"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


martedì 21 dicembre 2021

Auguri

 Noheli Nziza

Buon Natale

La lettera di fine anno delle Clarisse di Nyinawimana

Riportiamo qui di seguito la lettera di fine anno che le Clarisse di Nyinawimana hanno inviato ad amici e benefattori del monastero.

"Rallegriamoci nel Signore,

  Rallegriamoci perché è vicino”. (cfr liturgia dell'avvento)

 Carissimi Fratelli e Sorelle, Genitori, Amici e Benefattori,Pace e bene

 Questo è il momento favorevole che il Signore ci concede per condividere con voi le meraviglie di cui non cessa di riempirci nella Sua benevolenza. È stato con noi, ha vegliato su di noi fino ad oggi. Con il Salmista possiamo dire: “Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tanti suoi  benefici” (Salm 102, 2).

          Sì, un giorno nelle tue tende vale più di mille. (Salm 83, 11)

Sono trascorsi tre anni in questa nuova fondazione! Lodiamo il Signore.Attualmente viviamo ancora nella parte della casa destinata alle persone che verranno in futuro a raccogliersi in preghiera presso la nostra comunità.La nostra quotidianità è scandita dalla campanella di nome “noëlla”, che prima era mobile e la sorella regolatrice portava con sè nella sua zona di lavoro e lì la suonava, senza muoversi. A volte la sentivamo suonare davanti alla sacrestia, a volte attraverso la finestra dell’ufficio di cucito o davanti alla cucina… e qui e là. Alla vigilia di Natale 2020, il signor Giovanni l’ha sistemata al suo posto definitivo: ecco da dove viene il nome di “noëlla”.Nonostante la sua piccola dimensione, risuona solennemente chiamandoci ad ogni attività: Santa Messa, ore di preghiera liturgica, lavoro manuale, ricreazione, studio, tempo libero, ecc.   I vicini cominciano ad abituarsi al suo suono e  a conoscere i momenti in cui ci dedichiamo alla preghiera. Molti di loro desiderano pregare con noi. Per questo, attendiamo che la Cappella sia pronta. Attualmente, il lavoro che ci dà il nostro pane quotidiano è la coltivazione dell'orto e l'allevamento. In giardino ci sono ortaggi e frutta. Meraviglia !!! Dio ci ama. Gli avocado che raccogliamo, ci hanno accolto fin dal nostro arrivo!!!  Le piante di avocado fruttificano generosamente, specialmente quella che chiamiamo “sansone”. Sono state piantate dai Frati Minori che vivevano qui nel 1986.Il loro passaggio è stato per noi una Benedizione, come per il Padre Nostro san Francesco nei primi giorni della sua conversione, quando per divina ispirazione riparò la chiesa di san Damiano, preparando il Monastero per Santa Chiara e le sue Sorelle. Che Dio sia benedetto per sempre.

"Nel giorno della speranza siate nella gioia, nei giorni della prova state saldi e pregate con perseveranza" (Rm 12,12). 

Quando abbiamo cominciato la nuova vita comunitaria, a relazionarci con la gente della regione, la pandemia ha fatto la sua comparsa stravolgendo tutto: "uno shock per tutta l'umanità"! 

 "Io sono colui che ti costruirà una casa" (2 Sm7,11)

Dopo tanto tempo in attesa di un documento di autorizzazione per costruire la Cappella, il Signore ci ha sorpreso. Era un venerdì sera del 29 gennaio, quando abbiamo ricevuto la notizia che il documento era pronto.Era il periodo del lockdown con nessuna possibilità di circolazione!!! Cosa fare??? Senza farsi troppe domande, abbiamo affidato questo progetto a San Giuseppe, l'uomo giusto, che ha attraversato i vicoli ciechi con fede ferma, per compiere la volontà di Dio.Dopo il confinamento, i lavori sono cominciati timidamente seguendo le raccomandazioni sanitarie per proteggersi dal covid -19: numero limitato di lavoratori, orari di lavoro precisi...Ad agosto abbiamo dovuto arrestare ancora i lavori per due settimane, perché nella nostra regione la pandemia era peggiorata. Anche se ci sono alti e bassi, vediamo che è la potente mano di Dio che sostiene questo progetto. A poco a poco si sta andando avanti. In lode della Sua gloria. 

sabato 4 dicembre 2021

Il card. R: Sarah: "Promuovere l'immigrazione è un errore"

Clicca qui per leggere
Riprendiamo da La Nuova Bussola Quotidiana di oggi uno stralcio dell’intervista rilasciata dal card. Robert Sarah al giornale online parigino Boulevard Voltaire, in occasione della pubblicazione del suo libro “Pour l’eternité” (Fayard 2021). Il card. Sarah interviene sul problema migratorio, dandone  una lettura, da grande uomo di Chiesa e illustre figlio dell'Africa, ben diversa da quella che se ne fa in Occidente, anche nel mondo ecclesiale e sui media cattolici. Una lettura del tutto in linea con quella che da anni porta avanti la Chiesa africana, riassunta in questa piccola rassegna che abbiamo rilasciato di recente (clicca qui).  
Ma ecco quanto detto dal card. Sarah.

"Promuovere l'immigrazione è un errore. C'è un triplice tradimento in Africa e Medio Oriente, perché vengono derubati della loro ricchezza, del loro potenziale di sviluppo, delle loro capacità intellettuali e delle loro braccia. In secondo luogo, non fermiamo i trafficanti di vite umane, i contrabbandieri che imbarcano centinaia e centinaia di persone e le annegano in mare: è un crimine. Quindi, a queste persone viene fatto credere che quando arrivano qui, hanno l'Eldorado e il paradiso in terra. Sono bloccati in un campo, non sono ben accolti e non hanno lavoro. Non puoi ricevere tutti in Occidente, quindi promuovere l'immigrazione è un'idea sbagliata. Spesso la Bibbia è usata per dire che Gesù Cristo emigrò in Egitto, ma Gesù Cristo emigrò perché era stato minacciato da Erode, poi tornò a casa. Il popolo ebraico è stato più volte esiliato in Mesopotamia, ma è tornato. Tutti sono felici a casa propria. Se davvero vogliamo aiutare queste persone, non è ricevendole in condizioni disumane. Piuttosto, aiutiamoli a svilupparsi da loro, ad essere felici a casa. Questo non è razzismo, vogliamo aiutarli a prosperare a casa. La Chiesa non ha i mezzi per accoglierli né i luoghi dove metterli, ma ci si sente bene a promuovere questo, è un'apertura, è un'accoglienza. Non sto criticando la politica della Chiesa, è un'opzione, ma questa opzione va pensata, considerata, valutata per vedere quale sia la migliore accoglienza che si può dare a questi estranei. Per me, dobbiamo contribuire allo sviluppo dei loro paesi e aiutarli a restarci. Se li accogliamo qui, sia in un numero capace di contribuire anche all'equilibrio sociale e culturale, essendo ricettivo alla cultura del luogo perché alcuni vengono qui, molti impongono la loro cultura, il loro modo di vivere e li lasciamo fare. Non ho lezioni da dare, ma la mia visione personale è che ognuno si realizzi nella propria casa in modo equilibrato, culturalmente, religiosamente, e così contribuisca a rendere felice il proprio Paese, il proprio continente. Nessuno sarà in grado di sviluppare l'Africa al posto degli africani. Certo, dobbiamo esercitare la carità, ma la Chiesa deve riflettere: la carità non consiste nel ridurre qualcuno all'elemosina, all'indegnità. Un uomo è degno quando si guadagna da vivere da solo. San Paolo diceva: «Ciascuno viva del pane che si è guadagnato con il suo lavoro». Non possiamo semplicemente addormentarti, prenderci cura di te gratuitamente, non è carità, è paternalismo. Questa immigrazione è come una seconda schiavitù, li accogliamo in nord Africa, li imbarchiamo così, pagano cara la morte in mare, arrivati ​​qui non hanno lavoro. Come vuoi promuovere la dignità di un uomo così? Bisogna pensarci, l'immigrazione è un fenomeno che è sempre esistito ma non come è oggi. Gli irlandesi emigrarono negli Stati Uniti, emigrarono anche gli italiani, ma portarono un contributo umano, professionale. Si guadagnavano da vivere, non li abbiamo mantenuti. Ci vuole più dialogo, più discussione per identificare il problema con molta onestà e molta verità, altrimenti è una nuova schiavitù quella che stiamo promuovendo."

