"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


mercoledì 9 ottobre 2013

Riflessione in margine al post Per non dimenticare....

Riceviamo da Michele G., l'ispiratore del Progetto Mikan,  questa riflessione in margine al post " Per non dimenticare......" che volentieri ospitiamo quale testimonianza di come un giovane si ponga di fronte a un problema epocale come quello delle migrazioni.

Dopo la doverosa e "umana" commozione per i tragici fatti degli ultimi giorni, ora è il momento di andare oltre.
Sì, perchè la commozione non risolve le questioni.
Forse cementifica il ricordo, ma non ci porta oltre esso.
 Il tema della migrazione dei popoli è cruciale già oggi per tutto il mondo occidentale, e ne segnerà inevitabilmente il futuro.
Due premesse imprescindibili per cominciare il discorso :
 1) Il flusso dei popoli è un fiume che non si può fermare.
2) La soluzione non dipende dalle singole nazioni, non ha bandiere. La soluzione non può che esssere "globale".
 Cominciamo facendo un pò di chiarezza linguistica.
In tutti i quotidiani nazionali, anche i più autorevoli, si possono leggere termini come profugo, rifugiato, migrante, clandestino, immigrato, tutti messi insieme alla rinfusa quasi come se dopo essere stati ammassati  sui barconi ora debbano subire il medesimo trattamento dagli "scafisti" della carta stampata.

Le categorie principali di chi lascia il proprio paese sono sostanzialmente due.
1) C'è chi fugge per salvare la pelle, e questi sono i profughi, in fuga da una guerra, e i rifugiati che si muovono per il medesimo motivo, con la differenza che quest'ultimi arrivano in forza di un asilo politico concesso dal paese ospitante o dal diritto internazionale.
2) Poi ci sono quelli che si muovono alla ricerca di una vita migliore, in fuga dalla fame e dal degrado, e vengono comunemente chiamati migranti e non avendo di fatto nessun diritto di asilo, sono sostanzialmente tutti considerati dei clandestini.
Il più delle volte la prima categoria di migranti, una volta risolti i conflitti sanguinosi della terra natia, si ritrovano nella medesima situazione dei secondi, e quindi in fuga verso una "vita migliore".
Di pari passo con la crescente alfabetizzazione, sia primaria che ormai informatica, in diversi paesi del terzo mondo si invetera in milioni di persone la certezza che spostarsi in occidente sia l'unica possibilità per avere un futuro, o quantomeno per darlo ai propri figli.
In sostanza più cresce la consapevolezza e la cultura di questi popoli e più aumenta il desiderio di spostarsi verso il "primo mondo" per farne parte attiva.
Il risultato finale è il fiume in piena di cui parlavo all'inizio, un fiume appunto per cui non esistono argini, tuttalpiù dei canali per stemperarne la violenza.
Questa metafora dei canali ci porta alla seconda premessa e alle soluzioni.
Converrete con me la Bossi-Fini, tornata in auge in questi giorni in vari dibattiti, può rappresentare in questa questione una banalissima ed inutile dighetta, nemmeno edificata con del buon materiale a ben pensarci.
Andiamo quindi velocemente oltre queste pseudo soluzioni, che contengono tra l'altro alcune norme che vanno addirittura contro l'umanità e il normale codice di soccorso marittimo.
Un problema "globale" richiede per forza di cose una soluzione "globale".
La Globalizzazione infatti non è un  mostro a priori, anzi, lo è però se si limita ad esercitare il suo retaggio solo in pochi ambiti, principalmente se non esclusivamente, economici.
L'Italia da sola, a prescindere dalle nostre leggi, non può nulla davanti a questi flussi, e probabilmente nemmeno l'Europa.
Qui deve entrare in campo l'intera comunità mondiale.
A me piace pensare che ogni tanto, quando i grandi della terra si siedono allo stesso tavolo, dopo aver deciso come spartirsi bottini di guerra, dove e come smistare le armi, quale prezzo debba avere un barile di petrolio, quale un metro cubo di gas, chi possa passare per il tal canale e a quale prezzo, come costruire le nuove automobili, dove venderle e così via, dopo tutto questi accordi magari si possa parlare in maniera approfondita della questione dei "migranti".
Magari una mezz'ora di discussione a fine vertice dedicata a confezionare proposte e soluzioni.
Magari convenire tutti insieme  di come si possa da una parte intervenire in gruppo direttamente in loco nelle nazioni coinvolte per favorirne lo sviluppo, e dall'altra canalizzare e convogliare i flussi di persone per poterle accoglierle al meglio e smistarle in maniera intelligente e ponderata.
C'è un flusso di xxxxx musulmani in fuga dalla Siria?
Potrebberlo accoglierli i paesi del medio oriente, più vicini a loro geograficamente oltre che come cultura e religione.
C'è un flusso di xxxxxx Somali in fuga verso l'Europa?
Ok, un tot potrebbe accoglierli l'Italia, un tot la Francia, un tot la Germania e così via.
Perdonate se non vi offro maggiori dettagli logistico amministrativi, ma sono certo che i "grandi del pianeta", con un pò di impegno riuscirebbero a convogliare il tutto in un processo strutturato e sicuro come lo sono tutti gli accordi economici che ciclicamente rinnovano e implementano.
Follia? 
Forse, per me invece FOLLIA è pensare che l'arrivo di qualcuno nel mio paese sia un problema e non una risorsa, un nemico da cacciare invece che un arricchimento per la comunità.
Troppo spesso forse ci dimentichiamo che prima di tutti questi moderni "migranti" i migranti eravamo noi, e siamo andati in tutto il mondo conosciuto alla ricerca di una vita migliore, contribuendo fattivamente nell'arco di un paio di generazioni al progresso dei paesi dove andavamo con le valigie di cartone come America, Canada, Sud America, Australia solo per citare i più grossi.
Ecco, all'inizio parlavo di commozione e ricordo, e allora ricordiamoci anche di questo, di quello che eravamo, di quello che siamo e di quello che possiamo essere.
Di quello che saremo domani, in un mondo meno piccolo, più vario e più ricco.
Ricco della forza creatrice della diversità e della condivisione di talenti, idee e sentimenti.
Perchè c'è un solo modo per andare oltre le lacrime, dobbiamo farlo insieme e dobbiamo farlo adesso.


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