"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


mercoledì 24 agosto 2011

Neocolonialismo di ritorno: decide il Belgio se un cittadino ruandese può entrare in Europa

L’esercizio di un  effettivo  diritto di veto sulla concessione ai cittadini rwandesi dei visti d’ingresso nello spazio Schengen è quanto concede il Regolamento 810/2009 del Parlamento europeo al Belgio. All’art. 22 del Regolamento citato si obbligano  tutti i paesi europei a sottoporre a un paese terzo che ne abbia fatto richiesta tutte le domande di visto provenienti da un determinato paese. Nel caso che ci interessa, il Belgio pretende che  ogni richiesta di visto presentata da cittadini rwandesi a paesi terzi debba ottenere  il relativo nulla osta belga. Capita così che, come successo recentemente, cittadini rwandesi si siano visti rifiutare  il visto dall’ambasciata italiana di Kampala in forza del "veto" belga, anche se la motivazione riportata sulla lettera di rifiuto  fa riferimento, in maniera a nostro avviso non appropriata, all’inserimento del nominativo nel cosiddetto SIS Sistema Informativo Schengen. Esistono  casi che ci sono stati segnalati e documentati. Oltretutto,  le autorità belghe si sottrarrebbero,  anche se non siamo riusciti a trovare una norma che glielo consenta, al motivare le ragioni  di tali loro preclusione. Probabilmente per il Belgio esercitare ancora una qualche forma di potere, seppur in negativo, su una propria ex colonia come è stato il Rwanda,   farà rivivere i trascorsi coloniali, peraltro tutti da dimenticare. Non siamo però così ciechi dal non vedere che esiste  anche l’altra faccia della medaglia; infatti, di fronte alla ridicola ed estemporanea tracotanza belga sta l’ignavia italiana. Infatti, l’articolo 25 dello stesso Regolamento darebbe la facoltà al paese richiesto di rilascio del visto di concederlo limitatamente al proprio territorio, anche a fronte della segnalazione del paese terzo, nel nostro caso il Belgio. Ma i burocrati di Kampala si guardano bene dall’alterare il loro tranquillo trantran burocratico, con scelte impegnative come queste. Ci auguriamo che il nuovo ambasciatore italiano che sostituirà l’uscente Pietro Ballero, che per questa impostazione della gestione visti nessuno rimpiangerà, sappia, su questo punto,  imporre alla sua cancelleria consolare  un nuovo corso, non prono ai desideri di un paese che non teme il ridicolo. Da ultimo, sarebbe interessante conoscere l’opinione delle autorità rwandesi su questo diritto di veto belga che ha il sapore sgradevole  di un neocolonialismo di ritorno che rimesta nel passato e offende la sovranità del paese delle mille colline.   

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