La prossima settimana Brunello Baldi dell'Ass. Kwizera partirà per il Rwanda dove si tratterrà un paio di settimane per fare un sopralluogo ai diversi progetti che l'Associazione sta conducendo nella diocesi di Byumba. Verificherà lo stato dei lavori del villaggio dei Twa di Kibali, l'andamento del progetto adozioni, seguito in loco da madame Pascasia, lo stato delle colture sulla collina di Niynawimana e poi, a Nyagahanga, l'avanzamento dei lavori, seguiti da Don Paolo, per la realizzazione del Centro polifunzionale parrocchiale. Con questo viaggio, già il secondo nel corso del 2008 di esponenti dell'Ass. Kwizera, l'azione dell'Associazione sul territorio rwandese guadagna in continuità ed efficacia.
"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI
domenica 27 aprile 2008
venerdì 25 aprile 2008
Carestia e biocarburanti
Negli ultimi giorni viene rilanciato da tutti i media l'allarme di diversi organismi internazionali sul pericolo di carestia in diversi paesi del mondo.Per fortuna, nell'elenco dei paesi minacciati non viene citato il Rwanda la cui agricoltura sembrerebbe essere ancora in grado di garantire sufficienti risorse alimentari alla popolazione locale. La carenza di diversi prodotti della terra, con la conseguente immancabile impennata dei prezzi , ha diverse cause fra cui: il forte aumento dei consumi conseguente all'entrata tra i paesi consumatori delle grandi masse cinesi e indiane, le politiche protezionistiche dell'Europa e degli Usa, che arrivano a mettere a riposo dei terreni per evitare che si creino eccedenze che abbatterebbero i prezzi, ma anche l'uso molto discutibile, invalso in diversi paesi, di prodotti quali il grano, il mais e la soia per ricavare biocarburanti alternativi al petrolio.
Limitatamente a quest'ultimo caso, la Natura sembra però offrire una soluzione alternativa a una simile scandalosa sottrazione di prodotti agricoli al circuito dell'alimentazione: la Jatropha Curcas , una pianta dalle grandissime potenzialità, coltivabile anche paesi come il Rwanda, com'è ben documentato nell'articolo "L’olio di Jatropha, una fonte di energia che potrebbe liberare l’Africa dalla povertà ".
Limitatamente a quest'ultimo caso, la Natura sembra però offrire una soluzione alternativa a una simile scandalosa sottrazione di prodotti agricoli al circuito dell'alimentazione: la Jatropha Curcas , una pianta dalle grandissime potenzialità, coltivabile anche paesi come il Rwanda, com'è ben documentato nell'articolo "L’olio di Jatropha, una fonte di energia che potrebbe liberare l’Africa dalla povertà ".
giovedì 24 aprile 2008
Padre Gheddo: una buona guida per conoscere il terzo mondo
Volendo riproporre all'attenzione degli amici un vecchio articolo di Padre Piero Gheddo sull'Africa, ho scoperto che il missionario del Pime si è fatto un proprio sito che prontamente inserisco nei link segnalati. Sul sito vi si trovano tutti gli articoli scritti da questo profondo conoscitore del terzo mondo e delle missioni. L'approccio con cui Padre Gheddo si avvicina a queste realtà rifugge tutti quei luoghi comuni che ritroviamo spesso in tanta pubblicistica terzomondista e fornisce una lettura dei fatti del mondo mai scontata. Soprattutto non scorda mai un forte riferimento al Vangelo come unico vero strumento di riscatto dei poveri del mondo.
Nel frattempo vi segnalo l'articolo che cercavo: "Quale solidarietà con i popoli africani?".
Nel frattempo vi segnalo l'articolo che cercavo: "Quale solidarietà con i popoli africani?".
lunedì 21 aprile 2008
La globalizzazione monca
Nel recente viaggio in Rwanda nel gennaio scorso, constatai, con una certa sorpresa, che nella sperduta parrocchia di cui ero ospite non era ancora arrivata la notizia della pubblicazione dell'ultima enciclica papale Spe Salvi, pubblicata nel novembre 2007. Fa riflettere, in un'epoca in cui siamo sommersi da valanghe d'informazioni, spesso decisamente superflue, pensare all'isolamento in cui vivono certe chiese locali della periferia del mondo, costrette a misurasi oltre che con la povertà materiale con una povertà altrettanto grave come quella che li esclude dal circuito dell'informazione. E chissà che fra le due povertà non ci sia un nesso di causa ed effetto per cui la mancanza della seconda non perpetui e accentui la prima. Agli amici rwandesi, che anche solo occasionalmente possono accedere a internet, segnalo un sito che permette loro di tenersi in contatto con la vita della chiesa Totus tuus network , contenente tutti i documenti del magistero papale e molto altro materiale di approfondimento. Esiste anche un'edizione in lingua francese.
