sabato 22 agosto 2009
Murakose Lake Angels!
Riprendiamo da Il Giornale di Barga questa bella testimonianza di Alessandro, l'esponente dei Lake Angels che ha accompagnato la Missione Kwizera in Rwanda.
I preparativi erano stati più o meno gli stessi di tanti altri viaggi che in questi anni mi hanno portato, insieme a Nicoletta, mia moglie, in diversi paesi del mondo, anche africani. Da turisti abbiamo visto molte cose che ci hanno colpito per bellezza e straordinarietà, abbiamo incontrato diverse persone portatrici delle culture più svariate, abbiamo avuto modo di entrare in contatto con realtà di miseria e povertà. Questa volta, fin dall'inizio, il viaggio si prospettava come qualcosa di diverso; già i compagni di viaggio non erano i soliti vacanzieri spensierati, ma due esponenti del volontariato, Angelo e Franco dell'Associazione Kwizera e la meta un paese che certo non si sceglie per passarvi la solita vacanza, almeno fino a oggi.Andiamo in Rwanda da curiosi e interessati rappresentanti degli amici Lake Angels per verificare sul terreno quanto fatto da Kwizera in tutti questi anni in cui ha beneficiato anche del nostro sostegno finanziario per realizzare diversi progetti di cui avevamo letto e visto le foto.Questa volta c'era anche l'interesse particolare per una realizzazione, l'acquedotto di Kiruri, interamente sostenuto dai Lake Angels, di cui andavamo a presenziare all’inaugurazione prevista dopo una settimana dal nostro arrivo.La prima settimana del viaggio è passata, infatti, a seguire Angelo e Franco alle prese con il delicato lavoro di verifica in loco dello stato delle adozioni: abbiamo incontrato tutti i bambini, uno per uno, inseriti nel programma.
Già in questa fase, il viaggio cominciava a rivelare quello che è stato il suo aspetto caratterizzante: l’incontro con gli altri. Tutti quei volti di bambini, ma anche di persone adulte, che cercavi di ridurre a un’immagine fotografica e quelle storie familiari fissate a una scheda compilata nell’ambito del programma, cominciavano piano, piano a fare breccia, prima nelle conversazioni tra di noi, poi anche più nel profondo: qualche interrogativo cominciava a fare capolino. Si entrava di giorno in giorno nello spirito della missione: andare verso gli altri, fare qualcosa per migliorarne la condizione di vita come appunto poter attingere comodamente nel villaggio un bicchiere di acqua pulita che sostituisse quello, di dubbia potabilità, reperito faticosamente magari a qualche kilometro di distanza.
Mercoledì, è finalmente giunto il gran giorno dell’inaugurazione dell’acquedotto di Kiruri. Mi aspettavo un’opera certo ammodo, secondo la tradizione Kwizera: una captazione alla sorgente, un po’ di condotta e, infine la fontanella pubblica. Quello che ho trovato è andato ben al di là delle aspettative. Si parte dalla captazione dell’acqua da una sorgente sgorgante sui fianchi della collina che viene raccolta in tre grandi vasche, rispettivamente, di 20.000, 15.000 e 10.000 litri e distribuita attraverso oltre 3 km di tubi a 8 fontanelle a cui la popolazione locale, e in particolare gli scolari della scuola, da qui in avanti potranno accedere direttamente.
L’acquedotto è stato portato a termine da un comitato locale, sempre seguito dall’Italia dagli esponenti dell’associazione Kwizera, anche per il tramite prezioso di don Giovanni, parroco di Fosciandora, con risultati veramente ottimi, nel rispetto di tutte le previsioni progettuali e finanziarie.
Le emozioni vissute, unitamente a Nicoletta, in quella giornata, sono state veramente intense e difficilmente descrivibili. Ci ha tentato, nel suo blog Albe rwandesi (in cui troverete un diario di tutto il nostro viaggio), l’altro componente della missione Kwizera, Martino che, nell’occasione, ci aveva raggiunto a Kiruri, dopo che ci aveva accolto all’aeroporto al nostro arrivo, avendoci preceduto in Rwanda di una settimana. Nei giorni successivi l’inaugurazione del “nostro” acquedotto, quello realizzato grazie all’impegno portato avanti in diverse iniziative dai Lake Angels, tra uno spostamento e l’altro, abbiamo avuto modo di vedere le diverse realizzazioni che l’Associazione Kwizera ha portato a termine in questi anni: dalla fattoria di Nyinawimana, al villaggio dei batwa,
al centro parrocchiale di Nyagahanga. Proprio in questo villaggio abbiamo trascorsi gli ultimi giorni della missione, ospiti di Don Paolo Gahutu. Altro grande incontro: un prete sinceramente impegnato nella sua missione sacerdotale e di forte impegno a favore della sua gente. Disponibile e cordiale ci ha fatto sentire a casa, ma soprattutto ci ha aiutato a cogliere appieno lo spirito di questo viaggio. Un personaggio decisamente “Lake Angels”. Per questo, l’ultima sera nel momento dei saluti, di fronte a delle gustosissime brochettes di capra e alla immancabile birra (a proposito, quanta se ne è bevuta!), gli ho consegnato la felpa e il k-way dei Lake Angels cooptandolo come nostro cappellano speciale in terra rwandese.
Ora si torna alla nostra quotidianità, si recuperano calendario, orologio, impegni; nel profondo però qualcosa è cambiato. Assume nuovo slancio l’impegno Lake Angels verso gli altri e si rafforza il legame con l’Associazione Kwizera di cui ho potuto toccare con mano le grandi capacità realizzative.
In Rwanda si sentirà ancora parlare del binomio Kwizera-Lake Angels!
