"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


giovedì 29 settembre 2011

L'imigongo

Nel 19 ° secolo il principe Kakira, figlio del re di Gisaka, che viveva nella zona di Kibungo, approntò un metodo originale per abbellire la propria dimora. Cominciò a decorare gli interni della sua casa con motivi geometrici che raccolsero l’approvazione entusiasta del padre che destinò i locali così decorati ad accogliere gli ospiti. Ben presto questa pratica si diffuse, fi o a diventare una vera e propria arte, oggi conosciuta come imigongo. Imigongo è il plurale della parola Umugongo che ha diversi signifi cati: la parte posteriore di una persona o di un animale, la cresta di una collina, la nervatura di una foglia, ecc.In Rwanda con il termine imigongo si identificano i pannelli con dipinti in rilievo, dominati da motivi geometrici, dai colori che possono variare dal bianco al nero, dal rosso marrone fino al grigio perla e al giallo beige. Il materiale che, spalmato su un supporto ligneo su cui previamente è stato tracciato con un carboncino il disegno che caratterizzerà l’imigongo, dà forma al rilievo è fatto di un impasto di sterco di vitello o di mucca con cenere e urina. Sono le donne che con pollice e indice modellano l’impasto fino a far apparire triangoli (isoscele o equilatero), rombi, parallelogrammi, quadrati o spirale singola o doppia. Dopo l’operazione di modellazione, la superficie sarà ricoperta da uno strato di una sostanza ottenuta da una pianta chiamata umutobotobo che la renderà liscia. Dopo 24 ore verrà passato un sottofondo giallobeige e quindi verranno applicati i colori desiderati. Fatto asciugare il tutto ecco l’imigongo, pronto per andare ad abbellire una parete, come aveva previsto il principe Kakira.
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sabato 24 settembre 2011

Rischia il licenziamento il dipendente pubblico che non consegue gli obiettivi

I funzionari pubblici rwandesi sono periodicamente sottoposti a processi valutativi  delle loro performances lavorative da parte dei superiori, come avverrebbe in una qualsiasi moderna azienda privata. Forse con la differenza che eventuali giudizi negativi  che possono precludere a un avanzamento di carriera o a un miglioramento retributivo nel settore privato, per i pubblici dipendenti rwandesi  che non raggiungono la sufficienza, cioè una valutazione di 60 su 100, può anche comportare, ma non ditelo al nostro ministro Brunetta,  il licenziamento.Secondo l’agenzia Syfia  che cita i risultati  di uno studio condotto di recente  dalla Commissione per la funzione pubblica del governo del Rwanda, è questo uno dei motivi principali, unitamente alla eccessiva disparità di  trattamento economico, al cattivo clima lavorativo e alla cattiva gestione, che portano circa il quaranta per cento dei dipendenti pubblici a cambiare lavoro. Secondo i vigenti regolamenti ogni dipendente pubblico deve sottoscrivere  un contratto di performance  che comporta: pianificazione del lavoro, identificazione degli obiettivi da conseguire,  con verifica e valutazione dell’avanzamento del lavoro dopo sei mesi  e analisi  e valutazione  del rendimento annuale. Poiché non sempre i criteri applicati nella valutazione sono oggettivi, o per scarsa professionalità dei superiori gerarchici preposti alla valutazione  o, molto più spesso, per palese casi di favoritismo, molti dipendenti pubblici preferiscono cambiare aria. Diversi fra  quelli che hanno subito il licenziamento a seguito dei giudizi valutativi negativi  sollevano invece  un contenzioso amministrativo con la pubblica amministrazione per vedersi reintegrati nel loro posto, trovando qualche volta soddisfazione da parte dell’Ufficio dell’Ombudsman. Dal 2008  al luglio scorso l’apposita commissione della Funzione pubblica ha ricevuto più di 1500 ricorsi inerenti ingiustizie subite sul posto di lavoro, riguardanti appunto le  valutazione delle prestazioni lavorative, con una certa percentuale di donne vittime di discriminazione per aver  resistito alle avances sessuali dei colleghi di lavoro.   

giovedì 22 settembre 2011

Visto per l'Italia:meglio evitare il transito da Bruxelles

Se un rwandese intende  chiedere il visto per l'Italia  è meglio che preveda di viaggiare con Ethiopian Airlines direttamente su Roma o Milano piuttosto che viaggiare con Brussels Airlines trasitando per Bruxelles. Potrà sembrare strano, ma questo suggerimento viene direttamente dagli addetti dell'ambasciata belga di Kigali. Infatti, nel motivare il proprio diniego al rilascio di un visto richiesto da un cittadino rwandese  alle autorità italiane, come riferito nel nostro post del 24 agosto , dopo aver avanzato una serie di obiezioni che avrebbe dovuto semmai sollevare l'autorità italiana in fase di istruttoria, l'addetto all'ambascita belga suggerisce la richiesta di un visto limitato al territorio italiano, evitando quindi il transito da Bruxelles, o di rifare la domanda.    Non sappiamo quanto piacere faccia  alla Brussels Airlines e alla società che gestisce l'aeroporto di Bruxelles, a cui competono le cospicue tasse che si pagano  su ogni biglietto aereo per lo scalo, sapere che gli addetti dell'ambasciata del proprio paese sconsigliano di prevedere il Belgio come frontiera d'entrata in Europa, facendo così da addetti commerciali...... dell'Etiopia.L'argomento visti  riserva sempre  delle scoperte sconcertanti, meritando così la nostra attenzione. 

