"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


lunedì 13 aprile 2009

Un terzo dei governi africani espressione delle forze armate

Secondo un recente articolo di Jeune Afrique, intitolato "Dalla caserma al Palazzo", un terzo dei governi africani, in diciotto dei  53 paesi che compongono il continente, sono presieduti da esponenti provenienti dalla carriera militare. Si va da coloro che sono arrivati al potere con colpi di stato militare e non se ne sono più andati, a coloro che, una volta conquistato il potere attraverso la medesima scorciatoia del putsc, si sono successivamente sottoposti a elezioni, più o meno pilotate, ad altri che sono arrivati al potere attraverso elezioni dopo aver diretto movimenti di liberazione nazionale contro governi più o meno legittimi. Ci sono anche coloro, solo due per la verità, che dismessa la divisa militare si sono sottoposti a regolari elezioni.

Un fenomeno, quello del ruolo delle forze armate nei giovani paesi africani, che potrebbe creare un certo sconcerto se analizzato secondo  una prospettiva europea. Se però si prova a riflettere su quella che è la situazione venutasi a creare nel periodo post coloniale, si scopre che la situazione illustrata da Jeune Afrique non è poi così anomala come potrebbe apparire. Ecco, infatti, alcune possibili chiave di lettura di un fenomeno tipicamente africano.  All'indomani della proclamazione dell'indipendenza, l'unico gruppo strutturato all' interno delle giovani società africane è quello rappresentato dalle Forze armate, che spesso hanno già avuto  addestramento e formazione già nel periodo coloniale. Un gruppo che da subito può contare sulla tradizionale organizzazione gerarchica militare e sui cospicui mezzi finanziari che riesce a ritagliarsi all'interno dei magri bilanci statali e, soprattutto, sull'assenza di blocchi sociali concorrenti. Infatti, risulta scarsa l'incidenza dei gruppi intellettuali, spesso indeboliti da una forte diaspora estera, e ancor meno di esponenti dell'economia e delle professioni ai quali manca, oltretutto, quella omogeneità di gruppo che invece caratterizza i militari.C'è inoltre un buon livello di istruzione, soprattutto per gli ufficiali di grado medio alto, che spesso hanno alle spalle corsi di studio di livello universitario all'estero presso le potenze, tempo per tempo, di riferimento, ( Usa, Urss, Cina o paesi europei). Naturalmente il tutto si accompagna al fatto, di per sè risolutivo, di detenere il monopolio della forza, a fronte dell'assenza di contropoteri reali, quali quelli che, nel tempo, si sono venuti costituendo nei paesi con una democrazia più consolidata. Stiamo parlando di percorsi storici che in Europa hanno richiesto secoli e non pochi scontri, anche cruenti, fra i diversi gruppi di potere concorrenti, per arrivare a strutture di potere equilibrate e con un fondamento di sostanziale  controllo democratico. Forse bisognerà, quindi, attendere ancora un po' di tempo prima di vedere le forze armate dei paesi africani limitarsi a essere custodi dell'integrità dei rispettivi paesi e spettatori neutrali della dinamica democratica delle forze politiche.

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