"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


giovedì 31 dicembre 2009

Autorità rwandesi contro gli abusi nel progetto “one cow”

In questi giorni hanno trovato ampio spazio su The New Times alcuni fenomeni di abuso venutisi a creare all’interno del programma governativo “one cow” che prevede l’assegnazione di una mucca per ogni famiglia bisognosa, un specie di progetto MIkAN su grande scala e con una mucca al posto di una capra . Infatti, è emerso che ben 17.000 mucche, sulle circa 70.000 fin qui distribuite, sono state assegnate a beneficiari che non rientravano tra quelli aventi i requisiti necessari per usufruire dell’aiuto governativo. Le autorità sono prontamente intervenute per stroncare il fenomeno che ha coinvolto, tra gli altri, anche diversi dirigenti locali che hanno trattenuto per sé le mucche, magari con la scusa che la famiglia destinataria era troppo povera per essere in grado di prestare le necessarie cure alla mucca a cui aveva diritto. Sull’argomento è intervenuto duramente anche il governatore della provincia orientale, Dr. Ephraim Kabaija, che incontrando a Gatsibo i dirigenti locali ha dato loro due giorni di tempo per riportare la situazione alla normalità, recuperando le mucche finite nelle mani di non aventi diritto per assegnarle ai reali beneficiari.Il governatore ha apertamente parlato di casi di corruzione da parte di certi funzionari locali che hanno abusato del loro potere. Tre amministratori locali del villaggio di Rwankuba nel settore Murambi, che avevano acquisito in modo fraudolento le mucche, sono stati immediatamente arrestati dalla polizia di Kiziguro, mentre altri hanno restituito la mucca che avevano ottenuto in maniera più o meno fraudolenta. Ancora una volta le autorità rwandesi si dimostrano particolarmente attive nello stroncare qualsiasi fenomeno corruttivo, ovunque si presenti, anche all'interno della pubblica amministrazione.

martedì 29 dicembre 2009

Scuola di Kiruri:avanzano i lavori

Proseguono a buon ritmo i lavori per la realizzazione dell'immobile che ospiterà 5 aule scolastiche nel villaggio di Kiruri. Ultimati i muri laterali, siamo ormai in prossimità d'iniziare la posa delle travature che reggeranno il tetto. A questo ritmo, l'intero progetto promosso dall'Associazione Kwizera Onlus potrebbe concludersi entro l'inizio della primavera. Nel frattempo, la realizzazione ha trovato uno sponsor nell'Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane che ha erogato, proprio nel periodo natalizio, un cospicuo contributo a sostegno del progetto.

domenica 27 dicembre 2009

Il proverbio rwandese della domenica

Umwanzi n’iyo atakwambuye aragukereza

Il nemico anche quando non ti scassina

la casa ti fa perdere tempo.

venerdì 25 dicembre 2009

Poesia di Natale. Dall'Africa

Riprendiamo dal blog Africa di Riccardo Barlaam questa bella poesia.

Natale 2009

Dove il sole ha iniziato
A fare 40 gradi all’ombra,
Laddove ossa e bestie e uomini
Servono ormai da legna da ardere,
Questa e’ l’Africa?
Io non amo l’Africa!
…La si andava a vedere
Armonia tra uomo e natura,
Adesso interessano solo gli animali:
Bestie selvagge, bestie umane…
Foreste dai cuori spezzati,
Museo all’aperto
Che col deserto, nel villaggio o in citta’,
Racconta con il ronzio di mosche e zanzare,
La depravazione dell’ umanità.
Questa e’ l’ Africa?
Io non amo l’Africa!
Perche’ rammento l’Africa
E sogno l’Africa che amo.
Laddove visse il primo uomo,
Da dove parti’la civiltà
Risorgerà la civiltà.
Rinascerà l’ umanità;
Ritorneremo tutti ad amare il continente,
Perche’ sara’ l’ Africa che avremo costruita,
Noi che amiamo l’Africa.

(Ndjock Ngana – Camerun)

mercoledì 23 dicembre 2009

Benedetto XV all'Africa:solo la riconciliazione realizza la pace.

Dal discorso del Santo Padre BENEDETTO XVI del 21 dicembre 2009, per la presentazione degli auguri natalizi, riprendiamo questo passaggio che ci pare il migliore degli auguri che si possano indirizzare ai nostri amici africani.

.....".Come già detto, il tema del Sinodo designa tre grandi parole fondamentali della responsabilità teologica e sociale: riconciliazione – giustizia – pace. Si potrebbe dire che riconciliazione e giustizia siano i due presupposti essenziali della pace e che quindi definiscano in una certa misura anche la sua natura. Limitiamoci alla parola “riconciliazione”. Uno sguardo sulle sofferenze e pene della storia recente dell’Africa, ma anche in molte altre parti della terra, mostra che contrasti non risolti e profondamente radicati possono portare, in certe situazioni, ad esplosioni di violenza in cui ogni senso di umanità sembra smarrito. La pace può realizzarsi soltanto se si giunge ad una riconciliazione interiore. Possiamo considerare come esempio positivo di un processo di riconciliazione in via di riuscita la storia dell’Europa dopo la seconda guerra mondiale. Il fatto che dal 1945 nell’Europa occidentale e centrale non ci siano più state guerre si fonda sicuramente in misura determinante su strutture politiche ed economiche intelligenti ed eticamente orientate, ma queste potevano svilupparsi solo perché esistevano processi interiori di riconciliazione, che hanno reso possibile una nuova convivenza. Ogni società ha bisogno di riconciliazioni, perché possa esserci la pace. Riconciliazioni sono necessarie per una buona politica, ma non possono essere realizzate unicamente da essa. Sono processi pre-politici e devono scaturire da altre fonti. ....Fa inoltre parte della riconciliazione la capacità di riconoscere la colpa e di chiedere perdono – a Dio e all’altro. E infine appartiene al processo della riconciliazione la disponibilità alla penitenza, la disponibilità a soffrire fino in fondo per una colpa e a lasciarsi trasformare."

martedì 22 dicembre 2009

Buone Feste

A tutti gli amici di Albe rwandesi
un caro augurio di un
sereno Natale e felice 2010

Noheli nziza n’Umwaka mushya muhire 2010.

domenica 20 dicembre 2009

Il proverbio rwandese della domenica

Amafaranga arahaka ntagira injumbure

I soldi non lasciano mai dietro di sé le tracce della raccolta.

Nel povero di oggi non si riconosce il ricco di ieri.

giovedì 17 dicembre 2009

Tutto il mondo è paese!

