"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


lunedì 26 dicembre 2011

Il libro di Silvana Arbia: un'occasione mancata

Silvana Arbia, oggi capo della cancelleria della Corte penale internazionale dell’Aia, per quasi nove anni, fino al 2008, ha lavorato come procuratore e poi chief of prosecutions presso il Tribunale penale internazionale per il Rwanda (tpir ) a Kigali e ad Arusha in Tanzania. Di recente ha pubblicato  un libro – Mentre il mondo stava a guardare ed. Mondatori- in cui  racconta di quel periodo e del difficile ma instancabile cammino che la giustizia internazionale  ha fatto per combattere i crimini contro l'umanità. In particolare, la ricostruzione di una decina di casi, in cui l’autrice ha sostenuto l’accusa nei processi contro alcuni tra i più spietati responsabili del genocidio rwandese, mira a richiamare la coscienza del mondo a non dimenticare le crudeltà di quel tragico periodo perché non si abbiano a ripetere. Dobbiamo dire che il libro non convince. Da una donna chiamata a reggere l’accusa e “determinata a fare quello che potevo per ridare giustizia a quel paese martoriato” e oggi seduta su un comodo scranno all'Aia, ci si sarebbe aspettati un po’ di quel coraggio che l’Arbia rappresentante dell'accusa richiedeva ai suoi testimoni chiamati a confermare le prove contro i tanti imputati di efferati delitti. Nel rispetto del mandato di indagare e giudicare “le responsabilità di entrambi” i contendenti in campo, un accenno, en passant, anche alle responsabilità dei vincitori, proprio perché, come esplicitamente espresso dalla stessa autrice, “il vincitore non poteva più essere considerato, come accadeva in passato, il giudice dei vinti”, forse poteva trovare posto nelle 197 pagine del libro. Invece niente. Invano cerchereste un riferimento alle migliaia di vittime civili tra la popolazione del nord occupato da quelli che l’autrice chiama i ribelli del Fpr, piuttosto che al massacro, avvenuto nel 1995 da parte dell’esercito dei vincitori, di qualche migliaia di sfollati nel campo profughi di  Kibeho ( 4.000 secondo osservatori internazionali), anche se quest'ultimo crimine non rientrante nella sfera di competenza del Tpir. Eppure queste vicende dovevano  essere citate nel Libro Azzurro dell’Onu, contenente la cronistoria dei fatti rwandesi, che l’autrice cita come fosse la Bibbia “le raccolte di documenti delle Nazioni Unite non hanno mai mancato di offrirmi il conforto della veridicità storica dei fatti”. Forse, in questo caso anche la procura del Tribunale, così come il mondo, “stava a guardare”.
Perché non farne almeno un accenno? Non fosse altro per dire che si sarebbe voluto, ma non si è potuto prendere alcuna iniziativa. Salvo fare la fine del magistrato svizzero Carla Del Ponte, collega dell’Arbia al Tribunale per il Rwanda e mai citata nel libro, allontanata dallo stesso Tribunale nel 2003 perché le sue indagini intendevano far luce anche sulle responsabilità dei vincitori. Magari a partire dalla ricerca dei responsabili, mai individuati, dell’abbattimento dell’aereo presidenziale del 6 aprile 1994, con la morte del presidente rwandese e di quello del Burundi, che diede avvio agli eccidi e che l’Arbia archivia con un ineffabile “ la questione è tuttora aperta e la verità avvolta nel mistero. Si sono fatte, però, diverse ipotesi”. Ma se la ricerca della verità non compete a un procuratore del Tribunale penale internazionale per il Rwanda (Tpir ), a chi? E senza verità come si può aspirare a "ridare giustizia a un popolo martoriato”? Il libro  un po’ narcisistico  dell’Arbia non  ha neppure provato a sfilacciare quel velo per intravedere la verità, eppure aveva l'opportunità per farlo. Per questo crediamo che sia un’occasione mancata.

sabato 24 dicembre 2011

Auguri


Noheli Nziza
Buon Natale
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venerdì 23 dicembre 2011

Incontro internazionale di giovani a Kigali indetto dalla Comunità di Taizè

La nota Comunità di Taizé nell'ambito del Pellegrinaggio di fiducia sulla terra ha pianificato un incontro internazionale di giovani  a Kigali, che si terrà dal 14 al 18 novembre 2012.
Lo scopo dell’incontro, come si legge sul sito della Comunità, " sarà l’occasione per i giovani della regione dei Grandi Laghi, dell’Africa orientale e non solo, per vivere un’esperienza di comunione, di condivisione e di riflessione nella vita cristiana in un contesto internazionale e multiculturale, per mostrare il loro impegno per Cristo e nella Chiesa e la loro capacità di intraprendere iniziative concrete per costruire la fiducia e la pace nelle loro comunità e nella loro regione.
Il programma del mattino si terrà nelle parrocchie della città e delle zone circostanti (preghiera del mattino, visite e incontri con i "testimoni della speranza"). Nel pomeriggio sono previsti un’introduzione bibbica, la condivisione in piccoli gruppi e laboratori e seminari su vari temi (temi, sociali, presentazioni culturali...). I partecipanti saranno alloggiati nelle famiglie, nelle chiese locali".

martedì 20 dicembre 2011

Adozione familiare per i pochi orfani rwandesi

 In Rwanda, secondo il Ministero del Genere e promozione per famiglie, ci sono 3.000 bambini che vivono in 33 orfanotrofi, in tutto il paese: un  numero tutto sommato abbastanza contenuto. Alcuni di questi bambini hanno magari ancora un genitore, ma sono stati allontanati dalla famiglia d’origine a causa di vari motivi, tra cui abbandono, maltrattamenti e altre forme di abusi sui minori.  La diffusa  solidarietà all’interno delle comunità porta spesso ad accogliere nelle famiglie della cerchia parentale i bambini rimasti orfani, oltre che le vedove, così che in Rwanda l’istituto dell’orfanatrofio  non risulta particolarmente diffuso. Nonostante i numeri contenuti, o forse proprio per questo,    le autorità governative stanno cercando di promuovere  una cultura dell’adozione in modo che i bambini degli orfanotrofi possano essere accolti in un ambiente familiare e arrivare così a superare l’istituzione dell’orfanatrofio. Naturalmente le autorità si pongono il problema di vigilare sulle famiglie che prendono in adozione questi orfani, per assicurare che siano protetti e ricevano l'educazione necessaria per modellarli in cittadini responsabili. Un problema a parte è quello dei bambini e ragazzi abbandonati a se stessi, i cosiddetti ragazzi di strada. Mentre nei villaggi il fenomeno sopravvive ancora in maniera evidente, nella capitale è stato risolto  radicalmente dalle autorità che hanno preso i ragazzi di strada e li hanno mandati su un’isola del lago Kivu per essere “rieducati” ( una inchiesta giornalistica di qualche tempo comparsa sul New York Times fece scandalo parlando di lager tanto da meritare la replica del governo rwandese) e avviati a  corsi professionali, prima  di essere riammessi in società, si presume  con un diverso approccio alla vita.