domenica 20 aprile 2008
La fattoria dei tre terzi
Muhamed Yunus, Nobel per la Pace nel 2006, iniziatore con la sua Grameen Bank in Bangladesh della pratica del microcredito che tanto successo ha avuto in tutto il mondo, soprattutto tra i più poveri, nel suo libro Il banchiere dei poveri (ed. Feltrinelli ) racconta una sua esperienza molto interessante. Girando per le campagne del suo paese si era imbattuto, durante il periodo della siccità, in un pozzo abbandonato in mezzo ai campi deserti. Il motivo dell'abbandono risiedeva nel fatto che i contadini non riuscivano a mettersi d'accordo su chi dovesse pagare la tassa richiesta per avere il diritto a prelevare l'acqua, così si assisteva a un continuo deteriorasi delle stesse attrezzature dei pozzi e tutto intorno campi incolti. Yunus ebbe così l'idea di fondare un nuovo tipo di cooperativa agricola che chiamò la Fattoria dei tre terzi: i proprietari dei terreni mettevano a disposizione i terreni, i contadini avrebbero contribuito con il lavoro, mentre Yunus avrebbe coperto le spese. Al termine della stagione agricola il raccolto sarebbe stato diviso in parti uguali fra i proprietari, i contadini e chi aveva messo i capitali. L'iniziativa ebbe grande successo. A partire dalla stagione successiva là dove prima c'erano campi aridi per la siccità faceva la sua comparsa il verde delle coltivazioni.
Questo modello potrebbe trovare qualche applicazione anche nella realtà dei villaggi rwandesi sia mettendo a coltivazione diversi terreni tuttora incolti, magari proprietà delle parrocchie, e dall'altra riconoscendo il giusto peso a tutte le parti coinvolte nell'iniziativa.
E' poi così strano che chi ( per esempio le Associazioni che intervengono sul territorio) apporta i fondi per realizzare gli interventi di recupero dei terreni piuttosto che per l'acquisto delle sementi non debba partecipare a una quota parte del raccolto, naturalmente per reinvestirla, immediatamente dopo, in nuove iniziative a favore delle comunità locali?
Forse ne sortirebbe una gestione più attenta di ogni iniziativa, piccola o grande che sia, e un maggior coinvolgimento di chi presta la propria manodopera che vedrebbe valorizzato e concretamente premiato il proprio impegno.
Questo modello potrebbe trovare qualche applicazione anche nella realtà dei villaggi rwandesi sia mettendo a coltivazione diversi terreni tuttora incolti, magari proprietà delle parrocchie, e dall'altra riconoscendo il giusto peso a tutte le parti coinvolte nell'iniziativa.
E' poi così strano che chi ( per esempio le Associazioni che intervengono sul territorio) apporta i fondi per realizzare gli interventi di recupero dei terreni piuttosto che per l'acquisto delle sementi non debba partecipare a una quota parte del raccolto, naturalmente per reinvestirla, immediatamente dopo, in nuove iniziative a favore delle comunità locali?
Forse ne sortirebbe una gestione più attenta di ogni iniziativa, piccola o grande che sia, e un maggior coinvolgimento di chi presta la propria manodopera che vedrebbe valorizzato e concretamente premiato il proprio impegno.
venerdì 18 aprile 2008
Conoscersi fra amici del Rwanda
Navigando sul web capita spesso d'imbattersi in siti di altre Associazioni attive in Rwanda e scoprire che magari operano nelle stesse zone, promovendo e realizzando progetti analoghi. E' il caso dell'Associazione Futuro Insieme Onlus di Verona che ha diverse iniziative in corso proprio nel territorio di Byumba, dove da anni opera anche l'Associazione Kwizera. Scorrendo i progetti realizzati e in corso di attuazione si trovano molte affinità con quanto fin qui fatto anche dagli amici di Kwizera. Sarebbe bello e interessante trovare una qualche forma per condividere, con questa e con tutte le altre associazioni impegnate in Rwanda, le rispettive esperienze per mutuare il meglio da ognuna. Per cominciare si può conoscersi reciprocamente navigando sui rispettivi siti e scambiandosi eventuali pubblicazioni o news letter.
lunedì 14 aprile 2008
La fattoria di Nyinawimana
Il villaggio Twa di Kibali
Il villaggio di cui l'Associazione Kwizera ha promosso la realizzazione a Kibali alla periferia di Byumba , nel nord del Rwanda, è ormai giunto a conclusione. Dopo la fase iniziale, illustrata nel video allegato, nel gennaio scorso il villaggio era quasi completato. Le 47 case previste erano tutte edificate fino al tetto: mancavano solo gli infissi e la rifinitura delle pareti esterne. A breve le famiglie della comunità prenderanno possesso delle rispettive abitazioni.
