"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


venerdì 28 aprile 2017

Ass. Kwizera: 7.600 euro dal 5x1000 dell'anno 2015


L'Agenzia delle Entrate ha reso noto l'elenco dei beneficiari del 5x1000 dell'anno 2015.
L'Associazione Kwizera onlus è stata scelta da 260 contribuenti che hanno permesso il conferimento di 7.605,14 euro, contro 7.534,97 euro del 2014.
Dopo aver doverosamente ringraziato i 260 sostenitori che hanno destinato il loro 5x1000 del 2015 all'Ass. Kwizera, rinnoviamo l'appello a firmare  anche per il  2017: ricordiamo a tutti i contribuenti la facoltà di destinare il 5x1000 delle proprie imposte semplicemente apponendo la propria firma nell'apposito spazio previsto sul moduli di denuncia dei redditi e inserendo il Codice Fiscale dell'Associazione 90006470463.
L'intero importo sarà investito in Rwanda nel Progetto Amazi, che nel 2017 prevede anche la realizzazione di un acquedotto.

martedì 25 aprile 2017

Kagame sulla riforma dell'Unione Africana

In un incontro tenutosi ieri a Conakry in Guinea, tra il presidente del Rwanda, Paul Kagame, il presidente della Guinea  e dell'Unione Africana, Alpha Conde, del presidente del Ciad, Idriss Deby, e del presidente  della Commissione dell'Unione africana, Moussa Faki Mahamat, hanno cominciato a prendere corpo quelle che potrebbero essere le linee ispiratrici del disegno di  riforma istituzionale dell'Unione africana, secondo  quanto deciso dai responsabili africani all’inizio del 2017.Il presidente Kagame, incaricato, nel corso del vertice dell'Unione africana tenutosi a Kigali lo scorso luglio, di  guidare il processo di riforma, ha sottolineato la necessità di accellerarne  i tempi di attuazione, così come imposto dal contesto dei cambiamenti in corso a livello globale.In particolare, ha evidenziato quale priorità quella di dare attuazione a quanto già deciso in termini di reperimento delle risorse necessarie a finanziare l'Unione Africana: operare un prelievo dello  0,2 per cento sulle importazioni così da raccogliere circa 1,2 miliardi di $ all'anno. Il prelievo dovrà essere curato  dalle autorità di riscossione dei tributi degli Stati membri e conseguentemente conferito all’UA attraverso le rispettive banche centrali. La seconda priorità, secondo Kagame, è quella di muoversi rapidamente con quelle riforme che possono essere attuate subito, a partire dalla necessità che l’Africa si presenti con un punto di vista comune, quando si affaccia sul contesto internazionale, evitando l’attuale confusione. Il presidente rwandese  ha anche sottolineato la necessità di prevedere un meccanismo che responsabilizzi i paesi partecipanti nel dare piena attuazione alle decisioni adottate dall’Unione Africana, particolarmente in materia di finanziamento e di riforme istituzionali. Il clima favorevole al cambiamento, percepibile nel contesto africano, dovrebbe favorire un proseguimento spedito sulla strada delle riforme, quali  potrebbero essere la valorizzazione del ruolo delle   le comunità economiche regionali a prendere l'iniziativa sulle questioni regionali, lasciando che l'Unione Africana si  concentri sulle priorità continentali. Dopo aver auspicato un maggior apertura delle istituzione dell’U.A. ai cittadini con il loro coinvolgimento nell’attività svolta, Kagame ha raccomandato maggiore afficienza nella  gestione degli affari e dei lavori comunitari  nonché nella selezione del personale preposto. Il prossimo appuntamento di lavoro sarà a maggio a Kigali,  quando  funzionari della Commissione dell'Unione africana, i ministri degli Affari esteri e i rappresentanti permanenti degli Stati membri si incontreranno per fare il punto sulla realizzazione delle riforme.

