"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


giovedì 30 ottobre 2014

La magistratura francese riapre le indagini sull’abbattimento dell’aereo presidenziale

Secondo quanto riferisce RFI-Radio France Internationale , i giudici francesi Marc Trévidic et Nathalie Poux hanno deciso inaspettatamente di riaprire le indagini sul caso dell'attentato contro l'aereo del presidente Habyarimana abbattuto il 6 aprile 1994. Una riapertura dell'inchiesta, dichiarata chiusa solo tre mesi fa, che ha sorpreso tutte le parti in causa. Secondo quanto trapelato dalla giustizia francese, il processo riprende in presenza di uno o più elementi che costringerebbero i giudici a procedere a nuovi accertamenti. Allo stato non si hanno ulteriori informazioni, anche se da fonti attendibili, secondo quanto riferisce RFI, ci sarebbe uno o più testimoni pronti a rendere nuove testimonianze su quello che da più parti viene ritenuta la causa scatenante degli eccidi della primavera 1994.

mercoledì 29 ottobre 2014

Più facile fare impresa in Rwanda che in Italia

Ogni anno, la Banca Mondiale stila una classifica dei paesi dove è più facile fare impresa. Il rapporto denominato Doing Business, arrivato quest’anno alla sua 12° edizione, fornisce un giudizio sui diversi paesi sulla base di una serie di parametri che entrano in gioco nel momento in cui un imprenditore intende avviare una nuova impresa. I parametri presi in esame sono dieci: si va dalla facilità di avviare un'impresa, ai tempi di ottenimento di permessi di costruzione all’accesso all’energia elettrica, dalla registrazione dei titoli di proprietà all’accesso al credito fino alla tutela degli investitori di minoranza e alla risoluzione degli stati di insolvenza. 
In questa classifica che vede al primo posto Singapore, il Rwanda si posiziona al 46° posto, in miglioramento di due posizioni rispetto all’anno precedente,  ben dieci posizione davanti all’Italia che è solo 56°. Il confronto tra Rwanda e Italia è umiliante nell'accesso al credito 4° posto contro 89°, piuttosto che nella facilità di ottenere un permesso di costruzione (34° posto contro 116°) o nel carico fiscale complessivo (27° contro141° posto).
 Nell’ultimo anno il Rwanda ha fatto i maggiori progressi nell’ottenimento dei permessi di costruzione e nell’accesso all’energia elettrica, mentre il vero punto di forza risulta l’accesso al credito  dove il Rwanda si posiziona al quarto  posto a livello mondiale.Il Rwanda e' il terzo miglior paese africano dove fare affari dopo Mauritius e Sud Africa. Non solo il Rwanda ma anche tutti gli  altri paesi dell'Africa sub-sahariana hanno migliorato il contesto normativo per le piccole e medie imprese, tanto che  nel corso degli ultimi cinque anni, ben 11 diversi paesi dell’Africa Sahariana sono apparsi nella lista annuale delle 10 economie che hanno compiuto i maggiori progressi.
Nonostante il buon risultato complessivo, le autorità rwandesi si sono però lamentate con la Banca Mondiale per aver modificato senza preavviso  la metodologia utilizzata nella stesura del Rapporto 2015, tanto da far dire a un responsabile rwandese " di aver spostato i pali della porta dopo che la palla aveva superato la linea". In particolare i nuovi criteri applicati hanno comportato una penalizzazione del Rwanda  che secondo i vecchi modelli si trovava in 32° posizione nella classifica complessiva, corrispondente al 48° posto con i nuovi criteri; pesantemente penalizzante è stata la modifica dei requisiti presi in considerazione per quanto attiene l’avvio di un’impresa che vede  il Rwanda  classificato al 112° posto  dal 72 ° precedente, che con la vecchia metodologia corrispondeva all’8 ° posto. Proprio su questo dato si sono incentrate le lamentele rwandesi.

