Il bilancio 2022 dell'Associazione Kwizera odv, predisposto secondo il modello previsto dalla normativa vigente in materia, evidenzia una raccolta fondi di 17.040 euro. In Rwanda sono stati inviati 15.000 euro, mentre 500 euro, come l’anno scorso, sono stati donati a padre Damiano in Libano ed altri 500 euro sono stati inviati alla Caritas diocesana per gli aiuti alle popolazioni dell’Ucraina, mentre 2.000 euro della Raccolta parrocchiale sono stati inviati all’Ufficio missionario diocesano a favore di don Filippo Macchi. Si ricorda che in Rwanda è stato anche portato e consegnato al Posto di Sanità di Mubuga un ecografo portatile del valore circa 3.000 euro, donato dalla dottoressa Marinella Poggi. Complessivamente è stato quindi inviato in Rwanda un controvalore di 15.000 euro. Le spese sono state contenute in un totale di euro 1.242, per spese postali, bancarie e assicurative oltre alle spese inerenti la Missione 2022, per le quali si è attinto, come sopra detto, a specifica contribuzione. Al Progetto Adozioni, che coinvolge 33 bambini e ragazzi, sono andati Frw 2.930.000.Alla gestione dell’Asilo Carlin sono stati destinati per il pagamento degli stipendi delle tre insegnanti e le refezioni di mezza mattina Frw 2.660.400, non comprensiva degli stipendi dei primi 8 mesi, i cui conteggi non sono ancora stati confermati dalla parrocchia di Nyagahanga, a cui vanno aggiunti Frw 2.294.500 per la sostituzione della cisterna ed altri lavori di manutenzione (rifacimento pavimenti). Al Progetto Batwa, che questo anno si è concretizzato nella distribuzione di 5 kg di fagioli e 5 kg di farina di mais ai 65 nuclei familiari della comunità dei pigmei di Kibali e ai 28 nuclei della comunità di Miyive, sono stati destinati Frw 800.000, mentre il sostegno al monastero delle Clarisse di Nyinawimana, consistente in un contributo mensile di 100.000 Frw, sono stati destinati complessivamente Frw 1.310.000. Tra le altre spese vanno ricordate quelle erogate ai collaboratori locali e per sante messe per 800.000 Frw, a cui si aggiungono le spese relative alla gestione in loco (affitti, missione, spese varie) ammontanti a Frw 750.000. Altre spese hanno riguardato: l’acquisto di 4 cisterne, a ricordo del matrimonio di Gigi e Claudia, per un controvalore di Frw 1.440.000; il finanziamento di un alveare della parrocchia di don Paolo per Frw 500.000; interventi caritativi vari per Frw 1.150.000 (un intervento sanitario, l’acquisto di lamiere in occasione di danni da maltempo e consegna di beni di conforto ai carcerati).
"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI
venerdì 26 maggio 2023
lunedì 15 maggio 2023
La lettura del fenomeno migratorio da parte del presidente del Rwanda
Nel momento in cui il Rwanda ritorna all'attenzione dei media per il controverso accordo (clicca qui) sottoscritto con la Gran Bretagna sulla gestione dei migranti, ci pare interessante andare a conoscere come la pensi in materia di migrazioni il presidente ruandese Paul Kagame. Al riguardo ci sembrano chiarificatrici due prese di posizione del 2018 di Kagame, quando ricopriva il ruolo di presidente dell’Unione Africana. Nella prima, del 7 dicembre 2018, in margine all’incontro con il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, in visita ufficiale in Rwanda, Kagame, parlando della cooperazione Europa-Africa, con particolare riferimento al problema migratorio era stato particolarmente diretto nello smontare certa vulgata immigrazionista da noi particolarmente diffusa. Infatti, come riferito dalla stampa locale, dopo aver ricordato i molti africani che hanno perso la vita nei loro viaggi e dei molti ancora bloccati ai punti di confine, Kagame si era posto il problema di come il fenomeno migratorio “possa essere gestito correttamente anche se avremmo dovuto farlo molto tempo fa, ma non è mai troppo tardi per fare la cosa giusta”. Ha detto che l'immigrazione è aumentata perché alcuni africani sentono che il loro continente non offre le condizioni di base per vivere una vita dignitosa. Per questo, "la partnership tra Europa e Africa dovrebbe mirare a creare un ambiente per mantenere i nostri giovani e garantire loro che stare nel proprio continente o Paese è meglio per loro potendo trovare sicurezza e lavoro". Purtroppo, secondo Kagame, andando all’origine del fenomeno, la crisi dell'immigrazione è peggiorata, per certi versi, da quando a causa dell'invito e dell'istigazione, prima della crisi, di una parte di alcuni Paesi europei agli immigrati africani ad andare in Europa, promettendo loro una vita migliore. "Se si guarda alla storia di questa migrazione, da molto tempo, l'Europa incita o invita le persone ad andare in Europa. Il messaggio era "i tuoi paesi africani sono governati male e tu dovresti venire da noi". L'impressione è stata che se hai un problema nel tuo paese, sia esso falso o vero, vieni nel nostro paradiso. E la gente è venuta. Al punto che le persone non possono più avere immigrati ", ha detto il presidente, aggiungendo altresì che col tempo, l'Europa è stata travolta dall'ondata di immigrati. Andando avanti, ha aggiunto, i due continenti dovrebbero concentrarsi sulle opportunità disponibili per ridurre la necessità per gli africani di cercare