"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


sabato 29 settembre 2012

Lettera aperta al prof Prodi sul Kivu

Illustre professore,
 
 
quale presidente del Gruppo di lavoro ONU-Unione Africana sulle missioni di peacekeeping in Africa pensiamo segua con preoccupazione l'evolversi della situazione della crisi che attanaglia da anni la zona del Kivu. Sul terreno continuano le violenze, mentre a livello diplomatico si è ben lontani da una possibile soluzione che possa mettere d'accordo i diversi protagonisti, a partire dai paesi confinanti, Rwanda e Uganda in primis, ben decisi a non mollare la presa sul ricco forziere congolese, la vera posta in gioco di questo macabro gioco diplomatico. Finora non sono state messe sul tavolo soluzioni plausibili. L'ipotesi avanzata in passato da esponenti dell'amministrazione americana di arrivare a una vera e propria spartizione del Kivu tra i vari paesi confinanti, obiettivo non troppo nascosto del Rwanda e dell'Uganda, se da una parte appagherebbe gli appetiti degli stessi, dall'altra creerebbe un precedente pericoloso che innescherebbe una corsa alla revisione dei confini che incendierebbe l'intero continente africano. Perchè invece non percorrere la strada di un accordo internazionale che consenta agli stati confinanti di ottenere, nelle forme e nei modi da stabilire, dei diritti contingentati di sfruttamento del ricco sottosuolo congolese, nè più nè meno di quanto fa la Cina in molti stati africani, a fronte di royalty riconosciute alla RDC, che manterrebbe l'autorità sul territorio salvo che non si voglia arrivare a una qualche forma di protettorato internazionale del Kivu come sperimentato in passato in altre zone del mondo. Si otterrebbe in un solo colpo più di un vantaggio. Cesserebbe il proliferare delle milizie locali che, al di là di tutto, hanno come scopo principale quello di mettere sotto il proprio controllo e sfruttare qualche miniera. La Repubblica democratica del Congo, palesemente incapace di esercitare la propria autorità statuale nel lontano Kivu, avrebbe almeno il vantaggio di beneficiare di parte delle proprie ricchezze di cui ora solo una minima parte arriva a Kinshasa. Gli stati vicini realizzerebbero il loro obiettivo, facendo così cadere ogni interesse a interferire negli affari interni della RDC. Nel caso del Rwanda, una soluzione come quella auspicata, non farebbe altro che portare finalmente allo scoperto e regolarizzare il grande flusso di materie prime, attualmente illegalmente contrabbandate a esclusivo beneficio dei maggiorenti dell'attuale classe politica detentrice del potere, mettendo in circolo nell'economia nazionale i cospicui ricavi che ne deriverebbero a beneficio dell'intera società rwandese.Cesserebbero in tal modo tutte quelle rivendicazioni, basate sul refrain dei confini imposti in epoca coloniale che hanno intaccato il territorio del Grande Rwanda, piuttosto che la tutela di minoranze tutsi rwandesi residente in territorio congolese, che periodicamente Kigali avanza per giustificare il proprio invadente interessamento per ciò che succede nel Kivu. Molto probabilmente in presenza di una bonifica dell'intero Kivu si risolverebbe anche il problema della presenza delle milizie della FDLR.Risultato non secondario, si porrebbe finalmente fine alla più onerosa e consistente missione ONU nel mondo (Monusco) che in tutti questi anni non ha certo fatto del marketing per l'ONU stessa.
L'altro ieri a conclusione della 67 esima assemblea dell'Onu, il segretario Ban Ki-moon incontrando i due principali protagonisti di questo affaire, il presidente congolese Kabila e quello rwandese Kagame, ha auspicato, facendosi interprete della preoccupazione di tutti i partecipanti all'assemblea, che si arrivi a una soluzione attraverso un accordo a partire proprio dai suoi due interlocutori, impegnandosi anche a mettere in campo un proprio inviato speciale che favorisca la soluzione di un problema che è già costato qualche milione di vittime. Nessuno tra i diversi mediatori, ultima in ordine di tempo Hillary Clinton, che si sono autocandidati a derimere il nodo del Kivu ha potuto mettere in campo, almeno fino ad oggi, quella terzietà dal punto di vista politico ed economico che è richiesta in un simile scacchiere, dove gli interessi geopolitici e quelli delle multinazionali sono di tutta evidenza. Allora ci si può chiedere se la soluzione all'annoso problema del Kivu non possa arrivare da una mediazione condotta da un politico riconosciuto a livello mondiale al quale, in quanto italiano, non fanno ombra interessi nè tipo geopolitico nè di tipo economico, ma che semmai è portatore anche delle conoscenze di quei meccanismi economici che si dovrebbero mettere in campo per arrivare alla soluzione del problema nel modo prospettato.
 Ci pensi professore.