Come per il passato, vediamo se anche questa volta i media cattolici italiani applicheranno una sottile censura clericale su questa significativa presa di posizione di un pastore africano.

sabato 20 novembre 2021

L'improvvisa scomparsa dell'amico don Alessandro Zubiani

Piangiamo don Alessandro Zubiani deceduto improvvisamente ieri a soli 41 anni. Nato a Sondalo (Sondrio) il 26 gennaio 1980, Don Alessandro (nella foto con don Paolo Gahutu), ordinato sacerdote il 10 giugno 2006 da monsignor Alessandro Maggiolini, è stato vicario a Cadorago (Como) fino al 2008, poi a Sagnino (Como) fino al 2012, quindi, a Chiavenna (Sondrio) fino al 2016. Nominato parroco di Delebio, Piantedo e Andalo cinque anni fa, dalla scorsa primavera guidava anche la comunità di Rogolo.Don Alessandro era amico dell’Associazione Kwizera a partire da quando, nel 2008, come vicario di Sagnino volle gemellare il suo oratorio con quello di Nyagahanga, parrocchia allora retta da don Paolo Gahutu . Da quel gemellaggio nacque una stagione di proficua collaborazione tra le due realtà. Ricordiamo l’iniziativa dei bambini della prima comunione di Sagnino di destinare parte dei regali che immancabilmente arrivano nell'occasione ai loro coetanei ruandesi. Il sostegno della parrocchia di Sagnino è poi continuato nella realizzazione dell’Asilo Carlin, nella dotazione delle tuniche per la prima comunione dei bambini della parrocchia di Nyagahanga e di alcune divise scolastiche. Don Alessandro ha poi voluto testimoniare personalmente questa sua esperienza in occasione di una serata tenutasi a Grosio, nell'ottobre 2012, sulle iniziative ruandesi dell’Associazione.

Trovate tutta la storia di questa amicizia cliccando qui.
Ci mancherai caro don Alessandro, ma da lassù vigila su di noi.


mercoledì 3 novembre 2021

Ritmi sostenuti per la campagna vaccinale anti Covid

Procede a ritmi sostenuti la campagna vaccinale anti Covid in Rwanda : ad oggi sono oltre due milioni le persone che hanno già avuto la loro seconda dose del vaccino contro il Covid-19, secondo le statistiche ufficiali del ministero della salute. Al 1° novembre erano, infatti, 2.032.065 le persone vaccinate con le due dosi, mentre 3.884.463 hanno ricevuto la prima dose di vaccino. Le persone completamente vaccinate rappresentano il 26% dei 7,8 milioni di popolazione target over 18, con l’obiettivo di raggiungere il 60% entro giugno del prossimo anno, con la possibilità di puntare all'80% entro fine 2022. Si sta anche valutando la possibilità di offrire una terza dose  di richiamo del vaccino alle persone più vulnerabili del Paese.

 

martedì 2 novembre 2021

Il Rwanda continuerà ad ospitare i rifugiati bloccati in Libia

Il governo del Rwanda, l'UNHCR e l'Unione Africana hanno recentemente deciso di estendere per altri due anni l’accordo, firmato nel settembre 2019, col quale è stato istituito un meccanismo di transito di emergenza (EMT) per ospitare in Rwanda i richiedenti asilo dalla Libia che si sono trovati bloccati sulla costa del Mediterraneo dopo i falliti tentativi di sbarcare in Europa. Il Rwanda si è offerto di ospitare temporaneamente i rifugiati riconosciuti dall'UNHCR Libia, i richiedenti asilo registrati con l'UNHCR Libia, i bambini e i giovani rifugiati a rischio, nonché le famiglie dei richiedenti asilo e dei rifugiati, in attesa di essere ricollocati in paesi terzi, piuttosto di essere rinviati ai loro paesi d'origine o di rimanere, su richiesta, quali cittadini ruandesi. Come per il passato, i rifugiati saranno ospitati nel campo di transito di Gashora, nel distretto di Bugesera, che continuerà quindi a funzionare fino al 31 dicembre 2023, aumentando altresì la sua attuale capacità di ospitare da 500 a 700 persone alla volta. Dal settembre 2019, il Rwanda ha accolto un totale di 648 rifugiati e richiedenti asilo provenienti da otto paesi africani, Eritrea, Sudan, Sud Sudan, Somalia, Etiopia, Nigeria, Ciad e Camerun. Di questi, solo 281 rimangono oggi nel campo di transito, mentre  tutti gli altri sono stati reinsediati. In Rwanda questi rifugiati hanno il diritto di accedere alle cure mediche, alla scuola e al lavoro.

mercoledì 27 ottobre 2021

Sorgerà in Rwanda il primo impianto africano di produzione di vaccini contro il Covid

Il governo del Rwanda ha firmato un memorandum d'intesa con BioNTech, la società tedesca che ha  sviluppato con Pfizer i vaccini contro il Covid-19, per la costruzione di un primo impianto di produzione di vaccini a mRNA in Africa, a partire dalla metà del 2022, per aiutare il continente ad alleviare le disparità sanitarie rispetto ad altre regioni del mondo. La struttura sarà allestita nella Zona Economica Speciale di Kigali e richiederà un investimento dell’ordine  di 100 milioni di euro, che saranno in parte finanziati dalla Banca europea per gli investimenti, e avrà una linea di produzione con una capacità iniziale di 50 milioni di dosi all'anno. I partner potranno decidere di produrre vaccini a mRNA contro altre malattie, come la malaria o la tubercolosi, a seconda dei progressi futuri dello sviluppo e delle esigenze mediche. Nelle intenzioni dei promotori, la nuova struttura di produzione potrebbe diventare il primo hub di una solida rete africana di produzione decentralizzata e completa che renda possibile una capacità produttiva annuale di varie centinaia di milioni di dosi di vaccino a mRNA. Nella fase iniziale, BioNTech fornirà personale, proprietà e gestirà la struttura per supportare l'inizio sicuro e rapido della produzione di dosi di vaccino a base di mRNA, l'azienda prevede inoltre di trasferire le capacità produttive e il know-how a partner locali. Oltre che con il Rwanda, BioNTech ha firmato analogo accordo con il Governo del Senegal.

martedì 19 ottobre 2021

Il Rwanda promosso sullo stato di diritto

Il World Justice Project (WJP), la principale fonte mondiale di dati originali e indipendenti sullo stato di diritto,  ha rilasciato nei giorni scorsi il WJP Rule of Law Index® 2021, che valuta lo stato di diritto in 139 paesi o giurisdizioni. Il WJP Rule of Law Index® è un rapporto annuale basato su indagini nazionali su oltre 138.000 famiglie e 4.200 professionisti legali ed esperti in tutto il mondo, per misurare come lo stato di diritto sia vissuto e percepito in tutto il mondo, indagando otto aree d’indagine che vanno dai Limiti ai poteri del governo all’Assenza di corruzione, dall’Aperura del Governo al Rispetto dei Diritti fondamentali, dall’Ordine e sicurezza all’Applicazione della normativa, dallo stato della Giustizia Civile a quello della Giustizia penale. Ai vertici della classifica troviamo la Danimarca, Norvegia e Finlandia, mentre Repubblica Democratica del Congo, Cambogia e Venezuela hanno avuto i punteggi complessivi più bassi. Decisamente sorprendente, se si pensa a certe critiche di cui è oggetto, è il 42° posto su 139 paesi attribuito al Rwanda in progresso di due posizioni rispetto al precedente rapporto; l’Italia si colloca invece al 34° posto.Il Rwanda primeggia su 33 Paesi dell'Africa subsahariana, seguita da Namibia e Mauritius. I tre paesi con i punteggi più bassi nella regione erano la Mauritania, Camerun e Congo, Dem. Rep. (137° su 139 paesi a livello globale. Il Rwanda è anche al primo posto su 18 tra i paesi a basso reddito. E’ interessante notare come il Rwanda sopravanzi l’Italia nell’assenza di corruzione ( 40° contro 42° posto)  nell’ordine e sicurezza (33° contro 61°posto) e nella giustizia civile (31° contro 59° posto).