fortuna altrove. Creando le opportunità ed eliminando la necessità dell'immigrazione, ha spiegato, Europa e Africa spenderanno meno fondi: "Il tipo di investimento effettuato per gli immigrati è così grande che se investito in Africa, potremmo creare industrie. Il problema non è l'Europa, abbiamo la nostra giusta parte della colpa che dobbiamo assumere ", ha concluso Kagame. Riprendendo l’argomento sempre nel dicembre 2018 ( clicca qui), alla conclusione degli stati generali del Rwanda, l’Umushyikirano una sorta di assemblea nazionale in cui politici e amministratori si confrontano pubblicamente sui problemi del Paese, il presidente ruandese ha ulteriormente sottolineato come nessun giovane africano debba lasciare il continente rischiando la propria vita per cercare fortuna altrove, dovendo essere invece in grado di trovare tutte le soluzioni e le opportunità nel proprio Paese d'origine. “Se proprio devono emigrare - in Europa o in qualsiasi altra parte del mondo - allora lo facciano in modo ordinato, dove non abbiamo a che fare con un'ondata di persone in fuga dai loro paesi sotto qualsiasi pretesto, o alcune vere ragioni che potrebbero essere affrontate in modo genuino senza che ciò si traduca in problemi ", ha affermato Kagame. E per quelli che sono già emigrati dovrebbe esserci una collaborazione tra l'Europa e l'Unione Africana per garantire un adeguato processo d’integrazione o, diversamente, un ordinato e facilitato ritorno a casa. Non c’è altra soluzione magica nell'affrontare la crisi dell'immigrazione se non risolvere problemi socioeconomici irrisolti nel continente, in modo che “per coloro che non hanno ancora lasciato l'Africa, possiamo lavorare a situazioni migliori in termini di sicurezza e garantire che abbiano tutto ciò di cui hanno bisogno per soddisfare le loro aspirazioni e rimanere nei loro paesi.” Un’analisi lucida e realistica di un fenomeno che sulle due sponde del Mediterraneo ha letture contrastanti; con la parte africana, dove alla voce dei politici si accompagna anche quella dei vescovi, da ultimi quelli del Ghana e della Nigeria, che manifesta la volontà di offrire ai propri giovani le condizioni perché il diritto a non emigrare diventi realtà.
mercoledì 3 maggio 2023
A proposito dei confini tra Rwanda e R.D. del Congo
Un recente intervento del presidente ruandese Paul Kagame a proposito dei confini tra Rwanda e R.D. del Congo ha risollevato il problema delle affinità culturali di lunga data dei ruandofoni nei Grandi Laghi che potrebbero sembrare rafforzare le affermazioni storiche di Kigali su parti del Congo orientale, ma, come appare in questo contributo apparso sulla rivista African Arguments a firma Gillian Mathis, le cose sono più complicate di quanto sembri.
Le affinità culturali di lunga data dei ruandofoni nei Grandi Laghi possono sembrare rafforzare le affermazioni storiche di Kigali su parti del Congo orientale, ma è più complicato di quanto sembri.Due settimane fa, il presidente ruandese Paul Kagame ha dato la sua opinione storica sul confine che separa il Ruanda dal Congo, spinto dalla risorgente ribellione dell'M23. "I confini che sono stati tracciati durante il periodo coloniale hanno diviso i nostri paesi", ha detto. “Gran parte del Ruanda è stata lasciata fuori, nel Congo orientale, nell'Uganda sudoccidentale e così via. Hai popolazioni in queste parti di altri paesi che hanno origini ruandesi. Ma non sono ruandesi, sono cittadini di quei paesi che hanno assorbito quelle parti del Ruanda in epoca coloniale. Quindi questo è un dato di fatto. È un fatto storico... E a queste persone sono stati negati i loro diritti". Sebbene non vi fosse alcuna esplicita rivendicazione territoriale nella sua proposta, è stata interpretata negli ambienti congolesi come un desiderio di ridisegnare i confini del Ruanda e di annettere parte del Congo . Questa interpretazione non è del tutto sorprendente data una storia più lunga di tali rivendicazioni territoriali nei discorsi pubblici ruandesi che risalgono almeno alla prima guerra del Congo nel 1996-1998. Inoltre, alimenta i timori congolesi di "balcanizzazione": l'idea che il Rwanda (e talvolta l'Uganda) voglia annettere una parte del territorio congolese per beneficiare delle sue risorse naturali a scapito dei congolesi . La battaglia sul terreno nel Nord Kivu si prolunga così come una battaglia di parole, in cui la storia è diventata un'arma nelle lotte di potere su identità e geopolitica. Mentre in Rwanda queste argomentazioni storiche risalgono al periodo precedente alla spartizione della regione da parte dei colonizzatori tedeschi e belgi, in Congo queste argomentazioni utilizzano anche rivendicazioni imperiali nonché il principio dell'intangibilità dei confini africani come stipulato dall'Organizzazione dell'Unità Africana in 1964 . L'eminente storico congolese Isidore Ndaywel è Nziem, ad esempio, ha ribattuto che invece di aver perso il Ruanda con il Congo, era vero il contrario: “Per quanto riguarda i confini ruandesi-congolesi, non c'è ambiguità. Se torniamo alla prima mappa della regione…del 1885, è il Congo che ha terra da reclamare dal Rwanda, e non viceversa, perché in questa mappa iniziale, la parte occidentale del Rwanda era congolese ” .