizione rwandese non prevede l’esistenza di una struttura quale l’orfanatrofio, in quanto alla morte dei genitori il bambino trova solitamente accoglienza nelle famiglie dei parenti o dei vicini. Basandosi su questo approccio culturale, il governo, nell’ambito del progetto TMM (mu Turerere Umwana Muryango = educare il bambino in famiglia) lanciato nel 2012, sta promuovendo una campagna perché gli ultimi mille orfani ancora ospiti di orfanatrofi o case di accoglienza possano trovare una famiglie che li accolga in una delle 2148 cellule (l’unità amministrativa di base) esistenti nel paese. Si confida sulla generosità di  genitori volontari disponibili ad accogliere in famiglia , con amore e dedizione,  questi bambini per farli crescere all’interno di una comunità. Naturalmente le autorità si pongono il problema di vigilare sulle famiglie che prendono in adozione questi orfani, per assicurare che siano protetti e ricevano l'educazione necessaria per farne cittadini responsabili.

sabato 14 maggio 2016

Il sorriso di Claudia rivive in quello dei bambini dell'asilo Carlin

Il sorriso solare di Claudia Bordoni, la giovane mamma di Grosio morta tragicamente in gravidanza, unitamente alle due gemelline che portava in grembo da sei mesi, rivivrà nel sorriso dei bambini dell’asilo Carlin di Kagera. 
Infatti, dopo il caloroso saluto che la comunità grosina ha voluto riservare alla giovane mamma nel giorno dei funerali (leggi qui), i suoi coscritti della classe 1979 hanno destinato una cospicua somma appunto all’asilo che la comunità grosina sostiene da qualche anno in Rwanda, per il tramite dell’Associazione Kwizera Onlus. 
 Nel sorriso dei bambini che frequentano l’asilo, mamma Adele e papà Giuliano, unitamente al fratello Giuliano, potranno, forse, rivivere quello della loro cara Claudia e quello delle due piccole creature che tragiche negligenze e superficialità non hanno permesso di sbocciare.
 La speranza è che quando i genitori di Claudia incroceranno quei sorrisi, pur lontani,  il loro dolore possa, anche  per un breve momento, trovare conforto nella gioia di questi bambini che, anche grazie a Claudia, si affacciano al mondo con rinnovata speranza.

mercoledì 11 maggio 2016

Dall'UE 177 milioni di euro al Rwanda per interventi in campo energetico

 L'Unione europea ha sottoscritto con il governo rwandese  un accordo di finanziamento del valore di 177 milioni di € (circa Frw 157 miliardi) per sostenere il settore energetico del paese  nei prossimi 5 anni. Il finanziamento consentirà al governo di intervenire  nel miglioramento nella fornitura, trasmissione e distribuzione di energia elettrica nel paese, consentendo l’accesso dei cittadini all’energia elettrica in tutte le sue forme: energia elettrica, solare, biomassa.  Il governo rwandese si propone così di centrare l'obiettivo di  consentire l’accesso all’energia elettrica al 70% dei cittadini entro il 2018, rispetto all'attuale 23%. L’accordo sottoscritto è in linea con il memorandum firmato dall'Unione europea con il presidente Kagame a New York nel 2014 come parte dell'impegno dell'UE  in campo energetico.Il finanziamento rientra  nel più ampio accordo, pari a  460 milioni di euro sottoscritto dall’UE a favore del Rwanda nel 2015, sotto forma di sostegno al bilancio, riguardante anche il settore agricolo e la governance.

A Kigali il 26° Forum economico per l'Africa

 Si apre oggi a Kigali il 26° forum economico perl’Africa, dedicato alle nuove tecnologie, che vedrà la partecipazione di circa 1500 tra imprenditori, uomini d'affari, studiosi e uomini politici di 70 paesi africani. 
Il forum si inserisce nell’ambito del forum annuale di Davos, in Svizzera, tenuto nel mese di gennaio. “L’evento rappresenta un’occasione per studiare come la quarta rivoluzione industriale, tema al centro del forum di Davos, può inserirsi nel contesto africano”, ha detto Elsie Kanza, direttrice per l'Africa del forum economico mondiale.
 Per tre giorni Kigali sarà la capitale dell’Africa, riconfermando la sua vocazione a città leader nel turismo congressuale continentale, uno dei settori trainanti dell'economia rwandese .