Missione Kwizera 2009: la fotogallery
I componenti la Missione Kwizera 2009 condividono alcuni scatti fotografici che fissano diversi momenti dei giorni trascorsi in Rwanda. Clicca sull'immagine per far partire la slideshow.
giovedì 20 agosto 2009
La foto
Dal viaggio in Rwanda abbiamo riportato, tra le tante, anche la foto che da oggi fa da sfondo alla testata di "albe rwandesi". E' il frutto dell'abilità fotografica e dell'abnegazione dell'amico Angelo: per questo scatto si è sobbarcato un'alzataccia in quel di Byumba. Il risultato comunque c'è. Grazie!
Ultimo giorno
Lunedì appuntamento per la S Messa che conclude la missione 2009 alla chiesa di Bugarama, la chiesa dell'associazione Kwizera in Rwanda. Questa volta si raggiunge la sommità della collina a piedi: 12 km di camminata/pellegrinaggio. La chiesa è colma, ci sono anche molti alunni della vicina scuola primaria che, schierati a mo' di picchetto d'onore, ci avevano accolti al nostro arrivo. La santa messa celebrata da Don Paolo è un momento di vera festa per la comunità che ci fà sentire tutto il calore di cui sono capaci questi nostri amici rwandesi. Dopo un veloce pasto consumato a Kageyo ai
piedi della collina, si torna a Nyagahanga: Angelo, Alessandro e Nicoletta si fanno un'altra decina di kilometri a piedi. Dopo questo allenamento rwandese con un ottantina di kilometri nelle gambe ( non sono a conoscenza di eventuali ulteriori kilometri percorsi nel lunghissimo corridoi degli imbarchi dell'aeroporto di Bruxelles per ingannare le ore di attesa prima del definitivo imbarco per Firenze) possono pensare a partecipare a qualche marcia competitiva.
Nel pomeriggio incontro con il direttore dell'EFA, signor Filiberto Bikorimana, che ci porta l'assenso della scuola sul Progetto CAGEFA ( vedi post ).
Quindi si fa una veloce visita al locale Centro di sanità per consegnare qualche siringa portata dall'Italia.
Alla sera con una cena a base di brochette al Lake Angels Point del Centro Parrocchiale, sponsorizzato dai Lake Angels, ci si accomiata dal vicario Don Jean Nepomaceno e dai seminaristi, Cyprien e Theophile, con i quali abbiamo trascorso dei bei giorni a Nyagahanga. All'indomani partenza per Kigali sempre accompagnati da Don Paolo che ci lascerà agli imbarchi dell'aeroporto. Anche per lui termina un tour de force fatto di attenta e sensibile cura dei suoi ospiti e di faticossisime trasferte in jeep sui percorsi più accidentati. A lui un grazie particolare da tutti noi: ci ha sempre fatto sentire come a casa.
domenica 16 agosto 2009
Diario di viaggio 8
Nyagahanga -Ngarama: andata e …ritorno
Sabato l’appuntamento era a Ngarama per procedere, nell’ambito del Progetto MIkAN, all’assegnazione delle capre al Gruppo di quella parrocchia. Si era deciso, anche per l’assenza di Don Paolo e della sua jeep, di fare il percorso Nyagahanga-Ngarama, rigorosamente a piedi. All’andata tutto è proceduto per il meglio. Infatti, con un passo di marcia spedito in due ore e mezza si sono coperti i circa 12 km della distanza tra le due parrocchie con una certa scioltezza : ottime le performance dei meno giovani del gruppo e della rappresentante del gentil sesso.
Il percorso su strada sterrata comprendeva lo scavalcamento di una collina, l‘attraversamento di un villaggio abitato esclusivamente da mussulmani, come si poteva dedurre dalle scritte di un apposito cartello di un programma d’aiuto di una fondazione islamica e dal tradizionale velosul capo delle donne, il passaggio in una pineta, dove ti aspettavi da un momento all‘altro d‘imbatterti in un fungo.
Adempiuto al previsto impegno dell’avvio del gruppo del Progetto MIkAN ( nella foto un momento della consegna delle capre), ci si è concessi un veloce pranzo a base di brochette di capra, patate fritte, ananas e birra. Sul finire del pranzo un fortissimo temporale , oltre a obbligarci a prolungare i tempi di permanenza nel locale, rendeva le strade particolarmente scivolose tanto da farci escludere immediatamente la possibilità di utilizzare, come mezzo di trasporto per il ritorno, il pick up gentilmente messoci a disposizione dalla parrocchia di Ngarama. Incoerentemente con questa prima decisione ripiegavamo sul noleggio di uno di quei furgoni taxi che attraversano il paese in lungo e in largo su qualsiasi tipo di strada. Dopo aver contrattato il prezzo del viaggio prendevamo posto a bordo: sedili sconnessi, pezzi mancanti, odori intensi e non del tutto gradevoli. A bordo s’infilavano anche due passeggeri a noi sconosciuti, che tentavamo di far allontanare ritenendoli dei portoghesi . In qualche maniera il guidatore proprietario del taxi ci fece capire che dovevano restare a bordo. Si parte con un caldo invito di Angelo al guidatore di andare molto buhorobuhoro..adagio, adagio. I primi 4 kilometri di strada pianeggiante filano via regolarmente, anche se tutti avvertiamo la debole tenuta di strada del mezzo su un fondo stradale decisamente scivoloso. Qualche scaramantico richiamo a ciò che potrebbe riservarci la discesa su Nyagahanga cerca di alleggerire la situazione. Appena la strada inizia a impennarsi il pulmino dà segni palesi di insubordinazione al suo autista, che per parte sua sembra avere un rapporto conflittuale con la frizione: le ruote posteriori girano a vuoto e il furgone ancheggia. Dopo un tratto di stop and go, a un certo punto il furgone si blocca e non c’è verso di farlo ripartire. A questo punto i due ospiti/portoghesi aprono il portellone e balzano a terra: sono gli spingitori. Cominciano a spingere sollecitando l’aiuto di qualche ragazzino che passa per strada: riescono a far ripartire il furgone. Va avanti così per tre volte, poi si rende necessario l’intervento anche dei bazungu: scendiamo e spingiamo. A questo punto si capisce che non si può andare avanti così. Si contratta lo scioglimento del contratto con l’autista che sembra sollevato dal non doversi sobbarcare un simile viaggio.Si prosegue a piedi. Mancano almeno un paio di kilometri allo scollinamento, sono quasi le sei e comincia a farsi sera. Il buio ci avvolge in cima alla collina, unitamente alla preghiera del muezzin che un altoparlante irradia da una piccola moschea dell’enclave mussulmana che avevamo attraversato al mattino. Ancora dieci minuti ed è buio pesto: il meno imprevidente della compagnia cava da una delle tasche della cacciatora una provvidenziale pila che consente di intravedere seppur faticosamente dove si mettono i piedi.Si va avanti così per almeno tre kilometri in attesa che arrivi una macchina, chiamata dal vicario don Jean Nepomaceno, a recuperarci. La troveremo più avanti ferma in mezzo alla strada bloccata da un guasto in via di accertamento. La superiamo, sempre camminando con una certa attenzione per non incorrere in qualche fatale scivolata. Quando ormai siamo alle viste di Nyagahanga, veniamo raggiunti dalla macchina che doveva recuperarci, di cui avevano nel frattempo individuato e riparato il guasto. Per educazione, non possiamo fare a meno di salire a bordo, ma lo facciamo con lo spirito di chi si vede scippata una vittoria: ancora mezzo kilometro ed eravamo alla meta… a piedi alla faccia di tutti!
