"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


martedì 1 aprile 2014

Catastrofismo ecologista

 Sotto il titolo "Il cambiamento climatico:l'Africa destinata ad affondare sempre di più nella povertà - Rapporto ONU"il numero odierno The New Times rilancia,  con molta, forse troppa, enfasi e scarso senso critico l’allarme lanciato dagli esperti dell'Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) nella seconda parte del quinto Rapporto pubblicato ieri a Yokohama, che servirà da base ai prossimi negoziati sul clima.  L'impatto dei cambiamenti climatici, che si ripercuote già su "tutti i continenti e gli oceani", diventerà sempre più “grave, pervasivo e irreversibile” nel 21esimo secolo, innescando insicurezza alimentare, problemi nell’accesso all'acqua, spostamenti migratori,  conflitti... La resa delle colture di mais, riso e frumento potrebbero evidenziare contrazioni nell’ordine del 25% da qui al  2050. Per l’Africa l’impatto è illustrato in questa scheda.

Scenari tragici, ma possiamo realmente fidarci di studi simili? Al riguardo, anche solo per assicurarsi circa la tanto sbandierata credibilità scientifica della fonte, risulta istruttivo   leggere quanto scrive Riccardo Cascioli su La Bussola.

E’ proprio vero che gli eventi estremi sono in aumento, ma non sono quelli climatici. Si tratta invece dei rapporti catastrofisti dell’IPCC (il Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici) che si stanno moltiplicando, preceduti da sapienti indiscrezioni che cominciano a spargere terrore nei giorni precedenti il rilascio ufficiale, per poi alimentare il dibattito nelle settimane seguenti.
Ieri c’è stata appunto in Giappone la pubblicazione della “Sintesi per i politici” del Rapporto del Gruppo di lavoro 2. Una volta il Rapporto, pubblicato all’incirca ogni 6 anni, veniva presentato tutto insieme, sempre preceduto di qualche mese dalla sua Sintesi per i politici. Evidentemente sembrava troppo poco, così adesso l’annuncio di catastrofi climatiche prossime venture arriva a rate, Gruppo di lavoro per Gruppo di lavoro (ce ne sono 3). E siccome, allarme dopo allarme, cresce l’assuefazione, ogni annuncio deve necessariamente essere più catastrofico del precedente per attirare l’attenzione.
Così quello presentato ieri, già da giorni veniva annunciato come il più terribile documento scientifico mai presentato finora, con la "quasi certezza" del solito campionario di eventi: inondazioni, uragani, siccità, ondate di calore, fame, povertà, migrazioni. Il tutto perché la temperatura potrebbe aumentare di 4 gradi centigradi nei prossimi 70-80 anni. Potrebbe, ma già vent’anni fa si prevedeva un aumento esponenziale della temperatura globale che invece non c’è stato. Anzi, è dal 1998 che la temperatura non cresce, e diversi scienziati hanno cominciato a parlare di un prossimo raffreddamento delle temperature.
La verità è che nessuno è in grado di sapere cosa accadrà non solo tra 10, 50, 100 anni, ma neanche la prossima settimana (leggi qui). Troppo poco si sa sul clima e come gli innumerevoli fattori che contribuiscono a determinarlo interagiscono fra loro.
Così si spaccia per scienza quella che semplicemente è una grande truffa politico-economica ai danni della collettività (leggi qui), che si avvale anche del contributo di uomini di scienza (qualcuno in buona fede, tanti altri no) per legittimare politiche ambientali ed energetiche che vanno a vantaggio di pochi gruppi o paesi.
Pensiamo solo al fatto che tutti i media accreditano l’IPCC come il massimo organismo scientifico in fatto di clima. Così tutti immaginano che lì siedano tutti i più importanti e titolati climatologi del mondo. Niente affatto, e non c’è neanche da indagare troppo. Basta rileggere il nome dell’organismo: si chiama Panel Intergovernativo, vale a dire è un organismo politico che risponde direttamente ai governi. I governi scelgono gli scienziati che vi partecipano e i governi controllano ciò che uscirà dal Rapporto. Uno scienziato al soldo del governo – dal quale dipendono i finanziamenti per il suo istituto di ricerca - e il cui futuro dipende anche dalla forza dell’allarme che lancerà, potrà mai essere davvero distaccato e valutare oggettivamente i dati a sua disposizione? 
Certo, ci sono anche quegli scienziati che, arruolatisi in buona fede, poi ritirano la propria firma una volta visto l’andazzo. E’ successo anche stavolta con uno dei 70 esperti chiamati a redigere la Sintesi per i politici. L’economista olandese Richard Tol, che si occupa degli effetti dei cambiamenti climatici, si è ritirato nei giorni scorsi perché non condivideva l’allarmismo estremo di cui si è voluto permeare questo rapporto.
Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Il presidente dell’IPCC, l’indiano Rajiendra Pachauri, in carica dal 2002, non solo non è uno scienziato del clima (è  ex ingegnere ferroviario) ma ha anche un evidente conflitto di interessi visto che è allo stesso tempo il fondatore di un centro studi indiano (TERI) che si occupa di ricerche sul clima ed è coinvolto in numerosi progetti economici ed energetici i cui finanziamenti dipendono dagli allarmi lanciati dall’IPCC. E malgrado lo scandalo sia scoppiato alcuni anni fa, Pachauri è rimasto ben saldo in sella (leggi qui)
Ma il suo non è l’unico caso di conflitto di interessi. Pensiamo al rapporto pubblicato ieri: bisogna sapere che il Rapporto completo del Gruppo di Lavoro 2 è composto di 30 capitoli a cui hanno collaborato centinaia di esperti, ma per ogni capitolo c’è un responsabile. Tra tutte vengono poi scelte una settantina di persone per redigere la Sintesi. Ci si aspetterebbe la scelta di persone al di sopra di ogni sospetto, capaci di sintetizzare in modo onesto e obiettivo i diversi contributi. Ebbene, tra i redattori della Sintesi presentata ieri ci sono ben noti attivisti ecologisti, fanatici delle politiche climatiche. Uno di questi è l’astrofisico Michael Oppenheimer, da vent’anni rappresentante dell’Environment Defense Fund (EDF), una delle più ricche organizzazioni ecologiste americane; un altro è l’australiano Ove Hoegh-Guldberg, biologo marino, che da vent’anni confeziona studi per Greenpeace e WWF. Ancora, troviamo il medico neozelandese Alistair Woodward, autore di diversi lavori per la promozione di “terapie verdi” e impegni ecologisti.
Peraltro tutti e tre dal 2010 sono stati nominati responsabili di singoli capitoli: Oppenheimer il 19 (sui rischi emergenti e le vulnerabilità), Hoegh-Guldberg il 30 (sugli Oceani) e Woodward l’11 (sulla salute umana). Quanto possano essere affidabili personaggi che grazie agli allarmi sul clima vedono piovere centinaia di milioni di dollari sulle loro organizzazioni, è facile immaginarlo.
Ciò ovviamente non significa che non ci siano o non ci saranno catastrofi naturali, ma ci sono sempre state. L’unica cosa certa è che seguire questi individui non potrà che portare conseguenze peggiori, perché ci spingono a buttare un’enormità di soldi su progetti inutili (se non per loro) togliendo risorse preziose per rendere meno vulnerabili le popolazioni più esposte agli eventi atmosferici estremi.

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