"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


martedì 19 maggio 2009

Al via la sperimantazione dei combustibili poveri. A base di banane

Riprendiamo da Panorama questa notizia di cui  non siamo in grado di valutare l'impotanza. Che ne penseranno i nostri amici rwandesi?

Di combustibili verdi si è già parlato abbondantemente, ma il futuro dell’Africa, è questa l’ultima novità in campo energetico, sta nei combustibili “gialli”. Joel Chaney, un giovanissimo ricercatore dell’Università inglese di Nottingham, ha infatti trovato un modo per trasformare le bucce di banana in energia.

Grazie a un procedimento molto semplice, i residui delle banane possono essere convertiti in barrette da bruciare per cucinare oltre che per illuminare e riscaldare gli ambienti. Utilizzando questo metodo i Paesi africani potrebbero significativamente ridurre la quantità di legname bruciata ogni anno -in Rwanda, Tanzania e Burundi, principali produttori di banane del continente, l’80 per cento della fornitura energetica annuale è garantita dal legname-, che a sua volta permetterebbe di contenere l’aumento del tasso di deforestazione, con benefici innegabili per il riscaldamento globale.

Chaney ha pensato all’Africa proprio per la presenza di abbondanti coltivazioni di banane. In Rwanda, ad esempio, sono usate per produrre vino e birra oltre che come frutta. Inoltre, la ricetta dei combustibili gialli necessita solo dell’utilizzo delle parti non commestibili della pianta. E se si pensa che per ottenere una tonnellata di banane se ne producono circa dieci di rifiuti, l’utilità di riutilizzarli risulta ancora più evidente.

Chaney racconta di aver avuto l’intuizione del combustibile giallo proprio in occasione di un viaggio in Rwanda. La ricetta è elementare: “sfruttando le proprietà collanti delle banane, bucce e foglie andate a male vanno impastate in una poltiglia cui va aggiunta un po’ di segatura, il composto va poi pressato per eliminare i liquidi e messo ad essiccare al sole per un paio di settimane”.

Per produrre le barrette di energia gialla non servono macchinari tecnologicamente avanzati né un know how particolare: “ecco perché l’Africa riuscirà a trarre vantaggi dalla nostra scoperta”, commenta Mike Clifford, supervisore di Chaney al dipartimento di ingegneria di Nottingham, lodando il suo laboratorio per aver sempre cercato di studiare soluzioni semplici e accessibili per i problemi basilari delle popolazioni di tutto il mondo.

Joel Chaney dà una dimostrazione della sua idea in questo filmato.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Questa sperimentazione è senz'altro una risposta a tanti problemi relative all'energia in Rwanda. Le autorità fanno tutto per per portare avanti lo sviluppo delle campagne. Se questa scoperta si facesse in Africa sarebbe meglio.