Certe notizie, alle quali abbiamo purtroppo fatto l'abitudine nel nostro paese, suscitano qualche sorpresa quando si leggono su The New Times di Kigali. Certe cattive abitudini dei paesi cosidetti sviluppati sembrano godere di un alto livello di globalizzazione.
Una prima notizia
riguarda i parlamentari rwandesi invitati, oltre che a esibire un abbigliamento più consono al loro ruolo e status, a un più assiduo rispetto degli impegni di partecipazione ai lavori parlamentari visti i livelli di assenteismo denunciati dai vertici della Camera.
La seconda porta alla ribalta presunte richieste di favori sessuali da parte di alcuni professori di scuole superiori della capitale alle allieve che si presentavano agli esami, desiderose di ottenere buoni voti. Particolarmente duro è il commento dell'organo di stampa rwandese: "le molestie sessuali devono essere designate come un crimine per tenere a bada predatori maschi e femmine ed evitare il fraudolento scambio di favori sessuali. È importante che queste pratiche siano stroncate sul nascere, in quanto rischiano di offuscare l'immagine e le credenziali degli istituti d'istruzione superiore del paese."

lunedì 14 dicembre 2009

Popolazione rwandese in forte crescita

Suscita qualche preoccupazione nelle autorità rwandesi il trend di crescita demografica della popolazione. Secondo il direttore della Pianificazione presso il Ministero delle Finanze, Andre Habimana, ai trend attuali la popolazione del paese crescerà di 5,3 milioni entro il 2020. Nel 2000 la popolazione del Rwanda era di 7,7 milioni, per salire a 9,6 milioni nel 2008, con la previsione di raggiungere i 10 milioni entro il prossimo anno. Si accentua, nel frattempo, il fenomeno dell’urbanizzazione, con la popolazione urbana passata dal 10 per cento nel 2000 al 18 per cento nel 2008 e con previsioni di crescita anche per i prossimi anni. Parallelamente si è assistito a una diminuzione della popolazione agricola scesa dal 90 per cento nel 2000 all'attuale 80 per cento, con previsione di un ulteriore diminuzione fino a raggiungere il 75 per cento l’anno prossimo. Per affrontare la forte crescita della popolazione sono in corso campagne di sensibilizzazione per ridurre il tasso di fertilità e di diffusione di servizi di pianificazione familiare a cui si è accompagnato un forte impegno per ridurre la mortalità infantile. Il tasso di fecondità totale è passato da 6,1 figli per donna nel 2000, a 5,5 nel 2008 e dovrebbe scendere a 4,5 entro il 2020.

domenica 13 dicembre 2009

Il proverbio rwandese della domenica

Aho umwijuto uri umusaza asra inkumi


Dove c’è l’abbondanza, l’anziano
impazzisce per una ragazza.
L’opulenza fa desiderare cose impossibili o sconvenienti.

sabato 12 dicembre 2009

Un'altra faccia del Rwanda

In una pausa della missione estiva, ci siamo concessi una gita a Gisenyi, sul lago Kivu. Per arrivarvi abbiamo attraversato tutta la zona di Ruhengeri, al nord verso la zona dei grandi vulcani. Abbiamo fatto così conoscenza di un Rwanda decisamente diverso rispetto a quello incontrato nella zona di Byumba. Le strade sono decisamente più ampie e curate, le case sono fatte con materiali migliori e hanno un aspetto più solido, la città di Ruhengeri, grazie forse anche ai flussi turistici richiamati dal vicino parco dei monti Virunga, ha caratteristiche di modernità decisamente superiori rispetto a Byumba. Numerosi sono gli alberghi, punto d'appoggio per i turisti in visita ai gorilla di montagna. La stessa campagna sembra meglio curata. A detta di qualche esponente locale tutto ciò è dovuto anche a una diversa indole delle popolazioni locali ritenute più laboriose. Andando poi verso Gisenyi la situazione quasi migliora, fino a sorprenderti quando arrivi sul lago. Certi squarci , con la lussureggiante vegetazione equatoriale e le palazzine e vere e proprie ville che si affacciano sul lago, richiamano atmosfere della Costa azzurra. Qui hanno il loro buen ritiro le ricche famiglie dell'emergente borghesia rwandese. All'orizzonte, sull'altra sponda del lago, si staglia imponente la sagoma della grande città congolese di Goma.Il posto di frontiera è posizionato sulla strada che costeggia il lago, il Congo è pronto ad accogliervi e inghiottirvi nel suo cuore di tenebra.

domenica 6 dicembre 2009

Il proverbio rwandese della domenica



Aho umwaga utari urukwavu rwisasira batanu



Dove non c’è avidità, la pelle del coniglio

serve da lenzuolo per 5 persone.

sabato 5 dicembre 2009

Iniziati i lavori della scuola di Kiruri

Ha preso avvio a Kiruri, nella parte nord del Rwanda, il progetto promosso dall’Ass. Kwizera Onlus che prevede la realizzazione di un edificio scolastico con cinque aule di 60 metri quadri ciascuna, per un investimento globale che dovrebbe ammontare a poco più di 40.000 euro. L’edificio, della lunghezza di oltre 41 metri, servirà ad alleviare l’attuale penuria di aule scolastiche che costringe i bambini a frequentare le lezioni ammassati anche in 4 per banco, salvo spostarsi all’aperto, sotto un albero, nelle belle giornate.
Il progetto è gestito in loco da un comitato locale, lo stesso che ha ben operato nella realizzazione dell’acquedotto inaugurato quest’estate. Come documentato dalle fotografie, i lavori stanno procedendo speditamente: sono già state portate a termine le fondamenta e i basamenti della costruzione.


giovedì 3 dicembre 2009

Novità da Kigali: smart card e negozi aperti 24 ore

Non passa giorno che il Rwanda non ci sorprenda con qualche notizia che denota il grande sforzo d’innovazione messo in campo dall’amministrazione rwandese.
Questa volta vogliamo segnalare due notizie.
La prima è la lamentela delle autorità perché i commercianti di Kigali non si decidono a garantire la copertura commerciale per l’intero arco della giornata, così da mettere la capitale sullo stesso piano di altre capitali africane.Le autorità vorrebbero che almeno il quartiere centrale degli affari desse questo segnale di vivacità commerciale, dando seguito alle iniziative messe in campo dall’amministrazione cittadina per conseguire l’obiettivo di garantire un presidio commerciale per l’intero arco della 24 ore.
La seconda notizia è l’annuncio che entro sei mesi sarà messa in circolazione una smart card che racchiuderà in sé oltre alla carta d’identità ( già operativa) anche la patente e il passaporto.

domenica 29 novembre 2009

Il Rwanda entra nel Commonwealth

Il Rwanda è stato ammesso al Commonwealth of Nations, il club che raggruppa 53 paesi, principalmente ex colonie britanniche, in una comunità allargata di cooperazione commerciale e non solo. Il Rwanda è il secondo paese, dopo il Mozambico, ad essere ammesso senza avere un passato di colonia britannica. L'ammissione del Rwanda avviene dopo una marcia di avvicinamento all'area anglofona iniziata all'indomani della guerra civile del 1994, quando arrivò al governo il nuovo gruppo dirigente, con una forte componente formata dai profughi provenienti dall'Uganda.In questa direzione era arrivata anche la decisione di soppiantare il francese con l'inglese come seconda lingua a fianco del Kinyarwanda. I progressi conseguiti in questi quindici anni in termini di governance, sviluppo economico e sicurezza hanno convinto i più influenti esponenti del gruppo, Gran Bretagna, Australia, Canada e India, a sponsorizzare l'ammissione del Rwanda in seno al gruppo. Si dischiudono ora per il Rwanda favorevoli opportunità nell'ambito della cooperazione commerciale, all'interno di un'area con una popolazione di oltre due miliardi di abitanti e un interscambio di circa 2800 miliardi di dollari, con la possibilità di rafforzare la cooperazione bilaterale con il resto degli Stati membri anche in termini di nuovi progetti di sviluppo.