 

lunedì 19 dicembre 2011

Rassegna stampa

Articolo apparso su Il Settimanale delle diocesi di Como
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domenica 18 dicembre 2011

Il proverbio della domenica

Sabukuru ntinywerwa umuti

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Non c'è medicina che curi la vecchiaia

giovedì 15 dicembre 2011

Umushyikirano: gli stati generali della nazione

Si apre oggi a Kigali , presso il palazzo del parlamento, la due giorni della nona edizione del Dialogo Nazionale conosciuta come Umushyikirano, in cui diverse centinaia di esponenti politici e della società civile si riuniscono per discutere sulla situazione del paese. Si direbbe una specie di assemblea comunitaria per vagliare il bilancio consuntivo del paese, mettendo a fuoco le cose che non vanno,  e approvare quello di previsione, evidenziando gli obiettivi su cui il paese sarà chiamato a impegnarsi nel nuovo anno. Dovrebbe trattarsi, con tutte le cautele e i distinguo che in questi casi si devono avanzare, - conosciamo, infatti,  bene le abilità comunicative e propagandistiche delle autorità rwandesi-  di due giorni in cui il dibattito viene sdoganato, per poi tornare, per il resto dell’anno, alla “normalità”. A conferma di ciò, nella passata edizione avevamo segnalato l’intervento critico  del vescovo di Byumba circa l’introduzione obbligatoria dell’inglese anche come lingua d’insegnamento; l’intervento aveva sortito l’effetto di portare a un’attenuazione di tale obbligo nelle scuole elementari, mantenendo il kinyarwanda. I lavori saranno trasmessi da radio e televisione nazionali e potranno essere seguiti, in forma live,  su internet a questi indirizzi www.umushyikirano.gov.rw  e www.orinfor.gov.rw, mentre tramite Twitter e Facebook potranno essere avanzate richieste e quesiti anche dai cittadini comuni, non partecipanti all’assise. I numerosi rwandesi residente all’estero avranno, quindi, tramite internet l’occasione  per fare un tuffo nella loro realtà di origine, avere il polso della situazione del paese e  valutare il livello del dibattito che si terrà in questa due giorni.

martedì 6 dicembre 2011

Kwizera Rwanda, il libro

Ecco la copertina del libro Kwizera Rwanda che sarà presentato giovedì 8 dicembre in una serata che si terrà presso il ristorante Il Bugno di Fornaci di Barga (Lu), a partire dalle ore 18. Il libro, che sarà distribuito agli amici e sostenitori dell'Associazione, sarà disponibile per tutti coloro che fossero interessati anche  in formato elettronico sfogliabile accedendo da Albe rwandesi ( cliccando sulla copertina personalizzata riportata nella colonna di destra) già da oggi  o al sito www.kwizera.it a partire dai prossimi giorni.
La finalità della pubblicazione e il suo contenuto sono ben riassunti nella Presentazione del presidente dell'Associazione Kwizera Onlus, Franco Simonini, che riportiamo qui di seguito.
Presentazione
Nel decennale della fondazione dell’Associazione Kwizera Onlus, dedichiamo questo libro a tutti coloro che, in questi anni, ci hanno seguito con simpatia e sostenuto con grande vicinanza nell’attività svolta a favore della popolazione del Rwanda. Perché il tutto non si riducesse a una semplice elencazione, seppur doverosa nei confronti dei tanti benefattori, delle realizzazioni portate a termine nel periodo, abbiamo cercato di tratteggiare, senza alcuna pretesa di completezza, un sintetico quadro del contesto sociale in cui il lavoro associativo è andato concretizzandosi. Rimane in noi la segreta speranza di riuscire a condividere con i lettori parte delle esperienze vissute dai vari volontari che negli anni si sono succeduti nelle missioni nel paese delle mille colline. In questo senso, crediamo che al di là della limitatezza delle parole scritte, saranno le numerose fotografi e che corredano il volume a far rivivere, almeno in parte,  la realtà con cui siamo venuti a contatto. In particolare, non poche di queste fotografi e, che danno voce a quella variegata umanità fatta di bambini, uomini, donne e anziani, hanno la capacità di veicolare, nel loro disarmante realismo, le forti emozioni che hanno permeato gli autori di quegli scatti. Quei luoghi, quelle immagini, quella gente ti entrano dentro fino al profondo del cuore, tanto da poter dire che quel viaggio ti ha segnato la vita e, da allora, tutto prende una visione nuova. Ecco, se queste pagine riuscissero a far giungere al lettore l’eco lontana di queste sensazioni, avrebbero raggiunto il loro scopo. Avremmo la certezza che l’attività dell’Associazione a favore delle persone, le cui vite e i cui volti, squarciando il velo dell’anonimato, hanno fatto il loro ingresso, con pudore e discrezione, nelle nostre case, proseguirà anche per il prossimo decennio, potendo contare su tante persone partecipi del loro destino.

venerdì 2 dicembre 2011

Più corruzione in Italia che in Rwanda

E’ stato rilasciato ieri da parte della Transparency International, l’organizzazione mondiale contro la corruzione, il CPI 2011 [Corruption Perception Index] l’Indice di Percezione della Corruzione, in cui 183 Paesi del Mondo sono classificati a seconda del loro livello di corruzione (da 0, molto corrotto, a 10, per niente corrotto). L’Italia ottiene anche quest’anno una valutazione molto negativa, identica a quella dell’anno passato, di 3,9 su 10 collocandosi al 69° posto su 183, e al quartultimo posto in Europa, davanti solo a Grecia, Romania e Bulgaria. Ai primi posti troviamo Nuova Zelanda, Danimarca, Finlandia, Svezia e Singapore.
In compenso, il Rwanda, che già l’anno scorso precedeva di un posto l’Italia, con un punteggio di 5 su 10 ha fatto un balzo in avanti portandosi al 49° posto, tra i migliori paesi africani unitamente a Botswana, Capo Verde e Mauritius. Il progresso è decisamente notevole se si pensa che nel 2007 il Rwanda era ancora al 111°posto. Per la cronaca, tra i paesi africani più corrotti troviamo due paesi produttori di petrolio: la Nigeria e l’Angola, rispettivamente al 143°e 168° posto.

martedì 29 novembre 2011

L'elettricità arriva a Nyagahanga

“Un altro "piccolo miracolo" a Nyagahanga: da questo pomeriggio il paese di Nyagahanga è illuminato con l'elettricità!!!Il Signore sia benedetto.”
 Tre righe di e mail di Don Paolo del 25 novembre, per annunciare una svolta in un  piccolo villaggio del Rwanda. Una cosa per noi ordinaria, della cui esistenza ci accorgiamo nei rarissimi momenti in cui qualche fenomeno atmosferico o di altro tipo ci priva dell’elettricità e del conseguente uso di tutta una serie di apparecchiature di uso quotidiano, diventa per una realtà della campagna rwandese una svolta epocale. Cosa succederà ora? Come cambierà la vita degli abitanti? Cosa significherà per il Centro Parrocchiale poter contare sull’elettricità? Tutte domande che troveranno risposta solo con il tempo; è infatti  troppo forte e repentino il cambiamento per pretendere una risposta immediata. Cambiamento di cui forse, già a partire dalla prossima visita estiva, potremo percepire  i primi segnali.

lunedì 28 novembre 2011

Burehe: parte il quarto gruppo Mikan

Il parroco di Burehe, don Isidore, ci informa in tempo reale dell'avvenuta consegna, nella mattinata odierna , delle 25 capre al quarto gruppo parrocchiale. Martedì scorso le famiglie partecipanti avevano ricevuto la necessaria formazione da parte del responsabile del Progetto, Jean Damascene, che aveva provveduto a trasmettere le necessarie informazioni sul funzionamento del progetto, fornendo altresì tutte le nozioni di base sull'allevamento e la cura delle capre ricevute. Ogni partecipante ha ricevuto il relativo manuale contenente tutte le informazioni necessarie per il buon funzionamneto del progetto. Con questo sono cento le famiglie della parrocchia di Burehe inserite nel Progetto Mikan; altre 75 sono pronte a partire nelle prossime settimane. Si può dire che per tutte queste famiglie, il Natale 2011 con i relativi doni è arrivato con un po' di anticipo. Nel complesso, la parrocchia di Burehe dovrebbe arrivare ad avere sette gruppi attivi, con 350 famiglie coinvolte, comprese quelle che saranno destinatarie dei primi capretti.