lunedì 4 ottobre 2021

Il Rwanda visto dal prof. Mario Giro

Riportiamo l'articolo, comparso sul numero di settembre della rivista Nigrizia, scritto dal prof. Mario Giro, professore straordinario di Storia delle Relazioni Internazionali all'Università Stranieri di Perugia e Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale nei governi Renzi e Gentiloni. Il ritratto che l'autore fa dell'odierna realtà ruandese non si discosta molto dal cliché solito, se non fosse per quel titolo che non sembra suonare, almeno così lo abbiamo percepito, come un gran complimento. Al lettore il giudizio finale.   


sabato 25 settembre 2021

Se l'africanista non sa cogliere i segni di speranza che vengono dall'Africa

L’africanista Anna Bono, su La nuova Bussola quotidiana ( clicca qui), interviene oggi a proposito della decisione del Global Covid-19 Summit  di donare i vaccini ai Paesi poveri.. Dopo aver illustrato tutti i passi che i Paesi ricchi sono intenzionati a compiere per far
pervenire ai Paesi poveri più di due miliardi di dosi, privilegiando 92 Stati a reddito basso e medio basso, in gran parte africani, l’autrice si lancia in una severa reprimenda verso i futuri destinatari, incapaci, a suo dire, di far buon uso di questa generosità. In particolare, sottolineando come i Paesi africani abbiano lasciato scadere milioni di dosi, per carenze dei locali sistemi sanitari e per scarsa volontà degli abitanti di vaccinarsi. Per poi stigmatizzare come questi destinatari tanto
 "poveri" non siano, visto che sono ricchissimi di risorse naturali, ma le loro ricchezze sono concentrate nelle mani dei loro capi, citando il caso scandaloso della Guinea Equatoriale dove le ricchezze prodotte dal petrolio sono appannaggio della famiglia presidenziale. Ci pare che l’analisi della Bono, spesso severa con le dinamiche che muovono la vita dei Paesi africani, sia piuttosto ingenerosa nei giudizi e, per certi versi, parziale nell’analisi della realtà. Per cominciare scrivere che”in Africa, su poco meno di 1,4 miliardi di abitanti, i casi superano di poco gli otto milioni e i morti registrati sono 208mila”, senza dire come si sia riusciti a contenere a tali livelli il numero dei morti ( una volta e mezza quelli italiani) appare eccessivamente sbrigativo.

lunedì 20 settembre 2021

Non di solo pane…adottiamo una comunità di clarisse in Rwanda

Abbiamo fatto nostro l’appello del card. Robert Sarah quando, sottolineando come "quasi tutte le organizzazioni caritative in Africa sono impegnate unilateralmente ed esclusivamente nella risoluzione delle situazioni di povertà materiale” ci ricorda, da uomo di Chiesa e grande figlio dell’Africa, che “l’uomo non vive di solo pane" e  bisogna quindi " incoraggiare a continuare a costruire chiese e seminari e a fornire aiuti per la formazione di sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi”. Per questo, come Associazione Kwizera Odv intendiamo proseguire nell’opera di sostegno del monastero delle clarisse di Nyinawimana, la cui realizzazione fu, a suo tempo, fortemente sostenuta dalla  vecchia Associazione Kwizera onlus (vedi qui la storia della sua realizzazione).

Le clarisse di Nyinawimana

Grazie alla proficua collaborazione instauratasi sin dall’inizio con sorella Marie Regine, responsabile della piccola comunità formata da altre sei sorelle, complice anche il suo ottimo italiano appreso nei due anni trascorsi ad Assisi agli inizi del suo percorso vocazionale, è stato abbastanza facile avviare da remoto dall’Italia, con continui scambi via email, l’allevamento di capre e successivamente curare, a completamento della piccola fattoria conventuale, la realizzazione di una stalla. Anche se per il completamento della struttura claustrale manca ancora la realizzazione della cappella, in grado di accogliere anche i visitatori, e di un’altra ala del monastero,  la vita della clausura, dopo la frenetica fase inziale, ha ormai assunto una sua normalità, scandita da momenti di preghiera e di lavoro. Da parte nostra ci piacerebbe suscitare attorno a questa piccola comunità un gruppo di amici sostenitori che, anche in forma contenuta come potrebbe essere una donazione di 100 euro annuali, garantiscano un sostegno continuativo a queste sorelle, in una sorta di adozione spirituale a distanza. Chi fosse interessato potrà segnalare la propria adesione al nostro indirizzo mail kwizeraodv@gmail.com e procedere al relativo versamento sul conto corrente dell’Associazione: Iban IT46X0521652160000000001451. Da parte loro le sorelle clarisse, oltre a contraccambiare questa vicinanza con la preghiera, non mancheranno di far conoscere ai propri benefattori, attraverso l'annuale lettera di fine anno,  i momenti più significativi della vita della comunità. 

mercoledì 8 settembre 2021

Quanto guadagnano gli abitanti di Kigali

In un articolo del The New Times in cui si trattava il problema della carenza di abitazioni al crescere della popolazione ruandese, venivano riportate notizie interessanti circa il livello di reddito degli abitanti della capitale. A Kigali, secondo le statistiche del National Institute of Statistics, circa il 54% degli abitanti sono persone a basso reddito che guadagnano tra $ 38,0 e $ 225 al mese, al cambio attuale dai 32 ai 191 euro e dai 38.000 ai 225.000 franchi ruandesi. Un 13% degli abitanti della capitale  guadagna però meno di 38 dollari al mese. Il gruppo a reddito medio rappresenta il 21% degli abitanti, con un reddito mensile ricompreso tra $ 225 e $ 678. Le famiglie ad alto reddito rappresentano meno del 12% di tutti gli abitanti delle città, con guadagni che superano i 678,0 dollari. Naturalmente questa è la fotografia della capitale che non riflette la situazione delle altre città periferiche ruandesi e, soprattutto, dei villaggi, dove la stragrande maggioranza della popolazione è ricompresa nella fascia che non raggiunge i 38 dollari.

domenica 8 agosto 2021

Il Rwanda invia militari in aiuto al Mozambico per combattere il terrorismo jihadista

Quasi un mese fa, il governo del Rwanda, su richiesta del governo del Mozambico, ha dispiegato 1.000 soldati a Cabo Delgado per aiutare a combattere gli estremisti armati legati allo Stato islamico dell'Iraq e del Levante (ISIL), che dal 2017 hanno destabilizzato il nord del Paese. Le truppe ruandesi sono state inviate per lavorare a stretto contatto con le forze armate di difesa del Mozambico (FADM) e le forze della SADC, nella lotta al terrorismo a Cabo Delgado. Nell'ottobre 2017, i terroristi hanno lanciato un'insurrezione a Cabo Delgado, mentre  nell'agosto 2020 hanno sequestrato Mocimboa da Praia. Più di 50 persone sono state decapitate dai terroristi nella provincia nell'aprile 2020 e un numero simile nel novembre 2020. Nel settembre 2020, i ribelli dell'ISIL hanno catturato l'isola di Vamizi nell'Oceano Indiano. Il 24 marzo i militanti hanno sequestrato Palma, uccidendo dozzine di civili e sfollando oltre 35.000 dei 75.000 abitanti della città. In questi giorni le forze ruandesi e mozambicane stanno sferrando un offensiva, avanzando verso la città portuale strategica di Mocimboa da Praia da tre fronti, dopo aver liberato la città costiera di Afungi, sede di un aeroporto e di impianti di gas naturale liquefatto. Le forze mozambicane stanno avanzando dal sud della città situata lungo la costa dell'Oceano Indiano, mentre i  ruandesi si stanno muovendo dal nord e dall'ovest di questa grande città che, tra l'altro, ha un aeroporto e un porto.

