"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


domenica 3 gennaio 2016

Dal presidente Mattarella parole chiare sull'immigrazione

Questo blog, nel suo piccolo, ha sempre avuto una posizione chiara sul fenomeno migratorio, distinguendo, nel massimo rispetto della persona umana, tra profughi e migranti economici, posizione non da tutti condivisa. Per questo siamo grati al presidente Sergio Mattarella per le parole di chiarezza  che sull'argomento ha dedicato nel discorso di fine anno.
Queste parole noi le sottoscriviamo appieno, confidando che anche altri lo facciano, anche se non ne siamo molto confidenti vista la sorte che l'argomento ha avuto sui media: qualcuno ci ha messo la sordina, altri lo hanno piegato a una vera e propria opera di mististificazione, come nel caso del quotidiano Avvenire che e' riuscito a scrivere, a proposito di sintonia con il Papa, " e' sull'immigrazione che i toni si fanno pienamente concordi". Francamente ci era sfuggito che il Papa sostenesse il rimpatrio dei non aventi diritto d'asilo.
In questo periodo masse ingenti di persone si spostano, anche da un Continente all'altro, per sfuggire alle guerre o alla fame o, più semplicemente, alla ricerca di un futuro migliore. Donne, uomini e bambini: molti di questi muoiono annegati in mare, come il piccolo Aylan e, ormai, purtroppo anche nell'indifferenza. Il fenomeno migratorio nasce da cause mondiali e durerà a lungo. Non ci si può illudere di rimuoverlo, ma si può governare. E si deve governare.Può farlo con maggiore efficacia l'Unione Europea e la stiamo sollecitando con insistenza. Occorrono regole comuni per distinguere chi fugge da guerre o persecuzioni e ha, quindi, diritto all'asilo, e altri migranti che vanno invece rimpatriati, sempre assicurando loro un trattamento dignitoso. L'Italia ha
conosciuto bene, nei due secoli passati, la sofferenza e la fatica di chi lascia casa e affetti e va, da emigrante, in terre lontane. Il nostro è diventato, da alcuni anni, un Paese di immigrazione. Molte comunità straniere si sono insediate regolarmente nel nostro territorio, generalmente bene accolte dagli italiani. Tanto che affidiamo spesso a lavoratrici e a lavoratori stranieri quel che abbiamo di più caro: i nostri bambini, i nostri anziani, le nostre case. Sperimentiamo, giorno per giorno, sui banchi di scuola, al mercato, sui luoghi di lavoro, esperienze positive di integrazione con cittadini di altri Paesi, di altre culture e di altre fedi religiose. Il 70 per cento dei bambini stranieri in Italia, lo dice l'Istat, ha come migliore amico un coetaneo italiano. Bisogna lavorare per abbattere, da una parte e dall'altra, pregiudizi e diffidenze, prima che divengano recinti o muri, dietro i quali potrebbero nascere emarginazione e risentimenti. Serve accoglienza, serve anche rigore. Chi è in Italia deve rispettare le leggi e la cultura del nostro Paese. Deve essere aiutato ad apprendere la nostra lingua, che è un veicolo decisivo di integrazione. Larghissima parte degli immigrati rispetta le nostre leggi, lavora onestamente e con impegno, contribuisce al nostro benessere e contribuisce anche al nostro sistema previdenziale, versando alle casse dello Stato più di quanto ne riceva. Quegli immigrati che, invece, commettono reati devono essere fermati e puniti, come del resto avviene per gli italiani che delinquono. Quelli che sono pericolosi vanno espulsi. Le comunità straniere in Italia sono chiamate a collaborare con le istituzioni contro i predicatori di odio e contro quelli che praticano violenza.

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