"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


sabato 30 ottobre 2010

Anteprima della Rivista 2011 di Kwizera

 E' in fase di stampa la Rivista 2011 di Kwizera che sarà in distribuzione entro metà novembre. Chi desidera sfoglierla in anteprima potrà  andare sul rinnovato sito   di Kwizera. Diamo qui di seguito un'anteprima della  nuova edizione. Angelo ci racconta come è nata la foto che arricchisce la testata del nostro blog.

L'ultima alba
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Apro gli occhi e a fatica concentro lo sguardo sulle lancette dell’orologio: sono le 4.40 del mattino, un mattino speciale, quello che introduce al mio ultimo giorno di permanenza, durante la missione 2009, a Byumba. Mi avvicino al piccolo lavandino e afferro il rubinetto sgangherato con la speranza che venga fuori un qualcosa, ma anche per oggi, niente da fare. Frettolosamente mi preparo ed in punta di piedi scivolo fuori dalla mia cameretta, attraverso il cortile adornato da un piccolo giardino e salendo le ripide scale raggiungo il livello del sagrato della chiesa. Il guardiano al cancello mi saluta con un cenno, contraccambio e con passo deciso supero il piazzale, gli uffici delle Diocesi e mi dirigo dietro il locale cucina. È presto, approfitto del tempo per recitare le preghiere del mattino, passeggio avanti e indietro sul prato e mi godo di gusto l’aria fresca che precede la venuta del nuovo giorno. Come una sentinella avvicendo i miei passi e tendo con attenzione l’orecchio ad ogni minimo rumore. Il silenzio ovattato mi avvolge, ma dura poco, gli operai dell’adiacente cucina arrivano in loco e i rumori del loro affannarsi danno di fatto lo start ad una nuova giornata. Da li a poco le prime luci dell’alba si faranno breccia nella notte delle splendide colline rwandesi; non resta che avere ancora un po’ di pazienza. Sono tanti anni che vengo in Rwanda, ma mai avevo avuto l’opportunità di attendere l’alba. Martino mi ha chiesto una foto da inserire sul blog “Albe Rwandesi” ed io sono li, nell’attesa del giusto momento, per cogliere uno scatto decente.
Mi guardo intorno ed osservo nel primo chiarore se quello poteva essere il posto giusto, ma non sono convinto e mi appresto di fretta a cercare una posizione più adatta allo scopo. Decido all’istante di cambiare punto di osservazione e concludo di andare dietro la falegnameria ad osservare l’alba che sale dalle spalle delle colline di Kibali. Il tempo stringe e non ne ho da perdere, la distanza che mi separa dalla nuova meta è di quasi mezzo chilometro e mi affretto a coprirlo nel minor tempo possibile. Mentre alla nostra latitudine il sole si alza nel cielo con lentezza e regolarità, in Rwanda come in tutta la zona equatoriale, sorge e tramonta in maniera repentina ed in pochi minuti te lo ritrovi dal nulla, nel mezzo del cielo. Percorro la strada che conduce all’economato diocesano ed imbocco il sentiero che costeggia la recinzione della falegnameria. Svoltato l’angolo mi ritrovo nel punto giusto, abbandono il sentiero sterrato per conquistare la visuale migliore, ma scivolo sull’erba umida e mi schianto al suolo come un goffo pachiderma. Una tremenda spallata, ma poco male; d’un tratto mi prendono le risa, appena attenuate inizio a fare la stima dei danni: niente di rotto, neppure la macchina fotografica ha subito danni, segno evidente che quella che sta per iniziare sarà sicuramente una buona giornata. Mi posiziono e mi appresto a catturare l’immagine più bella, i colori forti e decisi si fondono in un contrasto impressionante di barlumi e di ombre. La luce arancio vivo del sole che sorge si mescola al turchino del cielo, mentre la foschia all’orizzonte sfuma i contorni delle rotondeggianti e opulente colline rwandesi. Il riflesso della luce solare sulle nubi stratiformi crea dei giochi di striature luminose di ineguagliabile bellezza. Gli uccelli salutano con energia il nuovo giorno ed i galli riecheggiano al mondo il caratteristico saluto con ripetuti chicchirichi!!! In pochi minuti tutto si è acceso e si è passati dal silenzio ovattato e surreale, ad un gradevole frastuono; la gente inizia a popolare le impervie stradine e si affaccenda alle quotidiane necessità. Passano i primi uomini, ma soprattutto donne, armati di tanica per provvedere alle necessità idriche della famiglia; i bambini approfittano della prima luce dell’alba per ripassare gli appunti trascritti sui quaderni prima di recarsi a scuola. Molti, per consacrare la giornata, si recano alla funzione religiosa che al suo termine sancisce di fatto l’inizio della quotidiana attività lavorativa. Li osservo passare e ripetutamente ricambio con tutti l’immancabile saluto. In un battibaleno la luce conquista la notte ed il paesaggio assume a pieno la sua struggente bellezza. Mi fermo colpito ad ammirare la meraviglia di colori e le indescrivibili sfumature cromatiche di questo paesaggio equatoriale situato a duemilatrecento metri sul livello del mare. Generalmente, in conseguenza delle condizioni climatiche, il cielo del Rwanda è velato e la foschia si interpone allo sguardo limitando la visibilità. Quasi come il paese fosse affetto da un’eterna timidezza e non volesse mostrare appieno le sue meraviglie. Non quel giorno, in quell’alba, la lieve foschia veniva d’un tratto letteralmente divorata dal calore del sole e il grande Rwanda era lì a mostrarsi ai miei occhi nel suo aspetto migliore. Era lì, splendido e maestoso a farsi ammirare in tutta la sua bellezza. Forse, per contraccambiare l’amore che io nutro per lui, come per essere ricordato così, nella sua stranormale maestosità, ad aspettarmi e dirmi: “naugutaha malaika, naugutaha” “alla prossima occasione Angelo, alla prossima”
Angelo Bertolucci

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