venerdì 16 luglio 2021

Il Rwanda ripristina il lockdown per contrastare la nuova ondata di Covid

Da domani la città di Kigali e altri otto distretti tra cui Nyagatare, Rubavu, Rwamagana, Rustiro, Burera, Gicumbi, Kamonyi e Musanze saranno messi in lockdown per dieci giorni con l’intento di contrastare la nuova ondata della pandemia del Covid nella sua variante indiana. Nelle ultime settimane, infatti, l’andamento della pandemia ha subito un’improvvisa impennata, portando i morti da Covid sopra i 600, dopo che a marzo il numero dei morti era ancora sotto i 300 ed il Rwanda era tra i Paesi che meglio avevano affrontato l'emergenza Covid (leggi qui) . Così da domani  rimarranno in funzione solo i servizi essenziali: mercati e negozi che vendono prodotti alimentari, macellerie, negozi di latte e prodotti lattiero-caseari, servizi bancari essenziali e altri servizi finanziari e di denaro mobile, raccolta dei rifiuti e altri servizi sanitari essenziali, servizi doganali e fiscali, commercio di prodotti petroliferi e servizi di telecomunicazione.
Nella capitale sarà addirittura sospesa la consegna a domicilio dei pasti. Per tutto il periodo di blocco totale le attività commerciali saranno comunque chiuse dalle 17:00 alle 04:00. Continueranno ad operare solo le industrie dell'agro-trasformazione, quelle che producono  materiali da costruzione, prodotti sanitari, mascherine e attrezzature mediche e fabbriche che producono materiali da imballaggio. Nonostante la restrizione, si prevede che un certo numero di società sarà ancora autorizzato a continuare le operazioni. Per tutta la durata del lockdown il governo ha previsto la distribuzione di pacchi alimentari a circa 200.000 famiglie vulnerabili, garantendo altresì un sostegno d'emergenza ai residenti vulnerabili risultati positivi al Covid-19 e che sono in cura a domicilio. Come già avvenuto in precedenza, i pacchi saranno distribuiti con l'aiuto di giovani volontari e leader locali e saranno consegnati porta a porta nella quantità correlata al numero di persone presenti in casa.
Tutti i numeri riferiti alla pandemia da Covid sono riassunti nella tabella riportata qui accanto e aggiornata  a ieri. Si ricorda che gli abitanti del Rwanda superano di poco i 12 milioni.

martedì 15 giugno 2021

Rivoluzione verde per i mototaxi ruandesi: saranno presto elettrici

 Gli oltre 50.000 mototaxi che sfrecciano sulle vie di Kigali e lungo le varie arterie del Paese potrebbero presto essere coinvolti in una vera e propria rivoluzione verde. Infatti, il governo ruandese, particolarmente sensibile a tutto quanto riguarda la tutela dell'ambiente ( da diversi anni in Rwanda sono proibite le borse e i sacchetti di plastica) sta cercando modelli di mobilità compatibili con questa scelta ecologica che ha come obiettivo di essere carbon free entro il 2050. In quest'ottica, come riferisce il sito specializzato moto.it, ha avviato una collaborazione con un'azienda locale, la Rwandan Electric Mobility, per diffondere i veicoli elettrici nella capitale Kigali, anche attraverso la concessione di incentivi che favoriscano la conversione, comportante anche un significativo risparmio sui costi  al chilometro. Grazie a un sistema di battery swap diffuso nella capitale i "mototaxisti" possono caricare una batteria con meno di un dollaro e fare circa 60 km a fronte dei 40 km percorsi con un litro di benzina che costa $ 1,08. Inoltre la conversione all'elettrico allunga la vita dei veicoli e riduce drasticamente le spese di manutenzione.La Rwanda Environment Management Authority (REMA), ha firmato un accordo con la Rwandan Electric Mobility, una società specializzata nella conversione di moto a benzina in elettriche. Nella prima fase sperimentale si prevede di convertire già 30mila moto entro cinque anni con un costo di circa 150mila dollari.

mercoledì 26 maggio 2021

Segretario ONU: risorse minerarie fonte di crescita economica e riduzione della povertà per 63 Paesi in via di sviluppo

Il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, intervenendo a una tavola rotonda virtuale sulla trasformazione delle industrie estrattive per lo sviluppo sostenibile ha ricordato come  "dei 72 paesi del mondo a basso o medio reddito, 63 hanno aumentato la loro dipendenza dalle industrie estrattive negli ultimi due decenni. Queste industrie generano grandi quantità di entrate in valuta estera, investimenti esteri diretti e entrate governative. Hanno il potenziale per guidare crescita economica e riduzione della povertà ". Senza dimenticare come  le industrie estrattive siano anche potenzialmente fattori di diversi mali, quali:  corruzione, sfruttamento, colonialismo e razzismo, degrado ambientale, conflitti armati, sfollamento della popolazione, danni culturali e diritti umani violazioni " rimane pur sempre la "necessità di migliorare la governance delle risorse estrattive attraverso regole e un'applicazione più efficaci relative alla sostenibilità ambientale, alla trasparenza, al processo decisionale inclusivo, alla responsabilità, all'accesso alle informazioni e al rispetto e alla protezione dei diritti umani affinchè  i benefici delle risorse minerarie raggiungano tutte le persone nella società, non solo le élite".

venerdì 14 maggio 2021

Ammonta a 3,2 miliardi di euro il bilancio previsionale 2021/22 del Rwanda

Il governo ruandese ha presentate al Parlamento il bilancio di previsione per l’anno fiscale 2021/22 che prevede un totale di spesa di 3.807 miliardi di Rwf, pari a Euro 3,172 miliardi di euro ai cambi attuali, in aumento del 9,8% rispetto al precedente esercizio. Le politiche e le strategie pianificate nell'anno fiscale 2021/22 e nel medio termine sono guidate dalla Strategia nazionale per la trasformazione (NST1), un programma di sviluppo di sette anni che durerà fino al 2024, nonché dagli sforzi per guidare la ripresa economica dalla pandemia di Covid-19. Il bilancio proposto dovrebbe essere finanziato per il 67% da entrate nazionali, stimate in Rwf 2,543,3 miliardi, di cui 1,717,2 miliardi da gettito fiscale,  mentre i restanti Rwf 1,263,7 miliardi dovrebbero coperti da fonti esterne, per  612,2 miliardi di Rwf , pari a 510 milioni di euro, equivalenti al 16%, in aiuti esteri e per 651,5 miliardi di Rwf  pari al 17% dell'intero bilancio, in prestiti. Sul fronte della spesa il governo propone di destinare 1.872,7 miliardi di Rwf, ovvero il 49,2% del budget totale, per spese ricorrenti, destinando il resto a investimenti per lo sviluppo.Il settore sanitario ha ricevuto oltre Rwf 383,7 miliardi (319,75 milioni di euro), pari al 10% del bilancio.  All'educazione sono destinati Rwf 422,4 miliardi (352 milioni di euro), più dell'11% dell'intero budget, il più grande rispetto ad altri settori.

mercoledì 5 maggio 2021

Il Rwanda 7° al mondo tra i Paesi che meglio hanno contrastato il Covid

Che impatto hanno avuto la geografia, i sistemi politici, le dimensioni della popolazione e lo sviluppo economico sulla gestione della pandemia da COVID-19 in tutto il mondo? A questa domanda risponde uno studio del Lowy Institute di Sydney,  consultabile qui. Lo studio esplora come più di 100 paesi con dati disponibili pubblicamente e comparabili sul virus hanno gestito la pandemia nelle 43 settimane successive al loro centesimo caso confermato di COVID-19, utilizzando i dati disponibili fino al 13 marzo 2021. I Paesi sono stati ordinati in ampie categorie - per regioni, sistemi politici, dimensione della popolazione e sviluppo economico - per determinare se esistono variazioni significative tra i diversi tipi di stati nella gestione della pandemia. Sono stati quindi presi in esame  sei i fattori per elaborare il ranking: il numero di casi confermati, quello delle morti confermate, il coefficiente dei casi confermati per ogni milione di abitanti, il coefficiente delle morti confermate anche in questo caso per ogni milione di abitante, l’incidenza del tasso di positività in relazione ai tamponi effettuati e infine i risultati dei tamponi per ogni mille abitanti.