Primo ciclista rwandese al Giro d'Italia

Adrien Niyonshuti
Per la prima volta un ciclista professionista del Rwanda  farà il suo debutto storico alla 100 ° edizione del Giro d'Italia che partirà il 5 maggio da Alghero per concludersi il 28 maggio a Milano. Si tratta di Adrien Niyonshuti, tretenne portacolori della squadra sudafricana Dimension Data, di cui fa parte un altro africano, l’eritreo Daniel Teklehaimanot Girmazion, già vincitore dell'edizione 2010 del Tour du Rwanda.
Gli altri componenti del team sono: Ben King, Igor Anton, Jacques Janse Van Rensburg, Johann Van Zyl, Kristian Sbaragli, Nathan Haas, Natnael Berhane, Omar Fraile e Ryan Gibbons.Nel passato ha gareggiato per il team sudafricano anche il famoso Mark Cavendish.
Niyonshuti, nativo di Rwamagana,  corre nella Dimension Data dal 2009 (allora MTN-Qhubeka) dopo aver frequentato l'Africa Continental Centre Training Camp in Sud Africa. Ha corso per la prima volta in Europa nel Tour 2009 dell'Irlanda, diventando il primo ciclista rwandese a correre per un gruppo professionistico europeo. Niyonshuti ha partecipato alle olimpiadi di Londra e di Rio de Janeiro  gareggiando rispettivamente  nella gara di mountain bike cross-country e nella corsa su strada. In entrambe le olimpiadi è stato il portabandiera del Rwanda. Vive e si allena a Lucca.Lo aspettiamo all’arrivo del tappone alpino di Bormio, che prevede la scalata del Mortirolo da Monno, del Passo dello Stelvio (Cima Coppi) per giungere a Prato allo Stelvio e Glorenza, sconfinare in Svizzera e affrontare l’Umbrail Pass e rientrare quindi in Italia a soli 3 km dalla vetta dello Stelvio per poi piombare su Bormio. Tutto un saliscendi che ricorderà al nostro Adrien le sue colline rwandesi. Gli diamo appuntamento all’indomani, il 24 maggio alla partenza da Tirano. 
Nel frattempo komera komera e murabeho a Tirano!

domenica 23 aprile 2017

Quella lettera pastorale di mons Perraudin del febbraio 1959

La lettera che mons.  André Perraudin,Vicario apostolico di Kabgayi, inviò nella quaresima del 1959 ai fedeli dela propria diocesi occupa indubbiamente un posto di rilievo nella storia del Rwanda. Siamo alla vigilia di passaggi storici fondamentali: dalla fine dell'epoca coloniale alla dichiarazione dell'indipendenza, dall'abolizione della monarchia e alla proclamazione della repubblica. A quella lettera molti fanno risalire grandi responsabilità circa l'innesco dei conflitti interetnici che sono poi sfociati nella guerra civile del 199o-94 e alla sua tragica conclusione.  La recente visita delpresidente Kagame al Papa, che ha riacceso i riflettori sulla storia della Chiesa rwandese e sui suoi uomini, ha portato più di un osservatore a soffermarsi  sul ruolo ricoperto  da mons.  Perraudin, al quale, non più tardi di qualche giorno fa, l'organo filogovernatico The New Times  dedicava un articolo, a firma dello storico Tom Ndahiro, dal  titolo  "L'Arcivescovo Perraudin: "L'uomo di Dio" che ha piantato il seme dell'odio come fosse carità cristiana", che non lascia pochi dubbi interpretativi. Lasciamo volentieri agli storici, professionali e non di parte, pervenire a un giudizio storico equilibrato sul ruolo della Chiesa e dei suoi uomini, compreso mons. Perraudin, nella complessa storia del Rwanda. Qui vorremmo limitarci a proporre una lettura della famosa lettera, al cui proposito L'Osservatore romano del 19 maggio 1999 così scriveva: Le accuse a mons. Perraudin sono ancora più inverosimili. La sua lettera pastorale dell'11 febbraio 1959 ("dell'odio" secondo gli accusatori) è in realtà una lettera che domanda giustizia e carità. In essa si legge: "Nel nostro Ruanda le differenze e disuguaglianze sociali sono in gran parte legate alle differenze di razza, nel senso che le ricchezze, il potere politico e anche giudiziario sono in realtà – in proporzione considerevole – nelle mani della gente di una stessa razza". Egli additava cioè il problema dell'emarginazione sociale subita dalla popolazione di etnia hutu che costituiva la maggioranza. Egli aggiunge che "questo stato di cose è l'eredità di un passato che non dobbiamo giudicare"; nello stesso tempo egli domanda che siano assicurati "a tutti gli abitanti e a tutti i gruppi sociali legittimi gli stessi diritti fondamentali". Risulta chiaro che la propaganda politica con­tro il vescovo e i missionari cerca di far ricadere sulla chiesa (e come una colpa) l'opera di "politicizzazione degli hutu" (circa l'85% della popolazione) che avrebbe portato al crollo della monarchia tutsi (circa il 12%) al tempo dell'indipendenza, alla loro estromissione dal potere fino al 1994 e al genocidio.
"Super omnia Caritas" era il titolo della lettera che si articolava in una prima parte dedicata appunto alla carità nella vita del cristiano  e in una seconda in cui il presule analizzava la situazione del paese di  quel lontano 1959. Qui, mons. Perraudin evidenziavano le numerose criticità di ordine sociale e politico che caratterizzavano il paese, spingendosi a suggerire i criteri attraverso i quali "le istituzioni di un paese siano in grado di fornire realmente a tutti i suoi abitanti e a tutti i gruppi sociali legittimi, gli stessi diritti fondamentali e le pari opportunità di sviluppo umano  e di  partecipazione alla vita pubblica". L'analisi della situazione rwandese e le conseguenti proposte traggono  ispirazione dal complesso dei principi della dottrina sociale della Chiesa, che trovano qui una loro corretta  declinazione, per certi versi anticipatrice di future acquisizioni del magistero, si pensi alla Popolorum progessio, che verrà qualche anno dopo. Riproponiamo qui di seguito, in una nostra traduzione, questa seconda parte in cui ognuno potrà serenamente valutare la fondatezza delle accuse mosse al prelato, con riferimento specifico ai contenuti della lettera e non alla loro eventuale strumentalizzazione. 
Applicazioni alla situazione del paese.
Ci sono anche nel nostro amato Rwanda,

