"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


mercoledì 16 maggio 2018

Finalmente la CEI s'accorge che "aiutarli a casa loro" non significa scaricare il problema


La Commissione Episcopale per le Migrazioni della CEI ha indirizzato alle comunità cristiane la lettera “Comunità accoglienti, uscire dalla paura”. Il documento arriva in occasione del 25° anniversario del precedente, “Ero forestiero e mi avete ospitato” (1993). Nella lettera si leggono, finalmente, parole di  sano realismo sul fenomeno migratorio.Si riconoscono, infatti, gli oggettivi limiti posti all'accoglienza dalle condizioni che sta vivendo il Paese là dove nella lettera si scrive: “Siamo consapevoli che nemmeno noi cristiani, di fronte al fenomeno globale delle migrazioni, con le sue opportunità e i suoi problemi, possiamo limitarci a risposte prefabbricate, ma dobbiamo affrontarlo con realismo e intelligenza, con creatività e audacia, e al tempo stesso, con prudenza, evitando soluzioni semplicistiche. Riconosciamo che esistono dei limiti nell’accoglienza”. E ancora,  “Al di là di quelli dettati dall’egoismo, dall’individualismo di chi si rinchiude nel proprio benessere, da una economia e da una politica che non riconosce la persona nella sua integralità, esistono limiti imposti da una reale possibilità di offrire condizioni abitative, di lavoro e di vita dignitose. Siamo, inoltre, consapevoli che il periodo di crisi che sta ancora attraversando il nostro Paese rende più difficile l’accoglienza – si legge nella lettera - perché l’altro è visto come un concorrente e non come un’opportunità per un rinnovamento sociale e spirituale e una risorsa per la stessa crescita del Paese”.
I vescovi ribadiscono altresì, alla luce del costante insegnamentoo della Dottrina sociale della Chiesa, dopo che solo  pochi mesi fa sul portale della CEI era comparso l'infelice slogan   "aiutiamoli a casa loro significa scaricare il problema", che « il primo diritto è quello di non dover essere costretti a lasciare la propria terra. Per questo appare ancora più urgente impegnarsi anche nei Paesi di origine dei migranti, per porre rimedio ad alcuni dei fattori che ne motivano la partenza e per ridurre la forte disuguaglianza economica e sociale oggi esistente».
Diritto che non può certo essere alimentato dal modello, fin qui oggettivamente privilegiato anche in seno alla comunità ecclesiale, di una  comoda e passiva accoglienza, quando non anche lucrosa, di poche decine di migliaia di migranti economici, dimenticandosi del destino delle centinaia di milioni di persone del sud del mondo che  vogliono essere aiutati a vivere nella loro terra.Finalmente, viene riconosciuta legittimità  anche al lavoro dei tanti volontari, in gran parte provenienti dal mondo cattolico,  impegnati nei paesi in via di sviluppo per dare concretezza al richiamato diritto a non emigrare a quelle popolazioni. 
Meglio tardi che mai! 

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