Accompagnati da don Paolo e da don Cleto, il parroco di
Nyagahanga, oggi ci siamo portati a Kagera, un pugno di case nel profondo della
campagna ruandese, dove sorge dal lontano 2012 l’asilo Carlin di cui qui trovate tutta la storia. Ad accoglierci le tre maestre, Esperance, Leocodie e
Liberata, che da anni prestano qui il loro servizio, alle dipendenze della
parrocchia a cui l’associazione Kwizera garantisce la corresponsione dell’intero
onere retributivo oltre alle altre spese di gestione dell’asilo. C’era anche il
capo della Centrale, la struttura di base su cui si articolano le parrocchie
ruandesi, nonché il direttore del vicino Centro scolastico, sotto la cui sorveglianza
il nostro asilo si appresta a finire dopo che ne sono stati verificati
positivamente i requisiti richiesti dalle autorità civili per strutture del
genere. C’erano ovviamente i bambini, circa una settantina, in numero inferiore
rispetto al passato, quando superavano il centinaio, in conseguenza dell’apertura
in zona di altro centro per l’infanzia.L’incontro è servito a verificare i
bisogni della struttura che annualmente necessita di manutenzione: quest’anno è
emersa la necessità di dotarsi, su richiesta delle autorità civili, di due
servizi igienici per portatori di handicap che provvederemo a realizzare a
breve. Va inoltre rifatta la targa con la foto di Carlin, in quanto ormai consunta,
e programmare una recinzione della zona giochi per preservare le attrezzature che
senza protezione sono soggette ad un veloce deterioramento.
Come l’anno scorso, le maestre hanno voluto riservarci un piccolo e simpatico segno di riconoscenza:25 uova, che abbiamo provveduto a consegnare alla cuoca della parrocchia di Mulindi, retta da don Paolo, dove siamo ospiti. Da parte nostra avevamo portato ai bambini dei dolci, che hanno golosamente consumato insieme alla bevanda a base di farina di sorgo che quotidianamente viene loro data a metà mattinata, ed alle maestre l’annuncio di un piccolo aumento del loro stipendio. Rileggendo le cronache del passato sembra il ripetersi delle solite scene, ma a ben pensarci è invece il perpetuarsi di una bella storia di solidarietà che vede la comunità grosina vicina e partecipe alla vita di una realtà lontana e meno fortunata.
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