L’acqua dei Lake Angels
Il gesto semplice come quello di aprire un rubinetto di una fontanelle pubblica, ripetuto otto volte in una cornice di bambini rwandesi felici e vocianti, è il suggello della giornata vissuta mercoledì a Kiruri dai componenti della
missione Kwizera. Era la giornata in cui si inaugurava l’acquedotto rurale voluto e finanziato dai Lake Angels, l’associazione di Barga che riesce a trasfondere l’amicizia di un gruppo di una ventina di amici in momenti e opere di solidarietà che già avevano trovato modo di concretizzarsi, qui in Rwanda, per il tramite della Ass. Kwizera.Si trattava di captare l’acqua da una sorgente sgorgante sui fianchi della collina, raccoglierla in tre grandi vasche, rispettivamente, di 20.000, 15.000 e 10.000 litri e distribuirla attraverso oltre 3 km di tubi a 8 fontanelle a cui la popolazione locale, e in particolare gli scolari della scuola, potesse accedervi direttamente.
Missione compiuta!
L’acquedotto è stato portato a termine da un comitato locale, sempre seguito dall’Italia dagli esponenti dell’associazione Kwizera, anche per il tramite prezioso di don Giovanni parroco di Fosciandora, con risultati veramente ottimali, nel rispetto di tutte le previsioni progettuali e finanziarie.Questa volta i Lake Angels hanno voluto vivere di persona il momento della consegna dell’opera alla popolazione locale; è toccato, infatti, al responsabile dei Lake Angels Alessandro, affiancato dalla moglie Nicoletta nelle vesti dell’emozionatissima madrina, consegnare ufficialmente l’opera alla comunità locale. La soddisfazione dei responsabili dell’Ass. Kwizera per la riuscita del progetto era leggibile sui volti di Franco e Angelo. Alessandro e Nicoletta non facevano nulla per nascondere, oltre al legittimo orgoglio per la realizzazione, le forti emozioni vissute.
Sentimenti che hanno voluto immediatamente trasmettere agli amici rimasti in Italia attraverso messaggini e telefonate dai toni veramente entusiastici per descrivere una giornata decisamente intensa iniziata di primissima mattina sotto i migliori auspici. Infatti, per Alessandro e Nicoletta, la sveglia invece che dal tradizionale squillo del telefonino era venuta da uno squillante e liberatorio “good boy” che dalla stanza vicina poneva fine all’inconfondibile colonna sonora di una performance amorosa di una coppia di aitanti coniugi americani, di giorno impegnati a Nyinawimana in attività formative. Iniziata sotto simili auspici, la giornata non poteva che rivelarsi una di quelle che ti trasmettono immagini e sentimenti il cui ricordo non ti lascia tanto facilmente e che ti viene voglia di condividere con gli altri.Ancora sulla strada del ritorno e durante la serata era tutto un ripercorrere i momenti trascorsi, quasi a volerli rivivere nuovamente.Quando poi, al chiudersi della giornata, è giunto il momento di ritirarci nelle nostre stanze, a qualcuno è capitato di pensare che bravi ragazzi siano questi nostri amici di Barga: Lake Angels good boys….
Matimba: terzo gruppo MIkAN
Matimba è l’ultimo paese rwandese dell’estremo nord est al confine con l’Uganda e la Tanzania. Vi si arriva attraversando la zona del Mutara dove al paesaggio verde e movimentato delle colline si sostituisce quello piatto dei pascoli e della savana, in questo periodo rinsecchito dal sole e dalla mancanza d’acqua. La striscia d’asfalto si snoda come un lungo serpente, costeggiata , a intervalli, qua e là da case di discreta fattura segno del buon livello di vita dei suoi abitanti, in prevalenza allevatori. Sui pascoli che si estendono a perdita d’occhio si notano macchie di mucche al pascolo. Più lontano inizia il territorio del parco.Presso la parrocchia di Matimba, di recentissima costituzione, ci attende don Emilien il nuovo parroco, già vicario a Nyagahanga. Ci riceve nella nuova casa parrocchiale che i fedeli hanno provveduto a costruire a tempo di record. Poi incontriamo il gruppo delle famiglie inserite nel Progetto MIkAN che hanno appena ricevuto la rispettiva capretta. L’incontro è particolarmente cordiale e serve per far conoscere le finalità del progetto che potrebbe arrivare a interessare anche altre parrocchie nel momento in cui questa fase sperimentale dovesse dare riscontri positivi.