venerdì 14 aprile 2017

Il 34% degli aiuti italiani per lo sviluppo utilizzati per l'accoglienza dei migranti

Secondo la pubblicazione annuale dell’OCSE sull’aiuto pubblico allo sviluppo (APS), i fondi destinati nel 2016  all’APS ammontano  a 142 miliardi di dollari, in  crescita dell’8,9% rispetto all'anno precedente.Nonostante questa evoluzione, i dati 2016 mostrano però che  gli aiuti bilaterali ( da governo a governo) per i paesi meno sviluppati sono scesi del 3,9% in termini reali rispetto al 2015, e gli aiuti all'Africa dello 0,5%. Il motivo di tale contrazione è dovuto al fatto che oltre 15 miliardi di dollari, distolti dalla loro naturale destinazione allo sviluppo, sono stati usati dai paesi donatori per sostenere i costi dell’accoglienza dei rifugiati nei loro territori. Nei fatti,  tali fondi sono stati sottratti ai veri destinatari,  i 767 milioni di persone che ancora oggi vivono in estrema povertà nei paesi del terzo mondo, per essere utilizzati nell'accoglienza di poche centinaia di migliaia di migranti. Analogo trend ha interessato l'Italia. Infatti, il nostro paese, pur essendo ancora molto lontano dall'obiettivo pluridecennale di devolvere lo 0,7% del PIL in APS (ad oggi, solo sei dei trenta Stati Membri dell’OCSE – Svezia, Norvegia, Lussemburgo, Danimarca, Regno Unito e Germania – hanno mantenuto questa promessa), conferma  però un trend positivo di crescita dell’APS: dai 4 miliardi di dollari del 2015 si è passati a 4,85 miliardi del 2016, passando dallo 0,22 allo 0,26 della percentuale di APS in rapporto al PIL. Di questi  200 milioni alimentano il cosiddetto “Fondo Africa” che dovrebbe far  confluire risorse importanti in alcuni paesi del continente per interventi di cooperazione allo sviluppo. Analogamente a quanto fatto da altri paesi, anche l'Italia ha però attinto, secondo l'ong OXFAM,  ( vedi anche dossier 2016) ai fondi per lo sviluppo per far fronte all'emergenza migranti il cui costo risulta in forte crescita attestandosi al 34% dell’intero APS italiano ( 24,30% nel 2015), raggiungendo  oltre 1,66 miliardi di dollari. Tale importo distratto dall'APS va a coprire parte dei 3,3 miliardi di euro ( pari a 3,5 miliardi di dollari), al netto dei contributi europei, stimati dal ministero dell'economia quale costo nel 2016 e i 3,8 miliardi di euro previsti per il 2017. 
Nel complesso il fenomeno evidenziato dall'OCSE impone una riflessione. 
L'importo di 15 miliardi di dollari, ai costi sostenuti dal governo italiano di 35 euro al giorno per il mantenimento di un migrante, servirebbero per l'accoglienza di poco più di 1.110.000 migranti, senza contare tutte le spese connesse. Ebbene, se quegli stessi 15 miliardi di dollari fossero utilizzati nei paesi in via di sviluppo  quante persone si potrebbero togliere dalla morsa della fame, tenuto conto che il livello minimo di sopravvivenza nei paesi poveri è stabilito a livello mondiale in 1,25 dollari al giorno? Si va da un minimo di 32 milioni di persone che non hanno nulla,  a salire se si va a integrare il reddito di coloro che riescono a sopravvivere.
Solo non confrontandosi con la dura realtà dei numeri si può sostenere la bontà di una politica dell'accoglienza che fa un uso antieconomico delle limitate risorse disponibili e, soprattutto, è del tutto  incapace di misurarsi con l'evidente e profonda ingiustizia insita in una politica miope che privilegia la minoranza di chi sbarca rispetto alle centinaia di milioni di persone, lontani dalle telecamere, che non vogliono o non possono partire. 

