"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


mercoledì 27 marzo 2013

Se l'acqua diventa un bene a pagamento



Secondo una recente inchiesta dell’agenzia Syfia, nelle nazioni dei grandi laghi, RD Congo, Rwanda e Burundi, l’approvigionamento idrico per la popolazione sta diventando  un vero problema, pur con diversità sostanziali tra i tre paesi.
Nella Repubblica Democratica del Congo, secondo uno studio condotto nel 2011 da UNEP (United Nations Environment), 51 milioni di persone - tre quarti della popolazione - sono costretti a bere acqua  non potabile attinta da pozzi, fiumi e laghi inquinati. In Burundi,  la metà della popolazione non ha accesso all'acqua potabile e oltre l'80% delle malattie riscontrate nei centri di salute sono legate al consumo di acqua non trattata. Tra il 1993 e il 2007, il Burundi, per esempio, ha perso metà della sua capacità di produzione, mentre le esigenze di acqua potabile sono triplicate in 20 anni. Le città si sono  gonfiate in modo sproporzionato, aumentando la loro popolazione ed espandensosi per chilometri, complicando maledettamente  l’approvigionamento di acqua potabile. Per il Burundi attingere l'acqua al lago Tanganica diventa poi un rischio vero e proprio, visto l'altissimo livello di inquinamento delle sue acque, solcate quotidianamente da migliaia di imbarcazioni di pescatori che riversano nel lago i propri bisogni fisiologici.  
Decisamente migliore è la situazione del  Rwanda. Secondo le statistiche dell'Istituto Nazionale di Statistica, il numero di rwandesi che  hanno accesso all'acqua potabile è aumentato dal 77% al 87% nel corso degli ultimi 5 anni. Ma se i sistemi di approvvigionamento idrico esistono, moltissimi realizzati con i fondi degli aiuti internazionali, non tutti sono funzionanti. Il problema è imputabile, secondo le autorità locali, al mancato coinvolgimento della popolazione locale nella realizzazione e nella gestione di queste opere. In particolare viene evidenziata la  mancata formazione di personale tecnico,  in grado di riparare i guasti più semplici che dovessero crearsi, a cui affidare la manutenzione delle condotte o più semplicemente delle fontanelle erogatrici,. Secondo i responsabili delle comunità locali, il problema nasce anche  dal fatto che la gratuità dell’acqua non aiuta la responsabilizzazione degli utilizzatori che  difficilmente si prestano a intervenire su impianti che non sentono come propri. Così si assiste a un fenomeno che farebbe innorridire  i nostri difensori dell’acqua come bene pubblico; dove l'acqua è a pagamento la sua erogazione avviene senza problemi. Infatti, dove le famiglie sono chiamate a pagare  l’acqua nell’ordine di  200 FRW ($ 0,3) al mese, piuttosto che qualche franco alla tanica, si trovano anche i fondi necessari per garantire un’assistenza adeguata per l'erogazione dell'acqua potabile. Così ogni fontanella può godere di un custode pronto a intervenire se il rubinetto ha qualche malfunzionamento e si trovano anche i fondi per formare dei tecnici locali addetti alla manutenzione delle condotte, senza dover aspettare per mesi l'intervento di un tecnico proveniente da Kigali. In un simile contesto generale, in tutti e tre i paesi, in particolare nelle città, l'acqua è diventata un bene costoso per i consumatori, ma redditizio per chi ne cura la vendita o il trasporto, tanto che intorno all'approvigionamento idrico si viene a creare una vera e propria economia alternativa, senza che ciò ingeneri scandalo nella popolazione, almeno in Rwanda.

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