"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


sabato 23 ottobre 2010

Un pensiero per la giornata missionaria

Il clero della diocesi di Byumba: gli eredi dei missionari di ieri
Quando si parla del mese missionario, a volte si pensa a una preghiera piuttosto che ad alcuni semplici gesti di attenzione verso lo straniero che incontriamo nella vita di tutti i giorni ( extracomunitari…).E’ bene fare questo, ma  si dovrebbe anche rivivere la storia dei nostri missionari che lasciando il loro paese si sono recati in terre lontane, affrontando tantissime difficoltà di ambientamento e di confronto con culture diverse, avendo come finalità quella di trasmettere quanto a loro volta ricevuto dai propri padri: la fede in Cristo Gesù. La fede, che s’accompagna con la speranza che tutto sarà fatto da Lui e non tanto da noi, è un frutto dell’amore vero che accetta tutto, fino al dono totale di se stessi. E’ ciò che chiamiamo: sacrificio. Alcuni di questi missionari sono morti in viaggio, senza arrivare alla meta, per incidenti o a causa delle malattie, altri sono stati uccisi dalle persone ostili al cambiamento che la radicalità del Vangelo richiedeva, altri però hanno accettato di continuare ad annunciare il Vangelo dell’amore di Dio, con l'unico "vero" linguaggio che avevano: dare soprattutto testimonianza con la loro vita.  Ma come puoi pretendere di annunciare il Vangelo se non conosci la lingua e la cultura di quelli che ti ascoltano? E’ vero, “beati quelli che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica”.  Se non riescono  ad annunciare la  Parola ad altri, basta che la mettano in pratica e quelli che li vedono cercheranno di seguirli per essere nutriti di questa ricchezza che portano dentro di loro.
L’umiltà e la dolcezza di cuore dei primi missionari ha fatto breccia nel cuore di chi viveva accanto a loro. Poi, piano piano cominci ad imparare la lingua, le abitudini e i costumi e finalmente puoi trasmettere loro ‘il dono’: il messaggio di salvezza del Cristo. Questo lavoro è costato tanto sacrificio ai nostri missionari, perché hanno dovuto ogni tanto morire in quello che era il loro modo di vivere, per avvicinare questi nuovi fratelli in Cristo.Cosi e solo cosi, dal granello di senape è cresciuto un albero, che adesso sta fiorendo in tutti i continenti del mondo. In questo mese missionario, non possiamo dimenticare che l’annuncio del Vangelo ci chiede un sacrificio: dobbiamo morire alle nostre abitudini di chiusura in noi stessi per aprirci all’altro, per accogliere l’altro che ci porta una ricchezza di quello che ha e soprattutto di quello che è. Innanzitutto, capire il suo linguaggio cioè il suo modo di vivere, le sue attese, le sue sofferenze, le sue speranze, poi, conoscendosi anche nell’interiorità, finalmente far passare una parola di speranza che gli cambi la vita: il Vangelo, cioè il messaggio di salvezza che cambia il modo di vivere e  dà la forza della fede. Perché in quel messaggio si scopre che c’è Qualcuno che è immensamente Amore e che non si può più vivere veramente senza essere in Lui.
Don Paolo Gahutu

Suggeriamo la lettura anche di questo contributo di Padre Piero Gheddo ( clicca qui)

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