martedì 10 maggio 2016

Sullo sviluppo del continente africano, l'Europa tradisce i padri fondatori

“Se potrà contare su un rafforzamento dei mezzi, l’Europa sarà in grado di proseguire nella realizzazione di uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano” questo passaggio è contenuto nella dichiarazione Schuman, rilasciata dall'allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman il 9 maggio 1950, la data che oggi segna la data di nascita dell'Unione europea. Vi si proponeva il controllo congiunto della produzione del carbone e dell'acciaio, i principali materiali per l'industria bellica, con l'intento che sottraendo il controllo sulla produzione di carbone e ferro, nessun paese sarebbe stato in grado di combattere una guerra.
Un  richiamo, apparentemente estraneo al contesto di un documento estremamente tecnico-specialistico che dava origine alla CECA- Comunità europea del carbone e dell'acciaio, che, secondo ricostruzioni storiche,  Robert Schuman volle aggiungere di suo pugno al piano predisposto da  Jean Monnet. Sono passati diversi decenni da questa intuizione, rimasta inattuata come tante altre tra quelle espresse dai padri fondatori dell’idea europea, e proprio per non aver posto tra gli obiettivi primari della nuova entità europea questo "compito" ci troviamo alle prese con una emergenza immigrazione che nessuno degli eredi del ministro francese sembra in grado di approcciare con  proposte realistiche. Anzi, salvo qualche timido tentativo come quello del governo italiano che va sotto il nome di Migration Compact, le istituzioni europee, e non solo,  sembrano privilegiare un approccio emergenziale del fenomeno migratorio, condito da sempre meno efficaci richiami all'accoglienza indistinta e indiscriminata, senza mai interrogarsi  su cosa possa fare l'Europa del 2015, cosa ben diversa della CECA degli anni cinquanta, per rimuovere le reali cause del fenomeno .
Siamo cioè a politiche europee attente ai barconi e dimentiche della nave madre, il continente africano, alla deriva.Con buona pace dei padri fondatori.  

lunedì 9 maggio 2016

Oltre 10.000 le famiglie rwandesi molto ricche

La tabella che proponiamo qui di seguito è stata rilasciata nei giorni scorsi dal Ministero del Governo Locale e fotografa la situazione delle famiglie rwandesi sulla base del grado di vulnerabilità sociale ed economica. Si tratta di una classificazione che rientra nel programma Ubudehe, un programma mirante a individuare le fasce sociali più deboli così da permettere  ai cittadini vulnerabili l'accesso  ai servizi di base come l'assistenza sanitaria gratuita attraverso Mutuelle de Santé. Esso comprende anche programmi volti a ridurre la povertà come il programma Girinka ( una mucca per famiglia), piuttosto che borse di studio per gli studi universitari.
La nuova classificazione del Ubudehe ha quattro categorie, invece delle sei dell'edizione precedente che aveva causato qualche malcontento nella popolazione a causa di alcuni errori che avevano collocato taluni nuclei familiari in una categoria che precludeva l'accesso ai benefici per i più vulnerabili.

Categorie
famiglie
Popolazione
 (%)
categoria 1
376,192
1,480,167
16.0
categoria 2
703,461
3,077,816
29.8
categoria 3
1,267,171
5,766,506
53.7
categoria 4
11,664
58,069
0.5
Totale
2,358,488
10,382,558
100

  • Categoria I è costituito dai più poveri, coloro che non hanno una casa, e neppure sono  in grado di permettersi un affitto, e coloro che non possono permettersi un adeguato regime nutrizionale e altre necessità di base.
  • Categoria II comprende  chi ha un'abitazione o è in grado  di affittarne una, ma raramente ottiene posti di lavoro a tempo pieno, dovendosi accontentare di lavori saltuari.
  • Categoria III vi fanno parte le famiglie che possono contare su fonti di reddito da lavoro autonomo o da  lavoro dipendente nel settore privato o pubblico, e da attività collaterali in particolare in campo agricolo.Vi sono compresi gli uomini d'affari che possono impiegare fino a una dozzina di persone.
  • Categoria IV  rappresenta le famiglie molto ricche ( grandi agricoltori,  grandi uomini d'affari e alti quadri  dei settori pubblico e privato).
I dati vanno letti con una certa cautela, tenendo conto che tendenzialmente la Categoria I , peraltro ridottasi al 16% dal 24% del 2012, potrebbe essere sottostimata, oltre che per motivi d'immagine anche per il fatto che maggiore è il numero di chi vi rientra e maggiore è l'esborso a carico del bilancio dello stato per l'erogazione di forme di assistenza pubblica in forma gratuita.
Ottimistico sembra anche il dato della Categoria III, secondo cui il 53,7 per cento di tutte le famiglie del paese, rappresentanti oltre 5,7 milioni di persone, sono percepite come benestanti, secondo i richiamati criteri.
Forse il dato più realistico  è da ricercarsi in quelle  11.664 famiglie, che rappresentano lo 0,5 per cento del totale delle famiglie, definite come ricche. Probabilmente, anche limitandosi a quello che si vede nella sola capitale, il dato potrebbe essere addirittura sottostimato.
Per quanto attiene la distribuzione territoriale delle varie categorie, si rivela la prevalenza di famiglie della Categoria I nella Provincia dell'Ovest (29,1 per cento), della Categoria II  nella provincia orientale (26,3 per cento), la Categoria III è concentrata nel Provincia Sud (26,5 per cento), mentre  la Categoria IV è ovviamente prevalente nella città di  Kigali (57,6 per cento).
Ricordiamo che i dati  della nuova Ubudehe saranno utilizzati per scopi di pianificazione da parte di diversi soggetti interessati a partire dalla predisposizione del bilancio nazionale per l'anno fiscale 2016/17 e saranno aggiornati su base triennale.

giovedì 5 maggio 2016

Petits Seminaires al bivio: seminari e/o scuole d'ispirazione cattolica?

