"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


mercoledì 29 maggio 2019

Rwanda secondo al mondo per i progressi nella tutela dell'infanzia

Asilo Carlin 
E’ stato rilasciato ieri  l’ultimo Rapporto Globale sull'Infanzia 2019 di Save the Children che  Paese che ha fatto registrare i maggiori progressi in termini di tutela dell’infanzia.Infatti, il Rwanda  ha ridotto la mortalità sotto i 5 anni del 79% in 20 anni, ha elevato il livello di frequenza scolastica, con abbattimento del 60% del tasso di mancato rispetto dell’obbligo scolastico,ha ridotto del 60% i matrimoni prima dei 18 anni. Dal 2000, il Rwanda ha anche dimezzato il lavoro minorile, le nascite adolescenziali e gli omicidi infantili.Secondo il responsabile di Save the Children per il  Rwanda, Philippe Adapoe,"Il Rwanda ha compiuto questo grande progresso grazie alla forte leadership del governo che in collaborazione con le popolazioni ruandesi, le società civili e i partner per lo sviluppo ha lavorato per migliorare i sistemi sanitari, investire nell'istruzione, rafforzare i quadri legali e responsabilizzare i bambini a fare scelte di vita che li mettano sulla strada giusta per realizzare il loro pieno potenziale ".Il Rapporto afferma altresì che "le principali riforme del settore sanitario e gli investimenti in Rwanda hanno accresciuto la forza lavoro sanitaria, aumentato la copertura vaccinale e aumentato l'allattamento al seno. ".Ma c'è ancora molto lavoro da fare, avverte Philippe Adapoe: "i progressi sono eccezionali. Ma ci sono ancora molti bambini rachitici e altri che non rispettano l'obbligo scolastico. Dobbiamo mantenere lo slancio per garantire che ogni bambino ruandese acceda a un'istruzione di qualità, alla salute e sia protetto ".
fotografa la situazione in 176 paesi in tutto il mondo, con riferimento alla loro capacità di proteggere i bambini nei vari eventi che cambiano la vita come il matrimonio infantile, l'inizio della gravidanza, l'esclusione dall'istruzione, la malattia, la malnutrizione e le morti violente. La Repubblica Centrafricana è il Paese al mondo dove le condizioni di vita per i bambini sono le peggiori; a seguire Niger e Ciad. Il primato dei Paesi più a misura di bambino spetta invece a Singapore, seguito da Svezia e Finlandia, con l’Italia all’ottavo posto in graduatoria, peggio solo di Irlanda, Germania, Slovenia e Norvegia, oltre che dei tre sul podio, sebbene nel nostro Paese oggi si contino 1,2 milioni di minori in povertà assoluta. Sulla base degli indicatori presi in esame dal Rapporto, il Rwanda si colloca al secondo posto al mondo, dietro la Sierra Leone, come

lunedì 20 maggio 2019

Firmato l'accordo per la costruzione della prima fabbrica di piastrelle


Presto il Rwanda sarà in grado di produrre piastrelle in ceramica, grazie a un accordo che è stato firmato questa settimana tra il distretto di Nyanza e Africeramics Ltd, una  consociata di Milbridge Holdings,  di cui è amministratore delegato l’italiano Francesco De Martino, già attiva nel Paese nella produzione del cemento.L’impianto, che sarà operativo entro due anni, impiegherà direttamente più di 100 persone nel distretto e altre 300 persone nell’indotto. 
La scelta di Nyanza discende dalla sua posizione strategica e dalla grande disponibilità in loco delle materie prime per la produzione della ceramica: come argilla, granito e altre leghe necessarie.Nella prima fase della produzione, verranno prodotti giornalmente 9.000 metri quadrati di piastrelle e questo sarà raddoppiato nella seconda fase sia per il mercato nazionale che per quello regionale. Le fasi successive si concentreranno su altri prodotti ceramici su richiesta.Attualmente, tutte le piastrelle di ceramica del paese sono importate, ma gli studi dimostrano che il paese ha alcune delle migliori qualità di argilla per la ceramica nel mondo.

venerdì 10 maggio 2019

La storia di Noel, il ruandese che ha vinto la maratona di Trieste

Noel al traguardo (foto Corriere)
Questa è la storia, raccontata dal Corriere, del ruandese Noel Hitimana, vincitore della  24esima Trieste Half Marathon.
Che dovesse correre a Trieste l’ha saputo una settimana fa. Dopo l’altolà agli atleti africani, i timori di sfruttamento e caporalato nell’atletica, gli organizzatori  hanno chiamato un pugno di runner di colore. Noel Hitimana si è presentato alla 24esima Trieste Half Marathon e ha tagliato il traguardo da solo dopo un’ora 3 minuti 28 secondi. Noel, che vive  a Siena dagli inizi di aprile, fa parte del gruppo di atleti,  5 ruandesi e 9 keniani, 10 uomini e 4 donne, gestiti da Enrico Dionisi, manager storico del running . Paolo Traversi è invece colui che l’ha scoperto in Africa. «Ha iniziato a correre tardi, quattro anni fa. Quest’anno ha fatto i mondiali di cross, poi è venuto con noi». 

Infanzia difficile, a 4 anni, durante i terribili mesi del 1994, perde il padre e sei fratelli e viene cresciuto dalla mamma. Non può andare oltre le elementari e , spinto dalla sua passione per il ballo,  diventa danzatore dell’Urukerereza, il balletto nazionale. Ma quando vede la Kigali International Peace Marathon, la gara più importante della nazione, decide che il suo futuro è nella corsa. «Non una scelta scontata — aggiunge Traversi —. Il Rwanda dal punto di vista sportivo è il più europeo dei Paesi africani. I bambini giocano a calcio, fanno ciclismo, basket e volley».Inizia a fatica la sua avventura di atleta, fino a quando, nel maggio dell’anno scorso si aggiudica la mezza maratona di Kigali, che gli dischiude la possibilità di essere ingaggiato all’estero. «La prima gara che ho fatto in Italia è stata a Roma, 22 chilometri alla maratona», racconta. Noel è un buon atleta, non ancora un campione. Nella Capitale ha fatto da lepre, i corridori che tirano per far fare il tempo alle star. Poi ha gareggiato in Bosnia, una 15 km in Francia e ora l’exploit a Trieste. Una gara ogni quindici giorni, a volte anche ogni settimana. Noel starà in Italia fino a giugno, poi ritornerà in autunno. In questi mesi deve ottimizzare energie e incassi. Uno come lui prende in media dai 500 ai 700 euro a competizione. A Trieste gli hanno pagato l’ingaggio, a volte in palio c’è un montepremi. «Ho letto alcune cose sbagliate — commenta il suo rappresentante Traversi —. I contratti sono depositati, c’è un tetto massimo del 15% per i manager fissato dalla Iaaf. Il problema è che gli atleti africani sono tanti e così la retribuzione si abbassa». Noel ora vede il suo futuro più roseo. «Voglio vincere ancora a Kigali, questa volta nella maratona. Quando smetto mi piacerebbe fare l’allenatore. E anche riprendere a studiare». Intanto lui e gli altri quattro coinquilini ruandesi di Siena hanno chiesto soltanto una cosa al loro manager. Di stampare sulla T-shirt un logo Kwibuka25, per non dimenticare la strage di un quarto di secolo fa.