 

giovedì 27 settembre 2012

Serata Rwanda a Grosio

Si terrà sabato prossimo 6 ottobre, alle ore 20,30, presso la sala dell'oratorio di Grosio una serata dedicata al Rwanda. La serata ha come suo momento forte la testimonianza dei coniugi Luca e Mariuccia Cusini che ad agosto sono andati in Rwanda per la prima volta, ultimi grosini in ordine di tempo, con l’Associazione Kwizera. La loro testimonianza sarà introdotta da un breve escursus di quella che è la storia di una vicinanza, ormai quasi ventennale, tra la comunità di Grosio e il piccolo paese del centro Africa e di come sia nata la collaborazione con l’Associazione Kwizera, rappresentata nella serata dal presidente, signor Franco Simonini, e dal segretario, signor Angelo Bertolucci.
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lunedì 24 settembre 2012

La lingua inglese fa fatica ad affermarsi tra i rwandesi

Dopo che nel  nel 2008 il governo rwandese ha deciso di adottare l'inglese come lingua di insegnamento a tutti i livelli e come una delle tre lingue ufficiali, unitamente al francese e al kinyarwanda, sembra che solo nella pubblica amministrazione, nelle banche  e nei locali pubblici della capitale l'inglese abbia realmente preso campo.Con esclusione di gran parte della nuova classe politica e dell'alta burocrazia che per provenienza dalla diaspora dai vicini paesi anglofoni parla naturalmente inglese, avendo semmai qualche difficoltà con lo stesso kinyarwanda che, secondo certe malelingue, non sarebbe perfettamente maneggiato neppure tra i  massimi vertici dello stato, per la stragrande maggioranza dei rwandesi,  secondo quanto scrive l'agenzia  Syfia, l'inglese rimane una lingua straniera nè compresa nè utilizzata. Anche nella capitale molti tendono ad evitare i negozi e i luoghi pubblici dove si usa l'inglese e, soprattutto, moltissimi si trovano in serie difficoltà nella compilazione dei documenti amministrativi in inglese, anche se quasi sempre corredati dalla traduzione in kinyarwanda. In città le insegne dei locali piuttosto che la pubblicità sono sempre più frequentemente in inglese. Anche nei media, l'inglese la fa da padrone. Radio e televisione danno le notizie di cronaca in kinyarwanda, mentre per il resto del palinsesto vengono rilanciati programmi di canali stranieri in inglese. Toccherà alle nuove generazioni farsi carico di far passare il Rwanda dal campo della francofonia a quello dell'inglese. La strada è però ancora lunga visto che nelle scuole primarie, almeno per i primi tre anni, si è tornati, con una precipitosa marcia indietro, all'insegnamento in kinyarwanda per oggettive difficoltà dei bambini, soprattutto delle campagne, ad apprendere in una lingua totalmente sconosciuta, spesso anche agli stessi insegnanti sottoposti a veloci corsi di lingua inglese. Nei villaggi il nuovo corso si nota perchè i bambini cominciano a rivolgersi al muzungu con le consuete frasi di circostanza non più in francese ma in uno stentato inglese. Sono soprattutto i giovani studenti universitari che cercano di appropriarsi della nuova lingua, sapendo che per essi è un passaggio obbligato per entrare nel mondo del lavoro, a partire  in primis dall'amministrazione pubblica.

