E’ stato
presentato ieri l’“Indice
Ibrahim per la Governance”, la classifica realizzata dalla fondazione di Mo Ibrahim che fornisce una valutazione approfondita dello stato della governance
in ciascuno dei 54 paesi africani, presi in esame. L’IIAG 2015 comprende 93
indicatori raggruppati in quattro categorie: la sicurezza e lo stato di
diritto, la partecipazione e i diritti umani, lo sviluppo economico sostenibile
e lo sviluppo umano. In 21 paesi, di cui 5 sono tra i dieci paesi leader della
classifica, il risultato complessivo è peggiorato dal 2011. Solo sei paesi
hanno registrato un miglioramento in tutte e quattro le categorie del IIAG:
Costa d'Avorio, Marocco, Rwanda, Senegal, Somalia e Zimbabwe. La tendenza
generale evidenzia performance contrastanti a livello regionale, portando a un
crescente divario tra le diverse regioni, con l’Africa del Sud in prima fila con un punteggio medio di 58,9, seguita dall’Africa occidentale (52,4), dal Nord Africa (51,2) e dall’Africa est (44.3). I
dieci paesi con il più alto aumento del loro livello complessivo di governance
negli ultimi quattro anni, rappresentano quasi un quarto della popolazione del
continente. Cinque di questi paesi, Senegal (9 °), Kenya (14 °), il Marocco (16
°), Rwanda (11 °) e Tunisia (8), sono già tra i primi 20 della classifica dell’IIAG,
cosa che fa prevedere che possano diventare
le future grandi potenze del continente. Il miglioramento marginale del livello
complessivo di governo del continente è guidato dai progressi in solo due
categorie: Sviluppo umano e Partecipazione
e diritti umani (rispettivamente 1,2 e
0,7). Le altre due categorie, Sviluppo
economico durevole e Sicurezza e stato di diritto, da parte loro registrano un
peggioramento (-0,7 e -0,3, rispettivamente). Situazione che Mo Ibrahim,
presidente della Fondazione Mo Ibrahim, fotografa così: "Anche se, nel
complesso, i nostri cittadini africani sono decisamente più sani e vivono in
società più democratiche di quanto non fossero 15 anni fa, l’Indice 2015 mostra
che i recenti sviluppi del continente in altri settori chiave sono in una fase
di stallo o di declino, e in alcuni paesi importanti sembrano segnare il passo.
Si tratta di un campanello d'allarme per tutti noi. Solo miglioramenti condivisi
e duraturi in ciascuna delle aree di governo assicurano gli africani il futuro
che meritano e richiedono”.
Per
quanto riguarda in particolare il Rwanda, le risultanze dell’IIAG 2015,
consultabili cliccando qui, evidenziano, a fronte di
un punteggio globale di 60,7 ( 60,4 nel 2014), un punteggio di 60 per
quanto attiene la Sicurezza e lo stato di diritto, 63,5 per lo Sviluppo
economico durevole, 71 per lo Sviluppo umano a cui concorrono la protezione sociale (79,2), l’educazione (48,8)
e la sanità (85,1) e un più modesto 46,3 per la Partecipazione e diritti dell’uomo.
Questo dato ha sollevato, come già in passato, le riserve
delle autorità di Kigali, sempre allergiche a ogni critica; andando ad
analizzare le varie componenti se ne comprendono le ragioni. Infatti, emerge che quel 46,3 è il risultato medio di un 85 per quanto attiene la
parità di genere, uno dei cavalli di battaglia della governance rwandese, un
34,5 per i diritti intesi come libertà individuali, di associazione e di espressione, e un umiliante 19,3 (dato medio africano 45,9) per la Partecipazione che prende in
esame diritti politici, partecipazione alla vita politica ed elezioni libere e
trasparenti. A Kigali dovranno farsene una ragione.
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