martedì 11 agosto 2009
Diario di viaggio 7
A NyinawimanaVenerdì l’appuntamento è fissato a Nyinawimana dove raggiungo, dopo un’ora di jeep su una strada particolarmente accidentata, Franco, Angelo, Alessandro e Nicoletta. Sui terrazzamenti della collina è in fase avanzata la mietitura del grano. Un serpente umano fatto di donne e bambini s‘inerpica sui fianchi della collina, portando covoni di grano, più o meno grandi a seconda delle capacità di ognuno, verso il grande magazzino che si trova proprio sulla sommità, a fianco della grande stalla
della fattoria. Diverse donne si portano al seguito, ben fissato sul dorso avvolto nella tradizionale fasciatura delle donne rwandesi, il proprio bambino che comincia così,
ancora in fasce, a vivere la quotidianità di una vita fatta di sacrifici e rinunce. Don Jean Marie il parroco di Nyinawimana al quale, da qualche mese, è stata affidata la gestione della grande fattoria, prima gestita dall’economato della diocesi, ci ha fatto trovare una situazione decisamente in evoluzione. Ha ingaggiato un agronomo che sta mettendo mano ai diversi aspetti gestionali della fattoria che coinvolgono la stalla, con una ventina di capi di bestiame pregiato da latte, gli allevamenti di capre, conigli e api. Dieci ettari di campi ricavati dall’opera di terrazzamento, portata a termine negli anni scorsi dall’Ass. Kwizera, sono stati dati in affitto alle associazioni contadine per un canone contenuto: 300 franchi rwandesi ad ara per ognuna delle due stagioni che connotano l’anno agricolo rwandese. Tre ettari di campi sono rimasti in gestione alla parrocchia. Con don Jean Marie viene raggiunto anche un accordo per pianificare il reperimento delle capre da inserire nel Progetto MIkAN: a fronte del finanziamento concesso dall’Associazione Kwizera per l’acquisto di 50 capre fattrici, la stessa associazione riceverà, nell’agosto del 2010, 100 capre di sei mesi d’età da distribuire alle famiglie del progetto MIkAN.
Week end a Kigali..
Sabato si va a Kigali per confermare il volo di ritorno e per fare gli immancabili acquisti di souvenir al cosidetto villaggio degli artisti, dove da qualche anno sono concentrati tutti i venditori che fino ad qualche anno fa esponevano la loro merce lungo le strade della capitale. La cura del decoro cittadino è uno dei punti fissi dell’amministrazione rwandese. Oltre ad aver decentrato in periferia i venditori ambulanti, è stato fatto divieto di aggirarsi in città a piedi scalzi. Analogo divieto vige anche nel resto del paese relativamente all‘accesso, nelle stesse condizioni, in edifici pubblici . Se poi arrivate in città dalla campagna con la jeep con una patina rossastra di polvere creatasi durante il viaggio sulle strade sterrate del paese, vi potrebbe capitare di essere richiamati dal primo agente che incontrate a un maggior decoro. Kigali è una città che si presenta diversa ogni volta che ci si fa ritorno; questa è la mia quarta volta dopo il primo viaggio del 2003. Sta assumendo il volto di una città moderna, curata nelle arterie stradali di maggior traffico, come il tratto che collega l’aeroporto al centro abbellito di piante e aiuole fiorite, oggetto di diversi interventi edilizi di rilievo. A fianco dei modernissimi palazzi delle banche, indubbio segnale dell’interesse dei capitali finanziari alle positive prospettive di sviluppo dell‘economia rwandese, e di alcune aziende internazionali che hanno cambiato la sky line del centro, vi sono altri cantieri aperti per nuove realizzazioni.Anche l’edilizia abitativa è oggetto di un forte trend di sviluppo che porta la città a dilatarsi, sempre alla ricerca di nuovi spazi su cui costruire, assorbendo nuovi terreni o procedendo a opere di riqualificazione. In tale frenetico sviluppo non mancano problemi di carattere sociale come quelli conseguenti a certi espropri di terreni, forse un po’ sbrigativi.Nel complesso siamo in presenza di una capitale che, nella sua frenetica voglia di bruciare le tappe di una modernizzazione spinta, ben rispecchia la voglia delle autorità rwandesi di lasciarsi alle spalle un recente passato tragico e guardare con fiducia a un futuro fatto di scelte innovative in economia e nell’amministrazione pubblica.
… e poi sul lago di Rwesero
La domenica è dedicata al riposo. Per questo un pranzo sul lago di Rwesero è una scelta quasi obbligata. Sul fatto di riposarsi non sono totalmente d’accordo Angelo, Alessandro e Nicoletta che decidono di fare il viaggio verso Rwesero a piedi; ci sarebbero oltre 30 Km di distanza. Partono di buon mattino con passo spedito e con una tabella di marcia che prevede un ritmo da 6 km/ora. Con Franco partiamo più tardi in jeep con la previsione di raggiungerli a metà percorso.
In effetti li raggiungiamo al diciottessimo km. Appena ci vedono, sembra che non aspettassero altro: senza farsi pregare si accomodano a bordo dell’ammiraglia, come quei corridori gettatisi in una fuga al di sopra delle loro possibilità che appena vengono raggiunti dal gruppo scivolano lentamente in coda e poi mettono il piede a terra. Comunque al di là della facile ironia da parte di chi se ne stava comodamente in jeep, bisogna riconoscere che hanno fatto un bel exploit. Exploit analogo a quello del giovane cameriere che ci ha servito ilpranzo a base di tilapia nel ristorantino sul lago.A fine pranzo abbiamo ordinato quattro caffè; nessuno di noi s‘illudeva di ricevere un espresso ma neppure quanto ci ha portato il nostro giovane cameriere. Infatti, forse in soggezione verso i cinque bazungu (bianchi) o forse credendo di farci cosa gradita, ha portato quattro termos di caffè da quasi un litro: uno ciascuno.
domenica 9 agosto 2009
Diario di viaggio 6
La sveglia a Nyagahanga.
