Secondo
la pubblicazione annuale dell’OCSE sull’aiuto
pubblico allo sviluppo (APS), i
fondi destinati nel 2016 all’APS ammontano
a 142 miliardi di dollari, in crescita dell’8,9% rispetto all'anno precedente.Nonostante questa evoluzione, i dati 2016 mostrano però che gli aiuti bilaterali ( da governo a governo) per i paesi meno sviluppati sono scesi del 3,9% in
termini reali rispetto al 2015, e gli aiuti all'Africa dello 0,5%. Il motivo di tale contrazione è dovuto al fatto che oltre 15 miliardi di dollari, distolti dalla loro naturale destinazione allo sviluppo, sono stati usati
dai paesi donatori per sostenere i costi dell’accoglienza dei rifugiati nei
loro territori. Nei fatti, tali fondi sono stati sottratti ai veri destinatari, i 767 milioni di persone che ancora oggi
vivono in estrema povertà nei paesi del terzo mondo, per essere utilizzati nell'accoglienza di poche centinaia di migliaia di migranti. Analogo trend ha interessato l'Italia. Infatti, il nostro paese, pur essendo ancora molto lontano dall'obiettivo pluridecennale di devolvere lo 0,7% del PIL in APS (ad oggi, solo sei dei trenta Stati Membri dell’OCSE – Svezia, Norvegia, Lussemburgo, Danimarca, Regno Unito e Germania – hanno mantenuto questa promessa), conferma però un trend positivo di crescita dell’APS: dai 4 miliardi di dollari del 2015 si è passati a 4,85 miliardi del 2016, passando dallo 0,22 allo 0,26 della percentuale di APS in rapporto al PIL. Di questi 200 milioni alimentano il cosiddetto “Fondo Africa” che dovrebbe far confluire risorse importanti in alcuni paesi del continente per interventi di cooperazione allo sviluppo. Analogamente a quanto fatto da altri paesi, anche l'Italia ha però attinto, secondo l'ong OXFAM, ( vedi anche dossier 2016) ai fondi per lo sviluppo per far fronte all'emergenza migranti il cui costo risulta in forte crescita attestandosi al 34% dell’intero APS italiano ( 24,30% nel 2015), raggiungendo oltre 1,66 miliardi di dollari. Tale importo distratto dall'APS va a coprire parte dei 3,3 miliardi di euro ( pari a 3,5 miliardi di dollari), al netto dei contributi europei, stimati dal ministero dell'economia quale costo nel 2016 e i 3,8 miliardi di euro previsti per il 2017.
Nel complesso il fenomeno evidenziato dall'OCSE impone una riflessione.
L'importo di 15 miliardi di dollari, ai costi sostenuti dal governo italiano di 35 euro al giorno per il mantenimento di un migrante, servirebbero per l'accoglienza di poco più di 1.110.000 migranti, senza contare tutte le spese connesse. Ebbene, se quegli stessi 15 miliardi di dollari fossero utilizzati nei paesi in via di sviluppo quante persone si potrebbero togliere dalla morsa della fame, tenuto conto che il livello minimo di sopravvivenza nei paesi poveri è stabilito a livello mondiale in 1,25 dollari al giorno? Si va da un minimo di 32 milioni di persone che non hanno nulla, a salire se si va a integrare il reddito di coloro che riescono a sopravvivere.
Nel complesso il fenomeno evidenziato dall'OCSE impone una riflessione.
L'importo di 15 miliardi di dollari, ai costi sostenuti dal governo italiano di 35 euro al giorno per il mantenimento di un migrante, servirebbero per l'accoglienza di poco più di 1.110.000 migranti, senza contare tutte le spese connesse. Ebbene, se quegli stessi 15 miliardi di dollari fossero utilizzati nei paesi in via di sviluppo quante persone si potrebbero togliere dalla morsa della fame, tenuto conto che il livello minimo di sopravvivenza nei paesi poveri è stabilito a livello mondiale in 1,25 dollari al giorno? Si va da un minimo di 32 milioni di persone che non hanno nulla, a salire se si va a integrare il reddito di coloro che riescono a sopravvivere.
Solo non confrontandosi con la dura realtà dei numeri si può sostenere la bontà di una politica dell'accoglienza che fa un uso antieconomico delle limitate risorse disponibili e, soprattutto, è del tutto incapace di misurarsi con l'evidente e profonda ingiustizia insita in una politica miope che privilegia la minoranza di chi sbarca rispetto alle centinaia di milioni di persone, lontani dalle telecamere, che non vogliono o non possono partire.
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