domenica 25 aprile 2021

Il Rule of Law Index promuove il Rwanda sullo stato di diritto

Nonostante sia spesso al centro di aspre critiche circa lo stato di diritto, secondo l'ultimo rapporto globale del  World Justice Project Rule of Law Index® , la principale fonte mondiale di dati originali e indipendenti sullo stato di diritto, il Rwanda si è  classificato al primo posto  in Africa orientale per aderenza allo stato di diritto e si è classificato al 37 ° posto a livello globale (l’Italia è al 27° posto).Nella regione è seguito dalla Tanzania con 93, il Kenya con 102, l'Uganda al numero 117 a livello globale su 128 paesi. L'indice dello stato di diritto del WJP è una valutazione dell'aderenza allo stato di diritto; misurare le prestazioni dei paesi attraverso diversi parametri come vincoli ai poteri del governo, assenza di corruzione, governo aperto, diritti fondamentali, ordine e sicurezza, applicazione delle normative, giustizia civile e giustizia penale. Punteggi e le classifiche nazionali per il WJP Rule of Law Index 2020 derivano da oltre 130.000 sondaggi sulle famiglie e 4.000 sondaggi di esperti condotti in 128 paesi e giurisdizioni.Queste sono le risultanze nei tre principali ambiti di indagine.

martedì 20 aprile 2021

5 per mille: una firma che può fare molto (e costa nulla)

La crisi che ormai da diversi mesi sta facendosi sentire in tutto il mondo, incidendo sulla vita quotidiana delle famiglie e sulle economie degli stati, si ripercuote anche sull’attività delle associazione del volontariato che trovano sempre maggiori difficoltà a reperire nuovi fondi per finanziare le
  iniziative a favore dei più bisognosi. Per fortuna esiste il meritorio strumento del cosiddetto 5 per mille.Con una semplice firma, senza alcun aggravio sulle già provate tasche di ognuno di noi, si può decidere di assegnare il 5 per mille dell’IRPEF a un’associazione operante nel volontariato  di nostra scelta. Tra queste c’è l’Associazione Kwizera odv operante a favore delle popolazioni del Rwanda.

lunedì 19 aprile 2021

Gli insegnanti ruandesi saranno dotati di un pc

Il Rwanda Basic Education Board (REB) ha avviato la distribuzione di laptop, in comodato d’uso, aa tutti gli insegnanti delle scuole pubbliche nell'ambito dell'iniziativa "One Laptop per Teacher". La distribuzione dei laptop ha avuto inizio  il 16 aprile a partire da  cinque scuole secondarie del distretto di Gatsibo. Il programma interesserà gli insegnanti di tutte le scuole elementari e secondarie del Paese. Secondo le ultime statistiche sull'istruzione disponibili sul sito web del ministero dell'Istruzione, sono 6.931 i docenti nelle scuole materne, di cui il 10,9% nelle scuole pubbliche, il 32% nelle scuole sovvenzionate dal governo e il 57% nelle scuole private. Ci sono 43.878 insegnanti nella scuola primaria, di cui il 28,1% nelle scuole pubbliche, il 61% nelle scuole sovvenzionate dal governo e l'11% nelle scuole private. Nelle scuole secondarie, ci sono 23.565 docenti, di cui il 51% sono scuole sovvenzionate dal governo, il 31% nelle scuole pubbliche e il 17,7% nelle scuole private.

venerdì 9 aprile 2021

Per il governo la resa delle patate va migliorata. Anche per i batwa

Semina a Kibali

 Nei giorni scorsi un rapporto del Ministero delle finanze e della pianificazione economica ruandese evidenziava come il settore agricolo, pur migliorato molto in diversi comparti, come le misure di controllo dell'erosione e la disponibilità di input, sia ancora in ritardo rispetto agli  obiettivi del quarto  piano strategico per la trasformazione dell'agricoltura. In particolare, gli obiettivi non raggiunti includono la resa delle principali colture per ettaro, tra cui mais, fagioli, patate irlandesi,  grano  e semi di soia, che sono ancora bassi.  Ad esempio, nel 2019/2020, la resa media di mais per ettaro è stata di 1,6 tonnellate, 0,6 tonnellate per i fagioli, 8,3 tonnellate per le patate irlandesi, 1,0 tonnellate per il frumento e 0,5 tonnellate per la soia. Questa performance è inferiore all'obiettivo che era di 2,1 tonnellate per ettaro per il mais, 1,5 tonnellate per i fagioli, 10,6 tonnellate per le patate irlandesi, 1,17 tonnellate per il grano e 0,73 tonnellate per ettaro per i semi di soia nello stesso anno fiscale.

venerdì 2 aprile 2021

Le clausole capestro dei prestiti cinesi ai Paesi in via di sviluppo

Un recente studio realizzato sotto il coordinamento di AidData, un laboratorio di ricerca e innovazione del College of William & Mary, rivela dettagli precedentemente sconosciuti sulla Cina, il più grande creditore ufficiale del mondo, e sulle sue pratiche di prestito ai Paesi in via di sviluppo. Le banche statali cinesi sono prestatori “muscolari” e commercialmente esperti che utilizzano i contratti per posizionarsi come "creditori privilegiati", cercando il rimborso prima di altri prestatori commerciali e ufficiali. Lo fanno spesso chiedendo ai mutuatari garanzie collaterali - conti bancari con requisiti minimi di liquidità che i prestatori possono sequestrare in caso di insolvenza - e vietando ai mutuatari di ristrutturare i loro debiti cinesi in coordinamento con altri creditori. I ricercatori hanno esaminato 100 contratti di prestito cinesi a 24 Paesi confrontandoli  con 142 contratti pubblicamente disponibili con altri importanti istituti di credito e hanno trovato diverse caratteristiche insolite nei contratti cinesi:

lunedì 22 marzo 2021

Nella giornata mondiale dell'acqua: questi i progetti portati a termine

Nella giornata mondiale dedicata all’acqua ci piace ricordare i progetti che in questo ambito sono stati realizzati negli anni dall’Associazione Kwizera onlus. Il primo progetto  riguarda la cisterna in muratura della capienza di 150.000 realizzata a Nyinawimana  al servizio della fattoria lì realizzata nel 2007. Nella  cisterna confluiscono le acque piovane raccolte dai tetti della chiesa, della stalla e degli altri immobili. In questo modo, si è data la possibilità di attingere alla riserva idrica, soprattutto nei periodi di maggiore siccità, per irrigare le coltivazioni agricole, abbeverare il bestiame e, dopo un’adeguata bollitura e filtratura, per ottenere anche molta acqua potabile. Successivamente, a partire dal 2014, è stato realizzato  il Progetto Amazi, ( acqua, in lingua kinyarwanda) finalizzato a fornire cisterne in materiale plastico per la raccolta dell'acqua piovana dai tetti degli edifici comunitari ( scuole, chiese, edifici parrocchiali).Negli anni sono state distribuite oltre 170 cisterne da 10.000 litri cadauna. Nel 2009 è stato realizzato l’acquedotto di Kiruri che ha portato l’acqua di una sorgente, posta a metà della collina a circa tre chilometri di distanza, a tre  grandi cisterne in muratura della capienza di 20.000, 15.000 e 10.000 litri rispettivamente e da lì distribuirla nel circondario. Nella piana sono state realizzate dieci fontanelle a cui la popolazione locale, e in particolare gli scolari della scuola, possono accedere
direttamente. Nel 2018 è stato infine realizzato l’acquedotto di Rubaya che ha richiesto la posa di 10 kilometri di tubazioni, la costruzione di 4 nuove cisterne da 10.000 litri e 2 da 15.000 litri che alimentano 10 nuove fontane. I nuovi lavori hanno comportato anche il recupero di   3 vecchie cisterne da 10.000 litri e 2 da 15.000 litri, oltre che 12 vecchie fontane.

lunedì 8 marzo 2021

Inno alla donna africana

In occasione della Festa della donna riproponiamo questa splendida poesia: l'inno alla donna africana scritto da Elisa Kidane', una suora comboniana di origine eritrea. La poesia viene qui  riproposta, in un video ripreso da You tube, sulla musica del Padre nostro in swahili con una dedica particolare a tutte le mamme dei Paesi in guerra  e in particolare alle madri del Kivu che con amore e coraggio continuano a donare e custodire la vita dagli orrori della guerra avvolgendola nei colori dei loro pagnes in un abbraccio di ostinata speranza.