Anche al villaggio di Nyagahanga l’alba viene annunciata dal canto del gallo.Con largo anticipo sui tempi europei, alla 4,30 iniziano i primi canti da parte del gallo della vicina fattoria parrocchiale; con insistenza martellante proseguono per oltre un’ora, a intervalli cadenzati di circa quindici/venti secondi. Se hai un sonno lieve, sei fregato: non fai in tempo a richiudere gli occhi che già arriva il canto successivo. Quando ormai ti sei rassegnato che non c’è verso di riprendere a dormire, t’accorgi anche del ronzio fastidioso delle zanzare che vorrebbero superare la zanzariera per portarti il loro micidiale attacco. Dopo l’assolo del gallo, quando il buio della notte comincia ad attenuarsi, si alzano i primi cinguettii e gorgheggi di uccelli che accompagnano in maniera gradevole la lenta sveglia: peccato che, di tanto in tanto, un improvviso e sgradevole gracchiare di grandi cornacchie che svolazzano a stormi rompa l’armonia melodiosa di questi canti mattutini. Il gallo si fa ancora sentire, ma a intervalli decisamente più lunghi, quasi fosse stanco o si rendesse conto che ormai, esaurito il proprio compito, nessuno più gli presta attenzione. Nei locali della casa parrocchiale si sentono i primi calpestii e l’aprirsi e il chiudersi delle porte. Nelle case del villaggio alle 5 le persone sono già tutte alzate. A quell’ora diverse persone sono già per strada da almeno mezzora avendo la necessità di recarsi a mercati o a luoghi d’incontro lontani anche 30 kilometri: in campagna, gran parte degli spostamenti avvengono, infatti, a piedi. Alle sei, quando comincia ad albeggiare, fuori si sentono già le prime voci. In cima alle colline, entro cui è incassata la vallata di Nyagahanga, comincia a crearsi l’alone rossastro che anticipa la nascita del sole e la luce piena del giorno: è ora di alzarsi. Alle sei e trenta è giorno; un giorno che qui dura dodici ore per tutto l’arco dell’anno, pur al variare delle stagioni.
giovedì 6 agosto 2009
Diario di viaggio 5
Gruppo MIkAN di NyagahangaLunedì di primissima mattina incontriamo il gruppo di Nyagahanga partecipante al Progetto MIkAN. Come primo gruppo coinvolto nel progetto, sta facendo un po’ da cavia; lo si vede in alcune criticità che emergono da questi primi loro mesi di esperienza. Sono partiti a gennaio e hanno perso per strada quattro capre, morte per diverse cause; in compenso hanno già tre capretti. Dal resoconto che fornisce il portavoce del gruppo traiamo diversi spunti che serviranno per registrare meglio tutti i diversi momenti del progetto, così da poter rilasciare, prima del rientro in Italia, un primo vademecum regolante i vari aspetti organizzativi e gestionali del progetto stesso. In tal senso è già programmata una riunione per il 14 agosto fra i diversi protagonisti del Progetto MIkAN.
Ritorno a Bugarama
Tradizionale ritorno alla chiesa di Bugarama ( clicca qui). Avvisata la sera prima, la comunità si fa trovare puntuale e numerosa: in chiesa ci sono più di trecento persone. Dopo la santa messa portiamo a termine alcuni interventi sul tabernacolo in fase di realizzazione: dopo aver spruzzato sulla struttura metallica del tabernacolo una cromatura dorata con una bomboletta spray, che ha molto sorpreso gli astanti, mancano ora ancora alcune decorazioni sul basamento e poi il tabernacolo completerà la chiesa. Ogni volta che ci faccio ritorno apprezzo sempre di più la bellezza semplice e lineare di questa che mi pare essere una delle più belle chiese di villaggio della zona.
Arrivano i volontari
All’aeroporto di Kigali dove alla sera di martedì ci rechiamo per accogliere la delegazione dell’Ass. Kwizera, composta da Franco, Angelo e Alessandro dei Lake Angels accompagnato dalla moglie Nicoletta, incontriamo mezza diocesi di Byumba. Oltre agli incaricati della diocesi, incontriamo anche il parroco di Nyiawimana, don Jean Marie, familiarmente chiamato dagli amici l’Altissimo per la sua statura inversamente proporzionale all’impegnativo appellativo. E’ lì con una delegazione della sua parrocchia per ricevere un gruppo di benefattori statunitensi. Per l’occasione si è attrezzato di tutto punto con cappellini con il marchio parrocchiale e fascicoletto
esplicativo in inglese delle iniziative della sua parrocchia. Tutto intorno a noi è un pullulare di cartelli esibiti da delegazioni di istituti, parrocchie, gruppi che attendono l’arrivo di volontari. In effetti quando dopo un’ora di ritardo cominciano a defluire i passeggeri del volo Bruxelles-Kigali, la stragrande maggioranza è rappresentata da volontari in missione estiva. Lo si capisce dall’abbigliamento e dal numero e dalla dimensione delle valigie al seguito: troppe e troppo voluminose per il contenuto di una semplice vacanza. D’altra parte in Rwanda ci sono scarse occasioni di turismo, se si esclude il classico tour per visitare i gorilla di montagna dei monti Virunga. Nelle valigie, in aggiunta a quanto di stretta necessità personale, il bravo volontario c’inzeppa tutto ciò che può essere utile, una volta giunto a destinazione alle comunità in cui andrà ad operare: si va dalle attrezzature informatiche al materiale scolastico, da capi di vestiario a qualche medicinale, peraltro non nelle quantità che sarebbe necessaria, stante il divieto introdotto dal governo d’importare medicinali se non passando dai canali ufficiali.Nelle valigie spesso trovano posto anche attrezzi da lavoro che servono per gli interventi sul campo, stante la difficoltà, specie nei villaggi, di disporre del necessario: spesso, infatti, reperire un cacciavite o una pinza diventa un problema. Sul gran numero delle associazioni impegnate sul territorio rwandese magari torneremo in futuro.