venerdì 25 novembre 2011

Invito Usa: allo sviluppo deve far seguito la democrazia

Susan Rice, rappresentante degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, in visita in questi giorni  in Rwanda,  ha avuto  parole di elogio per i forti progressi sulla via dello sviluppo, nei diversi campi del sociale, che hanno caratterizzato il paese dopo gli eccidi del 1994. Non ha tuttavia  mancato di attirare l’attenzione sul deficit di libertà e democrazia che caratterizza ancora il paese, in cui le varie articolazioni della società civile, giornalisti, attivisti dei diritti umani, oppositori, hanno difficoltà ad esprimere il proprio dissenso. Per questo il rappresentante degli USA, paese che ha fin dall’inizio sostenuto in maniera decisiva il nuovo corso rwandese, ha affermato che in Rwanda “i progressi economici devono andare di pari passo con le aperture democratiche”, auspicando che  “la democratizzazione del paese possa essere il prossimo cantiere di questo grande paese e di questo popolo straordinario”.  

giovedì 24 novembre 2011

Prossima presentazione della pubblicazione Kwizera Rwanda

Giovedì 8 dicembre, in una serata conviviale che si terrà, a partire dalle ore 18, presso il ristorante Il Bugno di Fornaci di Barga (Lu), verrà presentato il libro Kwizera Rwanda, realizzato in occasione del decennale dell’Associazione Kwizera Onlus.Si tratta di una pubblicazione di 170 pagine, che, nella prima parte,  attraverso immagini e testimonianze, frutto del vissuto dei volontari dell’Associazione Kwizera che negli anni si sono susseguiti nelle missioni  in Rwanda, tenta di dare una rappresentazione del Rwanda lontana dagli stereotipi di un paese sinonimo di orrore, morte e disperazione, per chi ha ancora negli occhi le immagini sconvolgenti degli eccidi del 1994, o di un modello di sviluppo africano, per chi legge le svelte e compiacenti corrispondenze dei media di oggi. Il libro ci accompagna alla conoscenza della  parte meno conosciuta del Rwanda, quella dei villaggi. Una seconda parte dà conto delle principali realizzazioni portate a termine in questi anni dall’Ass. Kwizera. Dal libro esce l’immagine di un paese  aperto alla speranza-kwizera,che tenta faticosamente di rimuovere  i fantasmi  del passato per costruirsi, pur tra inevitabili contraddizioni ma con una grande voglia di vivere,  un presente di riconciliazione e un futuro di convivenza pacifica.Umanità fatta di bambini e anziani, di uomini e donne, che con pudore entrano, squarciando il velo dell’anonimato, nelle nostre case con i loro volti, le loro storie, la loro vita quotidiana facendo rivivere, anche se solo attraverso una piccola eco, le sensazioni vissute dai volontari che ne hanno fissato le immagini fotografiche. Il libro verrà riservato ai tanti amici e sostenitori dell’Associazione Kwizera che hanno seguito con simpatia e sostenuto con grande vicinanza l’attività svolta a favore della popolazione del Rwanda.
A partire dal 9 dicembre il libro sarà accessibile a tutti in formato e book su questo blog e su www.kwizera.it.

domenica 20 novembre 2011

Messaggio all'Africa

Riprendiamo dalla Radio Vaticana questa sintesi dell' Esortazione apostolica postsinodale Africae munus di Benedetto XVI  sulla Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Il testo integrale del documento è consultabile cliccando qui, come ovvio le esortazioni hanno molto da dire anche alla Chiesa e alla comunità, popolo e governanti, rwandese.
L'Esortazione Apostolica Postsinodale Africae Munus, firmata oggi dal Papa, raccoglie quanto emerso dal secondo Sinodo speciale per l'Africa, svoltosi nell'ottobre 2009 e dedicato al tema della riconciliazione, giustizia e pace.Indicare il programma dell’attività pastorale e della nuova evangelizzazione dell’Africa nei prossimi decenni, sottolineando la necessità di riconciliazione, giustizia e pace. È questo l’obiettivo dell’Africae Munus. Suddiviso in due parti, più un’introduzione ed una conclusione, il documento siglato da Benedetto XVI è fortemente contestualizzato. Consapevole delle ricchezze materiali, culturali e spirituali dell’Africa, il Papa non tralascia le tante e drammatiche sfide che il continente deve affrontare in molti settori: sanità, politica, economia, ecologia, società. Ma il tono che predomina è quello della speranza e il Pontefice guarda all’Africa come ad un grande “polmone spirituale” per tutta l’umanità. Nella prima parte dell’Esortazione, prevale il concetto di giustizia divina, più ampia di quella umana perché basata sull’amore e sul dono di sé. Sotto questo fondamentale principio, rientra l’idea della purificazione e del perdono, anche se – scrive il Papa - i responsabili dei crimini devono essere ricercati e messi davanti alle loro responsabilità, per evitare il ripetersi dei loro reati. E ancora: la difesa della famiglia che deve diventare sempre più “chiesa domestica” e deve essere tutelata da nozioni distorte del matrimonio, dai divorzi facili, dalla banalizzazione della maternità. I bambini non siano trattati in modo intollerabile e deplorevole, gli anziani siano rispettati, ogni cristiano combatta e denunci le violenze sulle donne. La vita nella sua totalità, ribadisce il Papa, va difesa: per questo la Chiesa dice no alla pena di morte, all’aborto, alla droga, all'alcolismo, all’analfabetismo, fenomeno pari alla morte sociale. La Chiesa è in prima linea nell'affrontare le pandemie della malaria, della tubercolosi e dell'Aids: quest’ultima esige una risposta soprattutto etica, una prevenzione efficace basata sull'astinenza sessuale, sul rifiuto della promiscuità sessuale e sulla fedeltà coniugale.

sabato 19 novembre 2011

Il Papa ai governanti africani

Dall'odierno discorso di Benedetto XVI alle autorità del Benin.

Quando dico che l’Africa è il continente della speranza, non faccio della facile retorica, ma esprimo molto semplicemente una convinzione personale, che è anche quella della Chiesa. Troppo spesso il nostro spirito si ferma a pregiudizi o ad immagini che danno della realtà africana una visione negativa, frutto di un’analisi pessimista. Si è sempre tentati di sottolineare ciò che non va; meglio ancora, è facile assumere il tono sentenzioso del moralizzatore o dell’esperto, che impone le sue conclusioni e propone, in fin dei conti, poche soluzioni appropriate. Si è anche tentati di analizzare le realtà africane alla maniera di un etnologo curioso o come chi non vede in esse che un’enorme riserva energetica, minerale, agricola ed umana facilmente sfruttabile per interessi spesso poco nobili. Queste sono visioni riduttive e irrispettose, che portano ad una cosificazione poco dignitosa dell’Africa e dei suoi abitanti. (....) In questi ultimi mesi, numerosi popoli hanno espresso il loro desiderio di libertà, il loro bisogno di sicurezza materiale, e la loro volontà di vivere armoniosamente nella diversità delle etnie e delle religioni. E’ anche nato un nuovo Stato nel vostro Continente. Numerosi sono stati anche i conflitti generati dall’accecamento dell’uomo, dalla sua volontà di potere e da interessi politico-economici che escludono la dignità delle persone o quella della natura. La persona umana aspira alla libertà; vuole vivere degnamente; vuole buone scuole e alimentazione per i bambini, ospedali dignitosi per curare i malati; vuol essere rispettata; rivendica un modo di governare limpido che non confonda l’interesse privato con l’interesse generale; e soprattutto, vuole la pace e la giustizia. In questo momento, ci sono troppi scandali e ingiustizie, troppa corruzione ed avidità, troppo disprezzo e troppe menzogne, troppe violenze che portano alla miseria ed alla morte.

