La filmografia sulla tragedia rwnadese del 1994 si arrichisce di un nuovo film: Kinyarwanda. Collage di sei storie basate su eventi realmente accaduti, Kinyarwanda è l’opera prima del nero Alrick Brown, nato in Giamaica, ma formatosi alla Tisch School of the Arts di New York e passato attraverso esperienze importanti come i due anni trascorsi come volontario in Costa d’Avorio per i Peace Corps.Coprodotto dal filmmaker rwandese Ishmael Ntihabose e girato in loco, il film torna sul genocidio del 1994 da una prospettiva più ampia e inclusiva di realtà meno indagate finora, come ad esempio il ruolo di rifugio avuto dalle moschee, che in quei giorni terribili, per un pronunciamento esplicito del Mufti del Rwanda, diedero asilo a hutu e tutsi, musulmani e cattolici. Così nella grande moschea di Kigali e nella madrassa di Nyanza trovarono rifugio diversi rwndesi di ogni fede. Francamente questo ruolo svolto dalla piccola comunità musulmana ( un recente studio quantifica attualmente in 188.000 i musulmani rwandesi, pari all'1,9% dell'intera popolazione) ci era totalmente sconosciuto. Ci piacerebbe conoscere dai nostri amici rwandesi la reale portata di questo aspetto poco indagato.Il film si è aggiudicato il Premio del Pubblico per la sezione Film Drammatico al recente Sundance Film Festival negli USA. Non sappiamo se e quando uscirà in Italia. Per vedere il trailer clicca qui.
"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI
lunedì 31 gennaio 2011
sabato 29 gennaio 2011
Anche i (pochi) cani rwandesi mordono
Brunello con Franco S. a Nyagahanga nel 2008 |
E' abbastanza infrequente incontrare sulle strade dei villaggi rwandesi un cane. Altrettanto si può dire dei gatti domestici.Il motivo per cui diventa un lusso disporre di un cane o di un gatto domestico è facilmente immaginabile: una bocca in più da sfamare. Un lusso che nelle campagne rwandesi pochi si possono permettere. Seppure rari, i cani non sono del tutto assenti in Rwanda e, soprattutto, non cessano di essere cani; se del caso mordono. Lo ha sperimentato l'amico Brunello Baldi che, in una breve pausa del suo tour rwandese, si è recato per incontrare degli amici presso il seminario maggiore di Kabgayi. Qui però di cani ce ne sono ben tre. Uno di questi non ha resistito alla tentazione di provare il gusto muzungu e ha affondato i suoi denti nel polpaccio del povero Brunello.Solo gli scarponcelli alti e i pantaloni spessi e resistenti, abbigliamento da esperto viaggiatore africano, non hanno permesso al cane, forse un po' razzista, di portare completamente a termine il suo sciagurato disegno. Come suggerisce qualsiasi manuale del buon viaggiatore in in questi casi, immediatamente Brunello si è sottoposto alle profilassi richieste per evitare ogni possibile contagio. Nel frattempo, il cane, pago di aver comunque marcato con i segni dei propri denti il muzungu, è diventato uno scodinzolante amico di Brunello.
giovedì 27 gennaio 2011
BBC ridimensiona: a rischio chiusura le trasmissioni in kinyarwanda
L'emittente britannica Bbc ha annunciato un programma di forti ridimensionamenti che prevede il licenziamento di un quarto dei suoi 2400 dipendenti. E' prevista anche la chiusura di alcuni dei servizi radiofonici in lingua straniera: quelli in albanese, in macedone, in portoghese per l’Africa, in inglese per i Caraibi. Chiuderanno inoltre le trasmissioni radio in Russia e in Cina, in Ucraina, Turchia e Vietnam. Chiuderanno, secondo quanto trapela, anche le trasmissioni in Kinyarwanda per il Rwanda. Molte zone del mondo rimarranno così orfane di una voce autorevole e libera a cui le popolazioni locali si affidavano per conoscere, senza alcun filtro censorio, i fatti del mondo, ma soprattutto del proprio paese.
martedì 25 gennaio 2011
Inaugurato nel nord Rwanda uno dei più moderni ospedali dell'Africa centrale
E'stato inaugurato ieri, alla presenza del Presidente rwndese, un moderno ospedale a Butaro, nei pressi di Bungwe, nel distretto di Burera nella Provincia del Nord. L'ospedale è stato costruito con criteri particolarmente innovativi, in termini architettonici e funzionali, in soli due anni grazie all'apporto, oltre che dello stato rwandese, della ONG Partners in Health e della Fondazione Clinton. Costato circa 4 milioni di euro, l'ospedale di Butaro dispone di 152 posti letto, di tre sale operatorie, di tecnologia digitale per "tele-medicina", di un laboratorio avanzato e una unità neonatale di terapia intensiva.
