Non capita spesso di leggere articoli critici sul Rwanda, se si escludono quelli provenienti dai siti dell’opposizione o
da un’Ong come Human Rights Watch, che le autorità rwandesi ritengono pregiudizialmente
avversa. Non passa quindi inosservata la recente presa di posizione della Caritas svizzera, una realtà da
anni attiva in Rwanda, attualmente con una
iniziativa rivolta ai ragazzi di strada a Kigali e un’altra di
promozione della pace e della riconciliazione attraverso percorsi comunitari in diverse zone del paese. In un
comunicato del 31 ottobre la Caritas
svizzera interviene, infatti, sul processo di riconciliazione in Rwanda a 20 anni del
genocidio, fornendo un’analisi della
situazione del paese che si discosta di molto dai reportages, spesso
compiacenti, che siamo abituati a leggere sulla grande stampa internazionale.
Per rendere conto del comunicato, al momento non reperibile in rete ma reso disponibile dall’ufficio stampa della stessa Caritas in francese
(clicca qui per la
consultazione), ci affidiamo alla sintesi che ne ha fatto la Radio Vaticana
in un
servizio del 5 novembre a cura di Lisa Zengarini. "A quasi 20 anni
dal genocidio in Rwanda, il Paese africano non ha ancora compiuto il necessario
lavoro sulla memoria e sull'elaborazione di quella immane tragedia, condizione
indispensabile per un’autentica pacificazione nazionale. .....Secondo
l’organizzazione caritativa cattolica, il bilancio del Governo di Kigali
guidato dal Presidente Paul Kagame è ambivalente: se da un lato, è riuscito a
rimettere in piedi le infrastrutture distrutte durante lo sterminio,
dall’altro, esso continua ad imporre con la forza una versione unilaterale del
passato, mettendo a tacere tutte le voci dissenzienti. In questa versione le
milizie del Fronte Patriottico Ruandese (Fpr) oggi al governo, sono presentate
come forze di liberazione che nel 1994 riuscirono a porre fine al genocidio dei
tutsi e a liberare il Paese dal dominio degli hutu. Una verità messa in dubbio
dagli oppositori di Kagame, che ricordano come anche il Fpr si fosse macchiato
di massacri contro la popolazione civile hutu e che quindi il confine tra
vittime e carnefici non è così netto come pretende la versione ufficiale. Ed è
proprio a questa ricerca di una verità più equilibrata che si è strenuamente
opposto sinora il Governo Kagame, ricorrendo anche all’intimidazione. Chiunque
oggi osi rimettere in discussione la versione ufficiale sul genocidio del 1994
in Rwanda è punito anche con il carcere e anche l’ergastolo. Il tutto -
denuncia la Caritas svizzera – con la complicità della comunità internazionale.
In questo contesto – sottolinea il comunicato - è essenziale sostenere le
organizzazioni della società civile ruandese impegnate nella promozione della
pace e della riconciliazione.
“Un’interpretazione di parte del passato – sottolinea in conclusione il
comunicato - rischia di ostacolare una riflessione critica su quanto accaduto
soprattutto tra i giovani”...... "
8 commenti:
Caritas non puo essere considerata neutrale o super partes, essendo emanazione di quella chiesa cattolica accusata dal FPR di aver partecipato al massacro.
Non avendo vissuto io la guerra non mi schiero ma ho il sentore che purtroppo la chiesa di roma o i suoi emissari abbiano la coscienza sporca. Questo detto sottovoce anche da tanti preti Rwandesi che conosco personalmente.
Più che interrogarsi sulla terzietà della Caritas svizzera, dovremmo farlo sulla fondatezza di quanto scrive; diversamente ci fermiamo al classico dito senza guardare alla luna che ci indica.
Se poi nella guerra civile rwandese, qualche uomo di Chiesa si e' macchiato di gravi colpe, come purtroppo e' successo, dovrà risponderne personalmente, prima alla propria coscienza e poi alla giustizia, senza per questo chiamare in causa l'intera cattolicità .
Naturalmente questo principio vale per tutti, indipendentemente dallo schieramento in cui si e' militato.
e no! non ci siamo proprio! in rwanda non c'è stata una guerra civile. se non interveniva il fpr, che veniva da fuori paese, la situazione era di una parte di popolazione inerme, perchè sottomessa da oltre 30 anni (i tutsi) e l'altra che la massacrava. senza il fpr oggi in rwanda ci sarebbe la perfetta conciliazione: solo hutu.
se in rwanda ci fosse stata una guerra civile, come se ne vedono tante nel mondo, l'onu e la comunità internazionale non sarebbero intervenute.
preferisco chi si ostina a parlare di doppio genocidio, ma derubricare i massacri del 94' a guerra civile è proprio miserabile.
Fondatezza di quanto scrive: per me é quasi impossibile verificare.
Tutto il sistema Rwanda é talmente diverso dai paesi Europei che non possiamo fare un paragone. Già a livello europeo Italia o Spagna e Danimarca o Norvegia sono realtà completamente diverse. Se vogliamo esportare il nostro modo di vita nei paesi africani ripercorriamo gli sbagli dei colonizzatori, dei missionari, di chi vuole cambiare usi e costumi locali per imporre i suoi.
Il tempo dirà se il Rwanda è sulla strada giusta o no.
Io dovessi scegliere a pelle opterei per Kagame e non per la caritas.
Sapendo di poter sbagliare. Forse...
A questo link dell'ONU
http://www.un.org/en/preventgenocide/rwanda/education/rwandagenocide.shtml
Ivano potra' fare un ripasso della storia rwandese e apprendera', nel paragrafo The Civil War ( lo scrive l'ONU), cosa e' successo in Rwanda a partire dall'1 ottobre 1990 fino al genocidio di quattro anni dopo.
E quello che è successo nel periodo successivo al 1994 aggiungo io.
Nuovo anonimo
E quello che è successo nel periodo precedente al 1990? Sappiamo come era il Rwanda in quegli anni? C'era anche allora l'Onu? Ciò che succede nel 1990 è la conseguenza di qualcosa successo prima. La storia va letta nel suo insieme e non per capitoli.
Totalmente d'accordo.
La storia bisogna conoscerla tutta, anche prima del 1990 e, magari, già che ci siamo, anche prima del 1959!
Al riguardo, si può trovare una sintesi da pag 95 a pag 100 dell' ebook Kwizera Rwanda che si trova sulla colonna di destra del blog.
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