venerdì 18 novembre 2011

Benedetto XVI in Africa

Inizia oggi la visita dal Papa in Benin.Nell'occasione Benedetto XVI consegnerà alla Chiesa africana, all'esito del passato Sinodo africano, l’esortazione apostolica "Africae munus" .
Per l'occasione riprendiamo dal sito La Bussola quotidiana il contributo che segue.
Dal libro "Meno male che Cristo c'è. Vangelo, sviluppo e felicità dell'uomo" (Lindau, pp.336, euro 19) di Piero Gheddo con Gerolamo Fazzini, riprendiamo il capitolo su "Il contributo della Chiesa allo sviluppo dell’Africa".
Nei tempi moderni, la Chiesa nell’Africa nera è stata fondata dai missionari che fin dall’inizio hanno annunziato Cristo con le opere di carità, di sanità, di educazione. Nel tempo della colonizzazione, dalla fine dell’800 al 1960, la scuola era quasi tutta in mano alle Chiese cristiane, per decisione degli stessi governi che finanziavano l’educazione attraverso le missioni. I primi capi dell’Africa nera che l’hanno guidata all’indipendenza venivano tutti dalle scuole cristiane.
L’evangelizzazione attraverso la scuola è sempre stata prassi costante nel mondo missionario. Uno slogan spesso citato e usato dai missionari diceva: «Prima costruiamo la scuola e poi la chiesa». E questo perché la scuola apre le menti e i cuori e poi la Chiesa, il Vangelo e il catechismo spiegano e diffondono i contenuti del cristianesimo. In tutti i paesi dell’Africa nera la scuola moderna era sconosciuta. Le prime scuole le hanno aperte i missionari cristiani.
Kwame Nkrumah, padre della patria e primo presidente del Ghana (indipendente dal 1957), allievo dei missionari e poi insegnante nelle loro scuole, nel 1957 diceva in una conferenza agli studenti in Svizzera: «La persona che mi ha presentato ha ricordato che io sono il responsabile del ridestarsi di questo grande continente. Credo che non sia vero. Ma se vogliamo considerare la situazione in modo più esatto, debbo dire che i responsabili della presa di coscienza di noi africani sono stati i missionari cristiani con le loro scuole». È solo una citazione fra tante altre che si potrebbero fare; d’altra parte in questi primi 50 anni dell’indipendenza africana è difficile trovare un presidente, un premier, una personalità di primo piano che non sia cristiano battezzato o fedele seguace della religione del Corano.

domenica 13 novembre 2011

Madre di cinque bambini partorisce tre gemelli; aiutiamola

Tanasia Nyirabarimwabo con i tre figli
da:The Sunday Times / F. Ndoli
The Sunday Times di questa mattina, in una corrispondenza da Byumba a firma di Fred Ndoli, dà notizia che Tanasia Nyirabarimwabo, una donna di 33 anni già madre di cinque bambini, ha dato alla luce altri tre gemelli, due femminucce e un maschietto, presso l’ospedale di Byumba. Purtroppo la famiglia della donna si trova in una situazione particolarmente disagiata, non potendo contare su alcun reddito essendo il marito disoccupato. Per ora sarà l’ospedale a farsi carico della puerpera e dei neonati, ma fra un mese qualcuno dovrà pensare come aiutare questa coraggiosa donna che ha portato a termine la propria gravidanza con determinazione, anche se nell’articolo si parla di un possibile intervento delle autorità distrettuali. Di fronte a questo evento, abbiamo già trovato il sostegno per garantire l’inserimento della famiglia, nel suo insieme, nel programma Adozioni dell’Associazione Kwizera. Auspichiamo nel frattempo che le autorità locali possano farsi carico della ricerca di un posto di lavoro per il padre. Siamo certi che in tal senso anche il parroco di Bungwe, la parrocchia di origine della famiglia e in cui l’Associazione Kwizera già opera, farà la propria parte.Per la cronaca, i neonati di cui non conosciamo ancora i nomi, pesavano alla nasciata rispettivamente 1,5kg e  1,3kg le bambine e  1,6kg il bambino.

sabato 12 novembre 2011

Nuovo ambasciatore italiano a Kampala

Stefano Antonio Dejak è il nuovo ambasciatore italiano a Kampala, ambasciata competente anche per il Rwanda. Il dott. Dejak, nato a Udine, in carriera dal 1993, ha prestato servizio   prima a Lagos, quindi a Londra, presso l'Ufficio commerciale dell'Ambasciata d'Italia. Rientrato a Roma, lavora alla Direzione Generale Paesi Africa sub-sahariana, prima di assumere l'incarico di Consigliere a Nairobi nel 2007, ricoprendo il ruolo di Ambasciatore e Delegato Speciale del Governo italiano presso il Governo provvisorio somalo. Al neo ambasciatore un augurio di buon lavoro, anche per quanto riguarda il fronte rwandese della sua missione.

venerdì 11 novembre 2011

Progetto Mikan a Burehe

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Riceviamo dal parroco don Isidore la documentazione fotografica della consegna delle capre al terzo gruppo di 25 famiglie della parrocchia di Burehe, nell'ambito del Progetto Mikan. Nella parrocchia di Burehe ci sono già altri quattro gruppi pronti per essere inseriti nel Progetto, da qui a fine anno.

Frizioni diplomatiche tra Rwanda e Belgio

Il governo rwandese ha deciso di bloccare tutti i conti dell'ambasciata belga a Kigali.La decisione rwandese è stata motivata come applicazione del principio di reciprocità  in risposta ad analogo provvedimento assunto dalle autorità belghe che avevano bloccato i conti dell'ambasciata rwandese a Bruxelles a seguito di una disposizione di un tribunale belga all'esito di un contezioso giudiziario di un cittadino rwandese contro il proprio paese. Le autorità rwandesi contestano a Bruxelles la violazione dell'accordo di Vienna sul rispetto e la protezione dei beni della  propria rappresentanza diplomatica in Belgio.
Già che ci sono, le autorità rwandesi  potrebbero chiedere anche ragione di quel residuato del passato coloniale che è il diritto che il Belgio si arroga, a suo insindacabile giudizio, di decidere quali cittadini rwandesi siano o meno meritevoli di ottenere un visto per entrare, non in Belgio, bensì in un paese europeo terzo ( vedi nostri passati post in materia di visti).

sabato 5 novembre 2011

Indice di sviluppo umano-HDI: il Rwanda 166esimo su 187 paesi al mondo

E' stato presentato martedì scorso a Copenaghen il Rapporto sullo Sviluppo Umano 2011, curato dall'ONU   dal titolo Sostenibilità ed equità: un futuro migliore per tutti, che fotografa la situazione dei vari paesi sulla base  di diversi parametri valutativi, sintetizzati nell' indice di sviluppo umano (HDI).  Il nuovo indice è stato introdotto come alternativa alle misure convenzionali di sviluppo nazionale, come il livello di reddito e il tasso di crescita economica. L'HDI rappresenta una spinta per una definizione più ampia di benessere e fornisce una misura composita di tre dimensioni fondamentali dello sviluppo umano: salute, istruzione e reddito. Il Rwanda evidenzia  un  HDI pari a 0,429, analogo a quello dell'anno precedente, che colloca il  paese a un poco onorevole 166 esimo posto su 187 paesi con dati comparabili. Anche rispetto all'area dell'Africa sub-sahariana il Rwanda non se la passa meglio; infatti, l'HDI della regione  è pari  allo 0,463, superiore a quello del Rwanda.Un dato che certo non corrisponde pienamente all'immagine che  le autorità rwandesi cercano di veicolare attraverso i media a livello mondiale; la strada sulla via dello sviluppo è ancora lunga.
Tutti i vari indici che concorrono a definire l'HDI per il Rwanda sono consultabili cliccando qui.

