Il ministro Kallymr in visita a Gashora (The New Times) |
Il ministro norvegese per la giustizia e l'immigrazione,
Joran Kallymr, in visita in Rwanda ha confermato la volontà della Norvegia di
rendersi disponibile ad accogliere fino a 600 rifugiati africani che il Rwanda
ospiterà nel campo di transito di emergenza di Gashora. Come riferito in nostri
precedenti
post, il Rwanda ha aperto questa struttura, con il supporto dell’agenzia
dell’Onu per i rifugiati UNCHR, , fin
dall’agosto 2019 per accogliere i richiedenti asilo provenienti dai campi
di prigionia libici.Conversando con i giornalisti, come riferisce The NewTimes, Kallymr, pur non entrando nei particolari che non sono ancora stati
definiti, ha comunque chiarito quali
saranno i criteri coi quali la Norvegia individuerà i richiedenti asilo da
accogliere. Fermo restando che l’UNCHR dovrà vagliare i requisiti degli aventi diritto, che
saranno poi riscontrati dalle autorità norvegesi, all’interno di coloro che
saranno riconosciuti come rifugiati, saranno innanzitutto privilegiate le
famiglie, così da evitare future richieste di ricongiungimento familiare. Non
saranno accettati migranti economici. Tale scelta discende dalla posizione
della Norvegia in materia di immigrazione, riconfermata dal ministro quando
sottolinea:“Ci sono circa 40.000 migranti in Libia e tutti vogliono venire in
Europa. Non c'è alcuna possibilità che tutti vengano, perché stiamo elaborando
il reinsediamento solo per coloro che sono veri rifugiati, che non possono
tornare nei loro paesi di origine perché saranno perseguiti illegalmente e
trattati in modo disumano ". Linea che può essere riassunta dal
messaggio che l’Unione Europea dovrebbe, secondo il ministro Kallymr, far
chiaramente pervenire agli aspiranti migranti: se volete venire in Europa l’unica
via è quella che passa attraverso l'UNHCR e non certo per l’attraversamento
illegale del Mediterraneo scontando tanti lutti e tanti maltrattamenti. L’iniziativa
della Norvegia per reinsediare i profughi mira a condividere l'onere con il Rwanda,
che va elogiato per "aver cercato
di risolvere i problemi africani sul suolo africano", ma suona anche come appello
alle altre nazioni europee a fare la propria parte seguendo questo modello.
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