mercoledì 19 settembre 2012

Faro europeo sull'opposizione rwandese

Ci sono anche tre oppositori rwandesi tra i candidati all'edizione 2012 del  Premio Sakharov per la libertà di pensiero che dal 1988, una volta all'anno, il Parlamento europeo assegna a singole persone o organizzazioni che hanno contribuito in maniera significativa alla lotta per i diritti umani e la democrazia. L'anno scorso il premio è andato a rappresentanti della primavera araba, mentre nel  passato sono stati premiati, tra gli altri, il Nobel per la pace Nelson Mandela (1988), Aung Sang Suu Kyi (1990) e l'Organizzazione delle Nazioni Unite (2003). Tra le cinque candidature presentate per questa edizione del premio,  vi è quella, sottoscritta da quarantadue parlamentari europei,di tre oppositori rwandesi, attualmente detenuti a vario titolo nelle carceri rwandesi: Victoire Ingabire Umuhoza, Déogratias Mushayidi e Bernard Ntaganda. Le loro storie, unitamente a quelle degli altri candidati, le potete trovare cliccando qui. Il prossimo  9 ottobre saranno scelte  le tre candidature finaliste fra cui il successivo 26 ottobre verrà scelto  il vincitore che sarà premiato il 12 dicembre p.v..Senza sottovalutare l'importanza che  le storie dei tre oppositori rwandesi siano arrivate fino al parlamento europeo, bisogna realisticamente dire che difficilmente la loro candidatura arriverà tra le finaliste. Ci pare, infatti, del tutto improbabile che Kigali assista in silenzio senza dispiegare tutta la potenza della sua lobby internazionale per evitare  quello che sarebbe, in questo particolare momento, un altro duro colpo alla sua immagine.

Se dovesse capitare che il link alle biografie dei candidati nel sito del Parlamento europeo non fosse operativo come  stranamente successo nei giorni scorsi, come segnalatoci da un nostro lettore, pubblichiamo qui di seguito il documento originale in inglese presente nel sito del U.E. relativo alla biografie dei tre oppositori rwandesi.

domenica 16 settembre 2012

Il dominio web "rw" diventa rwandese

Il dominio web "rw", finora gestito da Frederic Gregoire, un imprenditore belga, per il tramite di una società con sede in Svizzera, è stato trasferito dal Comitato direttivo dell'ICANN sotto l'autorità della Rwanda Information Communication Technology Association (RICTA) un'organizzazione  senza scopo di lucro che rappresenta la comunità internet rwandese.  La gestione del dominio "rw" passa così in mani rwandesi; da qui in avanti chiunque vorrà attivare un proprio dominio web caratterizzandolo come originario del Rwanda potrà farlo rivolgendosi alla RICTA  che fornirà tutti i  servizi per la gestione del Registro: dalla registrazione del nome del dominio al suo  rinnovo, fino alla gestione e risoluzione delle inevitabile controversie che dovessero insorgere tra utenti del web. L'accesso al web da parte dei rwandesi  dovrebbe quindi essere fortemente agevolato, così come  la creazione di contenuti locali e la loro  classificazione funzionale ai  motori di ricerca.
Attualmente il Rwanda, secondo un recente rapporto, è il quarto paese africano  con connessione internet ad alta velocità, con una media velocità di 3,03 megabit al secondo (Mbps),   dopo il Ghana (5,36 Mbps) , Kenya (4,84 Mbps) e Angola (4,53 Mbps). Il Rwanda occupa in questa speciale classifica il 103esimo al mondo, essendo, per la cronaca, i primi tre paesi al mondo rispettivamente:Lituania con 31,67 Mbps seguita da Corea del Sud con 30,59 Mbps e  Lettonia con 27,42 Mbps. I dati rwandesi dovrebbero riferirsi alla capitale e forse a qualche altra città rwandese, perchè nella realtà la tanto pubblicizzata diffusione della fibra ottica non ha ancora espletato i suoi effetti; in certe zone perferiche del paese i cavi sono stati posati da tempo,  ma il collegamento non è ancora stato attivato non si sa per quale motivo.Basta tentare di chiamare qualche amico rwandese tramite Skype per scoprire come ci sia ancora molta strada da fare per parlare di Rwanda completamente informatizzato.
 