giovedì 3 novembre 2011

Appaltato il rifacimento della strada Kigali-Gatuna

Nel maggio 2011 inizieranno i lavori di rifacimento della strada  Kigali-Gatuna che collega il Rwanda all'Uganda e su cui viaggiano tutti i traffici provenienti dai porti dell'oceano Indiano.I lavori, che avranno un costo di 32 miliardi di Frw finanziati dall'Unione europea, saranno affidati all'impresa tedesca   Strabag che dovrebbe rendere questa arteria di grande traffico, forse la  più trafficata dell'intera rete stradale rwandese almeno per quanto riguarda il traffico pesante, percorribile in tempi ben diversi dagli attuali. Ci sono infatti interi tratti di strada, in particolare quelli di fondo valle prospicienti le numerose zone paludose, in cui i camion viaggiano a passo d'uomo.Per questo il contratto prevede lavori per la riabilitazione delle aree stradali e paludose, gravemente danneggiate, con  la ricostruzione di 115 canali di scolo in cemento, di 73 sistemi di drenaggio e opere di miglioramento dei ponti esistenti, nonché la costruzione di una rotatoria vicino a Kigali. Questo intervento s'inquadra nel programma governativo di sistemazione della rete stradale rwandese che ha già visto la completa sistemazione della Kigali-Ruhengeri-Gisenyi, di cui abbiamo già dato conto in un precedente post, e nella progettazione di un collegamento da Base a Nyagatare, una  strada di 130km che attraversa il distretto di Byumba, e la Ngoma-Nyanza di 130 km, che collega l'Est e le province meridionali.

sabato 29 ottobre 2011

La grigliata di maiale insidia le brochettes

La consumazione della carne di maiale comincia a prendere piede in Rwanda. Nella capitale molti locali stanno costruendo il proprio successo sulle grigliate di porco, particolarmente gradite dalla clientela. Si direbbe che la grigliata di maiale cominci a far concorrenza alle tradizionali brochettes di capra, piatto nazionale rwandese. In città la carne di maiale è più conveniente rispetto a quella di  mucca (FRW 3000, $ 5 / kg alla griglia contro RWF 5000, più di $ 8) ed è anche apprezzata in quanto più gustosa. Una recente inchiesta dell’agenzia Syfia  rivela però come la catena di lavorazione della carne, dalla macellazione alla distribuzione e alla conservazione, non sia particolarmente presidiata dai servizi veterinari per cui è abbastanza normale che si macellino maiali malati e che sui tavoli dei ristoranti arrivi della carne a rischio, proveniente dalle campagne in forme non del tutto legittime e scarsamente rispettose delle condizioni igieniche.
Il  successo della carne di maiale in Rwanda è un fenomeno abbastanza recente; nel passato il maiale era scarsamente diffuso nelle campagne, dove si privilegiava e tuttora si privilegia l’allevamento delle capre. Ora anche nei villaggi si cominciano a incontrare, sempre più di frequente, famiglie che possiedono un proprio maiale e qua e là si incontrano dei piccoli allevamenti. Per quanto verificato in loco, bisogna però dire che le tecniche di allevamento sono ancora migliorabili sia per le modalità di ricovero degli animali e, soprattutto, per l’alimentazione. Ci è capitato di vedere maiali alimentati con  pastoni a base di farina, lasciando inutilizzati scarti di cucina come bucce di patate piuttosto che di banana o avocado lasciati marcire al suolo piuttosto che essere dati ai maiali. Ci rimane poi  la curiosità di conoscere  come avvenga la macellazione e la consumazione; tenuto conto che, stante il clima locale, sarà difficile che si possano produrre degli insaccati, vorremmo capire se anche in Rwanda del maiale non si butta niente.

martedì 25 ottobre 2011

Un nuovo romanzo sul Rwanda

I Cento giorni (Einaudi, pagg. 216, euro 15, traduzione di Daniela Idra) è il romanzo d’esordio che il drammaturgo elvetico Lukas Bärfuss ha ambientato in Rwanda nel periodo che va dall'aprile al luglio del 1994, quando il Paese, che veniva considerato «la Svizzera africana», si trasformò nel teatro di «uno dei crimini del secolo».Il libro viene così presentato dall'editore: David Hohl, uno svizzero tranquillo, nel 1990 parte per il Rwanda, per aggregarsi a un importante progetto di cooperazione. Nel panorama africano, il paese è una positiva anomalia con allevamenti di bestiame, con programmi di riforestazione, con una situazione politica tutto sommato stabile. La collaborazione funziona, i risultati non mancano. Ingenuo e idealista, Hohl stenta a comprendere una realtà radicalmente altra, un universo enigmatico, talvolta minaccioso e in ogni caso non valutabile in base ai parametri occidentali. Nel rapporto con l'affascinante Agathe, una donna dalla sensualità dirompente, intuisce forse di trovarsi di fronte a questo baratro di incomprensione. Ma non è sufficiente: nonostante tutte le avvisaglie, nei quattro anni che trascorre nel paese non si rende conto della tragedia che si sta preparando. E così scivola, quasi impercettibilmente, in un incubo: quando, nella primavera del 1994, ha inizio il massacro, cerca di tenere i contatti con la donna - che con gli anni ha maturato una sua coscienza politica e muore di colera in un campo profughi -,non parte con gli altri occidentali, per cento giorni rimane recluso nella sua abitazione e diventa così testimone e in qualche modo complice del genocidio che costò la vita a quasi un milione di persone.
«Negli anni seguenti ho cercato di tenere lontano dalla mia vita ogni turbamento e solo a volte, quando ascolto la tanta gente arguta e leggo i tanti libri intelligenti che da allora sono stati scritti su quel periodo, allora cerco il mio nome nell'indice analitico, e il nome del piccolo Paul, sotto Direzione della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario, e quando eccezionalmente li trovo, al massimo c'è scritto che eravamo lì e forse anche che abbiamo investito in quel paese più soldi di tutte le altre nazioni. La nostra fortuna è sempre stata che in ogni crimine in cui era coinvolto uno svizzero ci fosse sempre di mezzo qualche farabutto più grosso, che attirava su di sé l'attenzione e dietro il quale potevamo nasconderci. No, non appartenevamo a quelli che commettevano bagni di sangue. Erano altri a farlo. Noi ci sguazzavamo dentro. E sapevamo perfettamente come bisognava muoversi per restare a galla e non affondare in quella salsa rossa».

domenica 23 ottobre 2011

Il proverbio della domenica

Inkoni y'umukene ayigegena ayigeraho

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Il povero adatta il suo bastone alla sua misura

venerdì 21 ottobre 2011

Stop alle bici sulle strade asfaltate

Non si vedranno più biciclette sfrecciare sulle strade asfaltate rwandesi di maggior scorrimento e su  quelle cittadine.Secondo nuove disposizioni, queste strade sono precluse alle biciclette, rimanendo l’utilizzo riservato a pedoni, camion e macchine. La nuova normativa non è certo stata ben accolta dai numerosi utilizzatori occasionali della bicicletta, come mezzo di spostamento, costretti a ripiegare sui pulmini e sui taxi,  e, a maggior ragione, da tutti coloro per i quali la bicicletta è strumento di lavoro: bicitaxi e trasportatori di merci. Con la motivazione che le biciclette sono tra le maggiori cause di incidenti stradali sulle arterie di maggior traffico, le autorità rwandesi hanno preso la decisione, molto impopolare, di rendere queste strade off limits per le biciclette. Già si è assistito ai primi sequestri delle biciclette dei ciclisti colti a violare, per la seconda volta, questa disposizione. Alle molte lamentele che si sono sollevate da più parti, si è aggiunta la voce di chi non manca di sottolineare come tale scelta sia in controtendenza con quanto succede nel resto del mondo, dove la bicicletta è stata riscoperta come mezzo di trasporto ecologico, soprattutto nelle città. Forse quest’ultima è la critica che più darà fastidio alle autorità rwandesi, sempre così attente ad essere sempre à la page.

