"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


lunedì 15 maggio 2023

La lettura del fenomeno migratorio da parte del presidente del Rwanda

Nel momento in cui il Rwanda ritorna all'attenzione dei media per il controverso accordo (clicca qui) sottoscritto con la Gran Bretagna sulla gestione dei migranti, ci pare interessante andare a conoscere come la pensi in materia di migrazioni il presidente ruandese Paul Kagame. Al riguardo ci  sembrano chiarificatrici due prese di posizione del 2018 di Kagame, quando ricopriva il ruolo di presidente dell’Unione Africana. Nella prima, del 7 dicembre 2018, in margine all’incontro con il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, in visita ufficiale in Rwanda, Kagame, parlando della cooperazione Europa-Africa, con particolare riferimento al problema migratorio era stato particolarmente diretto nello smontare certa vulgata immigrazionista da noi particolarmente diffusa. Infatti, come riferito dalla stampa locale, dopo aver ricordato i molti africani che hanno perso la vita nei loro viaggi e dei molti ancora bloccati ai punti di confine, Kagame si era posto il problema di come il fenomeno migratorio “possa essere gestito correttamente anche se avremmo dovuto farlo molto tempo fa, ma non è mai troppo tardi per fare la cosa giusta”. Ha detto che l'immigrazione è aumentata perché alcuni africani sentono che il loro continente non offre le condizioni di base per vivere una vita dignitosa. Per questo, "la partnership tra Europa e Africa dovrebbe mirare a creare un ambiente per mantenere i nostri giovani e garantire loro che stare nel proprio continente o Paese è meglio per loro potendo trovare sicurezza e lavoro". Purtroppo, secondo Kagame, andando all’origine del fenomeno, la crisi dell'immigrazione è peggiorata, per certi versi, da quando a causa dell'invito e dell'istigazione, prima della crisi, di una parte di alcuni Paesi europei agli immigrati africani ad andare in Europa, promettendo loro una vita migliore. "Se si guarda alla storia di questa migrazione, da molto tempo, l'Europa incita o invita le persone ad andare in Europa. Il messaggio era "i tuoi paesi africani sono governati male e tu dovresti venire da noi". L'impressione è stata che se hai un problema nel tuo paese, sia esso falso o vero, vieni nel nostro paradiso. E la gente è venuta. Al punto che le persone non possono più avere immigrati ", ha detto il presidente, aggiungendo altresì che col tempo, l'Europa è stata travolta dall'ondata di immigrati. Andando avanti, ha aggiunto, i due continenti dovrebbero concentrarsi sulle opportunità disponibili per ridurre la necessità per gli africani di cercare fortuna altrove. Creando le opportunità ed eliminando la necessità dell'immigrazione, ha spiegato, Europa e Africa spenderanno meno fondi: "Il tipo di investimento effettuato per gli immigrati è così grande che se investito in Africa, potremmo creare industrie. Il problema non è l'Europa, abbiamo la nostra giusta parte della colpa che dobbiamo assumere ", ha concluso Kagame. Riprendendo l’argomento sempre nel dicembre 2018 ( clicca qui), alla conclusione degli stati generali del Rwanda, l’Umushyikirano una sorta di assemblea nazionale in cui politici e amministratori si confrontano pubblicamente sui problemi del Paese, il presidente ruandese ha ulteriormente sottolineato come nessun giovane africano debba lasciare il continente rischiando la propria vita  per cercare fortuna altrove, dovendo essere invece  in grado di trovare tutte le soluzioni e le opportunità nel proprio Paese d'origine. “Se proprio devono emigrare - in Europa o in qualsiasi altra parte del mondo - allora lo facciano in modo ordinato, dove non abbiamo a che fare con un'ondata di persone in fuga dai loro paesi sotto qualsiasi pretesto, o alcune vere ragioni che potrebbero essere affrontate in modo genuino senza che ciò si traduca in problemi ", ha affermato Kagame. E per quelli che sono già emigrati dovrebbe esserci una collaborazione tra l'Europa e l'Unione Africana per garantire un adeguato processo d’integrazione o, diversamente, un ordinato e facilitato ritorno a casa. Non c’è altra soluzione magica nell'affrontare la crisi dell'immigrazione se non risolvere problemi socioeconomici irrisolti nel continente, in modo che “per coloro che non hanno ancora lasciato l'Africa, possiamo lavorare a situazioni migliori in termini di sicurezza e garantire che abbiano tutto ciò di cui hanno bisogno per soddisfare le loro aspirazioni e rimanere nei loro paesi.” Un’analisi lucida e realistica di un fenomeno che sulle due sponde del Mediterraneo ha letture contrastanti; con la parte africana, dove alla voce dei politici si accompagna anche quella dei vescovi, da ultimi quelli del Ghana e della Nigeria, che manifesta la volontà di offrire ai propri giovani le condizioni perché il diritto a non emigrare diventi realtà.

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