Secondo i dati forniti dal Governo, l'economia rwandese, pur in un contesto congiunturale a livello mondiale piuttosto incerto e dovendo inoltre scontare il taglio di molti aiuti internazionali in conseguenza delle accuse di un coinvolgimento del Rwanda nella crisi del Kivu, ha messo a segno nel 2012 un significativo progresso dell'otto per cento, superiore alle attese che erano del 7,7%, .Il risultato beneficia della forte avanzata del comparto servizi, che è cresciuto del 12 per cento e ha contribuito per il 45 per cento del PIL; l'agricoltura, che ha rappresenta il 33 per cento del PIL, è cresciuta solo del tre per cento, mentre il settore industriale è cresciuto del sette per cento, contribuendo per il 16 per cento del PIL. Nel complesso, il prodotto interno lordo del paese (PIL), a prezzi correnti, è stato stimato in circa $ 6.8 miliardi di dollari nel 2012, in crescita rispetto ai 6 miliardi di dollari dell'anno precedente, che comporterebbe un PIL pro capite stimato in 644 dollari contro i 593 dollari del 2011. Il Ministro delle finanze, Amb. Claver Gatete, ha commentato con soddisfazione tali risultati osservando che l'obiettivo di un reddito pro capite di 1000 dollari potrà essere conseguito entro il 2017, in anticipo rispetto alle previsioni del 2020. A fronte di un dato globale sicuramente positivo, merita essere sottolineato il diverso trend di sviluppo che caratterizza l'economia rwandese; infatti, il comparto dei servizi ( banche e servizi finanziari, commercio) viaggia a una velocità quattro volte superiore a quella del comparto agricolo. Se anche per il futuro sarà confermato questo differenziale di crescita, assiteremo all'accentuarsi del divario tra città ( economia dei servizi e industria) e campagna (agricoltura). Già ora, grosso modo, gli abitanti delle campagne, rappresentanti circa l'ottanta per cento della popolazione e per la quasi totalità dediti all'agricoltura ( nel 2000 dati ufficiali indicavano nel 90% dell'intera popolazione attiva gli addetti all'agricoltura), si devono accontentare di non molto più di quel terzo di PIL derivante dal comparto agricolo, a fronte del restante venti per cento che vive nella capitale e nelle altre principali città, che si spartisce, peraltro con evidenti ulteriori sperequazioni al proprio interno, i restanti due terzi della ricchezza prodotta. E' questa la vera sfida che attende l'autorita' di governo rwandese: Colmare gradualmente questo gap, palpabile in tutta la sua evidenza per chi esca da Kigali per andare nei villaggi, con opportune politiche di sviluppo che porti anche agli abitanti delle campagne livelli di benessere non troppo lontani da quelli cittadini; l'obiettivo dei 1000 dollari di reddito pro capite nel 2017 non dovrebbe essere un mero dato statistico ( alla Trilussa per intenderci). Diversamente sarà difficile consolidare nel medio lungo periodo un equilibrio sociale entro cui possa trovare forma un reale ed armonico sviluppo della giovane repubblica rwandese. Magari riflettendo che il modello spesso citato di Singapore, come esempio a cui tendere, di cui troviamo parziale conferma nei trend economici richiamati, ha una sua specificita'. La citta' stato asiatica ha esattamente la meta' dei cittadini rwandesi, tutti occupati nei servizi, senza avere milioni di contadini a cui pensare: una mega Kigali senza le campagne.
Ma il Rwanda non e' solo Kigali.
Ma il Rwanda non e' solo Kigali.
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