A lettura ultimata del libro di Federico Rampini, La speranza africana, non possiamo nascondere una certa delusione. Si tratta sicuramente di un ottimo reportage giornalistico con un'apprezzabile visione geopolitica, con forse qualche ripresa di troppo di vecchie corrispondenze dell'autore.il contenuto tradisce però le attese create da un importante lancio editoriale e dalle numerose e intriganti presentazioni che ne aveva fatto l'autore, una delle quali ripresa nel precedente post. Infatti, dato atto all'autore del grande merito di aver demolito diversi luoghi comuni che nel tempo si sono venuti via via stratificando sull'Africa, a partire dal diffuso afropessimismo, e delle letture che ne fa il politicamente corretto occidentale, va detto che la "speranza" del titolo sembra concretizzarsi più nel successo di diversi artisti africani che non nelle realizzazioni statuali che nel tempo si sono via via affermate sul continente. Successi sbrigativamente trattati in un unico capitolo. Anche volendo attribuire al libro un taglio meramente giornalistico, ci sembrano francamente troppi i capitoli dedicati al Sud Africa che, pur dimensionalmente importante, non si può certo dire rappresenti uno spaccato significativo del continente data la sua storia del tutto particolare, seppur interessante, e meno che meno un esempio per gli altri paesi africani.Esempio che invece potrebbero rappresentare paesi come il Rwanda in cui le variabili che concorrono al successo di un paese, dalla governance alla gestione economica e sociale, sono adeguatamente declinate dalle locali classi dirigenti, una volta tanto non tacciabili di corruzione.Forse è di queste esperienze che può alimentarsi una reale speranza africana; speranza che sappia dare ai giovani africani reali prospettive per costruire una vita meritevole di essere vissuta nei rispettivi Paesi.
"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI
mercoledì 27 settembre 2023
lunedì 11 settembre 2023
La speranza africana: l'ultimo libro di Federico Rampini
Federico Rampini presenta al Festival della comunicazione di Camogli il suo ultimo libro La speranza africana ed. Mondadori, in uscita il prossimo 19 settembre,
sabato 9 settembre 2023
Se l'emergenza sbarchi ci fa dimenticare l'Africa con i suoi 1.300 milioni di abitanti
Con il superamento
della soglia, anche psicologica, dei centomila arrivi di migranti sulle nostre
coste, il dibattito sul fenomeno migratorio ha trovato nuovo impulso, sia in
ambito politico che ecclesiale. Un dibattito che negli anni si è sempre caratterizzato
per un’analisi unilaterale del fenomeno, evidenziandone i riflessi sulla
comunità nazionale, senza mai andare a fondo circa l’origine dei flussi
migratori, spesso confondendo strumentalmente migranti economici e rifugiati, e
conseguentemente cercare possibili soluzioni per disinnescarne le cause. In
questi anni, anche in ambito cattolico, il dibattito non ha mai superato il contingente. Ci si è limitati ai
doverosi salvataggi nel Mediterraneo, alla conseguente accoglienza temporanea,
senza però che la stessa abbia poi
portato significativi risultati nel perseguimento di un processo
d’integrazione. Si sono sì accolti tanti migranti, ma quanti di loro sono stati
accompagnati in un percorso d’inserimento nel mondo del lavoro? Ricordo al
riguardo come ad una simile domanda, l’addetto di una Caritas diocesana
rispose, quasi infastidito, che non erano un ufficio di collocamento. Anche
nella gestione contingente dei flussi migratori non si può dire, quindi, che il
modello di accoglienza in essere da noi sia in grado di dare risposte efficaci
alle persone approdate in Italia alla ricerca di un avvenire migliore, almeno
il 90% degli arrivati essendo il rimanente 10% formato da aventi diritto
all’asilo, che avevano attraversato
deserti e Mediterraneo proprio per cercare uno sbocco lavorativo. Un
simile approccio è figlio anche di un grave errore di prospettiva. Se ci si
concentra sul bagnasciuga di Lampedusa senza mai alzare lo sguardo per guardare
più lontano, all’Africa, i problemi dei 1.300 milioni di africani che vi
vivono, di cui qualche centinaia di milioni sotto la soglia di povertà, mai
potranno trovare una soluzione degna, neppure in una traversata del
Mediterraneo. Quello che manca nel dibattito sul fenomeno migratorio è proprio
una “proposta” che tenga conto della realtà, oscurata, che esiste al di là
dell’orizzonte lampedusano: l’Africa ed i suoi abitanti.
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