sabato 17 settembre 2011

Dossier Rwanda di Jeune Afrique

In occasione del recente viaggio del presidente rwandese, Paul Kagame, a Parigi, il settimanale Jeune Afrique ha dedicaro al Rwanda un dossier ampio e articolato dal titolo impegnativo: Rwanda: a tout d'un grand. Si parte dalla presentazione del viaggio del Presidente, che il settimanale definisce con efficace simpatia come"cet adepte du développement autoritaire et de la démocratie surveillée" "questo adepto dello sviluppo autoritario e della democrazia sorvegliata", per passare in rassegna  tutto quanto fatto in questi tre lustri, trascorsi dalla guerra civile del 1994, per fare del Rwanda appunto un paese che " ha tutto d'un grande". Sono elencati i progressi conseguiti nei diversi campi sociali ed economici, i progetti in cantiere, ancora in attesa  di attuazione, ma che dovranno dare ulteriore slancio al giovane paese africano, sono presentate alcune storie di successo della rampante nuova classe media rwandese che sta facendo di Kigali la città che si candida ad essere il centro  del turismo congressuale del continente, senza disdegnare di  puntare molto sull'informatica e su internet  e quanto altro necessario per attrarre nuovi investimenti dall'estero che diano ulteriore slancio all'economia del paese.Il dossier non manca di sottolineare anche l'altra faccia del Rwanda, quello delle campagne, in cui la riduzione della povertà non procede con la medesima velocità che caratterizza il trend di sviluppo della capitale. Nel complesso  ci troviamo di fronte a un dossier che pur lodando  il modello rwandese, non manca di sottolinearne anche le criticità come la forte disuguaglianza nei redditi, "con più della metà della popolazione che vive con solo 0,43 dollari al giorno", che potrebbe "intralciare i progressi e ravvivare le tensioni sociali". Ombre che non dovrebbero però, a detta del settimanale, mascherare l'essenziale "dopo l'incubo degli anni novanta, il paese ha saputo rimettersi in piedi in un decennio, così bene che, per il futuro, tutti i sogni di grandezza gli sono permessi".  

giovedì 15 settembre 2011

Distribuito il manuale del Progetto Mikan

Ecco la copertina del manualetto che viene distribuito alle coppie inserite nel Progetto Mikan. In quaranta pagine sono raccolte, naturalmente nella lingua locale Kinyarwanda, tutte le informazioni necessarie perchè i partecipanti al progetto possano viverne pienamente lo spirito e raccoglierne i frutti. Si va da una breve nota di Don Paolo Gahutu che inquadra il progetto nell'ambito della pastorale familiare della diocesi di Byumba, alla presentazione dell'Associazione Kwizera che ne illustra le origini e le finalità. La parte più consistente è dedicata alle nozioni che devono essere conosciute per poter allevare la propria capra e accompagnarla al parto, allevare quindi  il capretto fino a svezzarlo per poterlo consegnare alle coppie in attesa. In appendice sono elencate le regole che devono essere rispettate dai vari protagonisti del progetto, perchè il delicato meccanismo possa funzionare efficacemente, così come nei fatti sta avvenendo.Ricordiamo che al manuale si affianca l'attività formativa, di assistenza e coordinamento del dinamico responsabile del Progetto, il tecnico Damasceno.Ad oggi  sono ormai più di cinquecento le famiglie che hanno o stanno partecipando al  Progetto Mikan. L'esperienza sta dando i suoi frutti e si sta diffondendo velocemente nelle parrocchie della diocesi, i numeri sono quindi destinati ad aumentare.  
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venerdì 9 settembre 2011

Gli indiani subentrano ai libici nella telefonia mobile

La società indiana Bharti Airtel  ha ottenuto ieri la licenza di telefonia mobile in Rwanda.Bharti Airtel, la quinta compagnia a livello  mondiale nelle telecomunicazioni, si è impegnata a investire in Rwanda, per i prossimi tre anni, 100 milioni di dollari, di cui trenta per l’acquisizione della licenza.Bharti Airtel diventa il terzo operatore e affiancherà MTN Rwanda e TIGO Rwanda che si spartiscono il mercato locale, con 2.824.874 e 1.300.159 abbonati rispettivamente, dopo che all’altro vecchio operatore Raundatel, a capitale libico,  era stata revocata la licenza per inadempimenti contrattuali.Bharti Airtel è già presente  in tutta l'Asia e in  Africa con oltre 230 milioni di abbonati. In particolare è attiva in altri tre paesi dell'Africa orientale: Kenya, Uganda e Tanzania.

martedì 6 settembre 2011

Vi fareste operare di appendicite dal vostro parroco?