martedì 28 ottobre 2014

Fatica a decollare il programma di alimentazione scolastica

Gli scolari bisognosi di Nyagahanga consumano
un pasto grazie al sostegno dell'Associazione Kwizera
Le autorità rwandesi hanno messo in campo, con l’inizio del nuovo anno scolastico, un programma di alimentazione scolastica rivolto agli alunni del ciclo base dei 12 anni (12YBE). Nelle intenzioni del governo il programma dovrebbe vedere il coinvolgimento anche dei genitori secondo tre diverse opzioni. La prima prevede che i genitori contribuiscano con un importo fisso di denaro nell’ordine di 200-300 Frw  al giorno per alunno; la seconda che i bambini si portino da casa il cibo da consumare a scuola, mentre la terza opzione  permette ai genitori che non possono permettersi le prime due opzioni di  lavorare come braccianti occasionali presso la stessa scuola che si farebbe quindi carico di fornire il cibo ai loro figli. Il Ministero della Pubblica Istruzione, pur riconoscendo la complessità della questione, si sta prodigando nel sensibilizzazione i leader locali nel sostegno dell’iniziativa e per ottenere il coinvolgimento di tutti i genitori interessati affinchè a nessun scolaro manchi un pasto. Purtroppo il percorso del nuovo programma è tutt’altro che facile, dovendo scontare un certo scetticismo dei genitori, molti dei quali dichiarano apertamente di non disporre dei soldi necessari, soprattutto quando, come capita spesso, i figli coinvolti siano due o addirittura tre: in  quel caso per pagare le rette se ne va il salario mensile di un agricoltore.  Capita così, come riferisce The New Times, che i bambini i cui genitori non hanno versato il costo del pranzo  debbano assistere in disparte al pranzo dei loro compagni. Di fronte alle sollecitazioni che vengono dalle autorità di governo e dai responsabili locali molti  dirigenti scolastici ricorrono all’aiuto delle numerose ong che operano sul territorio  rwandese.Al riguardo merita di essere ricordata l'esperienza dell'Associazione Kwizera che da diversi anni garantisce l'erogazione di una settantina di pasti giornalieri ai bambini bisognosi della scuola primaria di Nyagahanga.  Nonostante le buone intenzioni, il programma fatica a decollare e da più parti si sollecita un intervento diretto del governo per fornire i mezzi necessari a garantire a tutti l’accesso a un pasto durante l’orario scolastico. Lo stesso Ministro per la scuola  primaria e secondaria,Olivier Rwamukwaya, ha ammesso che il programma di alimentazione scolastica ha bisogno di essere rivisitato, “almeno per poter aiutare i bambini provenienti da famiglie povere” che, nelle campagne, sono piuttosto numerosi. Anche l’opzione che prevede il coinvolgimento dei genitori in lavori a favore della scuola non sembra incontrare un particolare successo: gli insegnanti dicono che sia troppo difficile insistere nel richiamare i genitori al rispetto di questo loro impegno.

sabato 25 ottobre 2014

Le autorità rwandesi sospendono le trasmissioni radio BBC in kinyarwanda

Dopo che ieri il presidente della Commissione di regolamentazione dei media ruandesi (RMC), Fred Muvunyi, resistendo anche a formali richieste dei deputati rwandesi, aveva escluso qualsiasi intervento di sospensione della licenza alle trasmissioni radio in Kinyarwanda della BBC, quale reazione alla messa in onda su BBC2 del controverso documentario "La storia mai raccontata del Rwanda", che ha causato fortissime reazioni in tutto il Rwanda ma anche all'estero, si assiste oggi a un clamoroso dietrofront. La Rwanda Utilities Regulatory Authority (Rura)  ieri ha, infatti, sospeso il servizio della BBC in kinyarwanda dopo le numerose richieste di esponenti della società civile e delle forze politiche di revocare la licenza per le trasmissioni radio alla BBC."Dopo aver esaminato le denunce, Rura ha valutato che queste accuse abbastanza gravi, tali da giustificare la sospensione temporanea di tutti i programmi della BBC in lingua Kinyarwanda, mentre altre indagini sono svolte dal regolatore", hanno riferito esponenti della stessa Autority. Già nel 2009, il Rwanda aveva sospeso per due mesi le trasmissioni della BBC in Kinyarwanda, avviate sulla base di un accordo bilaterale firmato nel 1997, con l'accusa di dare voce ai "negazionisti" e mettere a repentaglio il processo di riconciliazione nazionale nel paese. La BBC, già nei giorni scorsi, a proposito del documentario aveva negato le accuse di negazione del genocidio, convinta che il programma abbia fornito "un prezioso contributo alla comprensione della tragica storia del paese e della regione."