mercoledì 12 settembre 2012

Il Rwanda candidato a membro del Consiglio di sicurezza ONU

Il 18 ottobre p.v. potrebbe essere un giorno molto particolare per il Rwanda, infatti  in quella data a margine della 67a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite ci sarà l'elezione   per un  mandato non rinnovabile di due anni, di un membro non permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per il biennio 2013/2014. Nonostante le riserve che potrebbero venire da qualche paese a seguito dei recenti sviluppi della crisi nel Kivu, il posto per il Rwanda dovrebbe essere assicurato dal regolamento stesso con cui deve essere scelto il rappresentante africano. Infatti,   tre seggi in seno al Consiglio di Sicurezza sono assegnati ai paesi africani, secondo la seguente ripartizione:   un seggio  per i paesi dell'Africa occidentale, un altro alternativamente ai paesi dell'Africa centrale e del Nord Africa, e un seggio  alternativamente ai paesi dell'Africa orientale e meridionale.Attualmente,  questa zona è rappresentata dal Sudafrica, il cui mandato scade il 31 dicembre 2012, e il posto dovrebbe essere preso da uno dei paesi dell'Africa orientale. Il Rwanda è stato designato quale candidato unico della subregione  in occasione della 20esima sessione dell'Unione africana  tenutasi ad Addis Abeba nel gennaio scorso. A meno quindi di imprevisti, possibili  stante il delicato momento diplomatico che sta vivendo l'area,  il Rwanda ritornerà  a far parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite come membro non permanente, dopo esserne stato membro, tragica coincidenza, nel biennio 1994-1995, proprio nel mentre si consumava la tragedia rwandese.

lunedì 10 settembre 2012

Progetto Mikan, best practice

Se il termine best practice,  traducibile in italiano come  migliore pratica o migliore prassi,  definisce  in genere le esperienze più significative, o comunque quelle che hanno permesso di ottenere migliori risultati, nei più svariati contesti, soprattutto aziendali, possiamo sicuramente dire che il Progetto Mikan si sta rivelando una best practice nel comparto degli interventi di promozione e sviluppo condotti da associazioni di volantariato in ambito rwandese.Se andiamo ad analizzare le componenti vincenti del progetto scopriamo  che nella sua estrema semplicità il Progetto Mikan si caratterizza per: una forte responsabilizzazione dei destinatari dell'aiuto sia in termini di impegno personale ( formazione per essere in grado di avere cura della propria capra fino al momento dello svezzamento del primo nato) sia in termini di lavoro di gruppo per il raggiungimento dell'obiettivo della consegna di 25 caprette ad altrettante famiglie, una buona organizzazione fatta  di  regole di funzionamento chiaramente definite e codificate in un manualetto. Importante  è altresì il contenuto investimento monetario ( circa 800 euro per ogni nuovo gruppo promosso) in grado di innescare un processo moltiplicativo delle caprette  a costo zero ( salvo i costi organizzativi). In sintesi: buona organizzazione con regole chiare e definite,   formazione e responsabilizzazione delle persone coinvolte, ottimo rapporto costi/benefici e la capacità di autofinanziare il Progetto. Possiamo trasferire queste semplici regole anche ad altri progetti?
 Proviamo,  per esempio, con il progetto di  allevamento di galline ovaiole.Per cominciare si dovrà pensare a una pianificazione puntuale del progetto che ne preveda  uno sviluppo  graduale nel tempo ( iniziando con un numero limitato di galline), alla formazione e alla responsabilizzione delle persone coinvolte, rendiamo il progetto in grado di autofinanziarsi reinvestendo nel progetto stesso i guadagni  del primo anno  di attività. Se questi semplici regole  venissero condivise dai nostri amici rwandesi si potrebbe legittimamente pensare a  progetti realizzati meglio e in numero superiore con beneficio per tutti.  

sabato 8 settembre 2012

Rassegna stampa

Da Il Graffito, mensile di Grosio.

Congresso panafricano dei laici cattolici: riscoprire la dottrina sociale della Chiesa