Dopo essersi chiesti che razza di domanda è mai questa, tutti risponderebbero di no e di preferire ricorrere a un medico chirurgo. Analogamente risponderebbero se si chiedesse a chi farebbero progettare una casa, piuttosto che curare un animale o ancora quali fertilizzanti usare su un determinato terreno: di volta in volta il preferito sarebbe l’ingegnere, il veterinario e l’agronomo.Se la domanda fosse invece: fareste gestire i vostri investimenti o impiantare un’azienda al vostro parroco, la risposta non sarebbe così pronta  e puntuale. Si direbbe che sì forse si potrebbe anche affidarsi al parroco, in fin dei conti dovrebbe essere onesto e quindi non si rischierebbe di vedersi derubati. Chiunque vede la debolezza di una simile risposta. Nessuno si farebbe incidere la pancia se non da un chirurgo, convinti che solo una simile figura professionale abbia le conoscenze e le capacità per effettuare una simile operazione, mentre si è pronti ad affidarsi con fiducia a un non esperto per gestire fatti e intraprese economiche, accontentandoci della sola presunta onestà. Come si vede è ben strana una simile logica. Si pretende, giustamente, dal medico che ci opera che abbia compiuto gli studi necessari e abbia maturato la necessaria pratica, mentre a un sacerdote viene riconosciuta la capacità di gestire un’azienda, come potrebbe essere una diocesi, per il solo fatto di averne ricevuto l’incarico dal proprio vescovo. Eppure, come si devono studiare materie per esercitare la medicina, ci sono anche corsi ben definiti per appropriarsi delle conoscenze in economia e in gestione d’impresa. Se bastasse buon senso e onestà per gestire gli affari economici di una qualsiasi organizzazione, anche ecclesiale, non si capisce perché tanti studenti perdano tempo e soldi per frequentare le facoltà di economia  e qualche corso manageriale. Certo, ci sono fior di grandi manager che, partiti magari da studi di filosofia, sono arrivati a gestire grandi aziende, facendo però un percorso all’interno di imprese strutturate dove era quotidiano il confronto con manager depositari delle conoscenze e delle  tecnicalità proprie delle varie specializzazioni aziendali. E allora, fareste gestire la vostra azienda dal vostro parroco, senza che questi abbia almeno i necessari supporti di esperti in materia?    

venerdì 2 settembre 2011

Copricapo usa e getta per i passeggeri dei mototaxi

Ha raccolto molto consenso tra i cittadini di Kigali la decisione assunta dal Comune di Kigali, dal Ministero della Salute e dalle associazioni degli operatori del settore di prevedere per le migliaia di passeggeri dei mototaxi,  che ogni giorno si spostano da un capo all'altro della città, l’uso di un copricapo usa e getta, tipo una cuffia da doccia, da indossare sotto il casco. Si pone in tal modo fine alle lamentele per caschi sporchi e puzzolenti, a volte anche causa di infezioni alla pelle, che i passeggeri si trovavano a inforcare, magari a fine giornata dopo che erano passati di testa in testa sotto il sole cocente della capitale. L’unico motivo di discussione è il prezzo dei nuovi copricapo, naturalmente importati dalla Cina, che ammonta a 50 Frw cadauno; c’è chi ne vorrebbe dimezzare l’ammontare che incide in maniera significativa sul prezzo della corsa. Comunque un’iniziativa che si è meritata anche l’editoriale odierno de The New Times.

giovedì 1 settembre 2011

Un cuore e una capretta

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo del Gruppo San Matteo in Nave.

A noi del Gruppo San Matteo, - che insieme con altri gruppi aderiamo al progetto dell’asilo di Kagera, - anche il progetto Mikan ci aveva preso il cuore.…. Il fatto di donare concretamente una capretta alle giovani coppie, che a loro volta avrebbero poi donato ad un’altra coppia la prima capretta femmina nata e così via …. ci… intrigava assai, ci prendeva così tanto che una sera ritrovatoci come di consueto per decidere il da farsi, Nedo  lanciò un’idea che ci piacque molto. Pensammo di  “creare” caprette disegnandole  su cartoncino colorato e proporle a persone di buon cuore, che adottandone una,  capissero il profondo significato qual è il progetto Mikan.  In questo modo sarebbe stato come se fossero loro stessi ad acquistare e consegnare personalmente la capretta alla coppia in attesa… E così è iniziato tutto. In breve  le immagini hanno  preso vita, seppure su carta, molte persone sensibili e di gran cuore le hanno adottate facendo offerte  con le quali   una volta in Rwanda, la delegazione dell’Ass. Kwizera  avrebbe tramutato tutto questo in realtà, acquistando le caprette e  consegnandole alle giovani coppie aderenti al progetto Mikan.