sabato 28 novembre 2009

Commissione senatoriale di Kigali: focus sulle Ong

Da un po’ di tempo le attività delle ong operanti in Rwanda sono oggetto di particolare interesse delle autorità di Kigali. Dopo che avevamo riferito in un nostro precedente post circa la disposizione che prevede un puntuale censimento delle ong internazionali operanti in Rwanda, è ora la volta di un’indagine di una commissione senatoriale che ha evidenziato la scarsa trasparenza con cui diverse ong locali e internazionali utilizzano i fondi destinati agli aiuti. La Commissione parla esplicitamente di arricchimenti personali da parte di certi responsabili. Tali comportamenti richiedono quindi, secondo i parlamentari che si sono interessati al problema, una particolare attenzione da parte delle autorità pubbliche per portare alla luce l’uso improprio che diversi responsabili di ong fanno dei fondi gestiti, sfruttando le cause umanitarie. L’intenzione del legislatore è di normare il comparto in modo che sia possibile verificare il reale e corretto utilizzo in loco delle risorse che le ong ricevono. La materia è piuttosto delicata.
Siamo però certi che le smaliziate autorità di Kigali non vorranno sfruttare certi comportamenti deprecabili e disonesti di taluni responsabili, si spera una minoranza, per limitare l’autonomia delle tante organizzazioni che, grazie all’abnegazione dei volontari, sono impegnate in tanti progetti a favore della popolazione rwandese, correndo il rischio che talune di queste ong possano trasferirsi in altri paesi africani.

La Madonna di Kibeho

Oggi la Chiesa ricorda le apparizioni della Vergine a Kibeho (28 novembre 1981 – 28 novembre 1989) le prime, verificatesi in terra d’Africa, su cui la Chiesa ha espresso il suo riconoscimento, giudicandole autentiche, al termine di una lunga inchiesta e di un rigoroso processo canonico.Per conoscere la storia di queste apparizioni, suggeriamo di visitare un interessante blog Nicodemo di notte in cui l'argomento è ampiamente trattato.

lunedì 23 novembre 2009

Jambo Africa! I ricordi africani della signora Liana

Riprendiamo, dall'edizione 2010 della rivista dell'Ass. Kwizera, questa testimonianza della signora Liana Marchi Baldi che, con intensità e un po' di nostalgia, ci intrattiene sulla sua esperienza di vita in terra d'Africa e in particolare in Rwanda, al seguito del marito, l'infaticabile Brunello ( insieme nella foto). Senza nulla togliere ai tanti altri contributi pubblicati sulla Rivista, ci sembra che quello della signora Baldi sia il pezzo più interessante che sa far rivivere, con intensità e freschezza, ricordi ed emozioni particolarmente coinvolgenti.

Era il 1957 ed era il mio primo giorno in Africa. È grazie a mio marito, al suo lavoro ed al fatto che mi ha sempre voluta con sé, che ho avuto l’opportunità di vivere in Africa un periodo “abbastanza” lungo della mia vita, anche se abbastanza non è la parola giusta quando si parla di questo Paese.
Più passano gli anni, più mi rendo conto di quanto sono stata fortunata ad aver vissuto questa bella favola all’età di vent’anni. L’unico rammarico è che certo allora ero troppo giovane per apprezzare a fondo la bella realtà che stavo vivendo. Mi mancavano tante cose che i miei coetanei a casa avevano. I disagi e le paure erano tanti anche se comprensibili per una ragazza della mia età che era finita in un altro mondo, seppur meraviglioso, ma sicuramente inospitale. Mi mancava la sicurezza della mia famiglia e mi rattristava il ricordo del viso di mia madre quando la salutavo dal finestrino del treno che mi avrebbe portata tanto lontano.Tutto questo deve aver tolto qualcosa alla felicità che vivevo e che oggi col senno di poi accetterei come un dono, il dono più bello. Arrivai a Dar Er Salam in nave e da lì un piccolo aereo mi portò nel cuore del Congo. Il primo impatto con l’Africa mi lasciò smarrita. Venivo da un bel Paese, l’Italia, ed ero abituata alle belle montagne verdi e rigogliose della mia Toscana, ma il verde che ora avevo davanti agli occhi era di color smeraldo scintillante in contrasto con un terreno rosso brillante. Lungo i sentieri di terra battuta, una dietro l’altra sfilavano, come in una passerella di moda, donne avvolte in tessuti sgargianti di mille colori. Portavano sopra la testa con estrema eleganza dei grandi cesti carichi di frutta, banane, verdure, una mano appoggiata sul fianco dava loro l’andatura corretta di piccole regine e poi quei fagottini legati stretti da un foulard dietro le spalle dal quale usciva fuori la testolina ricciuta di un neonato. Queste prime immagini africane sono rimaste per sempre impresse nella mente e nessun particolare è andato mai perduto. La prima notte poi mi resi conto che il silenzio in Africa non esiste. Le mille voci della foresta accompagnate da lontani tam-tam davano vita ad un’orchestra notturna che non ha uguali e la mattina dopo, quando ho aperto gli occhi ed ho visto l’alba illuminare il cielo, mi sono detta: “Ecco, sono atterrata nel Paradiso Terrestre. Il giorno dopo sono partita per raggiungere mio marito nell’interno della foresta dove la nostra Società aveva allestito un campo base. La località prendeva il nome da un bellissimo torrente chiamato Luama. L’accampamento contava circa 500 persone fra donne bambini ed operai locali, che formavano squadre di lavoro guidate da 10 caposquadra Italiani. Io ero l’unica donna bianca dell’accampamento. Poco distanziata dal grande accampamento c’era la mia capanna, costruita abilmente dagli indigeni, le pareti erano di canna ed il tetto spiovente era tutto ricoperto da fasci di paglia, disposti in modo tale da non far passare l’acqua dei grandi acquazzoni… o quasi. Era dotata di un unico locale con al centro un’amaca dove dormivamo io e mio marito e fuori, sotto la tettoia, un piccolo tavolo da pranzo sopra il quale tenevo anche un fornellino a petrolio: la mia cucina. Non avevo né un armadio né un mobile, i pochi utensili che possedevo stavano accantonati per terra sopra cassette da bulloni vuote. Alle 4 del mattino tutti partivano per le varie destinazioni di lavoro con grande frastuono di camion e camionette. Se non sorgevano problemi con i mezzi di trasporto, durante la stagione delle piogge, infatti, i camion rimanevano spesso impantanati nel fango, tutti rientravano la sera tardi. Non c’è niente di normale in Africa. I fiumi sono impetuosi, le piogge sono scroscianti. I temporali arrivano improvvisi, con violenza, preceduti da venti fortissimi che stendono a terra interi canneti di grossi bambù. In attesa del ritorno degli uomini io rimanevo tutto il giorno con le donne dell’accampamento. Queste, la mattina, con grandi brocche ben equilibrate sopra la testa ed i loro bambini più grandicelli attaccati alla gonna, si avviavano lentamente verso il fiume per prendere l’acqua. Formavano una lunga fila di figurine cinguettanti, sempre allegre e sorridenti. Io cominciai a seguirle ogni giorno ed insieme a loro lavavo gli indumenti nell’acqua del torrente. A volte le acque mi strappavano i panni dalle mani, ma loro erano sempre pronte ad aiutarmi. Questi episodi le divertivano molto, tanto che continuavano a raccontarli a tutti, scoppiando in allegre risate. Quanta paura avevo, questo lo ricordo bene, perché all’accampamento la notte era veramente nera. Non c’era corrente elettrica e spesso mancava anche il petrolio per le “lampade Coleman” in dotazione per ogni capanna. La lampada a petrolio illuminava solo per un corto raggio e poi formava tutto intorno delle lunghe lugubri ombre nere. Non ho mai incontrato animali feroci, ma sentivo i loro ruggiti non lontano dall’accampamento. Arrivavano anche i suoni dell’insistente litigioso gioco delle scimmie. Proprio queste sarebbero state la mia salvezza dalla solitudine, perché una sera mio marito mi portò a casa una piccola, bella, simpatica, dispettosa scimmietta, tutta per me. Mi stava sempre aggrappata dietro la testa, con le sue manine strette attorno alla mia fronte ed io non fui più sola.
Oggi naturalmente l’Africa è diversa e forse è proprio questo il motivo per cui non desidero tornarci. Voglio ricordarla come l’ho conosciuta io. Vedendo le immagini in televisione, sentendo quello che racconta mio marito che tutt’oggi continua a visitarla, ho appreso che i sentieri che portavano alla Luama oggi sono strade asfaltate e l’accampamento dove abbiamo vissuto tante avventure non c’è più, perchè è stato riconquistato dalla foresta. Kigali, dove di lì a poco più di un anno sarebbe nata mia figlia Daniela, che contava solo di una chiesetta, un ospedale, l’Hotel Vanver e qua e là qualche villetta stile coloniale, oggi è diventata una grande e bella città moderna dove ormai si trova di tutto, ma dove io non ritroverei più niente. I ricordi sono tanti e, scrivendo queste riflessioni, tornano impetuosi come un fiume. Non posso elencarli tutti, ma laggiù in Africa sono nati due dei miei tre figli. Sarò sempre grata a questa Terra per tutto quello che mi ha dato, per l’amore ricevuto e oggi posso dire che, se la mia vita ha avuto un senso, molto lo devo a Lei.