lunedì 10 aprile 2017

Il Mobile potrebbe tagliare i costi delle rimesse dei migranti

In occasione dell’evento “I soldi parlano: i migranti contano”, tenutosi sabato 8 aprile al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, Adolfo Brizzi, direttore presso il Fondo Internazionale delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Agricolo (IFAD) ha approfondito il ruolo che le rimesse dei migranti riveste per milioni di famiglie rimaste nei paesi d'origine, consentendo loro di elevare i propri standard di vita al di sopra dei livelli di sopravvivenza e vulnerabilità, nonché di investire in salute, istruzione, alloggio e iniziative imprenditoriali.
Secondo il relatore, le rimesse – il denaro spedito a casa, ai parenti, dai lavoratori emigrati – dei circa 250 milioni di migranti che vivono al di fuori dei loro paesi di origine arrivano a sostenere altri 750 milioni di persone in tutto il mondo. Movimenti finanziari che  influenzano direttamente la vita di una persona su sette tra gli abitanti del nostro pianeta.
Naturalmente solo una piccola parte di quel che i lavoratori migranti guadagnano,  in genere somme di 200 o 300 dollari alla volta, vengono spedite  a casa, diverse volte l’anno. Cifre all'apparenza piccole, ma che sommate tra loro hanno raggiunto la quota, secondo la Banca Mondiale,  di circa 600 miliardi di dollari nel 2015; una cifra che rappresenta oltre il triplo del totale degli aiuti ufficiali allo sviluppo a livello mondiale. Tale imponente flusso di denaro è fonte di lucrosi guadagni da parte dei diversi intermediari che ne curano, a livello mondiale, il trasferimento  dalle città dell'occidente al più sperduto villaggio dei paesi originari dei migranti. Alla luce dei costi medi richiesti per la trasmissione del denaro  tali rimesse generano un business di oltre 40 miliardi di dollari all'anno, appannaggio dei diversi operatori coinvolti,  banche , servizi postali, operatori di money transfer e compagnie telefoniche.  
Secondo l'ultimo Remittance Price Worldwide della Banca Mondiale del marzo scorso, il costo medio di queste rimesse, nel 1 ° trimestre 2017, si posizionava al 7,45 per cento, inferiore a quello del 2012 che era dell'8,96 per cento.  Il dato è però ancora superiore al 5% che il G8 del 2009 e il successivo G 20 si erano dati come obiettivo per il 2014  e al 3 per cento fissato come obiettivo per il 2030 dall’ONU. L’Asia del Sud rimane la destinazione  più economica, con un costo medio del 5,40%, contro il 6,54% del 2012. Sempre nel 1 ° trimestre 2017, l'Africa sub-sahariana ha registrato un costo medio del 9,81% a fronte del 12,40%  del 2012.  Le banche restano il gestore delle rimesse più costoso,  con un costo medio dell' 11,18 per cento, seguite dalle Poste con il 6,57%, dagli Operatori di Money Transfer  con il 6,32% e dagli operatori telefonici Mobile  con il 2,87% .
A quest'ultimo canale ha deciso di affidarsi , fin dalla metà del 2015, anche il Rwanda dove la principale compagnia telefonica mobile locale MTN Rwanda, del Gruppo sudafricano MTN attivo in tutto il continente,  ha siglato un accordo con  Western Union, leader mondiale nel trasferimento di denaro al di fuori del canale bancario,  per consentire ai rwandesi che vivono all'estero di inviare denaro direttamente ai telefoni cellulari dei loro parenti in Rwanda che già utilizzano il servizio di Mobile Money. 
Questo scenario potrebbe trovare ulteriore sviluppo se anche nei paesi d'origine delle rimesse scendessero in campo le compagnie telefoniche occidentali, intaccando il monopolio di Western Union e Money Gram.  Questi ultimi finora l'hanno fatta da padroni,  forti della ramificata  rete di propri corrispondenti locali  nei paesi di destinazione delle rimesse. Anche questo vantaggio potrebbe tuttavia essere insidiato dai punti vendita delle compagnie telefoniche locali che si possono tranquillamente trovare anche nel più sperduto dei villaggi africani.

