L’esercizio di un effettivo diritto di veto sulla concessione ai cittadini
rwandesi dei visti d’ingresso nello spazio Schengen è quanto concede il Regolamento
810/2009 del Parlamento europeo al Belgio. All’art. 22 del Regolamento citato
si obbligano tutti i paesi europei a
sottoporre a un paese terzo che ne abbia fatto richiesta tutte le domande di
visto provenienti da un determinato paese. Nel caso che ci interessa, il Belgio pretende che ogni richiesta di visto presentata da
cittadini rwandesi a paesi terzi debba ottenere il relativo nulla osta belga. Capita così che,
come successo recentemente, cittadini rwandesi si siano
visti rifiutare il visto dall’ambasciata italiana di Kampala in forza del "veto" belga,
anche se la motivazione riportata sulla lettera di rifiuto fa riferimento, in maniera a nostro avviso non
appropriata, all’inserimento del nominativo nel cosiddetto SIS Sistema
Informativo Schengen. Esistono casi che ci sono stati segnalati e
documentati. Oltretutto, le autorità
belghe si sottrarrebbero, anche se non
siamo riusciti a trovare una norma che glielo consenta, al motivare le
ragioni di tali loro preclusione. Probabilmente
per il Belgio esercitare ancora una qualche forma di potere, seppur in
negativo, su una propria ex colonia come è stato il Rwanda, farà rivivere i trascorsi coloniali, peraltro
tutti da dimenticare. Non siamo però così ciechi dal non vedere che esiste anche l’altra faccia della medaglia; infatti,
di fronte alla ridicola ed estemporanea tracotanza belga sta l’ignavia
italiana. Infatti, l’articolo 25 dello stesso Regolamento darebbe la facoltà al
paese richiesto di rilascio del visto di concederlo limitatamente al proprio
territorio, anche a fronte della segnalazione del paese terzo, nel nostro caso
il Belgio. Ma i burocrati di Kampala si guardano bene dall’alterare il loro
tranquillo trantran burocratico, con scelte impegnative come queste. Ci
auguriamo che il nuovo ambasciatore italiano che sostituirà l’uscente Pietro
Ballero, che per questa impostazione della gestione visti nessuno rimpiangerà,
sappia, su questo punto, imporre alla
sua cancelleria consolare un nuovo corso, non prono ai desideri di un paese che non teme il ridicolo. Da ultimo, sarebbe interessante conoscere
l’opinione delle autorità rwandesi su questo diritto di veto belga che ha il
sapore sgradevole di un neocolonialismo
di ritorno che rimesta nel passato e offende la sovranità del paese delle mille
colline.
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