martedì 18 ottobre 2011

Una storia rwandese

“Troppo bella per essere vera” è la prima reazione che si ha leggendo la storia che l’agenzia Syfia riporta nel suo ultimo lancio via internet. Una storia che affonda le radici nei tragici eccidi del 1994, quando in un villaggio rwandese dalle parti di  Nzahaha, un settore del distretto di Rusizi nel sud ovest, Gratien Nyaminani uccise Védaste Kabera, il marito di Bernadette Mukakabera. Dopo il genocidio, Nyaminani è stato arrestato, condannato e imprigionato. Durante la prigionia, sua figlia Donata, quasi a voler riparare le gravi colpe del padre  aveva  con molto coraggio cominciato  ad aiutare la famiglia di Mukakabera in tutti i lavori domestici.Superando la comprensibile diffidenza iniziale della signora Bernardette, ma più in generale della comunità del villaggio, Donata ha fatto breccia nel cuore della vedova : "Il suo atteggiamento mi ha sconcertato – ricorda Bernardette- ... Lei piangeva e mi implorava il perdono per suo padre." Passando attraverso un percorso non facile che cancellasse tutti i sentimenti d’odio e di vendetta scatenati dalla perdita violenta del marito per mano del vicino di casa, il momento del perdono è arrivato   dopo che in un processo gacaca era stato concesso l'indulto a Nyaminani. Al rilascio dalla prigione ha fatto seguito una speciale cerimonia con la richiesta da parte di Nyaminani  del perdono alla famiglia della vittima. Famiglia del carnefice e famiglia della vittima si sono riconciliate. Donata è ormai accettata  nella famiglia di Bernardette quasi come una figlia.Ma la storia, che sarebbe sufficientemente edificante se finisse qui, ha sviluppi ancora più incredibili quando Bernardette si sente dire da suo figlio Alfred Uzabakiriho, al quale  evidentemente non sono sfuggite le grazie e le doti della sorellastra, : "Mamma, voglio sposarmi e non riesco a trovare una donna migliore di Donata ". Il matrimonio dei due giovani suggella la definitiva riconciliazione delle due famiglie. Una  storia troppo bella per essere vera?
Ai nostri amici rwandesi il compito di verificarne la fondatezza; ne hanno tutti gli elementi : nomi dei protagonisti e luoghi della vicenda.
Leggi  l'articolo in francese dell'agenzia Syfia.

sabato 15 ottobre 2011

Indice globale della fame:ancora "allarmante" la situazione del Rwanda

E’ stato presentato nei giorni scorsi, alla vigilia della giornata mondiale dell’alimentazione che si celebrerà domani 16 ottobre, il Rapporto predisposto dall'International Food Policy Research Institute (IFPRI) contenente il Global Hunger Index GHI- Indice globale della fame.Al fine di individuare i livelli di fame il Global Hunger Index prende in esame tre indicatori: la percentuale di persone che sono denutrite, la percentuale di bambini sotto i cinque anni che sono sottopeso e il tasso di mortalità infantile.L’indice classifica i paesi assegnando un valore da 0 a 100, dove 0 rappresenta il valore migliore (assenza di fame) e 100 il peggiore, per quanto nella pratica non venga mai raggiunto nessuno dei due estremi. La scala mostra la gravità della fame – da un livello "basso" a "estremamente allarmante" – associata con la gamma di possibili punteggi di GHI:> 30.0 Estremamente allarmante, 20.0–29.9 Allarmante,10.0–19.9 Grave, 5.0–9.9 Moderato, < 4.9 Basso.      Sulla base dei parametri presi in esame, che per il Rwanda evidenziano le seguenti dinamiche : Popolazione denutrita : 34% ( dato riferito al 2007 a fronte del 44% nel 1990 dopo una punta del 53% nel 95/97);   Bambini sottopeso sotto i 5 anni: 18% (24.3% 1990);  Tasso di mortalità sotto i cinque anni: 11,1% (17.1% 1990) ; il GHI attribuito al paese delle mille colline risulta di 21,0, in diminuzione dal 28,5 del 1990, passando dal 32,7 del 1996 e il 25,2 del 2001. Sui 122 paesi presi in esame nel Rapporto, il Rwanda si colloca al 60esimo posto, dietro a Togo e Tanzania e davanti a Liberia, Sudan, Madagascar, Mozambico, Niger, India, Zambia e Angola. La situazione rwandese, pur con i miglioramenti realizzati negli ultimi anni, rientra ancora, purtroppo, nella categoria “allarmante”.             

martedì 11 ottobre 2011

Una sfida per il nuovo ambasciatore belga a Kigali

Ieri ha presentato le proprie credenziali il nuovo ambasciatore belga, Marc de Pecsteen Buyrswerve, il quale si è affrettato ad assicurare che favorirà gli scambi e gli investimenti, portando gli investitori belgi in Rwanda. Ha quindi aggiunto:"Questa è la mia prima volta ad essere un ambasciatore e ciò che mi ha emozionato è quello di diventare un ambasciatore in un paese come il Rwanda che ha un lungo rapporto storico con il Belgio. Continuerò sulla base della cooperazione bilaterale già esistente. " Sarebbe importante se il nuovo ambasciatore affrontasse anche il problema da noi sollevato della gestione dei visti dei cittadini rwandesi che intendono visitare i paesi dell’Unione Europea. Come noto, si veda in proposito il nostro post del   24 agosto scorsoil Belgio si è riservato a livello europeo una specie di diritto di veto al rilascio di un visto d’ingresso a cittadini rwandesi da parte di ogni altro paese facente parte dell’Unione europea. Non si tratta di far valere motivi di sicurezza che potrebbero più opportunamente essere trattati avvalendosi dello strumento del SIS-Sistema Informatico Schengen, una specie di black list dove vengono inseriti tutti i soggetti da tenere sotto controllo per motivi di giustizia o di pericolo di terrorismo, ma di un vero e proprio diritto di veto di assoluta discrezionalità che può colpire indistintamente ogni cittadino rwandese intenzionato a venire in Europa. L’esercizio di questo diritto assume forme decisamente antipatiche, innanzitutto  perché spesso non se ne conosce la motivazione  o, peggio, quando l’ambasciata si degna di far conoscere le motivazioni si scopre, come ci è capitato di verificare di persona, che sono del tutto ridicole e offensive nei confronti del lavoro istruttorio delle cancellerie consolari degli altri paesi.Ecco, se il nuovo ambasciatore facesse in modo di rimuovere, o per lo meno allentare, questo strumento che abbiamo bollato come neocolonialismo di ritorno, forse l’auspicata cooperazione bilaterale verrebbe aggiornato a un rapporto tra stati sovrani, rimuovendo ogni ombra  di passate dipendenze coloniali.

domenica 9 ottobre 2011

Il proverbio della domenica

Umuhini mushya utera amabavu.