Qui di seguito il testo della poesia.

giovedì 25 febbraio 2021

Il gas del lago Kivu arriverà anche nelle case dei ruandesi

Impianto di estrazione del gas Kivu-Watt

Il Rwanda prosegue la valorizzazione da parte del Rwanda dei giacimenti di gas esistenti sotto le acque del lago Kivu, in barba alle pretese degli ecologisti della domenica che vorrebbero bandire le fonti fossili per ottenere energia, anche per Paesi in via di sviluppo.Dopo che nel passato era stata realizzata una grande centrale a metano ed è allo studio anche la possibilità di estrarre dal metano fertilizzanti per l’agricoltura, ora è la volta dell’uso domestico, automobilistico ed industriale del gas. Nel febbraio 2019, il Rwanda aveva firmato un accordo da 400 milioni di dollari con Gasmeth Energy , una società con capitali statunitensi, nigeriani e ruandesi, per una di concessione di 25 anni per l'estrazione di gas naturale dal lago Kivu e la sua trasformazione in metano in CNG.

lunedì 15 febbraio 2021

Kwizera: una storia che continua

Era il 2002, quando due sognatori, Angelo Bertolucci ( a destra nella foto) e Franco Simonini, dopo avere 
promosso e organizzato con un piccolo gruppo di amici alcune opere sociali nel loro comune d’origine, Gallicano in Garfagnana, decisero di avventurarsi in un progetto più ambizioso e impegnativo dando vita all’Associazione Kwizera onlus, con l'obiettivo di portare aiuto alla popolazione ruandese. Da lì, anno dopo anno, missione dopo missione, accompagnati di volta in volta da sempre nuovi compagni d’avventura, supportati da tanti benefattori, Angelo e Franco hanno dato vita a numerosi ed impegnativi progetti qui elencati, convogliando in Rwanda ben oltre un milione e quattrocentomila euro in aiuti. Tutte le avventure, anche le più nobili ed entusiasmanti, hanno però una fine, spesso indipendenti dalla nostra volontà. E’ il caso di Angelo e Franco, per i quali la perdita della moglie per Angelo e la malattia di quella di Franco, hanno fiaccato gli iniziali entusiasmi fino a costringerli a gettare la spugna e decidere la chiusura dell’Associazione. Il testimone non è però stato lasciato cadere, perché i volontari di Grosio (So) che, negli anni si erano avvicinati agli amici di Gallicano seguendoli nelle loro missioni in Rwanda, hanno deciso di proseguirne l’opera. E’ stata quindi costituita l’Associazione Kwizera ODV con la finalità, come si deduce dall’atto costitutivo, di solidarietà sociale, nello spirito della Dottrina sociale della Chiesa, espletando la propria attività di volontariato nella cooperazione allo sviluppo, al fine di rendere effettivo il diritto a non emigrare delle popolazioni con le quali si coopera. In questo spirito, verranno proseguite le attività svolte in Rwanda dall’Ass. Kwizera Onlus di Gallicano, con particolare riferimento al sostegno dell’Asilo Carlin di Kagera, oltre che alla gestione del Progetto Adozioni a distanza e ad ogni altra attività o realizzazione, di volta in volta, proposte all’attenzione dell’Associazione dai referenti locali della stessa.

venerdì 29 gennaio 2021

Il Rwanda riconosciuto tra i migliori 10 paesi al mondo per il contrasto al Covid

Il Posto di sanità di Mubuga
Secondo uno studio  messo a punto dal Lowy Institute, un think-tank con sede in Australia,  il Rwanda è al sesto posto tra i 98 paesi presi in esame, per aver gestito meglio l'epidemia di Covid-19. Il Rwanda è l'unico paese africano tra i primi dieci, con gli altri paesi nell'elenco tra cui Thailandia, Cipro, Islanda e Australia.Già, nell'ottobre dello scorso anno, l'  Organizzazione mondiale della sanità (OMS) aveva applaudito il Rwanda "per aver istituito un sistema forte"  che ha consentito al paese di "affrontare efficacemente" la pandemia Covid-19. Stati Uniti, Iran, Colombia, Messico e Brasile sono stati tra i peggiori risultati, secondo l'indice. 
Lo studio ha misurato una serie di indicatori chiave, inclusi casi confermati, decessi, casi per milione di persone, decessi per milione di persone che hanno dato vita al
 COVID Performance Index. Secondo l'analisi, i livelli di sviluppo economico e le differenze nei sistemi politici tra i paesi hanno avuto un impatto minore sui risultati rispetto ad altri indicatori.  Invece, popolazioni più piccole, società coese e istituzioni capaci sono stati i fattori più importanti nel modo in cui i paesi hanno affrontato la pandemia. Quando il virus è stato  segnalato per la prima volta in Rwanda nel marzo 2020, il governo si è affrettato a imporre restrizioni, incluso un blocco di sei settimane, per aiutare a contenere la situazione ed evitare una situazione in cui il sistema sanitario pubblico sarebbe stato sopraffatto. Nei primi giorni della pandemia all'inizio dello scorso anno, il governo ha istituito una task force a livello ministeriale guidata dal primo ministro, mentre è stato istituito anche un team multiagenzia per coordinare quotidianamente l'aspetto tecnico delle cose.Il Rwanda ha anche schierato  migliaia di giovani volontari in  tutto il paese per aiutare i cittadini a rispettare le restrizioni del Covid-19, mentre una rete già esistente di  migliaia di operatori sanitari di comunità  ha svolto un ruolo chiave negli screening e nel monitoraggio della situazione sul basso.Successivamente è stato adottato un approccio graduale per riaprire il paese, settore per settore, mentre i blocchi locali sono stati imposti a parti del paese in momenti diversi. Attualmente, la stessa capitale Kigali è in lockdown, dopo un picco di casi registrati una settimana fa. Come parte dei continui sforzi per rilevare e rallentare la diffusione del virus, giovedì le autorità hanno  annunciato una campagna di test nella  capitale, rivolta ai giovani e ad altri adulti, dopo che precedentemente  uno sforzo simile era stato rivolto agli anziani e agli altri gruppi vulnerabili a Kigali.

domenica 24 gennaio 2021

La cooperazione allo sviluppo: la solidarietà economica che può aiutare l'Africa

Di fronte alle diverse interpretazioni che possono essere date  alle politiche di cooperazione allo sviluppo e al ruolo degli aiuti, riproponiamo questo paragrafo tratto dal libro Aiutiamoli a casa  loro Il modello Rwanda. 