mercoledì 22 ottobre 2014

L’Olanda muove gravi accuse contro il marito di Victoire Ingabire

Lin Muyizere, marito della dissidente Victoire Ingabire, leader dell'opposizione rwandese  condannata a 15 anni di prigione con l'accusa di terrorismo e di negazionismo, potrebbe essere privato della cittadinanza olandese ed essere deportato a Kigali, in quanto accusato di genocidio da parte dei servizi di immigrazione olandesi sulla base di tre fonti anonime che affermano di averlo visto, all’epoca, con la milizia.Muyizere era già stato oggetto di un'indagine amministrativa da parte delle autorità di immigrazione olandesi nel 2010, epoca in cui la moglie Victoire era rientrata in Rwanda per partecipare alle elezioni presidenziali. a cui non potè partecipare perché immediatamente accusata delle colpe che l’hanno successivamente portata in carcere. Quello che è strano nel comportamento delle autorità olandesi è che, secondo quanto risulta all’agenzia RFI,  allo stato nessuna accusa è stata mossa contro Lin Muyizere dalla giustizia rwandese. Siamo quindi in presenza da parte delle autorità olandesi di un eccesso di zelo di cui sfuggono le reali motivazioni: quando si vuole essere più realisti del re!

venerdì 17 ottobre 2014

Il contributo della Chiesa rwandese al Sinodo a sostegno della famiglia

Usciti frastornati dalla lettura della  Relatio post disceptationem presentata lunedì mattina dal cardinale Péter Erdö, relatore generale del Sinodo, e in attesa che i dieci circoli minori, in cui e' stato discusso il documento, propongano la riscrittura di talune parti un po' " forzate", come quella relativa ai gay, è consolante leggere la relazione presentata al Sinodo dal presidente della conferenza episcopale rwandese (C.EP.R) mons.   Smaragde MBONYINTEGE, vescovo di Kabgayi.
Si tratta di un testo che rappresenta in termini realistici la situazione della famiglia rwandese, quella ordinaria che così poco spazio ha trovato nella Relatio, dove l'attenzione e' stata monopolizzata dalle situazioni anomale, anche quelle statisticamente irrilevanti come quelle dei gay. Quasi si fatica a pensare che tale intervento sia avvenuto in un consesso che ha poi licenziato la Relatio che ha fatto la gioia dei media mondiali per le sue impreviste aperture. Nella relazione del presidente della Conferenza episcopale rwandese si rappresentano, infatti, le proposte pastorali che la Chiesa rwandese mette in campo a favore delle famiglie che vogliono vivere, nell'ordinaria quotidianità, la propria unione alla luce della fede a fronte delle sfide della modernità. In proposito, la Chiesa rwandese ha messo in campo una serie di iniziative: dalla preparazione dei fidanzati al controllo delle nascite, tramite la diffusione dei metodi naturali, attraverso il servizio Action Familiale che ha raccolto se non l'apprezzamento da parte del governo almeno la tolleranza. Non poco di questi tempi in cui gli organismi e le Ong internazionali hanno la pretesa di infilarsi in camera da letto delle coppie. Non si tace delle sfide che arrivano dai matrimoni misti, in prevalenza con altre confessioni cristiane, e dal proliferare dei divorzi con il conseguente problema dei figli. Importante, a nostra avviso, la sottolineatura che mons. MBONYINTEGE  fa di un argomento fondamentale per l'equilibrio della coppia, quale il ruolo della donna in seno alla famiglia e alla conciliazione tra la sua legittima aspirazione a recitare un proprio ruolo nella società e nel lavoro e "l'inalienabile ruolo di madre di famiglia". L'auspicio del presule è che si possa riflettere "sull'equilibrio che va trovato tra la promozione femminile e la responsabilità materna della donna rwandese". Crediamo che questa sfida, che non riguarda la società rwandese ma in maniera più dirompente l'intero occidente, meritasse un adeguato spazio anche nella Relatio. Nella relazione del presidente della C.EP.R non si trova alcun riferimento all'omosessualità. Forse per questo il cardinale Walter Kasper, al quale era stata affidata la fase preparatoria del Sinodo, facendo il punto della situazione, si è lasciato andare, in un'intervista all'agenzia Fides che ha tentato goffamente di smentire (leggi qui), a giudizi non proprio eleganti sui vescovi africani che si erano opposti piuttosto vigorosamente a certe affermazioni contenute nella Relatio, soprattutto in materia di omosessualità. Kasper ha, infatti, sostenuto che – siccome in Africa e nei paesi mussulmani l'omosessualità è un tabù – è bene che i vescovi di quel continente si rassegnino a quel che decidono gli europei, trovando soluzioni locali alle loro riserve. Anche per questo siamo grati a mons.  Smaragde MBONYINTEGE per la sua testimonianza.