Il manico della zappa troppo nuovo
lascia le fiacche sulle mani.

sabato 8 ottobre 2011

Parte una nuova università nel distretto di Byumba

La Mount Kenya University, una istituzione privata keniota, è intenzionata ad  aprire un campus universitario nel distretto di Byumba. L'università, che ha già due campus a Kigali, ha chiesto al distretto  un appezzamento di terreno per costruire il campus. I corsi che dovrebbero essere attivati  riguarderanno la formazione di infermiere e farmacisti, oltre che programmi rivolti al miglioramento della formazione degli insegnanti delle scuole primarie e secondarie.Le iscrizioni sono già aperte; i promotori contano di poter avere anche studenti provenienti dal vicino Uganda.
Dopo i numerosi corsi di laurea generalisti, finalmente un corso che dovrebbe fornire figure con una specializzazione, come quella infermieristica, di cui si sente veramente l’esigenza.

domenica 2 ottobre 2011

Buon viaggio Sunny: raccontaci anche l'altro Rwanda

Il giornalista   Sunny Ntayombya, già citato su questo blog, nel suo commento  odierno su The Sunday Times, annuncia che farà un giro nei villaggi rwandesi per raccontare anche quella realtà.
Così motiva questa sua decisione: "Perché vado al villaggio?  Bene, ho vissuto in una grande città tutta la mia vita ed è stato fantastico. La possibilità di andare in un caffè e gustare una tazza di cappuccino, di visitare una libreria, di avere l'acqua corrente e l'elettricità regolarmente sono  cose che ho imparato ad amare. E con buona ragione, questi servizi sono cose che rendono la nostra vita quotidiana più facile e più divertente. Ma negli ultimi due mesi, standomene seduto in ufficio a guardare i vari rapporti, ho iniziato a sentirmi molto curioso di conoscere la grande incognita, almeno per me: il Rwanda rurale".
Noi, che abbiamo più volte criticato quei giornalisti occidentali che scrivono del Rwanda fermandosi a Kigali, siamo prima sorpresi nell'apprendere che un commentatore rwandese confessi la sua scarsa o nulla conoscenza del Rwanda che vive fuori di Kigali ( dopo aver confessato recentemente la sua scarsa dimistichezza con il Kinyarwanda)  e poi curiosi di conoscere quello che il simpatico Sunny scriverà di ciò che avrà visto con i suoi occhi nei villaggi che visiterà; speriamo non facendosi indirizzare dai solerti funzionari governativi sempre pronti a presentare  qualche iniziativa promozionale del governo.Vada nei villaggi dove non arriva la corrente elettrica, dove non c'è l'acqua fuori l'uscio di casa, ma a qualche kilometro di distanza, dove è difficile mettere insieme il pasto quotidiano e poi venga a raccontarci quello che ha visto. Quindi,  buon viaggio  Sunny, attendiamo i tuoi  reportage con molta curiosità! 

giovedì 29 settembre 2011

L'imigongo

Nel 19 ° secolo il principe Kakira, figlio del re di Gisaka, che viveva nella zona di Kibungo, approntò un metodo originale per abbellire la propria dimora. Cominciò a decorare gli interni della sua casa con motivi geometrici che raccolsero l’approvazione entusiasta del padre che destinò i locali così decorati ad accogliere gli ospiti. Ben presto questa pratica si diffuse, fi o a diventare una vera e propria arte, oggi conosciuta come imigongo. Imigongo è il plurale della parola Umugongo che ha diversi signifi cati: la parte posteriore di una persona o di un animale, la cresta di una collina, la nervatura di una foglia, ecc.In Rwanda con il termine imigongo si identificano i pannelli con dipinti in rilievo, dominati da motivi geometrici, dai colori che possono variare dal bianco al nero, dal rosso marrone fino al grigio perla e al giallo beige. Il materiale che, spalmato su un supporto ligneo su cui previamente è stato tracciato con un carboncino il disegno che caratterizzerà l’imigongo, dà forma al rilievo è fatto di un impasto di sterco di vitello o di mucca con cenere e urina. Sono le donne che con pollice e indice modellano l’impasto fino a far apparire triangoli (isoscele o equilatero), rombi, parallelogrammi, quadrati o spirale singola o doppia. Dopo l’operazione di modellazione, la superficie sarà ricoperta da uno strato di una sostanza ottenuta da una pianta chiamata umutobotobo che la renderà liscia. Dopo 24 ore verrà passato un sottofondo giallobeige e quindi verranno applicati i colori desiderati. Fatto asciugare il tutto ecco l’imigongo, pronto per andare ad abbellire una parete, come aveva previsto il principe Kakira.
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sabato 24 settembre 2011

Rischia il licenziamento il dipendente pubblico che non consegue gli obiettivi

I funzionari pubblici rwandesi sono periodicamente sottoposti a processi valutativi  delle loro performances lavorative da parte dei superiori, come avverrebbe in una qualsiasi moderna azienda privata. Forse con la differenza che eventuali giudizi negativi  che possono precludere a un avanzamento di carriera o a un miglioramento retributivo nel settore privato, per i pubblici dipendenti rwandesi  che non raggiungono la sufficienza, cioè una valutazione di 60 su 100, può anche comportare, ma non ditelo al nostro ministro Brunetta,  il licenziamento.Secondo l’agenzia Syfia  che cita i risultati  di uno studio condotto di recente  dalla Commissione per la funzione pubblica del governo del Rwanda, è questo uno dei motivi principali, unitamente alla eccessiva disparità di  trattamento economico, al cattivo clima lavorativo e alla cattiva gestione, che portano circa il quaranta per cento dei dipendenti pubblici a cambiare lavoro. Secondo i vigenti regolamenti ogni dipendente pubblico deve sottoscrivere  un contratto di performance  che comporta: pianificazione del lavoro, identificazione degli obiettivi da conseguire,  con verifica e valutazione dell’avanzamento del lavoro dopo sei mesi  e analisi  e valutazione  del rendimento annuale. Poiché non sempre i criteri applicati nella valutazione sono oggettivi, o per scarsa professionalità dei superiori gerarchici preposti alla valutazione  o, molto più spesso, per palese casi di favoritismo, molti dipendenti pubblici preferiscono cambiare aria. Diversi fra  quelli che hanno subito il licenziamento a seguito dei giudizi valutativi negativi  sollevano invece  un contenzioso amministrativo con la pubblica amministrazione per vedersi reintegrati nel loro posto, trovando qualche volta soddisfazione da parte dell’Ufficio dell’Ombudsman. Dal 2008  al luglio scorso l’apposita commissione della Funzione pubblica ha ricevuto più di 1500 ricorsi inerenti ingiustizie subite sul posto di lavoro, riguardanti appunto le  valutazione delle prestazioni lavorative, con una certa percentuale di donne vittime di discriminazione per aver  resistito alle avances sessuali dei colleghi di lavoro.   

giovedì 22 settembre 2011

Visto per l'Italia:meglio evitare il transito da Bruxelles

Se un rwandese intende  chiedere il visto per l'Italia  è meglio che preveda di viaggiare con Ethiopian Airlines direttamente su Roma o Milano piuttosto che viaggiare con Brussels Airlines trasitando per Bruxelles. Potrà sembrare strano, ma questo suggerimento viene direttamente dagli addetti dell'ambasciata belga di Kigali. Infatti, nel motivare il proprio diniego al rilascio di un visto richiesto da un cittadino rwandese  alle autorità italiane, come riferito nel nostro post del 24 agosto , dopo aver avanzato una serie di obiezioni che avrebbe dovuto semmai sollevare l'autorità italiana in fase di istruttoria, l'addetto all'ambascita belga suggerisce la richiesta di un visto limitato al territorio italiano, evitando quindi il transito da Bruxelles, o di rifare la domanda.    Non sappiamo quanto piacere faccia  alla Brussels Airlines e alla società che gestisce l'aeroporto di Bruxelles, a cui competono le cospicue tasse che si pagano  su ogni biglietto aereo per lo scalo, sapere che gli addetti dell'ambasciata del proprio paese sconsigliano di prevedere il Belgio come frontiera d'entrata in Europa, facendo così da addetti commerciali...... dell'Etiopia.L'argomento visti  riserva sempre  delle scoperte sconcertanti, meritando così la nostra attenzione. 

