Non è passato inosservato l'articolo che il noto settimanale britannico, The Economist, ha di recente dedicato al Rwanda, con il titolo A hilly dilemma, e un sommario che recita "Kagame deve essere sostenuto in quanto garante di
stabilità e benessere oppure condannato in quanto “strangolatore” della
democrazia?".
Al di là di qualche passaggio forte e nonostante qualche blanda reazione, non crediamo che l'articolo sia del tutto dispiaciuto a Kigali, viste le conclusioni cui perviene.
Dopo aver dato atto dei positivi risultati conseguiti, nei diversi campi economico-sociali, dalla nuova governance che ha guidato il paese all'indomani della fine della guerra civile del 1990-94, che hanno permesso al Rwanda di diventare "il beniamino dei governi occidentali e delle ONG che garantiscono più di un terzo delle entrate pubbliche (e un decimo del PIL)",l'autorevole magazine passa ad analizzare anche il rovescio della medaglia.Senza, all'apparenza, fare sconti, evidenzia come ai riconosciuti progressi sul fronte
economico non corrisponda analogo progresso sul fronte dei diritti umani se "gli oppositori interni del signor Kagame hanno la pessima abitudine di finire in prigione o essere uccisi, anche una volta che sono fuggiti in
esilio". Ricorda inoltre "la macchia della destabilizzazione della
RDC alla fine del 1990 dopo che le truppe rwandesi hanno invaso il paese per fermare le
incursioni transfrontaliere da parte delle forze del precedente
governo. La violenza successiva ha portato a più di 5 milioni di morti e
ha contribuito alla disgregazione della RDC".
Ricordato il clima di paura che si respira a Kigali, con le persone che faticano a esprimere un giudizio sul governo, l'articolista evidenzia l'inesistenza di alcuna opposizione e di nessun successore che prelude al perpetuamento del potere, dopo le modifiche costituzionali " che gli permetteranno di correre per un terzo
mandato nel 2017 (e altri due dopo che, potenzialmente, potrebbero lasciarlo al potere
fino al 2034 , quando avrà 76 anni)".
Di fronte a un tale scenario "il dilemma che si trova di fronte l'Occidente è se continuare a dare soldi a
un governo autoritario che ha scarso riguardo per i diritti umani e poco più per le regole della democrazia".
The Economist affida la risposta a tale quesito agli addetti ai lavori nel campo degli aiuti allo sviluppo, pronti a riconoscere come "in pochi altri paesi l'assistenza ai poveri sia così efficace".
Mentre per quanto attiene le modifiche costituzionali che potrebbero preludere a un lungo governo Kagame, l'articolista ricorda, al di là di talune blande disapprovazioni arrivate da qualche paese, come gli Usa che hanno manifestato la propria delusione al riguardo, quanto raccolto sul campo. "Molti diplomatici si chiedono privatamente
se qualcun altro sarebbe in grado di tenere insieme il paese, sottolineando la situazione del vicino Burundi che sta scivolando verso una guerra civile che è già
segnata da massacri etnici. Senza la mano ferma di Kagame,
sostengono, il miracolo operato in Rwanda potrebbe subire una rapida inversione di tendenza".
Questa la conclusione dell'articolo che suona molto come un realistico sostegno all'attuale leadership rwandese.
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