"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


giovedì 20 maggio 2010

Moyo: soluzioni opinabili per mali certi

Molti gli spunti di riflessione che si possono trarre dal libro La carità che uccide (ed. Rizzoli € 18,50, pag. 260) di Dambisa Moyo, di cui abbiamo più volte parlato. La tesi dell’autrice, sintetizzata nel sottotilo dell'edizione italiana "Come gli aiuti dell'Occidente stanno devastando il Terzo mondo"   è nota: la marea di aiuti economici che ha invaso l’Africa negli ultimi cinquanta anni, al di là di risollevarne le sorti, ne ha aggravata la situazione socio economica.A sostegno di questa sua tesi, che potrebbe scandalizzare i benpensanti convinti che per risolvere i problemi dell’Africa ci vogliano i concerti di Bono e company, l’autrice lascia parlare i numeri e gli indici di sviluppo. L’uso che i governanti dei paesi africani hanno fatto di questo flusso inarrestabile di denaro che la cattiva coscienza dell’Occidente convoglia su di loro, senza troppe verifiche sul corretto uso, non ha avuto alcun impatto positivo sui principali indici che misurano lo sviluppo socio-economico di un paese. All’inizio del nuovo millennio, molti paesi hanno livelli di vita inferiori a quelli di trentanni fa, con la sola eccezione di quei pochissimi paesi, come il Botswana, che hanno avuto il coraggio di affrancarsi dagli aiuti stranieri, intraprendendo un percorso virtuoso fatto di riforme economiche e sociali. Le conseguenze che gli aiuti comportano sulle fragili economie locali e sulla vita sociale degli africani sono evidenziate dall’autrice con chiaro realismo, trovando le spiegazioni nei ritardi della società africana, nei suoi inveterati vizi, primo fra tutti la corruzione diffusa a tutti i livelli dell’apparato statale dall’ultimo funzionario al primo ministro, e sulle consolidate leggi che regolano le dinamiche economico-finanziarie. Si calcola che ogni anno circa 10 miliardi di dollari, circa la metà degli aiuti esteri ricevuti dell’Africa nel 2003, riprendano la via dell’estero per approdare su conti segreti. Ci sono poi le guerre civili, la debolezza delle istituzioni, l’assenza di un ceto medio produttivo, l'incertezza del diritto, la mancanza di quello che la Moyo chiama "capitale sociale", inteso come l’invisibile collante che unisce affari, economia e vita politica, che fa da fulcro dello sviluppo di un paese. La parte più interessante del libro è proprio la parte di diagnosi del problema, anche perché essendone autrice una studiosa africana non si corre il rischio che venga sbrigativamente liquidata come la solita lettura dei fatti deformata dall’ottica occidentale.
Basti pensare al coraggio con cui la Moyo affronta il problema dei modelli democratici, arrivando a sostenere come “ ciò di cui hanno bisogno i paesi poveri, ai gradini più bassi dello sviluppo economico, non è una democrazia multipartitica, ma di un dittatore benevole e risoluto che introduca le riforme indispensabili a mettere in moto l’economia …” e che "non è la democrazia il prerequisito alla crescita economica ma, al contrario è la crescita economica a essere un prerequisito alla democrazia". L’autrice conclude affermando brutalmente che nelle prime fasi dello sviluppo a una famiglia africana affamata importa poco se può votare o no: prima di tutto dovrà avere del cibo che solo lo sviluppo le può assicurare. Fin qui la diagnosi, che non riesce a sorprendere chi abbia una seppur superficiale conoscenza dei fatti africani.
Quando si passa alla ricetta per curare la malattia, l’autrice attinge a modelli di finanza internazionale: ricorso al mercato obbligazionario internazionale per finanziarsi, investimenti diretti nelle infrastrutture, liberalizzazione del mercato dei prodotti agricoli e diffusione del microcredito. Una ricetta frutto dell’esperienza che la Moyo ha maturato alla Banca Mondiale e in una primaria banca d’affari, che risulta piuttosto riduttiva per affrontare i tanti problemi messi in rilievo dalla stessa autrice. Questi  strumenti economici-finanziari , da soli, non ci pare possano portare molto lontano se non adeguatamente accompagnati da un reale salto culturale della società africana nelle sue diverse componenti. Sul libro della Moyo bisognerà ritornare perché offre diverse chiavi di lettura anche dell’attuale realtà rwandese.

Nessun commento: