"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


giovedì 5 febbraio 2015

Intrighi dietro l'uccisione delle tre suore in Burundi

 “Ci auguriamo che la verità emerga e che il giornalista in questione venga rilasciato; dubbi, sì, li abbiamo sul fatto che le sorelle fossero a conoscenza di questi traffici e stessero per denunciarli”: così le saveriane, in una nota della congregazione pervenuta alla MISNA relativa alle indagini sull’assassinio delle tre missionarie a Bujumbura il 7 settembre e in particolare all’arresto di Bob Rugurika, direttore dell’emittente Radio Publique Africaine. All’origine del fermo e della successiva incriminazione per “complicità in omicidio” una ricostruzione giornalistica che identifica come mandante degli assassinii il generale Adolphe Nshimirimana, ex capo dei servizi segreti tuttora vicino al presidente Pierre Nkurunziza. Stando a questa versione, suor Olga Raschietti, suor Lucia Pulici e suor Bernardetta Boggian sarebbero venute a conoscenza di malversazioni compiute da Nshimirimana, relative in particolare a traffici di medicinali e minerali che avrebbero coinvolto la parrocchia Guido Maria Conforti di Kamenge alla quale appartenevano le missionarie.Nella nota, firmata dalla superiora generale Giordana Bertacchini, si sottolinea ora la volontà di “mantenere il riserbo”. “Ci auguriamo – si legge nel comunicato – che la verità emerga e che il giornalista in questione venga rilasciato. Dubbi, sì, li abbiamo sul fatto che le sorelle fossero a conoscenza di questi traffici e stessero per denunciarli. La cosa sembra assolutamente inverosimile. Per il resto aspettiamo e ci auguriamo che la verità emerga e che giustizia sia fatta”.Al riguardo, risulta particolarmente forte la denuncia dello stesso Bob Rugurika, conosciuto difensore dei diritti umani, direttore della Radio Publique Africaine secondo il quale, come riferisce Il Sole 24 Ore,  «C'e' un silenzio totale da parte della comunita' internazionale, inclusi Governo italiano e Ue. Un caso sul quale, nonostante quello che vorrebbero farci credere, la verita' non e' stata nemmeno sfiorata. Questo silenzio irrita la comunita' locale e chi, in Burundi, lotta perche' sia fatta giustizia su questo come su altri casi».Un atto d'accusa forte che però non sorprende visto come il  governo italiano  aveva seguito la vicenda nelle sue fasi iniziali, quando non si era neppure sentita l’esigenza di far rientrare in sede l'ambasciatore a Kampala, Stefano Dejak, (dato genericamente in Europa, forse al seguito della moglie stilista,  impegnata proprio in quei giorni in un evento di moda a Londra), competente per il Burundi, e si era lasciata la gestione a una semplice incaricata d'affari che aveva rappresentato l'Italia ai funerali (vedi post).  

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