sabato 21 novembre 2009

La provocazione di una studiosa africana: basta aiuti all'Africa

I risultati piuttosto modesti del recente vertice della FAO e, soprattutto, la mancanza di vere proposte idonee ad affrontare il problema della fame hanno spinto diversi commentatori a rivisitare le provocatorie tesi sostenute dalla economista dello Zambia, Dambisa Moyo, secondo la quale l'aiuto allo sviluppo dato dai paesi ricchi ai paesi africani, così come si articola oggi, oltre a non funzionare ha contribuito ad aumentare la povertà in molti stati africani. Nel suo saggio "Dead aid: why aid is not working and how there is a better way for Africa" ("Aiuto morto: ecco perchè l'aiuto non funziona ed eccovi la migliore soluzione per l'Africa"), comparso l’anno scorso e non ancora tradotto in Italia, la Moyo, che ha studiato ad Oxford e Harvard prima di lavorare in World Bank e Goldman Sachs, argomenta la sua tesi prendendo in esame i dati economici degli ultimi decenni, da cui emerge che i paesi africani hanno ricevuto, in mezzo secolo, più di 1.000 miliardi di dollari di aiuti senza che il loro livello di povertà sia diminuito. Secondo l’autrice, il modello attuale di aiuti alimenta dinamiche negative che danneggiano i popoli dell'Africa in quanto spezzano sul nascere ogni slancio o idea di riforma, comprimono la capacità degli africani di creare ricchezza nazionale, favoriscono la corruzione, le guerre e il mantenimento di regimi non democratici, e creano una sorta di crescente dipendenza dagli aiuti che vengono dall'estero, rendendo sempre più difficile la possibilità di potersene affrancare.
Secondo la Moyo, un vero sviluppo dell'Africa può scaturire da una maggiore apertura dell'Africa al commercio mondiale, dalla fine delle sovvenzioni americane e europee ai loro produttori e dalla costruzione di governance più stabili e più democratiche nei vari paesi dell'Africa. Secondo quanto sostenuto dall’economista zambiana in un suo intervento pubblicato il 28 febbraio di quest’anno su The Financial Times le sue tesi hanno trovato terreno fertile in Rwanda. Scrive, infatti, la Moyo che in occasione di un incontro con esponenti ruandesi per illustrare alcune delle idee del suo libro, su come sviluppare una crescita sostenibile nel lungo termine prescindendo dagli aiuti esteri, si sia sentita dire da più di un ospite che stava “predicando a dei convertiti " . Ha inoltre riscontrato nello stesso presidente Paul Kagame la ferma volontà di fare tutto quanto possibile per pianificare uno sviluppo che prescinda, per quanto possibile, dagli aiuti esteri. Certo non è detto che le tesi sostenute dalla Moyo siano necessariamente vincenti, il fatto però difficilmente smentibile è la scarsa efficacia dell’attuale modello in cui si articolano gli aiuti internazionali che non ha prodotto, fino a oggi, effetti particolarmente positivi.Per chi volesse farsi un’idea più precisa delle idee della Moyo, suggerisco la lettura dell’interessante intervista concessa qualche mese fa dalla studiosa zambiana a La Repubblica (
clicca qui).

venerdì 20 novembre 2009

Rwanda: autorizzato il terzo operatore di telefonia mobile

Il governo rwandese ha autorizzato il terzo operatore nazionale di telefonia mobile, concedendo la licenza a TIGO, un marchio di Millicom International Cellular (MIC) una azienda quotata al Nasdaq che offre servizi di telecomunicazione mobile in 13 paesi, 3 in Centro America, 3 in Sud America e 7 in Africa. La concessione della licenza ha portato nelle casse dello stato 67 milioni di dollari. Tigo si affaccia su un mercato dove sono attivi circa 1,5 miloni di abbonati, sui quasi 10 milioni di abitanti, per l’80 per cento appartenenti alla compagnia sudafricana MTN Rwanda e per il residuo a Rwandatel di proprietà libica. Tigo, che sarà immediatamente operativa con il prefsso 072 e con la possibilità per il cliente di scegliere il proprio numero, ha investito nell’operazione circa 50 milioni di dollari, oltre al costo della licenza. Secondo i responsabili della società, TIGO prevede di offrire un piano tariffario particolarmente concorrenziale con tariffe di Rwf 1,5 al secondo.Circa la convenienza merita sottolineare che, al cambio odierno di 846 franchi rwandesi per un euro, stiamo parlando di una tariffa, circa 10,5 centesimi di euro al minuto, allineata a quelle praticate sul mercato italiano, che rende evidente l'appetibilità per gli operatori di un simile mercato.
Procedono, nel frattempo, i lavori di posa dei cavi di fibra ottica che dovrebbero mettere in rete le principali città del paese, consentendo l’accesso a internet con velocità superiori, grazie ai collegamenti alla rete internazionale attraverso i cavi transoceanici.

mercoledì 18 novembre 2009

Il Tribunale (ICTR) assolve sacerdote accusato di genocidio

Da The New Times di oggi si apprende che la Prima Sezione del Tribunale Internazionale per il Rwanda (ICTR), presieduta dal giudice norvegese Erik Mose, ha mandato assolto il sacerdote cattolico Ormisda Nsengimana, accusato di genocidio e crimini contro l'umanità per atti di cui si sarebbe macchiato, secondo l'accusa, a Nyanza nel 1994 dove era rettore del Collège Christ-Roi, una scuola cattolica secondaria della zona. La sentenza è stata fortemente stigmatizzata dal segretario esecutivo della Commissione nazionale per la lotta contro il genocidio (CLNG).

venerdì 13 novembre 2009

I colori dell'innocenza

Posted by Picasa
Dal book fotografico di Alessandro

giovedì 12 novembre 2009

Servono collegamenti aerei più economici per far decollare il turismo rwandese.

