Non si trova un ex leader africano che risponda a questi requisiti: essere stato eletto democraticamente, aver trasferito il potere in modo democratico negli ultimi tre anni lasciando un paese migliore in campo economico, sanitario, scolastico, nello stato di diritto e nel rispetto dei diritti umani. E' questa la morale che si deve trarre dalla mancata assegnazione, per la terza volta in sei edizioni, del premio Premio Ibrahim per la leadership
africana, da riconoscere a un ex leader rispondente ai requisiti sopra richiamati. Il premio, istituito nel 2006 dal
miliardario sudanese Mo Ibrahim, creatore anche del noto Indice Ibrahim che misura il progresso dei
paesi africani, mette in palio non solo 5 milioni di dollari (più
del triplo dei premi Nobel) da destinare a iniziative umanitarie, ma anche un cospicuo vitalizio di 200mila dollari l'anno per il
vincitore. Pur riconoscendo che “negli ultimi dieci anni, la tendenza generale
in tutta la governance africana è positiva, con un netto calo nei conflitti, uno
sviluppo economico sostenuto e guadagni significativi nello sviluppo umano", il patron Mo Ibrahim sottolinea altresì che "
il nostro indice ha anche mostrato che i progressi economici compiuti arrivano
in una situazione di stagnazione democratica e addirittura di recessione. ..E come dimostra la mancata assegnazione del Premio, non stiamo vedendo il tipo di leadership
visionaria che ci aiuti a diventare protagonisti sulla scena mondiale nel
ventunesimo secolo".
Chissà se, fra cinque anni, uno dei leader cui è riconosciuta da molti una leadership visionaria nel continente, il presidente rwandese Paul Kagame, sarà in grado, alla fine del proprio ultimo mandato costituzionale, di smentire questa pessimistica previsione di mister Ibrahim presentandosi all'edizione 2017 del Premio, con tutte le credenziali richieste ?
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