Dal documento preparatorio del Sinodo Africano riprendiamo questo passaggio relativo all'ambito socio-economico che caratterizza la vita del continente.
2. L’ambito socio-economico
24. Nel mondo degli affari, alcuni dirigenti d’impresa e alcune corporazioni di uomini e donne d’affari hanno la ferma volontà di risanare e raddrizzare l’economia del Paese: le vie di comunicazione in certe regioni, se non a livello continentale, sono migliorate; istituzioni finanziarie sono state create da africani, ecc. In sostanza, si scopre una volontà di creare ricchezza per ridurre la povertà e la miseria, e migliorare la salute delle popolazioni.
25. Questi sforzi sono ancora rallentati dal malfunzionamento delle istituzioni statali che dovrebbero accompagnare gli attori economici. Poiché in Africa manca un mercato interno che potrebbe creare un ambiente economico favorevole alle produzioni locali, i prezzi di queste, spesso fissati dai richiedenti, sono bassi. I piccoli produttori difficilmente hanno accesso ai crediti e il cattivo stato delle infrastrutture di comunicazione impedisce uno smercio fluido dei loro prodotti. Ne consegue che i giovani dei villaggi, di fronte alla mancanza di una politica agraria, non riescono più a restare nel loro ambiente. La città, però, non è la risposta poiché il tasso di disoccupazione aumenta. I lavoratori percepiscono salari miseri quando, semplicemente, non sono pagati. In alcune regioni, sussiste ancora la schiavitù. Le tasse sono eccessivamente alte e, a volte, illecite. Inoltre, l’aiuto internazionale alle istituzioni che si preoccupano della sorte delle popolazioni è spesso accompagnato da condizioni inaccettabili. Quanto alle materie prime, sono sfruttate con licenze di cui si ignorano i criteri di attribuzione; i proventi finanziari sono largamente sottratti da alcuni provocando, così, una ripartizione disuguale di tali ricchezze nella società.
26. I programmi di ristrutturazione delle economie africane, proposti dalle istituzioni finanziarie internazionali, si sono rivelati funesti. Le ristrutturazioni “imposte” hanno comportato, da una parte, l’indebolimento delle economie africane e, dall’altra, il degrado del tessuto sociale con l’aumento, di conseguenza, del tasso di criminalità, l’allargamento del divario tra ricchi e poveri, l’esodo dalle zone rurali e la sovrappopolazione delle città [25].
27. La crisi alimentare e quella energetica hanno già colpito il nostro continente e manifestano l’urgenza di soluzioni globali e di reazioni etiche ai disordini provocati dai mercati.
28. Le multinazionali continuano ad invadere gradualmente il continente per appropriarsi delle risorse naturali. Schiacciano le compagnie locali, acquistano migliaia d’ettari espropriando le popolazioni delle loro terre, con la complicità dei dirigenti africani. Inoltre, recano danno all’ambiente e deturpano il creato che ispira la nostra pace e il nostro benessere, e con cui le popolazioni vivono in armonia.
29. La crisi che colpisce oggi le istituzioni finanziarie riguarda anche il continente, a più livelli:
- gli investimenti diretti stranieri rischiano di diminuire;
- le istituzioni finanziarie africane beneficeranno difficilmente di crediti dalle banche occidentali per fare, a loro volta, prestiti alle imprese e agli individui, così che ne risentirà l’economia reale;
- l’aiuto allo sviluppo rischia di soffrirne, in quanto i progetti finanziati da fondi esteri (in difficoltà) potrebbero essere sospesi, e gli impegni dei Paesi industrializzati nei confronti di quelli poveri rischiano ugualmente di esserlo;
- a causa della recessione, sui mercati sviluppati la domanda di produzioni africane (in particolare di materie prime) potrebbe diminuire.
Si impone pertanto una riflessione sul fatto che l’Africa (tranne il Sudafrica) sia esclusa dalla ricerca di soluzioni al sistema finanziario internazionale attuale.