L'ospedale è stato costruito interamente a mano, con l'apporto di 2500 abitanti, usando martelli, zappe e strumenti di costruzione e materiali locali, come la roccia vulcanica ; anche gli infissi, porte e finestre, sono stati fatti da falegnami e artigiani locali appositamente formati in loco. Tale approccio ha consentito di risparmiare un terzo dei costi preventivati. Come si è detto, particolarmente innovativa è anche il design interno che prevede la dislocazione dei pazienti in maniera che tutti i letti siano rivolti alle finestre e alle verande esterne, con un sistema di ricircolo dell'aria particolare.L'ospedale dovrebbe porsi come punto di riferimento per il sistema sanitario locale, a partire dagli operatori sanitari sparsi sul territorio circostante e dei centri di sanità esistenti.
mercoledì 19 gennaio 2011
La comunità sacerdotale delle parrocchie rwandesi esempio anche per le nostre
Tra gli aspetti che più colpiscono il visitatore che si avvicina per la prima volta alla realtà rwandese un rilievo particolare assume il modo in cui i rwandesi vivono il proprio rapporto con la fede. Per chi viene dall'ormai indifferente Europa non sfugge il profondo senso religioso che permea quella popolazione, soprattutto dei villaggi.Già altre volte abbiamo sottolineato l'intensa partecipazione alle lunghe e coinvolgenti funzioni religiose, nonchè il sacrificio di diverse ore di cammino che molti fedeli si accollano volentieri pur di presenziare a una Santa Messa, anche nei giorni feriali.Cose che fanno arrossire il tiepido cattolico muzungu sempre pronto a ricercare la cerimonia più breve e più comoda per adempiere al precetto festivo.Oggi vogliamo però soffermarci su un aspetto particolare, caretterizzante la giovane chiesa rwandese, che potrebbe essere additato ad esempio anche per le chiese del vecchio continente. Ci riferiamo alla consuetudine per i sacerdoti di una parrocchia di vivere sotto lo stesso tetto, in una forma di comunità, condividendo i momenti conviviali e di preghiera. Siamo testimoni di quanto sia proficuo per i sacerdoti discutere e condividere, in occasione dei pasti consumati insieme, quanto sta succedendo in parrocchia, piuttosto che vivere in comune la recita serale dei vespri, prima della cena. Quanta differenza con lo stile di vita dei nostri sacerdoti abituati a vivere isolati: il parroco da una parte e il vicario dall'altra, con rari momenti di reale vita comunitaria. Il modello rwandese sembra rispondere a quanto perorato dallo stesso Benedetto XVI che, parlando di celibato sacerdotale, così si esprime "Credo che il celibato ci guadagni nel suo essere segno grande e significativo e soprattutto diventa più vivibile se si costituiscono comunità di sacerdoti. E' importante che i sacerdoti non vivano isolati da qualche parte, ma stiano insieme in piccole comunità, si sostengano a vicenda e facciano così esperienza dello stare insieme nel loro servizio a Cristo e nella rinuncia per il Regno dei cieli, e ne prendano anche sempre di nuovo conoscenza" ( da Luce del mondo).
martedì 18 gennaio 2011
Padre Gheddo sui 50 anni d'indipendenza africana: luci e ombre
E' disponibile la trascrizione, in forma di appunti, di una conversazione tenuta da Padre Piero Gheddo il novembre scorso a Radio Maria per ricordare il cinquantesimo anniversario dell'indipendenza di molti paesi africani. Padre Gheddo, profondo conoscitore della realtà africana, dapprima passa in rassegna la situazione attuale dell'Africa nera, fatta di tanti, forse troppi, primati negativi a cui si accompagnano, peraltro, anche diversi aspetti positivi che danno speranza. Affronta, quindi, con estremo realismo le cause del sottosviluppo africano, causato da un secolare isolamento e da recenti scelte errate dei governanti, come quella di favorire l'inurbamento trascurando totalmente le campagne, spesso abbandonate a se stesse.Dopo essersi interrogato su cosa possa fare l'Europa per l'Africa, Padre Gheddo conclude la sua conversazione illustrando il contributo dei missionari e delle Chiese allo sviluppo del continente. Tanti sono gli spunti di riflessione offerti, altrettanti sono i colpi inferti ai molti luoghi comuni, che troppo spesso ancora accompagnano quanti si avvicinano alla conoscenza della complessa realtà africana, per questo il testo della conversazione di Padre Gheddo merita sicuramente una lettura attenta. Per accedere al testo clicca qui.
domenica 16 gennaio 2011
Da "Luce del mondo" : Benedetto XVI a proposito dell'Aids in Africa
Dal libro "Luce del mondo", conversazione con Benedetto XVI, riprendiamo questo intervento del Papa a proposito della sua visita in Africa nel 2009.