lunedì 3 agosto 2009
Diario di viaggo 4
La domenica del villaggioLa domenica nei villaggi rwandesi è incentrata sulla Santa Messa, là dove un sacerdote è in grado di arrivare, o sulla celebrazione della parola dove le distanze non lo consentono. Non è diverso nella parrocchia di Nyagahanga estesa su un territorio dove esistono 8 Sottoparrocchie e altre 4 succursali, le più lontane a tre ore di jeep lungo strade sterrate. Ognuna di queste realtà periferiche ha la propria chiesetta, dove il sacerdote arriva una volta ogni 2 mesi, essendo sostituito alla domenica dai catechisti che nelle sottoparrocchie presiedono la celebrazione comunitaria della parola e provvedono alla distribuzione dell’eucarestia. Domenica nella grande chiesa di Nyaghanga che può contenere ben oltre 1000 persone si celebrava anche la prima comunione di 117 bambini. Il consueto multicolore sfoggio dei vestiti della festa, soprattutto da parte delle donne, era questa volta arricchito dalla nota di colore offerta dai bambini della prima comunione, tutti perfettamente abbigliati per la cerimonia.Pur nell’inevitabile differente livello di ricercatezza dei vestiti, specchio di una comunità dove tra tantissime famiglie sempre in lotta con il problema di procurarsi quotidianamente di che sfamare la numerosa prole, esiste anche qualche famiglia relativamente benestante, i maschietti sfoggiavano tanto di giacca e cravatta tutto rigorosamente nuovo, tanto che sulle maniche di qualche giacca si notava ancora l’etichetta, mentre le bambine non disdegnavano qualche tocco civettuolo come un cappellino bianco o qualche ornamento di pizzo e scarpe con un accenno di tacco. Sia per i maschietti che per le bambine le scarpe erano di una misura di almeno un numero superiore a quella richiesta dovendo calzare piedi non abituati, gli altri giorni, a tali costrizioni. La cerimonia, iniziata con il tradizionali ritardo di un’ora, è stata contenuta per la parte strettamente sacra in un’ora e mezza, per i tempi africani una messa che si potrebbe definire breve. Il problema è stato il momento che precede l’ite missa est. Fra rendicontazioni di vita parrocchiale, rigorosamente rese da laici facenti parte dei numerosissimi comitati su cui si regge la vita di una parrocchia rwandese, e i ringraziamenti alla corale di una parrocchia della capitale che aveva accompagnato, con bravura e con buoni effetti coreografici, l’intera cerimonia se ne è andata un’altra ora e mezza.
Non avevo mai notato quanto piaccia parlare in pubblico ai nostri amici rwandesi. Anche durante il pranzo successivo in onore della corale ci sono stati, in fasi successive, almeno dieci interventi, mentre sei sono stati quelli a cui ho avuto modo di assistere sul finire di una festa in cui si festeggiavano dei bambini della prima comunione e a cui ero stato invitato. Naturalmente in queste occasioni di festa a tante parole fanno da contorno fiumi di birra. Lo standard da queste parti è rappresentato dalla bottiglia di 65 cl; se ti azzardi a chiedere un formato più piccolo ti guardano in maniera strana. Naturalmente, di fronte alla birra esiste ampia parità e quindi anche le donne pretendono la loro bella bottiglia da 65 cl. Per ora qui non esistono problemi di etilometro.
Non avevo mai notato quanto piaccia parlare in pubblico ai nostri amici rwandesi. Anche durante il pranzo successivo in onore della corale ci sono stati, in fasi successive, almeno dieci interventi, mentre sei sono stati quelli a cui ho avuto modo di assistere sul finire di una festa in cui si festeggiavano dei bambini della prima comunione e a cui ero stato invitato. Naturalmente in queste occasioni di festa a tante parole fanno da contorno fiumi di birra. Lo standard da queste parti è rappresentato dalla bottiglia di 65 cl; se ti azzardi a chiedere un formato più piccolo ti guardano in maniera strana. Naturalmente, di fronte alla birra esiste ampia parità e quindi anche le donne pretendono la loro bella bottiglia da 65 cl. Per ora qui non esistono problemi di etilometro.
sabato 1 agosto 2009
Diario di viaggio 3
Gettato un piccolo seme
Il tanto auspicato incontro con i professori della Scuola femminile di agraria E.F.A. di Nyagahanga per valutare possibili ambiti collaborativi con l’Ass. Kwizera per il tramite del Centre social A.G., si è tenuto ieri nei locali del Centro. Dal confronto, molto cordiale, è emersa l’intenzione dei partecipanti di approfondire la possibilità che si possa instaurare una collaborazione tra il Centre e l’EFA, con l’obiettivo di assicurare alla popolazione locale, in prevalenza dedita all’agricoltura, un’assistenza in termini di diffusione delle conoscenze e delle tecniche atte a migliorare le attività in campo agricolo, sia per quanto attiene le colture che l’allevamento degli animali, con l’obiettivo finale di migliorare le condizioni di vita della comunità nel suo complesso. In questi giorni verranno approfonditi due possibili ambiti dove potrebbe concretizzarsi l’ipotizzata collaborazione.
Cahiers
Il primo è stato individuato nella realizzazione di una serie di agile opuscoli ( Cahiers) di non più di dieci pagine che, con un linguaggio alla portata dei destinatari, sintetizzi i manuali realizzati dalla fondazione olandese CTA appositamente per la realtà africana.
L’EFA curerebbe la stesura del testo, restando alla responsabilità del Centre la pubblicazione e la diffusione.
Il primo Cahiers dovrebbe riguardare l’allevamento delle capre in quanto di immediato uso nell’ambito del Progetto MIkAN. I titoli successivi saranno scelti sulla base delle riscontrate esigenze provenienti dalla comunità agricola locale.
