"La
Chiesa affianca tutti coloro che si sforzano per difendere il diritto di
ciascuno a vivere con dignita', anzitutto esercitando il diritto a non emigrare
per contribuire allo sviluppo del Paese d'origine". Lo sostiene Papa
Francesco nel Messaggio per la prossimaGiornata Mondiale del migrante e del rifugiato che verrà celebrata il 17
gennaio prossimo.Secondo il
Papa, la risposta all'attuale ondata migratoria "dovrebbe includere, nel
suo primo livello, la necessita' di aiutare i Paesi da cui partono migranti e
profughi". Infatti, "e' necessario scongiurare, possibilmente gia'
sul nascere, le fughe dei profughi e gli esodi dettati dalla poverta', dalla
violenza e dalle persecuzioni", fermo restando il dovere dell'accoglienza verso
chi e' partito e ancora partira', a cominciare dalle comunità parrocchiali,
sollecitate dal Papa a superare il timore di veder “minacciata la tranquillità
tradizionale”.
Perché sottolinea il Pontefice
"ognuno di noi e' responsabile del suo vicino: siamo custodi dei
nostri fratelli e sorelle, ovunque essi vivano. La cura di buoni contatti personali
e la capacita' di superare pregiudizi e paure sono ingredienti essenziali per
coltivare la cultura dell'incontro, dove si e' disposti non solo a dare, ma
anche a ricevere dagli altri. L'ospitalita', infatti, vive del dare e del ricevere".In definitiva, scrive il
Papa, "la solidarieta', la cooperazione, l'interdipendenza internazionale
e l'equa distribuzione dei beni della terra sono elementi fondamentali per
operare in profondita' e con incisivita' soprattutto nelle aree di partenza dei
flussi migratori, affinche' cessino quegli scompensi che inducono le persone,
in forma individuale o collettiva, ad abbandonare il proprio ambiente naturale
e culturale".
Parole chiare che
finalmente legittimano, anche all’interno della comunità ecclesiale, la
posizione di coloro che in questi mesi
hanno tentato di far sentire la voce della parte più debole della popolazione che,
per scelta o per necessità, rimane nei paesi di origine e lì attende che paesi,
organizzazioni e persone di buona
volontà portino il loro aiuto per dare concretezza al “diritto a non emigrare”.
In questi mesi, la sorte
di centinaia di milioni di africani non ha trovato alcuno spazio sui media
nazionali, tutti indistintamente alle prese con la sola punta dell’iceberg:
alcune decine di migliaia di profughi e di migranti economici.
Neppure quando i vescovi
africani il 24 agosto scorso hanno lanciato, in
occasione di un grande incontro panafricano di giovani, un appello affinchè gli stessi non si
lasciassero attrarre dalle sirene di un inesistente posto di lavoro in
occidente, ma si impegnassero in loco
per il futuro del continente, la stampa cattolica italiana, a partire dal quotidiano cattolico Avvenire, seguito dalla
gran parte dei settimanali diocesani, ha ritenuto di rilanciare l’ appello.
Forse da qui in avanti,
dopo che il Papa nel suo messaggio ha detto chiaramente che su questi problemi
“ è indispensabile che l’opinione pubblica sia informata in modo corretto,
anche per prevenire ingiustificate paure e speculazioni sulla pelle dei
migranti”, potremmo aspettarci maggiore attenzione anche alla parte sommersa
dell’iceberg, gli africani che non hanno voce e che non vanno in video.
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