Il Rwanda si è aggiudicato un prestigioso riconoscimento al World Travel Market di Londra in cui lo stand rwandese ha battuto la concorrenza di altri 600 espositori. Nel commentare l’avvenimento il The New Times sottolinea l’importanza che potrebbe avere il turismo per il paese e in tal senso auspica che il sistema ricettivo rwandese faccia ogni sforzo per adeguarsi velocemente agli standard mondiali in termini di qualità degli alberghi e di cura del cliente. A nostro avviso esiste però un grosso handicap perché il Rwanda possa sfruttare appieno le proprie potenzialità in campo turistico: i collegamenti aerei scontano prezzi decisamente alti, tali da scoraggiare qualsiasi turista volonteroso che voglia visitare il paese delle mille colline. Con il costo di un viaggio andata e ritorno da Milano o Roma verso Kigali ( Brussells Airlines chiede oltre 1.200 euro), si trascorre una vacanza di almeno 10 giorni in una stazione turistica del Kenya, tutto compreso. I prezzi della compagnia belga sono decisamente alti, così come quelli dell'Ethiopian Airlines, tenuto conto che la tratta è assai ben frequentata. Per questo, un qualche stimolo concorrenziale da parte delle autorità di Kigali sarebbe particolarmente opportuno, magari offrendo collegamenti con il Kenya a prezzi competitivi e intercettando così anche i flussi turistici che gravitano su quel paese. Ne usufruirebbero anche i numerosissimi volontari che annualmente si recano in Rwanda per le loro attività di solidarietà.

lunedì 9 novembre 2009

Le lingue locali strumento di alfabetizzazione

Riprendiamo dal libro intervista A quando l'Africa dello storico africano Joseph Ki-Zerbo questa breve riflessione sull'importanza delle lingue locali come strumento di alfabetizzazione e soprattutto di recupero e valorizzazione dei gruppi sociali più deboli come gli agricoltori.

"Non si possono alfabetizzare gli africani senza ricorrere alle lingue africane. Se si ricorrerà a queste lingue , ci si potrà dare come obiettivo a medio termine l'alfabetizzazione totale. Di consguenza bisognerebbe inpegnarsi in una sorta kulturkampf a livello della società civile e politica , al fine di sbarazzarsi di una piaga vergognosa come l'analfabetismo, invece di continuere a viverci assieme. Usando le lingue africane si restaura, contemporaneamente, la dignità dell'agricoltore. Gli agricoltori sono immersi in un complesso d'inferiorità perchè ci si rivolge a loro in una lingua straniera. Se si passasse al registro delle lingue africane, i contadini si presenterebbero come un'élite, e non più come quelli che si trascinano nelle retrovie e che bisogna spingere. E' un approccio psicologico che soddisferebbe anche i giovani agricoltori, valorizzando una cultura dove sono a loro agio come i pesci nell'acqua."

domenica 8 novembre 2009

Proverbi africani: filosofia in pillole

Segnaliamo un simpatico sito, curato da Romeo Fabbri per conto della Campagna CHIAMA L'AFRICA, in cui si possono leggere numerosi proverbi africani, di cui diversi raccolti in Rwanda. Clicca sulla foto.

proverbi dall'Africa

Come scritto nella presentazione, i "proverbi sono una delle grandi ricchezze dell'Africa. Traducono in espressioni essenziali, ritmate, ricche di assonanze e facilmente memorizzabili i tesori che la saggezza popolare è andata accumulando lungo i secoli o i millenni e che riprende e riprone di continuo. I proverbi ritornano con insistenza nelle conversazioni della vita di ogni giorno, nelle circostanze più o meno ufficiali della vita comunitaria, nei discorsi dei politici e nelle opere degli scrittori. Essi sono senza dubbio la via di accesso più immediata e sicura alla conoscenza dell'anima africana, essendo la via per la quale è stata trasmessa di generazione in generazione la saggezza acquisita mediante l'esperienza.

Scriveva già nel 1932 il P. Trilles: "Con i proverbi, ancor più che attraverso i racconti e le favole, si entra profondamente nell'anima del popolo, si colgono dal vivo le sue impressioni, le sue idee, i suoi sentimenti, le sue regole di vita. I proverbi cristallizzano per così dire la saggezza di una razza. Sono lezioni di esperienza millenaria, applicate alle diverse circostanze della vita pratica, lezioni di esperienza, lezioni di buon senso, parole dei vecchi". Léopold Sédar Senghor vedeva nei proverbi una sorta di filosofia in pillole: "I proverbi, in quanto saggezza, sono filosofia in pillole, verità umane, hanno un valore universale... (sono la) prova dell'unità della civiltà negro-africana, dove tutto è intimamente unito, da Dio alla pietra, dal proverbio al poema" (prefazione a H. Vulliez, Le tam-tam du sage)".

mercoledì 4 novembre 2009

Il Rwanda al VI Congresso mondiale per i migranti

Il governo di Kigali ha reso noto ieri alcuni dati relativi al fenomeno migratorio che interessa il Rwanda. Li riprendiamo prontamente in quanto potrebbero essere utili alla delagazione rwandese, composta dal vescovo di Cyangugu, Mons. Jean Damascene Bimenyimana e don Paolo Gahutu, rispettivamente presidente e segretario della commissione Migrantes rwandese, che parteciperà al VI Congresso Mondiale della Pastorale per i Migranti e i Rifugiati, sul tema “Una risposta pastorale al fenomeno migratorio nell'era della globalizzazione" che si terrà in Vaticano dal 9 al 12 novembre p.v..
Sono 63.441, secondo il Ministero del Governo Locale (MINALOC), i ruandesi che continuano a vivere come rifugiati in dodici paesi del continente africano. Si va dai 17.291 rifugiati in Uganda, seguita dalla Repubblica democratica del Congo con 17.014, Congo Brazaville 6.922, Zambia 5.098, Malawi e Zimbabwe rispettivamente con 4.453 con 3.077 e quindi il Kenya con 2.437 rifugiati, Sud Africa con 2.114, Camerun 1.438, Togo 902, Mozambico, con 612 e Benin 607. L’auspicio del governo è che tutti questi rwandesi possano fare ritorno in patria dove, dal 1994 ad oggi, sarebbero ritornati circa 3,2 milioni ruandesi, in precedenza rifugiati all’estero. Nel solo anno in corso, hanno fatto ritorno in Rwanda dalla Repubblica Democratica del Congo (RDC) 11.044 ex rifugiati , 5.583 dall'Uganda e 18 dallo Zambia. Sono in corso contatti con diversi governi e con la Commissione delle Nazioni Unite per i rifugiati per creare le condizioni che favoriscano il rientro in patria del maggior numero possibile di persone. Sul tavolo c’è anche la questione dei profughi stranieri, raggruppati in diversi campi in Rwanda, per i quali si stanno valutando le modalità per il rimpatrio nei paesi d’origine. Dai dati sopra riportati dovrebbero essere esclusi i rifugiati rwandesi nel nord Kivu, un problema a cui la comunità internazionale prima o poi dovrà trovare una soluzione.

venerdì 30 ottobre 2009

E' uscita la Rivista Kwizera 2010

E' uscita la Rivista Kwizera 2010. La pubblicazione è scaricabile cliccando qui dal sito dell'Associazione, che per l'occasione è stato aggiornato anche con la documentazione fotografica della Missione 2009.
Il numero di quest'anno è particolarmente ricco: a fianco a diverse notizie e curiosità sul Rwanda, molte attinte proprio dal blog che state leggendo, troviamo riflessioni e contributi dei tanti amici che ruotano attorno a Kwizera, nonchè la puntuale rendicontazione di tutte le realizzazioni portate a termine dai volontari dell'Associazione nel corrente anno. Di anno in anno la Rivista è lì a testimoniare il percorso di un gruppo di amici che, con impegno e dedizione, si spendono per gli altri e a piccoli passi riescono a trasformare la generosità di molti benefattori in opere e iniziative, le più varie, a favore dei tanti amici rwandesi.

