"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


martedì 25 agosto 2009

I campi profughi dell'UNCHR

Sui fianchi di una delle colline che incorniciano la cittadina di Byumba è situato un campo profughi che ospita circa 17.000 rifugiati. Analogo campo esiste nei pressi di Gatsibo dove sono ammassate altre 17.000 persone ( fonte UNCHR). Entrambi i campi ospitano, fin dal lontano 1996, profughi congolesi in gran parte di etnia banyamulenge, provenienti dalla regione del nord Kiwu da cui si sono allontanati per sfuggire ai vari momenti di guerra che si sono succeduti in tutti questi anni nella regione dei Grandi Laghi.
Sarebbe interessante capire la logica per cui l'agenzia dell'ONU per i rifugiati (UNCHR) concentri in Rwanda una simile massa di rifugiati, andando a congestionare il piccolo paese con la più alta densità demografica del continente africano ( 386 abitanti per km/q) e non sfrutti l'immensità degli spazi del Congo ( 29 abitanti per km/q). Una simile scelta, che certo non favorisce la decantazione di una situazione locale sempre molto calda, sembra rispondere a un rischiosissimo bilanciamento dei rifugiati sui due lati della frontiera, facendone merce di scambio sui vari tavoli della politica. Certo, con simili metodi di gestione delle emergenze rifugiati, il carrozzone dell'UNCHR avrà lavoro ancora per molti anni e i suoi funzionari, non certo sottopagati, potranno continuare a scorazzare sulle strade africane sui loro potenti fuoristrada, mentre sui mercati locali si potranno sempre trovare merci provenenti dai riforniti magazzini dell'agenzia.

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