Jatropha
Il secondo possibile spazio attiene l’ipotesi di introdurre localmente la coltura della pianta di Jatropha, dalla quale si ricava un olio utilizzabile quale biodiesel per motori ( nella foto una piantina di jatropha ottenuta da Don Paolo). In questo caso rende preliminarmente necessario un approfondimento circa le reali possibilità di un inserimento tra le colture locali della Jatropha, tenuto conto delle diverse potenzialità della pianta stessa. Qualora la verifica portasse a un esito positivo e si dovesse quindi dare avvio a un Progetto Jatropha, l’Ass. Kwizera per il tramite del Centre social AG si farebbe carico di fornire le sementi, mentre l’EFA ne dovrebbe curare la semina e la coltivazione in vivaio, per il periodo più delicato, fino all’epoca in cui la pianta possa essere assegnata ai contadini che ne facciano richiesta per essere messa a dimora nella sua destinazione definitiva.
In previsione del primo raccolto, quindi a non meno di tre anni dall’avvio del progetto, il Centre studierà tutti gli interventi necessari per lo sfruttamento del seme, nelle varie forme che si sono apprese anche dal documentario didattico visionato durante l’incontro.
venerdì 31 luglio 2009
Diario di viaggio 2
Arrivo a Nyagahanga
Nella serata di mercoledì si arriva a Nyagahanga. Prima ancora di disfare le valigie e farsi una doccia si fa un sopralluogo al Centro. I lavori aggiuntivi eseguiti da Don Paolo sono veramente significativi.Il Centro ne è uscito ulteriormente valorizzato. Per ora non togliamo la sorpresa a chi arriverà la prossima settimana. Documenteremo il tutto prossimamente. Negli ultimi mesi è stato anche ristrutturato il centro di accoglienza situato in un immobile vicino ai locali parrocchiali. Grazie al munifico sostegno del compianto Don Piero Giannini, parroco di Barga, al
quale il centro di accoglienza è dedicato, sono state ricavate 8 camerette singole, ognuna con il proprio servizio con doccia, pronte ad accogliere anche qualche gruppo di giovani desiderosi di trascorrere una vacanza diversa dal solito, per conoscere realtà ben lontane dalla nostra quotidianità. Chissà mai che non ne nasca qualcosa.
A Nyabihu
Giovedì si va a Nyabihu, una centrale della parrocchia di Nyagahanga, distante una ventina di km.
Da qui dovrebbe partire una marcia dei giovani del luogo per trasportare una copia della grande croce delle giornate mondiali della gioventù alla parrocchia di Nyinawimana. Proprio in questo periodo questa grande croce sta, infatti, facendo il giro di tutto il Rwanda. La partenza della marcia è prevista per la prima mattinata; secondo la ben nota elasticità “dell’ora Kigali“, il corteo si mette in marcia alle tredici.
Con un passo a metà tra quello degli alpini e dei bersaglieri, i giovani che aprono il corteo con la grande croce aggrediscono i circa dieci km che separano Nyabihu da Ruhondo, punto d’incontro fissato per la consegna della croce ai giovani di Nyinawimana. Dato il ritmo imposto dal gruppo di testa, di cui peraltro tengo il passo, unitamente a Don Paolo, con la baldanza che compete a un ex artigliere da montagna, il corteo si sfalda ben presto in diversi tronconi. Sembra di assistere a una tappa alpina del giro d’Italia. Lo spettacolo di entusiasmo dei giovani è comunque coinvolgente: per tutto il percorso è un continuo alternarsi di canti accompagnati a movenze di danza. Una volta consegnata la croce nelle mani dei coetanei di Niynawimana si torna a Nyagahanga; noi comodamente in jeep, mentre altri giovani si fanno il percorso a piedi. Questi ultimi nella giornata si sono sobbarcati una camminata Nyagahanga-Nyabihu-Nyagahanga pari a circa 40 km.
Progetto MIkAN a Nyabihu
Prima della partenza della marcia dei giovani incontriamo, sull’esterno della chiesa di Nyabihu, il gruppo delle famiglie inserite nel Progetto MIkAN. Si tratta del secondo gruppo attivo nella parrocchia di Nyagahanga. Alla presenza delle 27 famiglie, tutte con la rispettiva capra al seguito, coinvolte in questa esperienza di pastorale familiare e di impegno comunitario, il responsabile del gruppo, Ambrogio, un insegnante della locale scuola elementare, presenta con orgoglio l’inizio di questa esperienza. Sono partiti da un percorso di fede
nell’ambito della pastorale familiare che si è poi allargato a un impegno nella vita di comunità. In tale contesto hanno creato una cassa comune di reciproco sostegno, in cui sono già stati versati 50.000 franchi rwandesi, hanno poi avuto dalla parrocchia la gestione di un terreno coltivato a prato e infine i fondi per l’acquisto delle capre. Anche in questa fase hanno dimostrato serietà e spirito d’iniziativa. Infatti, la somma messa loro a disposizione pari a 375.000 franchi rwandesi, pari al cambio odierno a circa 470 euro, sarebbe dovuta servire, secondo quanto previsto dal progetto MIkAN, all’acquisto di 25 capre; poiché le famiglie che avevano seguito la pastorale familiare erano 27, sono riusciti con abilità commerciale ad acquistare 27 capre, di cui alcune già gravide. Secondo il programma, il primo capretto che nascerà da ogni capra sarà dato a una coppia di una comunità di una sottoparrocchia vicina. Così come è emersa dalla presentazione di Ambrogio, soprattutto dall’entusiasmo che ne traspariva, pare si possano trarre buoni auspici circa la riuscita dell’iniziativa.
giovedì 30 luglio 2009
Diario di viaggio 2009
In viaggio verso Kigali
Il viaggio inizia con il trasferimento da Malpensa a Bruxelles con un volo della Brusselles Airlines . L’aereo è pieno; in analogo periodo, nel passato, Alitalia sulla medesima tratta faticava a superare la metà dei posti occupati. Brusselles Airlines viene a prendersi i suoi passeggeri per l’Africa direttamente in Italia: il fallimento della Sabena da cui è appunto nata BA deve aver affinato le politiche commerciali della compagnia belga.