sabato 8 aprile 2017

Metano e idroelettrico per il futuro energetico del Rwanda

Elettrificazione rurale a Kiruri
Nell'ultima settimana il Rwanda ha siglato due importanti accordi funzionali a garantire il soddisfacimento del fabbisogno energetico del paese nell'immediato futuro.Il primo accordo ha visto come controparte la Repubblica Democratica del Congo e come oggetto la prospezione dei fondali del lago Kivu che i due paesi condividono. In caso di prevedibili ritrovamenti, l'accordo prevede lo sfruttamento  in comune dei giacimenti individuati. Già ora, il Rwanda estrae dai fondali del lago gas metano che viene utilizzato per l'alimentazione di una centrale elettrica.
Il secondo accordo, siglato con Tanzania e Burundi, prevede la costruzione di una centrale idroelettrica sulle cascate Rusumo, al confine tra i tre paesi.Il progetto, finanziato dalla Banca Mondiale, dovrebbe permettere ai tre paesi vicini di condividere equamente 80 megawatt (MW) di energia elettrica.L'impianto prevede la realizzazione di mini-dighe sul fiume Kagera da parte  di due consorzi, uno cinese e l'altro composto da aziende tedesche e indiane, per un investimento complessivo che dovrebbe aggirarsi attorno a 340 milioni di dollari.Ricordiamo che il Rwanda ospita anche il più grande insieme di pannelli solari ( 28.360 pannelli su 20 ettari) installati in Africa, al di fuori Sud Africa e Mauritius, che con una capacita' di 8,5 mega watt garantisce il soddisfacimento del 6% del fabbisogno nazionale.L'impianto è stato realizzato nel 2015 dalla società olandese Gigawatt Global una multinazionale specializzata nello sviluppo e gestione di energia solare nei mercati emergenti, utilizzando pannelli prodotti dalla società israeliana Energiya Global.