Jatropha: adesso si muove il governo rwandese

Apprendiamo con particolare soddisfazione che il governo rwandese sta avviando, con controparti americane e inglesi, un progetto per la coltivazione su larga scala della jatropha curcas la pianta usata per produrre bio carburanti, le cui caratteristiche i nostri quattro lettori conoscono da almeno un paio d'anni. Ne è testimonianza il Dossier Jatropha che fa bella mostra di sè nel nostro blog. Da tempo, infatti, stiamo approfondendo presso il centro di Nyagahanga la possibilità di coltivare in loco questa pianta particolarmente interessante. Dalla teoria siamo passati alla pratica con i risultati che documentiamo in foto: ecco infatti le prime piantine cresciute sul terreni della parrocchia di Don Paolo. Il progetto governativo prevede che le due società ottengano in affitto, per 49 anni, 10.00 ettari di terreno vicino al Parco nazionale nella parte orientale del Rwanda. Il ministro di Stato per l'energia, Albert Butare ha spiegato che il governo ha deciso di approvare questo progetto perché è in linea con il piano del paese di orientarsi verso un'economia più verde e una riduzione delle emissioni di anidride carbonica e, soprattutto, perchè la terra messa a disposizione è scarsamente produttiva dal punto di vista agricolo, in quanto piuttosto secca, adatta comunque alla Jatropha che può crescere bene anche in terreni aridi.

Una riflessione a margine di questa notizia: non sarebbe stato un titolo di merito per i nostri amici dell'EFA, la scuola di agraria di Nyagahanga, potersi accreditare presso le autorità pubbliche come conoscitori e sperimentatori della coltivazione della Jatropha, come da tempo avevamo loro suggerito di fare?

martedì 27 ottobre 2009

Dal Sinodo per l'Africa: riscoprire la Dottrina sociale della Chiesa

Le sessioni di lavoro della II Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi si sono concluse con l'approvazione di 57 proposte presentate dai padri sinodali a Benedetto XVI. L'intero documento è consultabile cliccando qui. Tra le proposte presentate ci piace ricordare la n. 18 dedicata all'importanza che i Padri sinodali attribuiscono alla conoscenza della dottrina sociale della Chiesa in tutta l’educazione dei seminari e nei programmi di formazione permanente per i preti, uomini e donne religiosi e nella formazione ed attività dei laici in servizio alla Chiesa e alla società. Più volte il richiamo alla Dottrina sociale della chiesa ha fatto la sua comparsa nei lavori sinodali. Ci sembra un buon segno, soprattutto per favorire la crescita del laicato cattolico africano, coinvolto e impegnato quando si tratta di collaborare all'interno delle strutture ecclesiali, incerto e quasi timoroso quando è chiamato a muoversi in autonomia nella società civile, sia sul piano delle iniziative sociali e ancor di più sul terreno politico. Conoscere il Compendio della dottrina sociale della Chiesa significa avere gli strumenti necessari per orientare con discernimento i propri comportamenti nel perseguimento della crescita dell'uomo nella sua interezza e del bene comune.


lunedì 26 ottobre 2009

Africa alzati!

Riprendiamo dal blog Africana il contributo di Padre Giulio Albanese sulla conclusione del Sinodo dei vescovi africani.

"Basta con i luoghi comuni infarciti di paternalismi stucchevoli che fanno dell’Africa la metafora della disgrazie umane. È davvero pungente e a tratti provocatorio il messaggio finale del Sinodo africano, a significare che non c’è tempo da perdere perché l’Africa deve cambiare e soprattutto non può abbandonarsi alla disperazione. Per carità i problemi sono reali, fanno ovviamente intendere i padri sinodali, ma è giunta l’ora di voltare pagina e questo sarà possibile solo e unicamente attraverso una decisa assunzione di responsabilità. Allora, se si vuole davvero aiutare l’Africa, il punto di partenza deve essere il rinnovamento della comunità cristiana, rifuggendo da inutili e sterili pietismi, nella certezza che occorre mettere in discussione una mentalità remissiva di fronte alle sfide imposte dalla globalizzazione. È sintomatico che a pensarla così non siano degli esperti stranieri, ma i vescovi africani che hanno preso parte all’assise sinodale. Ad esempio, il presidente della Commissione incaricata di redigere il testo, monsignor John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja (Ngeria), commentando il messaggio, ha affermato senza esitazione che non si può trovare alcuna scusante al deficit di democrazia che attanaglia il continente sostenendo che questa è una «via africana» per reggere i Paesi. Neanche piangersi addosso può aiutare a superare l’empasse, asserendo che l’Africa è stata vittima per secoli dello schiavismo o del colonialismo. D’altronde, come recita un detto anglosassone,charity begins at home, la carità comincia in casa propria. Ed è per questo motivo che il messaggio è indirizzato principalmente all’Africa in tutte le sue componenti, sia ecclesiali che sociopolitiche, perché possano modificare un sistema che determina una crescente divaricazione tra ricchi e poveri. In questa prospettiva, come si legge nel messaggio «l’Africa ha bisogno di politici santi che combattano la corruzione e lavorino al bene comune. Coloro che non sono formati alla fede, si convertano o abbandonino la scena pubblica per non danneggiare la popolazione e la credibilità della Chiesa cattolica». Molto importanti anche i riferimenti alla famiglia che le classi dirigenti debbono impegnarsi a salvaguardare, perché una nazione che penalizza questa istituzione agisce contro i propri interessi. Un richiamo questo che, lungi dal voler scadere in futili polemiche, potrebbe essere rivolto anche ai governi del Primo mondo. E ancora, proprio nella consapevolezza che l’Africa è parte integrante del villaggio globale, il messaggio è anche rivolto alla comunità internazionale, perché tratti il continente africano con rispetto e dignità, cambiando le regole del gioco economico e affrontando una volta per tutte la questione del debito estero, come anche il problema dello sfruttamento delle risorse naturali perpetrato con scaltrezza da gruppi d’interesse stranieri. Naturalmente, i temi trattati nella missiva sono davvero a 360 gradi: dal ruolo della donna, «spina dorsale» delle Chiese locali, ai giovani che rappresentano a livello continentale il 60% della popolazione con meno di 25 anni; dall’importanza del Sacramento della Riconciliazione, al rafforzamento dei legami con le antiche Chiese di Etiopia e di Egitto e tra l’Africa e gli altri continenti. Per non parlare dell’importanza che rivestono i mezzi di comunicazione sociale; della lotta contro l’Aids facendo riferimento soprattutto al valore della fedeltà coniugale e della castità; o del dialogo col mondo islamico, auspicando il pieno rispetto della libertà religiosa. Pertinente, poi, il richiamo alla necessità di sostenere i migranti e i rifugiati perché l’accoglienza è un dovere. Un impegno a cui nessun governo può sottrarsi. Toccante infine è il ringraziamento che viene formulato dai padri sinodali ai missionari. In fondo è anche merito loro se oggi in Africa c’è una Chiesa adulta".
Le conclusioni del Sinodo dei vescovi africani è consultabile cliccando qui

mercoledì 21 ottobre 2009

OGM e agricoltura africana

La questione della diffusione e dell'uso delle sementi geneticamente modificate nell'agricoltura dei paesi in via di sviluppo è da anni al centro del dibattito fra gli esperti e gli operatori umanitari.