Riproponiamo questo post dell'agosto 2013 che sembra conservare tutta la sua attualità, anche alla luce  del dibattito sui possibili  scenari futuri che attendono i Petits Seminaires per rispondere alle attese della Chiesa e della società rwandese.

A cento anni dalla fondazione a Kabgayi del primo degli attuali otto Petits Seminaires, uno per ognuna delle diocesi rwandesi con la sola esclusione della diocesi di Gikongoro, queste istituzioni si trovano a interrogarsi sul proprio futuro. Nati per avviare al sacerdozio giovani aspiranti, fin dall’origine hanno svolto la funzione di fornire un’istruzione superiore anche a un più largo strato della popolazione giovanile rwandese concorrendo in tal modo a formare  una buona parte del ceto dirigente del paese nei diversi campi della vita civile . Oggi queste istituzioni, uno dei  titoli di orgoglio della giovane Chiesa locale, devono scontare, per assurdo, il loro stesso successo. Infatti, le posizioni  di  vertice che annualmente i Petits Seminaires occupano nelle speciali classifiche che riconoscono la qualità didattica delle diverse scuole sulla base della preparazione dei rispettivi studenti, è un forte richiamo per nuovi studenti. Soprattutto le famiglie della nascente borghesia cittadina rwandese, fatta di commercianti, operatori economici, alta burocrazia statale e ceto politico, trovano particolarmente attrattive  queste scuole, dalla dichiarata ispirazione religiosa, che garantiscono un ottimo livello didattico,  in un contesto di vita comunitaria più affidabile di altre realtà scolastiche cittadine non esenti da quelle criticità che cominciano a  far capolino anche tra le giovani generazioni rwandesi, e, fattore non secondario, scontano rette scolastiche inferiori a quelle delle molte scuole private presenti soprattutto nella capitale. Tutti questi fattori hanno portato i vari Petits Seminaires, seppure in maniera differenziata, a veder lievitare i propri alunni,  frequentanti le tre classi dell’ultimo ciclo delle primarie e le  tre classi delle secondarie.

lunedì 2 maggio 2016

L'interessante Dossier Rwanda predisposto per la visita ad limina del 2005


Merita sicuramente d'essere letto il Dossier sulla situazione del paese predisposto in occasione  della Visita Ad Limina dei Vescovi del Rwanda, del maggio 2005, dal Servizio Documentazione (SeDoc) della Radio Vaticana.  Si tratta di un collage  di  materiale raccolto presso diverse fonti ecclesiali qualificate (la documentazione del SeDoc stesso, la Conferenza episcopale rwandese, l’agenzia Fides) e dagli archivi dell’agenzia Ansa, come indicato volta per volta.Dalla settantina di pagine da cui è composto il documento emerge una quadro storico del paese e una fotografia  della Chiesa rwandese che conserva, a distanza di anni, un particolare interesse, in particolare su una materia particolarmente delicata quale quello del ruolo della Chiesa nella storia del paese.
Al riguardo, di fronte ai periodici e infondati appelli, l'ultimo di qualche settimana fa, di politici e intellettuali rwandesi, perchè il Papa compia un gesto di pentimento e di richiesta di scuse per il ruolo ricoperto dalla Chiesa cattolica nella tragedia rwandese del 1994, il Dossier documenta puntualmente l’attenzione costante con cui la Chiesa Universale ha seguito l’evolvere della situazione sociale e politica nel paese, con i ripetuti appelli alla pacificazione, rivolti da Giovanni Paolo II nel corso del suo pontificato, fin dal sorgere della guerra civile nell'ottobre del 1990 con il suo strascico di documentate violenze sulle popolazioni civili. Anche i Vescovi rwandesi, da parte loro, sono intervenuti in diverse occasioni, per indicare ai responsabili politici e ai concittadini quale via seguire per la pace e la riconciliazione. Di particolare interesse risulta la Dichiarazione dei Vescovi del Rwanda sul Rapporto della Commissione parlamentare sui massacri di Gikongoro (26 luglio 2004) in cui, di fronte ad affermazioni riguardanti ecclesiastici ed organizzazioni internazionali, alcune delle quali cattoliche, gli stessi  Vescovi rwandesi rispondono in modo chiaro e puntuale alle molte accuse ingiustificate in esso contenute. Per leggere il Dossier clicca qui.