"Dal punto di vista giornalistico il viaggio in Africa è stato del tutto oscurato da un'unica frase. Mi è stato chiesto perché la Chiesa Cattolica, relativamente all'Aids, assumesse una posizione irrealistica ed inefficace.Così mi sono sentito veramente sfidato, perché la Chiesa fa più di tutti gli altri. E continuo a sostenerlo; perché la Chiesa è l'unica istituzione veramente vicina alle persone, molto concretamente: nel prevenire, nell'educare, nell'aiutare, nel consigliare e nello stare a fianco; e perché come nessun altro si cura di tanti malati di Aids e, in particolare, di tantissimi bambini colpiti da questa malattia. Ho potuto visitare una di queste strutture per i malati di Aids e ho potuto parlare con loro. La risposta e' stata questa: la Chiesa fa piu' degli altri perché non parla solo dal pulpito dei giornali, ma aiuta i fratelli e le sorelle sul posto. In tale contesto non avevo preso posizione sul problema dei profilattici in generale, ma ho soltanto detto quello che poi ha suscitato tanto risentimento: che non si può risolvere il problema con la distribuzione di profilattici. bisogna fare molto di più. Dobbiamo stare vicino alle persone, guidarle, aiutarle, e questo anche prima che si ammalino.E' un dato di fatto che i profilattici sono a disposizione ovunque, chi li vuole li trova subito. Ma solo questo non risolve la questione. bisogna fare di più'. Nel frattempo, proprio anche in ambito secolare si è sviluppata la cosiddetta teoria ABC, sigla che sta per "Abstinence-Be Faithful- Condom" ( Astinenza- Fedeltà-Profilattico); laddove il profilattico è consigliato soltanto come scappatoia, quando mancano gli altri due lelementi.Questo significa che concentrarsi solo sul profilattico vuol dire banalizzare la sessualità, e questa banalizzazione rappresenta proprio la pericolosa origine per cui tante e tante persone nella sessualità non vedono più l'espressione del loro amore, ma soltanto una sorta di droga, che somministrano da s'è. Perciò anche la lotta contro la banalizzazione della sessualità è parte del grande sforzo affinché la sessualità è parte del grande sforzo affinché la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull'essere umano nella sua totalità"
Benedetto XVI prosegue poi sull'uso del profilattico in certi casi, di cui hanno parlato tutti i giornali in fase di presentazione del libro.
venerdì 14 gennaio 2011
L'apicoltura alla fattoria di Nyinawimana: si vedono i primi risultati
Uno dei nuovi alveari a Nyinawimana |
Dopo che di recente avevamo presentato l’etichetta con cui la Parrocchia di Nyinawimana intende marchiare il proprio miele, abbiamo voluto approfondire la conoscenza delle attività apistiche in atto nella grande fattoria. Ci ha fatto da guida un giovane seminarista, Augustin Nzabonimana, appassionato apicoltore che ha trascorso l’estate passata tra gli alveari di Nyinawimana. Già dal 2005, l’Associazione Kwizera aveva fornito 50 moderne arnie, oltre all’attrezzatura necessaria per avviare un’apicoltura innovativa. Gli inizi sono stati piuttosto difficoltosi. Infatti, disattendendo le indicazioni dei tecnici italiani, tutte le arnie furono collocate in un unico posto. L'eccessiva concentrazione di api in un unico alveare comportò per le stesse api serie difficoltà nel reperire, nel territorio circostante, il polline necessario, costringedole a spingersi a distanze tali che nel viaggio di ritorno tutto il raccolto veniva consumato dalle stesse api. Insomma, le api lavoravano a vuoto o quasi. Dopo un po’ ci si rese conto che era necessario prendere le contromisure necessarie. Si è così cominciato a distribuire sul territorio le arnie iniziali e aggiungendone di nuove. Oggi sono rimaste 25 arnie nel vecchio sito e sono stati attivati altri due alveari: il primo totalmente nuovo a Kinjojo, con 20 arnie, e uno nel bosco sull’altro lato della collina, composto da 15 arnie arnie nuove oltre ad alcune vecchie provenienti dall’alveare originario. Questi due nuovi insediamenti entreranno in produzione a regime a partire da questa stagione. Così la produzione di miele, che nel 2010 è stata di 13 quintali, potrà ulteriormente incrementarsi, apportando preziose entrate all’economia della fattoria: attualmente il miele viene venduto a 2.000 Frw al kilo. L’esempio di Nyinawimana potrebbe essere proficuamente esportato anche in altre zone della diocesi di Byumba, facendo tesoro dell'esperienza e della dichiarata disponibilità del giovane Augustin Nzabonimana a tenere, nell’agosto prossimo, dei momenti formativi con gli apicoltori interessati. Perché non cominciare con la zona di Nyagahanga?
