"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


martedì 11 maggio 2010

Ricetta rwandese per rivitalizzare la vecchia democrazia britannica!

Abbiamo più volte dato conto, con una certa ammirazione, dei molti e variegati progressi che il Rwanda ha compiuto in questi ultimi anni nell’organizzazione della pubblica amministrazione piuttosto che nell’economia e in tanti altri settori della vita sociale.Di tali progressi i rwandesi vanno giustamente fieri. Qualche volta però, eccedendo in questo loro  compiacimento, salgono in cattedra a impartire lezioni. E’ il caso di un commento apparso oggi su The New Times sotto il titolo “ Il Rwanda può insegnare una o due cose alla Gran Bretagna”. Se abbiamo letto con simpatia l’ironico commento alla crisi greca con l’ipotesi di offrire consulenza alle autorità di Atene per rimettere in sesto il loro disastrato bilancio, lascia perplessi il tono con cui il commentatore prescrive la propria ricetta alla più antica democrazia del mondo, alle prese con una difficile trattativa per comporre il governo all’esito delle ultime elezioni in cui nessuno dei tre partiti in lizza ha conquistato la maggioranza dei seggi parlamentari.
Prendendo spunto da questa situazione di stallo, il commentatore si lancia dapprima in una critica del sistema elettorale britannico basato sul collegio uninominale, che a volte lascia un significativo numero di elettori privi di rappresentanza parlamentare e che, con questo esito elettorale, richiede la formazione di un governo di coalizione avente in sé il germe dell’instabilità. Fin qui l’analisi ci può stare.Poichè la materia dei sistemi elettorali è piuttosto complicata e senza regole certe valide ovunque, andrebbe maneggiata con prudenza  e ricordandosi che  solo alla prova del  tempo si potrà giudicare la bontà di un dato sistema applicato in un determinato paese.
 L’autore, preso dall’entusiasmo e messe da parte le richiamate cautele,  sposa la tesi che sarebbe meglio un modello proporzionale per dare stabilità alla secolare democrazia britannica e offre, quindi, la propria ricetta: imitare il modello rwandese che permette “il più stabile, forte, efficiente ed efficace dei governi in Africa” basato su una dinamica dell’alternativa al potere, coinvolgente diversi partiti proporzionalmente rappresentati.
Chissà come prenderanno la lezione i sudditi di sua maestà britannica e se ci sarà una cattedra di "Sistemi politici comparati" a Cambridge nel futuro dell'ineffabile commentatore de The New Times?

P.S. Ancora oggi, il modello del collegio uninominale britannico annovera degli estimatori in diversi paesi europei che vorrebbero modificare i  rispettivi sistemi elettorali  ispirandosi proprio a quello britannico; d'altra parte i sistemi proporzionali puri, ove applicati, sono periodicamente sottoposti a profondi restyling.Tutto ciò conferma che non c'è una ricetta valida sempre e ovunque; i sistemi elettorali non si esportano, neppure se con il marchio "made in Rwanda".

Nessun commento: