Il settimanale Vita ha presentato alcuni numeri emersi dallo studio sulla realtà del sostegno a distanza (Sad), una delle forme di solidarietà più conosciute e diffuse tra gli italiani, presentato nei giorni scorsi a Roma da parte dell'Agenzia per il terzo settore. I Sad attivati nel mondo dalle 111 onp italiane, a favore di singoli beneficiari o comunità, sono complessivamente 375.262. Se l'aiuto è individualizzato (per 224.893 Sad su 375.262) il destinatario è un minore (68%) o un giovane (2,6%) con o senza una famiglia.L’impegno economico medio annuo di chi sceglie la formula del sostegno a distanza è pari a 282 euro. Le formule attive vanno da un minimo di 225 euro a un massimo di 338.Il 42% dei Sad riguardano l’Africa, continente in cui si registrano 45 Paesi destinatari. Tra i singoli Stati, quelli con altissima concentrazione di sostegni a distanza sono l’India (53.316), il Brasile (31.332) e il Mozambico
16.915.
I dati riportati, al di là delle molte valutazioni che il sistema SAD potrebbe richiedere nel suo complesso sia come "servizio" offerto dalle onp che come modello di assistenza ai bambini bisognosi, meritano una riflessione almeno nella parte relativa all'ammontare monetario medio richiesto per il Sad. Pur tenendo conto dei diversi costi di funzionamento delle varie associazioni, si può ipotizzare che all'incirca l'80% dell'importo richiesto vada a beneficio del bambino sostenuto per un importo medio quindi di circa 225 euro, salvo che la raccolta fondi per il sad non serva a finanziare anche altri inetrventi pur assistenziali anche se non direttamente rivolti ai bambini inseriti nel programma.
Ma cosa rappresenta una tale cifra, per esempio per la vita di un bambino africano?
Prendiamo il caso del Rwanda: 225 euro corrisponderebbero a circa 180.000 Franchi rwandesi, una somma pari a dieci mesi di stipendio di un lavoratore agricolo rwandese. E' del tutto evidente come l'entrata di una simile cifra in una famiglia di un villaggio rwandese ne cambierebbe la vita in maniera significativa, oltre ad alterare l'equilibrio comunitario, con la famiglia destinataria che fa un salto nel proprio stile di vita rispetto alle famiglie vicine non destinatarie di una simile fortuna.Proprio per questo, a mero titolo di esempio, l'Associazione Kwizera, impegnata da anni in Rwanda, richiede solo 115 euro per ogni adozione, destinando all'assistito 85.000 Frw, una cifra che rappresentando più di quattro stipendi di un lavorante agricolo, forse potrebbe essere ulteriormente contenuta.Di fronte a un fatto del genere, che dovrebbe valere anche per gli altri paesi africani, forse qualche riflessione va fatta sul modo migliore per arrivare a sostenere bambini veramente bisognosi, evitando modalità che, per l'ammontare del contributo, possono alterare equilibri delicati all'interno delle famiglie e delle comunità e, a ben vedere, configurarsi più che in un aiuto quasi in un sussidio dal dubbio valore educativo. C'è sicuramente ampia materia di riflessione.