"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


martedì 1 dicembre 2015

Per comprendere il fenomeno migratorio


Che differenza c'è tra profugo, rifugiato e richiedente asilo? Quanti sono gli emigranti irregolari che arrivano in Europa? Quali sono le rotte attraverso cui passa il traffico migratorio? E cosa accade in questi passaggi? A queste e tante altre domande risponde, con un adeguato supporto numerico e documentale, Migrazioni, emergenza del XXI secolo, ( ed. Omni Die pag. 106, euro 10) una guida agile e pratica, 106 pagine in tutto, per comprendere quella che è una emergenza mondiale e i criteri con cui è possibile affrontarla. Ne è autrice Anna Bono, docente di storia e di istituzioni dell’Africa all’università di Torino, che ci fornisce le conoscenze di base atte a permetterci di maturare giudizi autonomi su un fenomeno troppo spesso analizzato con le lenti deformanti dell’ideologia buonista da una parte e cripto xenofoba dall’altra.  Per cominciare l’autrice fornisce, appunto, un quadro di riferimento normativo che chiarisce cosa si intenda per profughi, rifugiati ed emigranti; premessa non superflua visto l’abuso strumentale che si è fatto fino a tempi recenti, definendo come profughi aventi diritto d’asilo indistintamente tutti coloro che sbarcavano sulle nostre coste.
Offre quindi un quadro informativo circa la dinamica del fenomeno migratorio a partire dalle tratte percorse  da questi disperati con l’intervento, in tutte  le fasi del viaggio, dei trafficanti che li sfruttano, quantificando anche i flussi di denaro che il fenomeno muove e gli interessi che alimenta, non sempre e non  solo in capo agli stessi trafficanti d’uomini, ma anche, una volta approdati in Europa, a livello di apparati di accoglienza ed istituzionali.
Il vero grande merito dell’autrice è però quello di aver studiato e presentato  il fenomeno migratorio guardandolo da una prospettiva africana, partendo cioè dall’origine del fenomeno migratorio stesso: i paesi africani da cui partono questi giovani alla ricerca del miraggio di un lavoro ben remunerato in occidente. Si scopre così, anche con il supporto di esempi concreti, che non partono i più poveri, bensì chi può contare su famiglie in grado di finanziare il loro viaggio, il cui costo assorbe almeno due o tre anni di uno stipendio medio locale,  piuttosto che  giovani che avevano già un attività che garantiva loro una vita dignitosa in loco. Soprattutto l’autrice ricorda come gli stessi governanti africani comincino a rendersi conto che la partenza di tanti loro giovani impoverisce i loro paesi e per questo si stanno muovendo, anche con provvedimenti legislativi disincentivanti l’emigrazione, come nel caso del Mali, dell’Etiopia e del Niger, piuttosto che con vere e proprie campagne pubblicitarie e di comunicazione per smitizzare l’eldorado occidentale. Sulla stessa lunghezza d’onda si sono posti i vescovi africani, che ben dovrebbero conoscere “l’odore delle loro pecore”, quando nell’agosto scorso hanno lanciato un vero appello ai loro giovani perché non si facciano “ingannare dall’illusione di lasciare i rispettivi Paesi alla ricerca di impieghi inesistenti in Europa e in America… e utilizzino piuttosto i talenti e le altre risorse che hanno a  disposizione per rinnovare e trasformare il nostro continente e per la promozione della giustizia, della pace e della riconciliazione durature in Africa”. Un appello che purtroppo non ha avuto alcuna eco in Italia, tanto da essere tranquillamente oscurato da Avvenire e da molti settimanali diocesani. L’autrice ricorda appelli analoghi da parte dei vescovi siriani che, pur grati per l’appello di papa Francesco perché ogni parrocchia accolga una famiglia di profughi, chiedono che le loro comunità cristiane siano messe nelle condizioni di poter rimanere nel proprio paese. Diritto a rimanere nei paesi di origine che, ricorda l’autrice, è stato solennemente richiamato dallo stesso papa Francesco nel messaggio lanciato per la prossima giornata dei migranti. Se poi anche questo appello, come quello dei vescovi africani, viene silenziato, come accaduto in una riunione ecclesiale dove si è richiamato l’intero appello tralasciando questo passaggio, forse la lettura di un libretto come questo si rende ancora più utile per farsi un’opinione propria su un fenomeno con cui dovremo misurarci ancora per molto tempo.

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