mercoledì 5 aprile 2017

Il delegato pontificio a Medjugorie ricorda le apparizioni di Kibeho

 C'era attesa per la prima visita ufficiale del delegato di Papa Francesco, l’arcivescovo polacco Henryk Hoser, inviato a Medjugorie, per seguire la pastorale nel paesino della Bosnia-Erzegovina dove dal 1981 secondo la testimonianza di sei veggenti la Madonna appare con il titolo di Regina della pace. Per una cronaca della missione  dell’arcivescovo di “Praga” quartiere di Varsavia della cui diocesi è titolare, rimandiamo all’articolo de La Bussola quotidiana. Quello che qui interessa è il richiamo che mons. Hoser ha fatto al Rwanda nella sua omelia, in particolare quel richiamo forte all'apparizione della Madonna a Kibeho. Riportiamo qui di seguito il relativo passaggio, tratto dalla trascrizione pubblicata dal giornalista Paolo Brosio sul suo sito.
"Maria è Regina, noi contempliamo i Misteri Gloriosi del Rosario e contempliamo Lei che è Regina del Cielo e della Terra. Meditiamo nei Misteri Gloriosi la Sua incoronazione per la Regina dei Cieli e della terra. Lei partecipa in tutte le caratteristiche del Regno di Suo Figlio, di Colui che era creatore del Cielo e della terra, il Suo Regno è universale e Lei è dappertutto. E dappertutto è ammesso venerare la Beata Vergine Maria. Noi ringraziamo la Madonna per la sua costante presenza a fianco di ciascuno di noi.
Regina della pace è il frutto della conversione, Lei introduce la Pace nel nostro cuore, per mezzo di questo noi diventiamo uomini pacifici, tranquilli nelle nostre famiglie, nella nostra società, nei nostri paesi.
La pace è minacciata nel mondo intero e il Santo Padre Francesco ha detto che la terza guerra mondiale in certe parti è già presente. Le guerre più terribili sono le guerre civili che avvengono tra i popoli dello stesso paese.
Cari fratelli e sorelle, io ho vissuto 21 anni in Ruanda in Africa, nel 1982 lì è apparsa la Beata Vergine Maria e la Madonna ha previsto il genocidio in Ruanda, lo ha detto 10 anni prima e le persone in quell’epoca non hanno capito niente dei Suoi messaggi sul genocidio. Il genocidio ha ucciso in tre mesi un milione di persone. Le apparizioni della Beata Vergine Maria in Ruanda sono già state riconosciute e Lei è riconosciuta così come si è presentata, come Madre della Parola Eterna.
Proprio nella prospettiva della mancanza di pace è la venerazione della Madonna, ed è così intensa qui ed è talmente importante per il mondo intero, richiamo per la Pace perché le forze distruttive oggi sono immense. Crescono continuamente gli scontri nelle famiglie, nelle società, nei paesi; abbiamo bisogno dell’intervento del Cielo e la presenza della Beata Vergine Maria è uno di questi interventi, dell’iniziativa di Dio. Perciò voglio incoraggiarvi, esortarvi come inviato speciale del Santo Padre".

lunedì 3 aprile 2017

I rischi di tubercolosi per il Rwanda arrivano dai paesi confinanti

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, la tubercolosi è ancora una delle prime 10 cause di morte in tutto il mondo, causando più morti dell’HIV e della malaria. Nel 2015 sono stati stimati 10,4 milioni di nuovi casi di tubercolosi in tutto il mondo, di cui 5,9 milioni erano uomini, 3,5 milioni di donne e 1 milione di bambini.Sempre secondo l'OMS, nel 2016 la tubercolosi era la causa principale di morte nel mondo, uccidendo circa 1,4 milioni di persone. In Rwanda, la lotta contro la tubercolosi ha portato a  un discreto successo nel corso degli anni, con un calo dei casi  da 7.230 nel 2011 a 5.763 nel 2016, di cui circa il 7% registrato tra i bambini.
Tuttavia, nonostante  questi progressi, gli esperti sanitari dicono che la tubercolosi rimane una sfida anche per il Rwanda, Infatti, secondo il dr. Patrick Migambi, responsabile della divisione  TB del Rwanda Biomedical Centre (RBC), “anche se in Rwanda abbiamo registrato buoni progressi nella riduzione dei casi di tubercolosi, v'è ancora una sfida causata dalla vicinanza del  Rwanda  con paesi come il Kenya, Burundi, Tanzania e Uganda che sono tra i 13 paesi a più alto rischio TBC al mondo. Ciò significa che si rende necessaria una forte collaborazione a livello regionale per combattere la malattia. Di seguito la tabella statistica sulla TBC in Rwanda.