E' per questo che il documento preparatorio del Sinodo per l'Africa, in svolgimento a Roma, parla tra molte altre questioni anche delle sementi geneticamente modificate, ed è per questo che negli ultimi anni il Vaticano stesso ha studiato da vicino – con molta cautela – la questione relativa agli OGM. Sull'argomento proponiamo due contributi "In Africa le nuove sementi porteranno a una vita migliore?" il primo e "Sementi migliorate per l'Africa, benedizione o maledizione?" in cui viene approfondito l'argomento, evidenziando i pro e i contro delle sementi geneticamente modificate, i rischi che ne potrebbero derivare, gli aspetti di dipendenza che potrebbero vincolare i contadini nei confronti delle multinazionali sementiere, ma anche i vantaggi di cui potrebbe beneficiare l'agricoltura africana.

Per leggere i due interessanti contributi clicca qui .

Ci si puo' fidare di African Rights

Ieri è stato arrestato a Empoli, su mandato d'arresto internazionale, il sacerdote ruandese don Emmanuel Uwayezu, accusato di aver partecipato al genocidio effettuato nel suo paese nel 2004. La vicenda era stata trattata nel post del 10 maggio. Le accuse mosse al sacerdote rwandese nascevano da una denuncia della ong African Rights con sede a Londra.
African Rights è un'organizzazione non governativa che si definisce impegnata a lavorare su questioni di gravi violazioni dei diritti umani, sui conflitti, sulla fame e sulla ricostruzione civile in Africa, il tutto in una prospettiva squisitamente africana. Ne è direttrice la dott.sa Rakiya Omaar. Ci chiediamo se si tratti della stessa Rakiya Omaar che ha curato, da consulente di una commissione governativa rwandese, si presume non a titolo gratuito, il rapporto "The Leadership of Rwandan Armed Groups abroad with a focus on the FDLR and RUD/Urunana". Certo può essere un titolo di merito collaborare con un'istituzione governativa, ma se così fosse, l'indipendenza e la libertà di giudizio dell'organizzazione sedicente paladina dei diritti umani ne uscirebbero leggermente scalfite, anche se le prestazioni dell'ineffabile signora fossero state fatte a titolo personale, senza coinvolgere African Rights.

martedì 20 ottobre 2009

Vangelo e sviluppo dei popoli: una riflessione di Padre Gheddo

Desidero segnalare la trascrizione di una interessante conversazione tenuta recentemente, su Radio Maria, da Padre Pietro Gheddo sul tema "Vangelo e sviluppo dei popoli alla luce dell'enciclica papale Caritas in veritate". L'intero testo è leggibile cliccando qui.
I contenuti che potrebbero sembrare, a una lettura superficiale, politicamente scorretti come si è soliti bollare le tesi che non assecondano tanti luoghi comuni correnti, ivi compresi quelli relativi proprio allo sviluppo dei popoli, offrono invece stimolanti argomenti di riflessione. I concetti sviluppati nella conversazione di Padre Gheddo trovano ampio riscontro nell'enciclica papale che fa del concetto di sviluppo dell'uomo nella sua interezza e di tutti gli uomini il punto di partenza da cui procedere nell'analisi dei molteplici problemi che assillano l'umanità, in particolare in campo economico, e nel suggerire le linee guida che devono presiedere all'operato degli uomini di buona volontà nella costruzione di un mondo fondato sulla solidarietà tra i popoli e in particolare con quelli più poveri. L'insegnamento del magistero in ambito sociale credo possa offrire utili strumenti anche ai nostri amici rwandesi, in particolare ai sacerdoti, per meglio leggere la situazione in cui si dibattono le popolazioni locali, comprendendo i mali reali che le affliggono, e trovarci utili spunti per una catechesi anche in campo sociale che possa finalmente stimolare una crescita dei laici per assumere un ruolo di protagonisti sul terreno della società civile. E' questo un argomento abbastanza delicato ma che, prima o poi, andrà affrontato se si vuole iniettare nel corpo della società civile gli anticorpi necessari a combattere tutte quelle malattie che in tutti i campi del sociale ( economia, politica, diritti umani ecc.) attanagliano ancora e in maniera spesso determinante molte società anche africane.La diffusione della Dottrina sociale della Chiesa, che ricordiamolo affonda le sue radici nel Vangelo, nell'insegnamento apostolico e nel successivo magistero papale e dovrebbe quindi valere per i cristiani di tutte le latitudini, dovrebbe diventare un impegno primario per le chiese locali e, penso, anche per chi vuole portare un aiuto reale alla crescita di quelle popolazioni. Parliamone e troviamo insieme le modalità più vicine alla specifica realtà rwandese per perseguire questo obiettivo.


lunedì 19 ottobre 2009

Vescovi africani: attenzione all'imperialismo culturale dell'occidente

Ecco alcune preoccupazioni e raccomandazioni emerse dall’Assemblea Sinodale per l'Africa, in svolgimento dal 5 al 24 ottobre a Roma, di cui si sono fatti portatori diversi porporati africani in riferimento a certe politiche perseguite da paesi e organizzazioni impegnate negli aiuti indirizzati verso il continente africano. Nel piccolo, sono raccomandazioni che riguardano anche l'attività di un Associazione come Kwizera. Il Cardinale Théodore-Adrien Sarr, Arcivescovo di Dakar (Senegal) ha sottolineato che “Se ci vogliono aiutare, non possono però instillarci idee che non riteniamo corrette. Vogliamo essere aiutati, ma nella verità, e rispettati per quello che siamo”. Ha inoltre denunciato che gli aiuti umanitari che arrivano al continente africano sono a volte accompagnati da “una sorta di imperialismo culturale”. “Se ci vogliono aiutare, non possono però instillarci idee che non riteniamo corrette. Vogliamo essere aiutati, ma nella verità, e rispettati per quello che siamo” ha ggiunto esortando inoltre che “i popoli occidentali si distacchino dal pensiero che tutto quel che credono e fanno diventi regola in tutto il mondo”.Da parte sua, il Cardinale John Njue, Arcivescovo di Nairobi (Kenya), ha sottolineato che “la cooperazione e gli aiuti sono necessari”, ma che bisogna anche “rispettare l’indipendenza e il punto di vista, la cultura e la dignità” dei popoli africani e che “non va bene dare aiuti condizionati al cambiamento dei valori della persona su temi come l'aborto e la concezione della famiglia”. “Gli africani hanno bisogno di cooperazione, ma bisogna rispettare la loro indipendenza, la loro cultura e la dignità della persona umana”.

