Chi ha avuto modo di operare nei villaggi della campagna rwandese sa bene come la vita che vi si conduce non sia propriamente paragonabile a quella, di discreto livello, che conducono gli abitanti della capitale.Ha dovuto prenderne atto anche il cronista de The New Times che si è spinto fino a Rukomo, nel distretto di Gicumbi, per scrivere un pezzo interessante sul triste destino di moltissimi bambini costretti a lavorare fin da giovanissimi per aiutare le proprie famiglie a sbarcare il lunario, anche a scapito del loro sacrosanto diritto di condurre un’esistenza appunto da bambini, a cominciare dal diritto all’istruzione.
Ma vediamo ciò che il cronista ha trovato a Rukomo, raccontando la storia di Célestine Twagiramukiza, 12 anni, e dei suoi 7 tra fratelli e sorelle.Célestine, unitamente alle sue due sorelle Fisi e Claudine, deve percorrere 18 chilometri ogni giorno per procurare l’acqua per uso domestico della propria famiglia che vive nel villaggio di Kinyami, sulla collina sopra Rukomo.Parlando con il cronista del giornale di Kigali, Celestine ha detto che oltre all’approvigionamento dell’acqua deve provvedere anche a procurare la legna da ardere e lavare gli utensili da cucina. Devono sobbarcarsi tali mansioni in quanto i genitori al mattino sono impegnati nella coltivazione della terra e quando tornano a casa a mezzogiorno tutto deve essere pronto per la preparazione del cibo da mettere in tavola.
Poichè il ricavato del lavoro nei campi, 400 Frw al giorno ( circa 50 centesimi di euro) per lavoratore piuttosto che il corrispettivo in prodotti agricoli, non consente di disporre, dopo aver provveduto a dar da mangiare a tutti i componenti la famiglia, del denaro necessario per acquistare le divise scolastiche e il materiale didattico necessario, nessuno dei bambini può frequentare la scuola.Per arrotondare i pochi soldi che entrano in casa, Célestine ha ammesso che con le due sorelline porta l’acqua anche a un ristorante di Rukomo, a fronte di 20 Frw per una tanica di 5 litri d’acqua.
Joseph Mutuyemungu, il padre di Célestine, si rammarica per non avere i soldi per comprare le uniformi e quaderni per i propri bambini. Al tempo stesso, interpellato perchè non faccia ricorso al programma di pianificazione delle nascite, promosso dal governo, risponde orgoglioso: "I miei figli sono un dono di Dio. Non posso stabilire il numero di bambini che dovremmo mettere al mondo ". L’autore del pezzo prende quindi spunto da questa storia per sottolineare quanto facciano le autorità per debellare la piaga del lavoro minorile e ridare a questi e altri bambini, che si trovano nelle medesime condizioni, la possibilità di vivere una vita normale, a partire dall’accesso alla scuola.
Da parte sua l’Associazione Kwizera Onlus chiederà ai propri incaricati di Byumba di individuare la famiglia di Célestine per inserire, lei o una delle sorelline, nel programma di adozione a distanza che, con un sostegno di 115 euro all’anno, dovrebbe permettere a questa famiglia un piccolo aiuto e a uno o più bambini di accedere alla scuola. Siamo anche certi che il laboratorio di cucito di Nyagahanga, che sta per avviare la propria attività con il sostegno dall’Ass. Kwizera, metterà a disposizione le divise scolastiche necessarie.
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