giovedì 13 gennaio 2011
Ddl: a sette anni i bambini rwandesi potranno scegliere la propria religione
Le autorità rwandesi ci hanno spesso sorpreso con innovazioni legislative che andavano nella direzione di un ammodernamento dello stato e del suo apparato amministrativo. Questa volta parlare di sorpresa ci pare riduttivo; infatti, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa RNA-Rwanda News Agency, sarebbe in discussione alla Camera Bassa del Parlamento rwandese un disegno di legge (Ddl) sui diritti dell’infanzia in cui si prevede, fra l'altro, che a sette anni un bambino rwandese possa scegliere autonomamente la propria religione. Oltre a prevedere che un bambino inferiore ai 6 anni debba stare con la madre, a meno che i suoi diritti non siano colpiti, nel caso in cui i genitori non siano in grado di vivere insieme, il medesimo disegno di legge qualifica un bambino di sette anni come essere ragionevole. Alla luce di questa previsione, si riconosce allo stesso, proprio a partire dal compimento dei sette anni, la facoltà di scegliere la propria religione senza dover sottostare all'influenza dei genitori, dai cui abusi il disegno di legge vorrebbe proteggere i bambini.Ogni commento è per ora prematuro; vedremo se il disegno diverrà legge e, in tal caso, già sin d'ora è però legittimo chiedersi: chi prenderà il posto della famiglia nel ruolo educativo del bambino e chi vigilerà sui possibili abusi dei futuri nuovi educatori; e ancora, è possibile abdicare al ruolo della famiglia nella costruzione di una società?
sabato 8 gennaio 2011
Buon viaggio Brunello
Brunello Baldi a Nyinawimana |
giovedì 6 gennaio 2011
Benedetto XVI: il significato della Chiesa in Africa
Dal libro intervista "Luce del mondo" riportiamo un passaggio in cui Papa Benedetto XVI, rispondendo a questa domanda dell'intervistatore : Non si potrebbe forse anche presupporre che dopo 2000 anni il Cristianesimo si è semplicemente esaurito, esattamente come nella storia delle civiltà è accaduto anche ad altre culture?, si riferisce alla Chiesa in Africa:
"Lo si potrebbe pensare guardando con superficialità e restringendo l'orizzonte al solo mondo occidentale. Ma se si osserva con più attenzione - ed è quello che mi è possibile fare grazie alle visite dei vescovi di tutto il mondo e anche ai tanti incontri- si vede che il Cristianesimo in questo momento sta sviluppando anche una creatività tutta nuova..... ...pensiamo a quello che la Chiesa significa per l' Africa: nello smarrimento e nella distruzione delle guerre spesso è l'unica cosa che rimane, l'unico rifugio dove c'è ancora umanità, dove si faccia qualcosa per le persone. Essa si impegna affinchè la vita possa continuare, affinchè ci si curi dei malati, affinchè i bambini possano nascere e ricevere un'educazione. Essa è forza di vita che continua a creare nuovo entusiasmo e dalla quale scaturiscono vie nuove."
martedì 4 gennaio 2011
Il Governo avvia un programma di privatizzazioni
Lo stabilimento della Bralirwa a Gisenyi |
domenica 2 gennaio 2011
Ancora a proposito di kinyarwanda
In un recente post abbiamo riferito dell'intervento del vescovo di Byumba, Mons. Servilien Nzakamwita, in difesa dell'uso della lingua nazionale, il kinyarwanda. Ci viene ora riferito un episodio, di cui ha dato notizia la televisione rwandese, verificatosi proprio in occasione della recente conferenza nazionale sul dialogo in cui si collocava anche l'intervento del vescovo di Byumba. Quando, durante i lavori, uno dei partecipanti è intervenuto iniziando il proprio intervento in inglese, il presidente Paul Kagame lo ha immediatamente interrotto ricordandogli che in quel consesso si doveva parlare in kinyarwanda. L'episodio riferito, spontaneo o costruito per far passare un certo messaggio, non bisogna, infatti, dimenticare che le autorità di Kigali sono riconosciute come tra le più abili al mondo nell'utilizzo delle moderne tecniche di comunicazione a livello istituzionale, denota come il problema della lingua sia argomento particolarmente sentito e dibattuto. Probabilmente, nonostante la modernizzazione del paese passi anche attraverso l'incentivazione dell'uso dell'inglese come lingua ufficiale utilizzabile nel mondo dell'istruzione e della pubblica amministrazione, non sfugge alle attente autorità rwandese come sia impossibile, se non addirittura controproducente, sacrificare il kinyarwanda, forse l'unico reale elemento unificante su cui costruire un'identità nazionale condivisa.
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