Da parte sua il Cardinale Wilfrid Fox Napier, Arcivescovo di Durban (Sudafrica) ha affermato che “bisogna che l’indipendenza delle popolazioni africane venga rispettata” e che ciò che “viene da fuori deve essere nel rispetto della cultura e della dignità della persona umana”.

domenica 18 ottobre 2009

Dossier Fides:Missionari per l’Africa, Missionari dall’Africa per il mondo

In occasione dell'odierna Giornata Missionaria segnaliamo un bel dossier predisposto dall'Agenzia Fides sulla situazione della Chiesa in Africa e sugli istituti missionari operanti nel continente.

In Africa la Chiesa cattolica conosce il più alto tasso di crescita a livello globale. Dal 1900 al 2000, a fronte del raddoppiamento della popolazione totale, si è infatti passati da 1,9 a 139 milioni di fedeli, un fenomeno mai registrato nella storia dell'evangelizzazione. Essi sono cresciuti negli ultimi anni del 3,1% (percentuale più alta della crescita della popolazione, pari a 2,5%) e quasi la metà dei battesimi di adulti a livello mondiale si è registrata in Africa. Anche le vocazioni sono in espansione. Il Bigard Memorial Seminary di Enugu per la Nigeria Occidentale ed Orientale, con oltre 1.100 candidati al sacerdozio, è il più grande del mondo. Secondo i dati più recenti dell'Annuario Statistico, oggi i cattolici costituiscono il 17,8% della popolazione africana (circa 930 milioni complessivi), pari a oltre 158 milioni di abitanti. Nel biennio 2005-2006 il numero dei fedeli è aumentato di poco meno di 5 milioni – secondo solo all'America nel suo complesso. Significativi anche i dati ecclesiali: 638 Vescovi, oltre 33 mila sacerdoti, 7 mila religiosi non sacerdoti, 24 mila seminaristi, circa 400 mila catechisti. Entro il 2050, tre nazioni africane (Repubblica Democratica del Congo, Uganda e Nigeria) saranno nell'elenco dei primi dieci paesi cattolici più grandi del mondo. Tali indicatori si spiegano con l'imponente crescita demografica e con un'azione missionaria che da due secoli non conosce soste. In questo Dossier l'Agenzia Fides intende mettere in evidenza, in concomitanza con la celebrazione della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, i grandi sforzi compiuti per l'evangelizzazione dell'Africa negli ultimi due secoli e la risposta dinamica delle giovani Chiese africane, presentando i principali Istituti religiosi missionari nati nel continente che sono attualmente impegnati nella missione Ad Gentes nelle proprie nazioni, in altri paesi dell’Africa e anche in altri continente.

L'intero Dossier è consultabile cliccando qui.

Don Paolo Gahutu è arrivato in Italia

Don Paolo Gahutu è sbarcato questa mattina a Roma, proveniente da Kigali. Passerà questa prima settimana a Barga, dove incontrerà quella comunità in mezzo alla quale ha trascorso nel passato alcuni mesi di apprezzato apostolato. Venerdì a Gallicano sarà anche organizzata da parte dell'Associazione Kwizera una pizzata in suo onore. La settimana successiva Don Paolo sarà in Valtellina per incontrare i tanti amici che annovera in quella comunità. Dal 3 novembre si trasferirà quindi in Sicilia da dove farà ritorno a Roma, in tempo per partecipare ai lavori del Congresso Mondiale per la pastorale dei Migranti e dei Rifugiati, sul tema “Una risposta pastorale al fenomeno migratorio nell’era della globalizzzazione" che avrà luogo in Vaticano dal 9 al 12 novembre prossimo.

giovedì 15 ottobre 2009

Intervento del Vescovo di Byumba al Sinodo sull'Africa

Riportiamo di seguito l'intervento pronunciato da S. E. R. Mons. Servilien NZAKAMWITA, Vescovo di Byumba in occasione del Sinodo dei Vescovi sull'Africa in corso in questi giorni in Vaticano.
La Chiesa in Rwanda, nella sua pastorale di riconciliazione, giustizia e pace dopo i tragici avvenimenti del genocidio dei Tutsi e di altre vittime della guerra e in seguito alle sfide che ha incontrato e che in parte ha superato, è convinta che l’opera della riconciliazione sia un’iniziativa di Dio. È persuasa allo stesso tempo che Dio ha deciso di collaborare con l’uomo per realizzare questo progetto di riconciliazione. Una tale convinzione è dovuta soprattutto alle esperienze e alle testimonianze di riconciliazione che noi tocchiamo con mano ogni giorno in tutto il paese, nelle comunità ecclesiali di base, nelle carceri, in occasione di preghiere di guarigione, ecc.
Quando si è riunita la prima assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi, la Chiesa del Rwanda era assente per i motivi che conoscete. I vescovi delegati della Conferenza episcopale del Rwanda sono stati bloccati dallo scatenarsi dei massacri genocidi su larga scala del 7 aprile 1994. In tre mesi più di un milione di persone innocenti sono state messe a morte davanti alle telecamere della comunità internazionale. I soldati della UNAMID dell’ONU che erano sul posto hanno ricevuto l’ordine di ritirarsi, abbandonando la popolazione in balia degli assassini armati di machete, di granate, di fucili e di altre armi...
All’indomani di questa carneficina, quando la situazione è stata presa in mano dalle nuove autorità costituite, la Chiesa cattolica ha avviato una pastorale di riconciliazione.
Si sono ottenuti risultati notevoli e testimonianze di confessioni, di perdono e di riconciliazione. Le stesse autorità civili hanno adottato questo metodo “Gacaca” per organizzare tribunali popolari sulle colline, che hanno permesso di accelerare i processi di numerosi prigionieri.
La Commissione Giustizia e Pace in collaborazione con altre Commissioni e altri organismi della pastorale, hanno dato vita a questo processo di riconciliazione grazie a diversi programmi di educazione ai valori e di formazione degli agenti di riconciliazione con metodi idonei.
In questa pastorale della riconciliazione la Chiesa cattolica non opera da sola, ma collabora a stretto contatto con altre confessioni religiose e con le istituzioni pubbliche e private che si occupano della tematica della riconciliazione dopo il genocidio, quali la Commissione nazionale per l’unità e la riconciliazione, la Commissione nazionale di lotta contro il genocidio e la Commissione nazionale per i diritti umani, per citarne alcune.
Vi sono inoltre casi di traumi psicologici, di handicap fisici e mentali, di sofferenze di ogni tipo. Le piaghe del cuore si rimarginano con difficoltà, le basi delle famiglie si sono sbriciolate, provocando una situazione difficile da gestire di orfani, vedove e senza famiglia. Vi sono carcerati che attendono ancora la giustizia per uscire dalla situazione di stallo e tra di loro vi sono certamente degli innocenti.
Occorre segnalare, in quest’opera di riconciliazione, che alcuni agenti di pastorale non hanno ancora raggiunto la libertà interiore, il che non permette loro di adempiere come dovrebbero alla loro missione di agenti di riconciliazione. Un programma di inquadramento e di guarigione dovrebbe essere messo a punto con mezzi adeguati.