Il logo del Congresso panafricano
E' in corso a a Yaoundé in Cameroun il Congresso panafricano dei laici cattolici, organizzato dal Pontificio Consiglio per i Laici sul tema "Essere testimoni di Gesù Cristo in Africa oggi. Sale della terra, luce del mondo".Il Congresso continentale vedrà radunati assieme i laici delle diverse aree geografiche e culturali dell'Africa i quali, accompagnati dai loro vescovi, rifletteranno su varie sfide odierne e condivideranno le loro esperienze sull'essere testimoni di Gesù Cristo.Dopo le due Assemblee generali del Sinodo dei Vescovi sull'Africa, il Congresso vuole fortificare l'identità del laicato cattolico del continente e aiutarlo a vivere la propria corresponsabilità nella missione di costruzione della Chiesa nei vari campi dell'apostolato, quali l'educazione e la formazione cristiana, la cura pastorale della famiglia, il ruolo delle donne e dei giovani nella costruzione della comunità cristiana e della società in Africa, la partecipazione dei laici cattolici nel mondo del lavoro e nella vita politica, dando così la propria testimonianza di vita cristiana. Programma e testi delle relazioni presentate si  possono trovare cliccando qui.
Con l'occasione, rifacendoci al passaggio tratto dall'indirizzo  di saluto del cardinale Stanisław Ryłko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici là dove richiama l'importanza della Dottrina sociale della Chiesa come bussola per l'orientamento dell'operare dei laici nella loro missione, ricordando che ..."Essa non è affatto un accessorio, ma parte integrante della missione evangelizzatrice della Chiesa, come ha ribadito il Beato Giovanni Paolo II: “Per la Chiesa insegnare e diffondere la dottrina sociale appartiene alla sua missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del messaggio cristiano /.../ La « nuova evangelizzazione» /.../deve annoverare tra le sue componenti essenziali l’annuncio della dottrina sociale della Chiesa” (Centesimus annus, n. 5), postiamo nella colonna di destra una sintesi in francese del Compendio della dottrina sociale della Chiesa curata da Denis Matschek. 
 

venerdì 7 settembre 2012

Ecco il testo de "Le développement au sens chrétien..."

Rendiamo disponibile il testo della relazione presentata dall'abbé Emmanuel Mugabo il 16 agosto scorso a Byumba, in occasione dell'incontro dei parroci della diocesi con i rappresentanti dell'Associazione Kwizera onlus per la presentazione dei progetti di sviluppo proposti dalle parrocchie. Vedi post del 17 agosto.Il testo in francese dal titolo Le développement au sens chrétien à la lumière de "Caritas in veritate".La place du laicat è consultabile nella sezione Documenti qui a sinistra o cliccando qui.

giovedì 6 settembre 2012

Febbre aviaria

Improvvisa è esplosa nelle parrocchie della diocesi di Byumba la febbre aviaria. Non si tratta di una malattia, ma della corsa delle parrocchie a realizzare allevamenti di galline ovaiole. Non si capisce da dove nasca questa diffusa e repentina moda; il fatto è che, tra i progetti presentati dalle parrocchie per ottenere il sostegno finanziario dall’Associazione Kwizera, subito dopo gli impianti di biogas vengono gli allevamenti di galline. I progetti sono  stati presentati ad agosto  e quindi non sono stati influenzati dalla storia di quella vedova, Clemantine Nshimiyumukiza,  del distretto di Gicumbi che in occasione di una recente visita del presidente Paul Kagame a Byumba è stata portata ad esempio di imprenditorialità  per avere dato vita, partendo da un investimento di 50.000 Frw, ad un allevamento di polli, circa 7000, che le rende ben  370.000 Frw  al giorno. Non sappiamo quindi da dove tragga spunto tutto questo entusiasmo per i polli; tuttavia ci sentiamo di suggerire ai parroci che  hanno presentato il progetto di approfondire meglio la materia, magari andandosi a leggere, cliccando qui, il manuale sull’allevamento del pollame, appositamente predisposto per i paesi africani, dove troveranno diversi spunti di approfondimento. La copia de L'élevage des poules à petite échelle è scaricabile dalla sezione documenti qui a sinistra. Dopo di che per evitare esperienze negative del  passato, quando molti si sono buttati sull’allevamento dei maiali salvo poi scoprire di non trovare un adeguato sbocco commerciale ai loro prodotti, prima di dare l'ok al progetto forse sarà opportuno che chi dovrà farsi carico di gestire a livello parrocchiale l'iniziativa partecipi a un momento formativo con un veterinario esperto; infatti, come succede per tutti i mestieri di questo mondo non ci si improvvisa dalla sera alla mattina allevatori di pollame. 

sabato 1 settembre 2012

Rassegna stampa

                                                    Da il Settimanale della Diocesi di Como

 
da Centro valle