 Aiutiamoli a casa loro

Di fronte a queste sfide, molti ritengono che una risposta possibile possa essere quella di concorrere a favorire le condizioni giudicate presupposto necessario a che le politiche di sviluppo avviate in Africa abbiano successo: favorire “la qualità delle politiche pubbliche, l'impegno dei governi a un uso responsabile delle risorse e la capacità dei cittadini di monitorare il loro operato. La lotta contro la corruzione è cruciale. La strada è quella di rinforzare le capacità del settore pubblico e di costruire una massa critica di cittadini informati, stimolando il dialogo su ciò che funziona in Africa e condividendo conoscenze sulle soluzioni alle sfide africane. Il futuro dell’Africa si basa sulla conoscenza, l’imprenditorialità e il buon governo” (5). La concretizzazione di tale approccio è riassumibile nella formula - Aiutiamoli a casa loro – che, alla prova dei fatti, può rivelarsi un’efficace politica, a patto che la solidarietà venga declinata con lo sussidiarietà, intesa come impegno diretto dei governanti e delle società civili dei paesi destinatari a fare la loro parte, per cessare di essere mera assistenza e diventare fattore di sviluppo. Una politica che risponda innanzitutto a un principio di equità e secondariamente a un efficace utilizzo delle scarse risorse finanziarie disponibili. E', infatti, equo ricordarci oltre che delle decine di migliaia di migranti economici (che per correttezza sarebbe bene distinguere dalla minoranza degli aventi diritto alle forme di protezione internazionale) anche delle centinaia di milioni di africani, totalmente assenti da ogni dibattito sul fenomeno migratorio, che rimangono nei rispettivi paesi e lì vogliono costruirsi un futuro dignitoso. Si pensi in particolare a quell’ultimo miliardo dei 58 paesi più poveri, per la gran parte piccoli paesi africani, destinati a diventare sempre più poveri in assenza di adeguati e articolati interventi a sostegno del loro sviluppo (6). E’ altresì corretto chiedersi quale sia il miglior utilizzo delle ingenti risorse finanziarie che vengono comunque stanziate dai governi dei paesi di accoglienza per far fronte ai flussi migratori, tenuto conto del ben diverso valore di un euro in termini di merci e servizi acquistabili a seconda che lo stesso sia speso da noi, piuttosto che in Africa. In questa analisi, ci conforta il mutato clima culturale che si respira da qualche tempo in Italia e in Europa. Dopo essere stato per lungo tempo un abusato e strumentale slogan propagandistico, lasciato alla declinazione, non sempre misurata, di talune forze politiche, “Aiutiamoli a casa loro” sembra conoscere un’improvvisa riscoperta dopo essere stato sdoganato a livello di dibattito politico e mediatico da recenti uscite di leader politici da sempre contrari a un simile approccio al fenomeno migratorio.  Merita, al riguardo, ricordare come nel maggio del 2014, il ministro del Tesoro italiano, Pier Carlo Padoan, intervenendo in margine al convegno annuale della Banca Africana di Sviluppo (AfDB), "L'Africa e l'economia mondiale", tenutosi a Kigali, capitale del Rwanda, dichiarava: “l'Europa dovrebbe fare di più per migliorare le condizioni delle persone perché possano vivere e lavorare in sicurezza nei rispettivi paesi d'origine. Questo obiettivo può essere ottenuto rafforzando e perfezionando il flusso delle risorse in Africa in modo che ci siano più opportunità di lavoro create in loco piuttosto che essere ricercate altrove.” Questa affermazione, in palese contrasto con la linea politica del governo italiano del tempo in materia di migrazioni, non trovava alcuna eco sulla stampa italiana: tre anni dopo quell’auspicio è stato fatto proprio dai governanti italiani. Altro episodio. Nell’agosto del 2015 in un editoriale del quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire, si potevano leggere queste parole: “Aiutarli a casa loro, già. Ecco la soluzione geniale. Quasi che nessuno ci abbia mai pensato prima!” Oggi, forse, quell’editorialista sarebbe meno irridente nei confronti di un’opzione che sembra trovare conforto anche nelle affermazioni di Papa Francesco, pronunciate di ritorno dal viaggio in Colombia del settembre 2017: “E c’è un’ultima cosa che voglio dire, e vale soprattutto per l’Africa. C’è, nel nostro inconscio collettivo, un motto, un principio: “L’Africa va sfruttata”. E un capo di governo, su questo, ha detto una bella verità: “Quelli che fuggono dalla guerra, è un altro problema; ma per tanti che fuggono dalla fame, facciamo investimenti lì, perché crescano”. Ma nell’inconscio collettivo c’è che ogni volta che tanti Paesi sviluppati vanno in Africa, è per sfruttare. Dobbiamo capovolgere questo: l’Africa è amica e va aiutata a crescere”. Ma come sostenuto dal prof. Alberto Quadrio Curzio, “Non bisogna però perdere tempo perché la dinamica demografica dell’Africa, pur essendo in rallentamento, porterà quella popolazione dagli attuali 1,25 miliardi a 2,5 miliardi entro il 2050. Ovvero 5 volte la popolazione europea attuale. Nel contempo l’attrattività dell’Europa è aumentata raggiungendo fino a 500mila immigrati annui. Cifra non enorme in quanto pari allo 0,1% della popolazione della Ue ma tale da creare molti problemi politico-istituzionali e socio-economici a causa della sostanziale impreparazione europea. Eppure l’Europa a livello aggregato (Unione più Stati membri) esprime in vari modi il suo solidarismo al punto che nel 2016 è stato il primo contributore di aiuti allo sviluppo con 70,5 miliardi di euro pari al 60% del totale mondiale. L’entità è notevole ma in termini pro-capite piccola perché se tutti andassero alla popolazione dell’Africa si tratterebbe di 56 euro annui a persona. Non servirebbe a nulla e perciò bisogna puntare tutto sul profilo qualitativo declinando l’«esportazione della solidarietà» su due filiere: quella economica, che va dall’istruzione, alla infrastrutturazione, all’industrializzazione, alla imprenditorialità; quella civile, che va dalla scuola, alla sanità, alla salute, alla demografia, alla parità di genere, alla sicurezza. Gradualmente questi due percorsi di solidarietà economica e civile (Sec) dovrebbero portare infine alla democrazia nei Paesi che mai l’hanno avuta.” (7) E’ quanto sostenuto anche dall’ex Amministratore del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), Kemal Derviş, per il quale “ogni soluzione alla sfida della migrazione deve concentrarsi sulla promozione dello sviluppo nei paesi di origine dei migranti. Per l'Europa, l'attenzione dovrebbe essere incentrata sull'Africa, la principale fonte dei flussi migratori”. Uno sviluppo, quello dell’Africa, che richiederà il perseguimento di maggiore stabilità politica e pace; investimenti per valorizzare il patrimonio di risorse naturali; apporto di know-how necessari per sostenere un'accelerazione significativa della crescita, creazione di quelle condizioni di sicurezza presupposto per attrarre capitali privati. “Purtroppo – sottolinea Dervis- la crescita prodotta dall’apporto di investimenti da sola non è risolutiva dei mali africani, se non vengono previamente risolti i frequenti conflitti che martoriano il continente e se non si perviene a forme consolidate di stabilità politica. Di certo un buon andamento dell’economia di un Paese è condizione necessaria perché s’instauri un clima di pace sociale e di fiducia”.

5) F. Bonaglia e L. Wegner (2014), Africa –Un continente in movimento”, Il Mulino, Bologna

6) Paul Collier (2007), L’ultimo miliardo-Perché i paesi più poveri diventano sempre più poveri e cosa si può fare per aiutarli, Laterza, Bari

7) A. Quadrio Curzio (2017), La solidarietà economica che può aiutare l’Africa, Il Sole 24 ore del 26 luglio 2017

giovedì 21 gennaio 2021

All'asilo Carlin si affianca il parco giochi Otilia Park

Lunedì ha riaperto, dopo un lunga chiusura dovuta al lockdown, l'asilo Carlin di Kagera. Gli 83  bambini, che si sono presentati di primo mattino alla riapertura, hanno avuto la sorpresa di trovare un asilo nuovo. Infatti, il periodo di chiusura è servito per una manutenzione completa della struttura, oltre che per apportare delle implementazioni significative. Innanzitutto, sono stati realizzati due nuovi servizi igienici, visto che i vecchi, di tipo tradizionale africano ( una buca in terra), erano piuttosto fatiscenti e scarsamente comodi per i bambini, proteggendoli con una cinta muraria.
La realizzazione dei nuovi servizi è stata richiesta anche per adeguare la struttura alle norme igieniche richieste dalle autorità per contrastare la pandemia da Covid che, seppure meno mortale che da noi ( sono, ad oggi, solo 148 i morti da covid in tutto il Rwanda, su 12 milioni di abitanti), ha richiesto misure di contrasto non meno drastiche delle nostre: da due settimane sono diventate ancora più restrittive, raggiungendo limiti come nelle nostre zone rosse. 
Ma la sorpresa più importante per i bambini è stato il parco giochi che è stato realizzato a fianco dell'asilo. Dopo aver delimitato lo spazio dedicato ad area giochi, con una recinzione in legno, sono state installati: una doppia altalena a quattro posti, un doppio mini scivolo, un'altalena basculante e una sabbionaia. E' solo l'inizio di quello che  l'Associazione Kwizera ha voluto battezzare Otilia Park, in ricordo della maestra Otilia Muscetti Rodigari, munifica benefattrice delle attività associative in Rwanda. Così nel villaggio di Kagera, nella profonda e povera  campagna ruandese, la presenza di Grosio diventa sempre più visibile: a fianco dell'asilo Carlin adesso abbiamo l'Otilia Park, segni di una vicinanza che la comunità grosina mai ha fatto venir meno nel tempo, a partire dall'edificazione dell'asilo nel 2011, permettendo all'Asilo Carlin di svolgere un'importante funzione sociale ed educativa in quella comunità. Basti pensare che, per stessa ammissione delle autorità civili del settore (unità amministrativa di base) i bambini che hanno frequentato l'asilo sono tra i migliori quando passano a frequentare la vicina scuola elementare.  

martedì 12 gennaio 2021

Ecco le sette regole per viaggiare in Rwanda in tempo di Covid

Ecco le sette cose che dovresti sapere sui viaggi in Rwanda durante questo periodo di pandemia:

1. Compilare un modulo di localizzazione passeggeri prima di mettersi in viaggio

I viaggiatori che arrivano in Rwanda devono compilare un modulo di localizzazione passeggeri e caricare un certificato di prova Covid-19 negativo su www.rbc.gov.rw , il sito web ufficiale del Rwanda Biomedical Center, prima del loro arrivo.

