"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


sabato 27 settembre 2014

Negli ospedali rwandesi gli ammalati devono provvedere ai propri pasti

Anche per chi si ritiene conoscitore del Rwanda qualche volta capita di  imbattersi in vere e proprie sorprese. E’ quanto abbiamo appreso da un articolo apparso su The New Times, in cui una vecchia conoscenza di questo blog,  Sunny Ntayombya, ci apre uno scenario per noi sconosciuto e, a dire il vero, sorprendente. Riferendo, infatti, di una sua partecipazione a una manifestazione per la raccolta fondi a favore di una Ong locale, Africa Solid, non nascondeva la propria sorpresa nell’apprendere che i fondi raccolti servivano per finanziare l’acquisto di pasti da portare agli ammalati dell’Ospedale universitario di Kigali (CHUK), non in grado di provvedere autonomamente. L’autore dell’articolo si domanda, quasi sconsolato “perché dovrebbero essere le famiglie piuttosto che delle Ong a dover pensare a nutrire i pazienti nei nostri ospedali, quando in tutto il mondo gli ospedali nutrono i loro pazienti?” La risposta gli arriva da uno dei volontari di Africa Solid: “perché il CHUK e gli altri ospedali in tutto il paese semplicemente non hanno fondi sufficienti  per comprare le medicine  e provvedere all'alimentazione dei pazienti”.L’articolo, che ha suscitato numerose reazioni tra i lettori de The New Times, si conclude con l’invito alle assicurazioni sanitarie, probabilmente la tanto pubblicizzata Mutuelle de Santé che dovrebbe coprire tutti i cittadini rwandesi, perché si facciano carico, magari aumentando i premi assicurativi, dei pasti dei loro assistiti. Diversamente provveda il governo.Come si vede siamo di fronte a uno scenario sorprendente:  scoprire un aspetto non propriamente in linea con i tanto conclamati progressi della società rwandese.

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