"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


lunedì 5 gennaio 2009

Da ateo, credo veramente che l'Africa abbia bisogno di Dio

"I missionari e non gli aiuti economici sono la soluzione del più grande problema dell'Africa: la devastante passività dell'atteggiamento mentale della gente". Questo è il messaggio/provocazione contenuto in un interessante articolo comparso su un recente numero di  The Times da  Matthew Parris, un giornalista con radici africane e dichiaratamente ateo. Il testo in italiano è leggibile cliccando il titolo del post, mentre si può accedere direttamente all'originale inglese cliccando qui (english version). 

Sarebbe bello avere qualche commento da chi vive in prima persona la realtà descritta nell'articolo. 


1 commento:

Anonimo ha detto...

Ho letto l'articolo un po’ provocatorio! Anch'io credo fermamente che l'Africa abbia bisogno di Dio, abbia bisogno di uomini che hanno una fede forte, che possano avere la vera Luce. Diversamente, con le luci del mondo attuale che arrivano nei nostri paesi dove tanti non hanno potuto studiare per potere confrontarsi con gli altri e fare la scelta personale, corriamo il rischio di seguire lo spirito del mondo invece di trasformare l'Africa sviluppandola contemporaneamente con i valori che ci vengono dal Signore. Il mio sogno è di vedere realizzarsi l'istruzione di tanti giovani rwandesi e africani in generale. Secondo me, preferisco vivere nella povertà andando a scuola ma sapendo che dopo15 anni camminerò gioiosamente sulle mie gambe piuttosto che ricevere da mangiare, da vestirsi,cellulari...rimanendo nell'ignoranza e senza istruzione. Dopo un po’ di tempo passato in Europa, vedo che la gente si sviluppa perchè ha un progetto da portare avanti e ciò é possibile perchè ha avuto la possibilità, con l'istruzione, di allargare i propri orizzonti. Speriamo che ce la faremo. Ayons l'espoir pour le Rwanda (abbiamo speranza per il Rwanda) come diceva un sacerdote rwandese Andrea SIBOMANA.