"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


sabato 14 maggio 2011

Give of your time, give of yourself

In un intervento su The New Times, dal titolo significativo "Give of your time, give of yourself " - Dona il tuo tempo, dona te stesso- il commentatore Sunny Ntayombya affronta un tema decisamente importante, più volte sfiorato anche in questo blog. Il tutto nasce dall’incontro del commentatore con una volontaria americana che, lasciate le comodità e certezze della  vita in patria, è  in Rwanda per  dedicarsi all’insegnamento dell’abc  ai   bambini di una scuola di villaggio. Da qui la domanda: perché qualcuno dovrebbe viaggiare per migliaia di chilometri per insegnare ai nostri figli le competenze che certamente noi possiamo insegnare altrettanto bene?
La risposta arriva chiara e imbarazzante a un tempo: perché la signora ha lo spirito del volontariato che manca ai rwandesi, è Sunny che lo dice,  presi come sono a rincorrere il denaro. Denaro che a volte, per mettersi la coscienza in pace, si dona  per sostenere qualche buona iniziativa sociale. Ma tutto questo, seppur lodevole, non è sufficiente. Ecco quindi l'invito di Sunny: è necessario che i rwandesi facciano un  passo ulteriore e e si rendano disponibili a dare parte del proprio tempo e un po' di se stessi per gli altri.
Purtroppo, dobbiamo dare ragione a Sunny. E’ difficile per chi arriva da fuori come l’insegnante americana, trovare localmente negli amici rwandesi disponibilità a dare una mano. Non lo fanno i giovani, che se sono chiamati a organizzare e animare un meeting della gioventù vogliono essere pagati, non lo fanno gli intellettuali, che se gli si chiede di condividere il loro sapere con la loro gente  fanno orecchie da mercante e se proprio devono fare qualcosa vogliono essere pagati come dei premi Nobel. Forse anche quella insegnante americana si sarà posta la domanda, che anche noi spesso ci facciamo: chi ce lo fa fare di  sobbarcarci  lunghi viaggi e disagi connessi a uno stile di vita che non è il nostro, se poi in loco non troviamo qualcuno con cui condividere questo impegno.Ha ragione Sunny: è ora e tempo che anche i nostri amici rwandesi comincino a dare un po’ del loro tempo e un po’ di se stessi  per gli altri, i loro fratelli  della porta accanto. 
L'intervento del muzungu  dovrebbe essere un di più.   

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