"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


mercoledì 3 novembre 2010

La famiglia rwandese alla sfida del cambiamento

Fino a ieri, in Rwanda, la famiglia tradizionale era in grado si trasmettere ai bambini un adeguato bagaglio culturale e un patrimonio di valori , crescendoli come membri orgogliosi delle rispettive famiglie e comunità, infondendo loro un forte senso di appartenenza e di identità, concorrendo così a farne la spina dorsale della nazione. Oggi, secondo quanto contenuto nell'editoriale comparso sul numero di lunedì scorso  de The New Times, le cose stanno cambiando. Chiamata a misurarsi con i modelli culturali che stanno lentamente ma inesorabilmente affermandosi in una società fortemente interessata al cambiamento come quella rwandese, specie nelle sue componenti urbane, la famiglia sta cambiando pelle. Secondo l'editorialista, le famiglie stanno sempre più rinunciando al loro ruolo educativo, con una falsa convinzione che debba essere la scuola a svolgere questo ruolo. Molti genitori oggi tendono a pensare che il loro ruolo sia solo quello di pagare le tasse scolastiche e che il resto sia compito dell’insegnante. Ma l'editorialista sottolinea che gli insegnanti non possono sostituirsi ai genitori; il loro  contributo  dovrebbe essere visto come complementare ai doveri di padri e madri. Gli insegnanti sono pagati per impartire conoscenze e competenze, ma il ruolo dei genitori è molto più ampio; si tratta di plasmare bambini responsabili oggi  e  per farne cittadini esemplari per il futuro.
Quello sollevato dall'editoriale del quotidiano di Kigali è un problema indubbiamente importante che in prospettiva assumerà un rilievo sempre maggiore, man mano che la società rwandese sarà influenzata da modelli occidentali. Si pensi solo per un momento a cosa succederà quando si diffonderà la televisione come veicolo propagatore di valori  e stili di vita totalmente diversi e lontani da quello tradizionale rwandese.
Forse si potrebbe ritenere eccessivo e prematuro l'allarme lanciato dal giornale di Kigali. In realtà, l'esperienza insegna che la velocità con cui si diffondono certi valori, forse sarebbe meglio dire disvalori, non è necessariamente in linea con i sonnolenti ritmi africani: quando si percepiscono i primissimi sintomi di un certo fenomeno sociale, le sue dinamiche  si sono già impossessate dell'intero corpo sociale.
A una prima lettura dell'articolo, sembrerebbe che il problema proposto  riguardi solo le autorità civili, preoccupate della tenuta della famiglia e del suo ruolo educativo; in realtà, è probabile che simili avvisaglie interroghino  anche la Chiesa  locale chiamata a mettere  in campo una pastorale familiare adeguata a  raccogliere una sfida tanto impegnativa come quella  fatta propria dallo stesso Presidente rwandese che, in un recente intervento pubblico, ha fatto esplicito richiamo alla difesa del ruolo  sociale della famiglia e alla sua coesione.

1 commento:

Don Paolo ha detto...

La pastorale familiale è un dovere della Chiesa perchè la famiglia è una Chiesa domestica. La diocesi di Byumba l'ha preso come sua priorità.Nyagahanga si è già impegnata in quell' ambito. Dobbiamo proteggere la famiglia dal modernismo: il dialogo in famiglia è una delle armi importante.