Il Corriere della sera del 7 ottobre u.s. dedica un pezzo a Kigali ( leggi l'articolo cliccando qui), la capitale rwandese con annessa intervista al sindaco, la dottoressa Aisa Kirabi Kacyira. Ne esce il solito ritratto, già scritto da tanti altri ( ricordo analoghi pezzi di un noto inviato de La Repubblica e su uno dei magazine dello stesso Corsera con Kigali equiparata a Zurigo, ): strade ben curate, luce e acqua dappertutto, niente sacchetti di plastica, moderni progetti di edilizia residenziale.In una parola, quella che, tra addetti ai lavori, si direbbe una bella "marchetta".Purtroppo, per molti giornalisti scrivere del Rwanda significa limitarsi a presentare i progressi della sua capitale: un pezzo veloce, infarcito dalle solite note di colore, standosene comodamente sul terrazzo di uno dei nuovi alberghi della capitale sorseggiando una fresca Primus.Se poi sei arrivato a Kigali a spese di una società di pubbliche relazioni, che ogni tanto fanno arrivare in redazione inviti per un viaggio in Rwanda, ancora meglio; al giornale non avranno fatto difficoltà ad autorizzare il viaggio e la società di pubbliche relazioni potrà presentare la sua bella rassegna stampa al committente. Mai una volta che questi giornalisti escano dalla capitale e si spingano nel Rwanda delle campagne e delle colline, misurandosi con la dura e ben diversa realtà dei villaggi.
Chissà che idea si saranno fatti i lettori del Corsera degli "stili" di vita degli altri otto milioni di rwandesi che vivono al di fuori della capitale e delle altre principali città del paese?
Sarà per la prossima corrispondenza. D'altra parte, cosa pretendere da questi poveri giornalisti, se un'intervista al sindaco di Kigali, fatta per telefono , magari, senza neppure muoversi dal proprio buen ritiro, basta e avanza per scrivere il solito pezzo sul Rwanda?
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