giovedì 16 ottobre 2014

Primi passi verso una riforma costituzionale che permetta un terzo mandato a Kagame

Come era facilmente prevedibile, la possibile riforma costituzionale volta a cassare il limite dei due mandati presidenziali sta muovendo i primi passi.Da tempo l'argomento era sul tappeto: piu' volte lo stesso Kagame, interpellato in proposito, senza escludere alcuna opzione  aveva suggerito che  il problema fosse affrontato avendo come riferimento " il cambiamento, la stabilta' e la continuita'". Nel gioco delle parti, la proposta non parte dal FPR, il partito del presidente  Paul Kagame, ma da tre partiti, che collaborano con il partito di maggioranza, che si sono dichiarati favorevoli alla promozione di un referendum che apra la strada a una revisione della Costituzione, così da consentire a Paul Kagame di correre per un terzo mandato che gli sarebbe precluso dalle attuali previsioni costituzionali che limitano a due i mandati presidenziali. I tre partiti, il PS-Imberakuri, il Partito democratico islamico (PDI) e il PSP, intendono appellarsi al popolo perché si pronunci sulla modifica costituzionale necessaria a superare la norma vigente. A questo punto i giochi sembrano aperti e neppure la raccomandazione degli Stati Uniti, formulata nel recente vertice USA-Africa di agosto, di evitare ogni riforma costituzionale volta a perpetuare il potere degli uomini forti africani, sembra poter frenare un processo ormai innescato.

mercoledì 15 ottobre 2014

La testimonianza di una coppia rwandese al Sinodo sulla famiglia

Al Sinodo sulla famiglia tenutosi in questi giorni a Roma, erano presenti i coniugi rwandesi  Jean Dieudonné e Emerthe Gatsinga del movimento dei Focolari.Economista lei, ginecologo lui, sono animatori di una clinica a Kigali con una ventina di posti letto.  Si occupano di formazione delle famiglie, dei giovani sposi, dei fidanzati e della preparazione al matrimonio. Sono responsabili del movimento dei Focolari oltre che per il Rwanda anche per il Burundi, Kenya e Uganda. Sposati da 26 anni, hanno quattro figli naturali  e quattro adottivi. Questa è una breve intervista, in un eccellente italiano,  rilasciata a margine dei lavori sinodali.