venerdì 11 aprile 2008
Il Progetto Centro Polifunzionale di Nyagahanga
Sono iniziati, con la predisposizione del fondo per il campo di basket, i lavori per la realizzazione del Centro Polifunzionale di Nyagahanga ( vedi l'illustrazione del progetto nel sito dell'Associazione Kwizera) che dovrebbe fornire ai giovani della Parrocchia retta da Don Paolo Gahutu un luogo d’incontro e di socializzazione (Oratorio) e un punto di riferimento per acquisire conoscenze e tecniche nell’ambito dei lavori di artigianato e di cucito ( Centro di Formazione) e alla comunità, nel suo complesso, un punto d’incontro per ricevere supporti formativi nei diversi campi della vita quotidiana e alle cooperative esistenti e in via di formazione un supporto burocratico amministrativo ( Centro Sociale) e spazi attrezzati per talune lavorazioni artigianali.
Il primo viaggio in Rwanda
La prima volta che sentii parlare del Rwanda fu, come per molti, nella primavera del 1994 quando giunse a conclusione nella maniera più tragica la feroce guerra civile che, da anni, insanguinava quel piccolo stato africano.
Di quel periodo ricordo le immagini che venivano trasmesse dai network internazionali in cui si alternavano i corpi, sfigurati dai colpi di machete, abbandonati sui cigli delle strade o trascinati dalle correnti dei fiumi con le colonne di profughi che scappavano dagli orrori di simile carneficina. Proprio allora arrivarono a Grosio tre di quei profughi: Cirillo, Paolo e Roberto, tre seminaristi sfuggiti a tale scempio grazie a un ponte aere della Croce Rossa che da Kigali li portò in Italia.Ospitai per qualche giorno Cirillo e conobbi gli altri due. Tutti e tre tornarono ben presto ai propri studi in un collegio romano, sempre seguiti dalla comunità di Grosio in questo loro percorso verso il sacerdozio.I rapporti si mantennero nel tempo grazie anche ai frequenti soggiorni presso le famiglie grosine. Per anni le tragiche storie che i tre avevano alle spalle rimasero ammantate di una cortina mista di dolore, paura e pudore. Ordinati sacerdoti, don Cirillo e don Roberto rimasero in Italia, mentre don Paolo ( nella foto) fece ritorno in Rwanda. Altri seminaristi rwandesi vennero a studiare a Roma e conobbero l’ospitalità grosina. Proprio aderendo all’invito di uno di questi, Don Vicenzo, ad assistere alla sua ordinazione sacerdotale che si teneva in Rwanda scaturì l’occasione per il primo viaggio africano. Così nell’agosto del 2003, con mia moglie Daniela partimmo per un viaggio che forse non poteva definirsi banalmente turistico, come passare una settimana a Malindi, ma che non era ancora alimentato dalla fiammella dell’impegno.
Di quel periodo ricordo le immagini che venivano trasmesse dai network internazionali in cui si alternavano i corpi, sfigurati dai colpi di machete, abbandonati sui cigli delle strade o trascinati dalle correnti dei fiumi con le colonne di profughi che scappavano dagli orrori di simile carneficina. Proprio allora arrivarono a Grosio tre di quei profughi: Cirillo, Paolo e Roberto, tre seminaristi sfuggiti a tale scempio grazie a un ponte aere della Croce Rossa che da Kigali li portò in Italia.Ospitai per qualche giorno Cirillo e conobbi gli altri due. Tutti e tre tornarono ben presto ai propri studi in un collegio romano, sempre seguiti dalla comunità di Grosio in questo loro percorso verso il sacerdozio.I rapporti si mantennero nel tempo grazie anche ai frequenti soggiorni presso le famiglie grosine. Per anni le tragiche storie che i tre avevano alle spalle rimasero ammantate di una cortina mista di dolore, paura e pudore. Ordinati sacerdoti, don Cirillo e don Roberto rimasero in Italia, mentre don Paolo ( nella foto) fece ritorno in Rwanda. Altri seminaristi rwandesi vennero a studiare a Roma e conobbero l’ospitalità grosina. Proprio aderendo all’invito di uno di questi, Don Vicenzo, ad assistere alla sua ordinazione sacerdotale che si teneva in Rwanda scaturì l’occasione per il primo viaggio africano. Così nell’agosto del 2003, con mia moglie Daniela partimmo per un viaggio che forse non poteva definirsi banalmente turistico, come passare una settimana a Malindi, ma che non era ancora alimentato dalla fiammella dell’impegno.
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