Ben oltre la metà dei passeggeri è rappresentata da africani che fanno ritorno nel paese d’origine, sfruttando il periodo feriale italiano. Al ceck in ho potuto notare che la gran parte ha come destinazione Dakar, la capitale del Senegal. Sono tutti sovracarichi di bagagli, tanto da sforare i pesi in franchigia con l’inevitabile discussione con l’addetta al ceck in che rivendica il pagamento del peso in esubero. L’abbigliamento curato e il contorno di telefonini di ultima generazione e di qualche pacco regalo di prodotti informatici garantisce sicuramente l’ammirazione e la riconoscenza di chi li sta attendendo in patria. Danno tutti la sensazione di nutrire un certo compiacimento, come di chi ce l’ha fatta, magari dopo essere arrivati su un barcone. In volo, essere relegati in fondo al velivolo circondato da tutti questi africani, fa una certa sensazione, accentuata dal fatto che la compagnia ha pensato bene di non servire alcun genere di conforto ai passeggeri della classe economy light.Si comincia così con un salutare ridimensionamento del muzungo (l’uomo bianco) in partenza per l‘Africa.
Il viaggio inizia con il trasferimento da Malpensa a Bruxelles con un volo della Brusselles Airlines . L’aereo è pieno; in analogo periodo, nel passato, Alitalia sulla medesima tratta faticava a superare la metà dei posti occupati. Brusselles Airlines viene a prendersi i suoi passeggeri per l’Africa direttamente in Italia: il fallimento della Sabena da cui è appunto nata BA deve aver affinato le politiche commerciali della compagnia belga.
Ben oltre la metà dei passeggeri è rappresentata da africani che fanno ritorno nel paese d’origine, sfruttando il periodo feriale italiano. Al ceck in ho potuto notare che la gran parte ha come destinazione Dakar, la capitale del Senegal. Sono tutti sovracarichi di bagagli, tanto da sforare i pesi in franchigia con l’inevitabile discussione con l’addetta al ceck in che rivendica il pagamento del peso in esubero. L’abbigliamento curato e il contorno di telefonini di ultima generazione e di qualche pacco regalo di prodotti informatici garantisce sicuramente l’ammirazione e la riconoscenza di chi li sta attendendo in patria. Danno tutti la sensazione di nutrire un certo compiacimento, come di chi ce l’ha fatta, magari dopo essere arrivati su un barcone. In volo, essere relegati in fondo al velivolo circondato da tutti questi africani, fa una certa sensazione, accentuata dal fatto che la compagnia ha pensato bene di non servire alcun genere di conforto ai passeggeri della classe economy light.Si comincia così con un salutare ridimensionamento del muzungo (l’uomo bianco) in partenza per l‘Africa.
A Bruxelles sul volo per Kigali la musica cambia. Anche questo volo è pieno: c’è una buona rappresentanza di volontari e folti gruppi di rwandesi e ugandesi, visto che il volo fa scalo anche a Entebbe-Kampala. I rwandesi sono rappresentati da giovani e intere famiglie, con bambini al seguito, facenti parte della foltissima colonia rwandese di Bruxelles e da rappresentanti della ricca borghesia di Kigali che hanno nella capitale belga il tradizionale punto di riferimento europeo per acquisti , studi e affari.Numerosi sono i giovani in carriera,in giacca e cravatta d’ordinanza che non disdegnano di mostrare il loro status, fatto di apparati informatici e stampa e pubblicazioni specialistiche, specchio del particolare attivismo in cui si trova l’economia rwandese.
Cena al Sole e Luna che… raddoppia
All’arrivo, puntuale, secondo i noti tempi dell’ora Kigali, arriva Don Paolo.
Solita pizza al Sole e Luna, il ristorante italiano di Kigali, punto d’incontro di un po’ tutti gli europei, e non solo, della capitale rwandese. Vi troviamo, infatti, suor Cristina di Muhura che accompagna alcuni volontari. Il gestore del Sole e Luna è un italiano di Vicenza, Dionigi,venuto qui negli anni novanta come volontario che ha messo radici sposando una giovane rwandese che gli ha dato due bei bambini. Dapprima ha gestito il punto di ristoro sul lago di Rwesero, collegato con il piccolo seminario. Successivamente si è trasferito a Kigali, dove, sulla strada che conduce all’aeroporto, ha aperto il Sole e Luna il cui successo negli anni ha portato, proprio di recente, all’apertura di un nuovo bel ristorante in pieno centro città, di fronte alla scuola belga. Il successo è stato consacrato anche nel nome: dall’italico Sole e Luna si è passati a un più internazionale Sun &Moon.
Amici alla Domus PacisPernottamento alla Domus Pacis, una bella struttura di accoglienza gestita da un'associazione italiana , su cui torneremo per dare il giusto rilievo alla meritoria attività che svolge in loco. Al mattino incontriamo la direttrice, Suor Enrica, e due coppie di coniugi italiani, una varesina e l’altra di Gallipoli, che trascorrono qui un periodo di volontariato.Con sorpresa, scopro che conoscono Albe rwandesi: ogni tanto vi gettano un’occhiata. Per questo, fra l’altro, Suor Enrica è informata delle diverse attività in corso a Nyagahanga.
Volendo acquistare una copia dell’ultima enciclica papale Caritas in veritate nell’edizione in francese faccio visita alla libreria della Caritas di Kigali. Con non poca sorpresa scopro che non ne è disponibile alcuna copia.Penso che potrebbe essere andata esaurita. Chiedendo all’addetto, scopro che non ne hanno mai avuta una copia, ma quel che è peggio afferma che non c'è neppure stata alcuna richiesta. No comment!.
Nessun commento:
Posta un commento