"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


mercoledì 16 settembre 2009

Jatropha:Il biodiesel dei missionari

Riportiamo questo articolo comparso sul numero del 13 settembre di Avvenire in cui si affronta il tema dello sfruttamento della jatropha. Le informazioni contenute nel pezzo non fanno che confermare la bontà della scelta di condurre un esperimento di coltivazione della jatropha a Nyagahanga.
Le sorelle Vincenziane a Minga, un villaggio nella foresta tropicale della Tanzania del Sud, a pochi chilometri dal confine con il Mozambico, raccontano con semplicità di «produrre l’energia elettrica in giardino». I Padri missionari in Guinea Bissau la coltivano da anni. I Frati Cappuccini Minori hanno avviato in Madagascar un progetto con la Delta Petroli. I missionari dell’Aefjn (Africa Europe faith and justice network), una rete di 43 congregazioni religiose maschili e femminili presenti in Europa e in Africa, l’hanno piantata in Togo, Ghana, Senegal, Mali, Costa d’Avorio e Niger: stiamo parlando della Jatropha Curcas grazie alla quale tantissime missioni e villaggi dei Paesi in via di sviluppo si sono resi autosufficienti dal punto di vista energetico.
«Tre semi per la green economy»: uno slogan efficace se riferito a questa pianta originaria dei Caraibi e appartenente alla famiglia delle Euforbiacee. Traghettata nelle colonie in tutto il mondo dai marinai portoghesi da cui veniva usata per costruire recinzioni a protezione di orti e giardini e, addirittura, per recintare tombe e cimiteri, solo di recente ne sono state scoperte le preziose e molteplici qualità. Ogni frutto contiene tre semi che, dopo la semplice spremitura a freddo, producono un olio combustibile che – quando brucia – non produce fumo ed ha un impatto zero in termini di emissioni di anidride carbonica.
Può essere coltivata in condizioni di scarsa piovosità, sopravvive anche a due anni di siccità e vive in ogni tipo di terreno, persino nelle zone in prossimità del deserto dove non si riesce a coltivare altro. È quindi accessibile anche nelle zone rurali più povere e, a differenza della maggior parte delle altre piante che producono semi oleosi (grano, mais, soia, eccetera), non è commestibile, né per gli uomini né per gli animali. I residui dei semi spremuti sono un ottimo fertilizzante e le sue radici proteggono il terreno e con l’olio si fabbricano saponi. Ha una vita media tra i 40 e i 50 anni.
Può esser piantata in posizione ravvicinata con una maggior resa: un ettaro coltivato a Jatropha può produrre fino a 1900 litri di olio combustibile, quasi quattro volte più della soia e dieci volte rispetto al mais. Infine sul suo fusto si arrampica come pianta parassita la vaniglia: un connubio che potrebbe rivelarsi ulteriore fonte di guadagno. Continua...

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