2. All'arrivo è obbligatorio un test RT-PCR negativo

Tutti i viaggiatori che arrivano in Rwanda devono avere un certificato Covid-19 negativo. L'unico test accettato è una reazione a catena della polimerasi in tempo reale (RT-PCR) SARS-CoV 2 eseguita entro 120 ore dalla partenza. Ciò significa che i viaggiatori devono essere testati e ottenere risultati entro 5 giorni dal volo. Altri test, come il test diagnostico rapido (RDT) non sono accettati.

3. Tutti i viaggiatori vengono testati all'arrivo. Un test costa $ 60

Dopo il volo, è obbligatorio per i viaggiatori fare nuovamente il test all'aeroporto internazionale di Kigali. Il Rwanda Biomedical Center (RBC) in collaborazione con l'aeroporto ha stabilito un test Covid-19 all'interno dell'aeroporto.Il test fatto qui è una reazione a catena della polimerasi in tempo reale (RT-PCR) e un viaggiatore deve pagare $ 60 per questo. Questo importo viene prepagato utilizzando i mezzi online ( rbc.gov.rw) prima che qualcuno si rechi in Rwanda.

4. In attesa di risultati negli hotel di transito. Il governo ha negoziato prezzi speciali con gli hotel che vanno da $ 30 a $ 450

Dopo il test in aeroporto, i viaggiatori procedono verso gli hotel di transito designati dove devono attendere circa 24 ore per ottenere i risultati. Un elenco di questi hotel è disponibile su rbc.gov.rw. Il governo del Rwanda ha negoziato tariffe speciali per il periodo di attesa di 24 ore negli hotel. I prezzi vanno da un minimo di $ 30 a $ 450.

5. I viaggiatori i cui test risultano positivi si sottopongono a cure a proprie spese

 Se i risultati di una persona che visita il paese sono negativi, è consentito continuare con l'attività che li ha portati. Ma se il risultato è positivo per (anche se asintomatico), verranno trattati come indicato nelle Linee Guida Nazionali per la Gestione del Covid-19 fino al completo recupero, a proprie spese. Il Rwanda Biomedical Center incoraggia tutti i viaggiatori ad avere un'assicurazione di viaggio internazionale.

6. Screening alle frontiere per chi utilizza il trasporto terrestre

I viaggiatori provenienti dai paesi vicini che viaggiano in Rwanda vengono portati in hotel di transito designati da dove vengono testati per Covid-19. Un test costa $ 60.

7. Risultati negativi Covid-19 richiesti prima della partenza, per tutti

Tutti i viaggiatori in partenza dal Rwanda devono risultare negativi al Covid-19. L'unico test accettato è una reazione a catena della polimerasi in tempo reale (RT-PCR) SARS-CoV 2 eseguita entro 120 ore prima della partenza. Altri test, come il test diagnostico rapido (RDT), non sono accettati. RBC incoraggia i viaggiatori a prenotare e pagare i loro test almeno 2 giorni prima della partenza tramite la piattaforma online disponibile su rbc.gov.rw.

domenica 3 gennaio 2021

La scomparsa di Pierantonio Costa, il nostro console onorario a Kigali nel 1994

E' morto, venerdì sera in Germania, l'ex console onorario in Rwanda, Pierantonio Costa. Aveva 81 anni ed era stato console onorario a Kigali tra il 1988 e il 2003, vivendo sul campo tutto il periodo della guerra civile. Lo ricordiamo, riproponendo la sua storia come descritta nel nostro libro Dentro il Rwanda.

Pierantonio Costa: il nostro console onorario a Kigali

L’italiano più famoso in Rwanda è sicuramente Pierantonio Costa, per anni console onorario italiano a Kigali, che durante il genocidio ruandese ha portato in salvo 2000 persone, tra cui 375 bambini, come raccontato nel libro   La lista del console (ed. Paoline, Milano, 2004), scritto a quattro mani dallo stesso Costa con il giornalista Luciano Scalettari. La sua storia, disnodatasi quasi tutta in terra africana, merita sicuramente d’essere ricordata. Classe 1939, a quindici anni dalla natia Mestre raggiunge il padre nello Zaire. Nel 1960, fa la prima esperienza di guerra africana quando, con alcuni suoi fratelli, si prodiga per traghettare gruppi di profughi congolesi dalla cittadina di Bukavu sulla sponda ruandese del lago Kivu. Allo scoppio della rivoluzione di Pierre Mulele (1964), si trasferisce nel vicino Rwanda, dove metterà radici, sposando una giovane svizzera che gli darà tre figli, e dove inizierà una fortunata carriera imprenditoriale. Dal 1988 assumerà la rappresentanza diplomatica dell’Italia, come console onorario, che manterrà fino al 2003.Sarà anche grazie a questo ruolo e alla correlata immunità diplomatica che Costa avrà modo di mettere in atto tutte le azioni umanitarie, che lo hanno reso famoso, durante i tragici mesi che vanno dal 6 aprile al 21 luglio 1994.  Dopo aver portato in salvo gli italiani e diversi occidentali, Costa si trasferisce in Burundi, presso un fratello, e da lì comincia una serie di viaggi, attraverso il Rwanda, per mettere in salvo il maggior numero di persone possibile. Grazie ai privilegi derivanti dalla rappresentanza diplomatica, alla sua rete di conoscenze e alle sue disponibilità finanziarie, sarà in grado di procurare i visti di uscita dal Paese per tutti coloro che fanno ricorso al suo aiuto. E’ lo stesso Costa a raccontare nel suo libro di memoria come operava in quei tragici giorni. “Decisi che avrei operato così. Mi sarei vestito sempre allo stesso modo per essere riconoscibile: pantaloni scuri, camicia azzurra, giacca grigia. Distribuite nelle tasche – e sempre nello stesso posto – avrei messo banconote da 5000 franchi ruandesi (circa 20 euro), da 1000, da 500 e, infine, da 100 franchi, per essere sempre pronto a estrarre la cifra giusta, senza dover contare i soldi: la mancia deve essere data nella misura giusta, se dai troppo ti ammazzano per derubarti, se dai troppo poco non passi. Nella borsa avrei avuto costantemente con me alcuni fogli con la carta intestata del consolato d’Italia, e sul fuoristrada ci sarebbero state le immancabili bandiere italiane. Quanto alla durata delle incursioni oltre confine, avrei evitato il più possibile di dormire in Rwanda e di viaggiare col buio”. Agendo di concerto con rappresentanti della Croce Rossa e di svariate Ong, sempre sostenuto in questa sua opera umanitaria dal figlio Olivier, Costa, alla fine del genocidio, avrà salvato quasi 2000 persone, tra cui 375 bambini di un orfanotrofio della Croce Rossa, ma si troverà anche ad aver sacrificato beni per oltre 3 milioni di dollari. La sua opera gli varrà la medaglia d’oro al valore civile per gli italiani portati in salvo e analoga onorificenza da parte del Belgio. Pierantonio Costa è anche ricordato con un albero a lui dedicato nel Giardino dei Giusti, dove si fa memoria di quei "Giusti" che hanno lottato contro i crimini commessi contro l'Umanità, che hanno aiutato a salvare altre vite umane e che hanno cercato di difendere la dignità dell'uomo nelle situazioni di "Male estremo" nel mondo.