martedì 14 ottobre 2014

Continua la Makuza dinasty: Bernard Makuza eletto presidente del Senato

Bernard Makuza è stato eletto oggi presidente del senato con 25 voti su 26 votanti. Prende il posto del dimissionario Jean-Damascène Ntawukuliryayo che ha lasciato la seconda carica dello stato in un modo che ha sollevato qualche dubbio.Continua in questo modo la storia della Makuza dinasty di cui abbiamo riferito in un nostro precedente post. Bernard Makuza, già primo ministro per un decennio a partire dal 2000, ritorna pieneamente in pista dopo che di recente voci incontrollate lo avevano dato in disgrazia, nonostante quella specie di autocritica cui si era sottoposto in occasione del programma Ndi Umunyarwanda ( Io sono rwandese) in cui aveva chiesto scusa per le "colpe" del padre Anastase.

martedì 7 ottobre 2014

Ecco il documentario della BBC che ha fatto scandalo in Rwanda

Ecco  il documentario messo in onda il primo ottobre dalla BBC, con il titolo Rwanda: The untold Story, che ha suscitato virulente  reazioni in Rwanda.
Qui si possono leggere, in inglese, le critiche ai contenuti del documentario, a firma Andrew Wallis, apparsa oggi su The New Times. (leggi qui)




giovedì 2 ottobre 2014

Rwanda contesta il giudizio del Mo Ibrahim Index sullo stato dei diritti umani

Lunedì scorso è stato reso noto il  Mo Ibrahim Index sulla governance africana (IIAG) da cui si ricava che il  Rwanda si posiziona all’11° posto  su 52 paesi, con un punteggio complessivo di governance del 60,4 per cento, migliorando la propria posizione di quattro posti rispetto allo scorso anno.Il Mo Ibrahim Index è un nuovo indice che giudica, secondo parametri obbiettivi e quantificabili, i governi dei paesi africani subsahariani in funzione della qualità del loro governo. L'Indice valuta i progressi realizzati da ogni nazione nei cinque principali ambiti che insieme costituiscono una definizione di buon governo:Sicurezza e protezione;Applicazione della legge, trasparenza e corruzione;Partecipazione e diritti dell'uomo;Sviluppo economico durevole;Sviluppo umano. Nonostante il buon risultato complessivo riportato, è stato però contestata per bocca del Prof. Anastase Shyaka, l'amministratore delegato delRuanda Governance Board (RGB), la metodologia che ha portato a formulare il punteggio attribuito nella speciale sezione riguardante la Partecipazione e i diritti umani, dove il Rwanda scende al 27° posto con un punteggio di 47,7 per cento. La situazione sarebbe stata ben più penalizzante se questo risultato non fosse il frutto di tre diverse categorie: la Partecipazione, i Diritti Umani e Diritti Gender.Il  secondo posto con un 87 per cento nella categoria dei Diritti Gender,  nasconde,  infatti, i giudizi particolarmente negativi che emergono nella specifica sottosezione relativa alla Partecipazione, dove  il Rwanda precipita al 45°posto con un 19,3 per cento e in quella dei Diritti umani con il 40° posto con un 36,3 per cento. Di fronte a questi giudizi penalizzanti, immediata si è levata da parte rwandese la contestazione dei metodi utilizzati, cercando anche di mischiare le carte, confondendo lo stato di sicurezza vigente in Rwanda, che tutti tranquillamente riconoscono,   con il rispetto dei diritti umani su cui evidentemente i metri di giudizio delle autorità rwandesi sono ben lontani da quelli comunemente accettati a livello mondiale. Forse troppo abituati a primeggiare nelle diverse classifiche mondiali, a volte per meriti effettivi a volte magari solo per buone capacità relazionali, le autorità rwandesi dimostrano di mal sopportare giudizi men che lusinghieri sul loro operato.