sabato 17 settembre 2011

Dossier Rwanda di Jeune Afrique

In occasione del recente viaggio del presidente rwandese, Paul Kagame, a Parigi, il settimanale Jeune Afrique ha dedicaro al Rwanda un dossier ampio e articolato dal titolo impegnativo: Rwanda: a tout d'un grand. Si parte dalla presentazione del viaggio del Presidente, che il settimanale definisce con efficace simpatia come"cet adepte du développement autoritaire et de la démocratie surveillée" "questo adepto dello sviluppo autoritario e della democrazia sorvegliata", per passare in rassegna  tutto quanto fatto in questi tre lustri, trascorsi dalla guerra civile del 1994, per fare del Rwanda appunto un paese che " ha tutto d'un grande". Sono elencati i progressi conseguiti nei diversi campi sociali ed economici, i progetti in cantiere, ancora in attesa  di attuazione, ma che dovranno dare ulteriore slancio al giovane paese africano, sono presentate alcune storie di successo della rampante nuova classe media rwandese che sta facendo di Kigali la città che si candida ad essere il centro  del turismo congressuale del continente, senza disdegnare di  puntare molto sull'informatica e su internet  e quanto altro necessario per attrarre nuovi investimenti dall'estero che diano ulteriore slancio all'economia del paese.Il dossier non manca di sottolineare anche l'altra faccia del Rwanda, quello delle campagne, in cui la riduzione della povertà non procede con la medesima velocità che caratterizza il trend di sviluppo della capitale. Nel complesso  ci troviamo di fronte a un dossier che pur lodando  il modello rwandese, non manca di sottolinearne anche le criticità come la forte disuguaglianza nei redditi, "con più della metà della popolazione che vive con solo 0,43 dollari al giorno", che potrebbe "intralciare i progressi e ravvivare le tensioni sociali". Ombre che non dovrebbero però, a detta del settimanale, mascherare l'essenziale "dopo l'incubo degli anni novanta, il paese ha saputo rimettersi in piedi in un decennio, così bene che, per il futuro, tutti i sogni di grandezza gli sono permessi".  

giovedì 15 settembre 2011

Distribuito il manuale del Progetto Mikan

Ecco la copertina del manualetto che viene distribuito alle coppie inserite nel Progetto Mikan. In quaranta pagine sono raccolte, naturalmente nella lingua locale Kinyarwanda, tutte le informazioni necessarie perchè i partecipanti al progetto possano viverne pienamente lo spirito e raccoglierne i frutti. Si va da una breve nota di Don Paolo Gahutu che inquadra il progetto nell'ambito della pastorale familiare della diocesi di Byumba, alla presentazione dell'Associazione Kwizera che ne illustra le origini e le finalità. La parte più consistente è dedicata alle nozioni che devono essere conosciute per poter allevare la propria capra e accompagnarla al parto, allevare quindi  il capretto fino a svezzarlo per poterlo consegnare alle coppie in attesa. In appendice sono elencate le regole che devono essere rispettate dai vari protagonisti del progetto, perchè il delicato meccanismo possa funzionare efficacemente, così come nei fatti sta avvenendo.Ricordiamo che al manuale si affianca l'attività formativa, di assistenza e coordinamento del dinamico responsabile del Progetto, il tecnico Damasceno.Ad oggi  sono ormai più di cinquecento le famiglie che hanno o stanno partecipando al  Progetto Mikan. L'esperienza sta dando i suoi frutti e si sta diffondendo velocemente nelle parrocchie della diocesi, i numeri sono quindi destinati ad aumentare.  
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venerdì 9 settembre 2011

Gli indiani subentrano ai libici nella telefonia mobile

La società indiana Bharti Airtel  ha ottenuto ieri la licenza di telefonia mobile in Rwanda.Bharti Airtel, la quinta compagnia a livello  mondiale nelle telecomunicazioni, si è impegnata a investire in Rwanda, per i prossimi tre anni, 100 milioni di dollari, di cui trenta per l’acquisizione della licenza.Bharti Airtel diventa il terzo operatore e affiancherà MTN Rwanda e TIGO Rwanda che si spartiscono il mercato locale, con 2.824.874 e 1.300.159 abbonati rispettivamente, dopo che all’altro vecchio operatore Raundatel, a capitale libico,  era stata revocata la licenza per inadempimenti contrattuali.Bharti Airtel è già presente  in tutta l'Asia e in  Africa con oltre 230 milioni di abbonati. In particolare è attiva in altri tre paesi dell'Africa orientale: Kenya, Uganda e Tanzania.

martedì 6 settembre 2011

Vi fareste operare di appendicite dal vostro parroco?

Dopo essersi chiesti che razza di domanda è mai questa, tutti risponderebbero di no e di preferire ricorrere a un medico chirurgo. Analogamente risponderebbero se si chiedesse a chi farebbero progettare una casa, piuttosto che curare un animale o ancora quali fertilizzanti usare su un determinato terreno: di volta in volta il preferito sarebbe l’ingegnere, il veterinario e l’agronomo.Se la domanda fosse invece: fareste gestire i vostri investimenti o impiantare un’azienda al vostro parroco, la risposta non sarebbe così pronta  e puntuale. Si direbbe che sì forse si potrebbe anche affidarsi al parroco, in fin dei conti dovrebbe essere onesto e quindi non si rischierebbe di vedersi derubati. Chiunque vede la debolezza di una simile risposta. Nessuno si farebbe incidere la pancia se non da un chirurgo, convinti che solo una simile figura professionale abbia le conoscenze e le capacità per effettuare una simile operazione, mentre si è pronti ad affidarsi con fiducia a un non esperto per gestire fatti e intraprese economiche, accontentandoci della sola presunta onestà. Come si vede è ben strana una simile logica. Si pretende, giustamente, dal medico che ci opera che abbia compiuto gli studi necessari e abbia maturato la necessaria pratica, mentre a un sacerdote viene riconosciuta la capacità di gestire un’azienda, come potrebbe essere una diocesi, per il solo fatto di averne ricevuto l’incarico dal proprio vescovo. Eppure, come si devono studiare materie per esercitare la medicina, ci sono anche corsi ben definiti per appropriarsi delle conoscenze in economia e in gestione d’impresa. Se bastasse buon senso e onestà per gestire gli affari economici di una qualsiasi organizzazione, anche ecclesiale, non si capisce perché tanti studenti perdano tempo e soldi per frequentare le facoltà di economia  e qualche corso manageriale. Certo, ci sono fior di grandi manager che, partiti magari da studi di filosofia, sono arrivati a gestire grandi aziende, facendo però un percorso all’interno di imprese strutturate dove era quotidiano il confronto con manager depositari delle conoscenze e delle  tecnicalità proprie delle varie specializzazioni aziendali. E allora, fareste gestire la vostra azienda dal vostro parroco, senza che questi abbia almeno i necessari supporti di esperti in materia?    

venerdì 2 settembre 2011

Copricapo usa e getta per i passeggeri dei mototaxi

Ha raccolto molto consenso tra i cittadini di Kigali la decisione assunta dal Comune di Kigali, dal Ministero della Salute e dalle associazioni degli operatori del settore di prevedere per le migliaia di passeggeri dei mototaxi,  che ogni giorno si spostano da un capo all'altro della città, l’uso di un copricapo usa e getta, tipo una cuffia da doccia, da indossare sotto il casco. Si pone in tal modo fine alle lamentele per caschi sporchi e puzzolenti, a volte anche causa di infezioni alla pelle, che i passeggeri si trovavano a inforcare, magari a fine giornata dopo che erano passati di testa in testa sotto il sole cocente della capitale. L’unico motivo di discussione è il prezzo dei nuovi copricapo, naturalmente importati dalla Cina, che ammonta a 50 Frw cadauno; c’è chi ne vorrebbe dimezzare l’ammontare che incide in maniera significativa sul prezzo della corsa. Comunque un’iniziativa che si è meritata anche l’editoriale odierno de The New Times.